Materia ed Energia

IDEE PER UNA SCIENZA UMANA E NATURALE


MATERIA ED ENERGIA

Forse un giorno si arriverà a dire che la materia in sé non esiste e che la sua esistenza, o meglio la forma del suo apparire è strettamente dipendente dall'energia che la produce. Solo l'energia auto-sussiste.

Non solo la materia è un prodotto derivato dell'energia, ma questa è in grado di produrre forme assai diverse di materia, le quali, a loro volta, sono soggette a produrre altre forme ancora, in un processo ininterrotto di trasformazione dal più semplice al più complesso, per ritornare poi al più semplice. La materia infatti muore di continuo, perché continuamente evolve in qualcos'altro.

Noi non sappiamo molto dell'energia. Conosciamo certamente quella fisico-chimica e anche quella interna all'essere umano. Quest'ultima la sentiamo, la percepiamo con l'istinto, la sensibilità, l'esperienza, ma non riusciamo a descriverla con precisione né a motivarne l'esistenza. L'energia umana si sente, non si può spiegare.

Solo la materia si spiega, ma, poiché essa è in perenne mutamento, ogni spiegazione diventa relativa, contingente. L'unico vero problema dell'essere umano è quello di come conservare questa energia allo stato puro, in modo ch'essa lo "riscaldi" in eterno.

La scienza sta per essere superata dalla coscienza, poiché è questo l'unico vero elemento in grado di vivere con forza e coerenza l'essenza dell'energia umana. E la coscienza sa, per esperienza, che l'energia riscalda solo quando si è in presenza di un rapporto d'amore, in cui l'uguaglianza dei soggetti si sposi con la loro diversità.

Se noi riuscissimo a dimostrare che nell'ambito della coscienza umana (e quindi in quello dell'esperienza che possiamo farne) le leggi del paradosso sono molto più complesse di quelle osservate col metodo scientifico, il primato della scienza diventerebbe impossibile, in quanto questa sarebbe già compresa nella "co-scienza".

Per far ciò occorre applicare il metodo della dialettica allo studio della persona umana. Purtroppo noi abbiamo della materia una concezione ancora molto primitiva. Se per molti secoli la nozione di "spirito" non fosse stata usata in funzione anti-materialistica, ora sicuramente avremmo una concezione più evoluta della materia.

Di fatto qualunque nozione di materia che escluda la dialettica, che è lo strumento principe per lo studio dei paradossi, porta al materialismo volgare, che è basato sugli istinti, o comunque porta a un materialismo così povero di contenuti da risultare praticamente inservibile per un'adeguata comprensione dell'essere umano.

Fino ad oggi le applicazioni della dialettica hanno riguardato aspetti di tipo più che altro fenomenologico, che possiamo considerare estrinseci all'essenza della persona, come l'economia, la politica ecc. Ancora la dialettica non è stata applicata alla persona in sé, a quello che è. Anche perché è assurdo parlare di persona in sé se prima non si definiscono i limiti naturali in cui essa dovrebbe muoversi.

Hegel applicò i principi della dialettica alla filosofia, Marx all'economia, Lenin alla politica, Gramsci alla cultura, ma ancora nessuno è riuscito ad applicare quei medesimi principi all'essere umano. Freud ci ha provato, ma ha ricondotto le contraddizioni psicologiche alle pulsioni di carattere sessuale e, quel che è peggio, ha isolato l'individuo dal contesto in cui deve vivere.

Qui lo sforzo da compiere non è tanto basato sul primato da assegnare a questo o a quell'aspetto della persona umana, intesa come individuo singolo o come collettività; ragione, volontà, sentimenti non vanno esaminati in maniera separata, né vanno separati i campi in cui queste facoltà agiscono: economia, politica, cultura... Lo sforzo è appunto quello di tenere unite tutte queste cose, che devono essere oggetto di un'esperienza equilibrata.

Occorre che l'uomo diventi consapevole di questa forza interiore, di questa dynamis che lo caratterizza e che deve mettere al servizio per un fine positivo comune.

Il problema principale della dialettica è dunque quello di trovare una soluzione al fatto che i sensi possono anche ingannare. Se la scienza non avesse sfruttato questa debolezza umana, non avrebbe preso il sopravvento su ogni altra forma di conoscenza e di approccio alla realtà. La scienza infatti ha dimostrato, sfruttando gli inganni dei sensi (specie quelli connessi all'istinto e alla percezione immediata), che la natura è un fenomeno molto complesso e contraddittorio, ricco di paradossi.

Se noi oggi riuscissimo a dimostrare che la natura umana è mille volte più complessa della natura fisica, cioè se riuscissimo a trovare quelle leggi che ne spiegano la profonda complessità, noi forse potremmo fare a meno della scienza.

Qui infatti i rischi sono due:
1. trasformare la coscienza in un concetto metafisico (filosofico, religioso, etico, psicologico), e allora, rispetto alla scienza, si farebbe un passo indietro;
2. concentrarsi sullo sviluppo negativo della coscienza (come p. es. ha fatto la psicanalisi, che ha evidenziato gli aspetti alienati della personalità occidentale), e allora noi rischieremmo di non fare alcun passo in avanti.

Oggi l'individuo della società borghese vive un'intensa esperienza scientifica (praticamente quotidiana, con l'uso degli elettrodomestici, dei mezzi di trasporto e di comunicazione), ma questo non comporta affatto un aumento del livello di autoconsapevolezza; anzi, spesso si ha una riduzione di questo livello, in quanto l'uso della scienza viene a rimpiazzare quello della coscienza.

L'uomo contemporaneo non vive in sé ma al di fuori di sé, in un rapporto con la natura e col suo simile che è sempre mediato dagli strumenti tecnico-scientifici. Ormai il virtuale ha superato il reale. La coscienza, come fenomeno pubblico, collettivo, non esiste più. E' semplicemente una questione privata che tende progressivamente a scomparire, relegata ai margini dell'opinabilità.

Questa civiltà tecnologica il cui destino è strettamente legato al business, non ha futuro, poiché non ha nulla di positivo da dire allo sviluppo della coscienza.

Il problema è serio, perché da un lato non possiamo tornare al modo classico (metafisico) di trattare la coscienza; dall'altro siamo terribilmente condizionati da una civiltà che vede i problemi di coscienza come una perdita di tempo o come un intralcio alla pratica del business.

Oggi l'identità dell'uomo è data quasi esclusivamente dal suo rapporto con la tecnologia, la quale viene sostanzialmente utilizzata per realizzare affari di natura economica. Chi non si adatta a questa regola, è perduto e viene emarginato.

Oggi la scienza ha nei confronti dell'uomo e della natura un rapporto non meno totalizzante di quello che fino a ieri avevano la religione e la filosofia nei confronti della coscienza. La coscienza era schiacciata da un'idea di essere umano che considerava l'ideologia superiore allo stesso uomo.

Oggi l'ideologia dominante non ha più i vecchi presupposti religiosi o filosofici, ma ne ha conservata la sostanza aggressiva, egemonica.

Noi dovremmo riuscire a dimostrare che la coscienza, per la sua complessità, è enormemente superiore alla scienza. E questa dimostrazione non può essere ovviamente fatta con le armi tradizionali della metafisica. Occorre un'esperienza di vita, un'esperienza che non si limiti a ripristinare un rapporto naturale con la natura, ma che ripristini anche un rapporto umano con l'uomo.

E' il senso della coscienza collettiva che manca. E' l'esperienza comune attorno a determinati valori che è venuta meno.

Bisogna tuttavia stare attenti a non ripetere gli errori del passato: non sono i valori che di per sé rendono vera la vita. Una vita vera è una vita di valore, ma i valori non sono un'idea ipostatizzata, cui bisogna attenersi con uno sforzo di volontà.

Se vogliamo uscire dallo scientismo e dal capitalismo in maniera democratica, dobbiamo persuaderci che, nel passato, gli uomini hanno avuto tutte le condizioni per poter vivere in maniera naturale un rapporto equilibrato con la natura e con i propri simili, anche in presenza di una inadeguata consapevolezza scientifica della materialità della vita.

Non è la materia a rendere possibile la vita, perché la stessa materia trae sostanza e alimento dall'energia. Questa è talmente più importante della materia che l'uomo può permettersi il lusso di non conoscere adeguatamente la materia. Gli è sufficiente vivere l'energia.

Fino ad oggi gli scienziati hanno cercato nella materia ciò che avevano perduto nel rapporto con gli altri esseri umani. Tutte le rivoluzioni scientifiche sono state il frutto di un'alienazione della coscienza collettiva.

Sotto questo aspetto si comprende meglio la resistenza della chiesa, l'uso massiccio dell'inquisizione. Tuttavia, quanto più la chiesa usava la repressione, tanto più denunciava i propri limiti. La perdita della coscienza collettiva era dovuta anche alla corruzione della chiesa.

Tutte le rivoluzioni scientifiche sono state possibili in Europa occidentale perché qui il cristianesimo ha subito prima che altrove un progressivo processo di decadimento.

* * *

Si dice che la materia non può viaggiare più in fretta della luce senza mutarsi in energia, a meno che non riesca a viaggiare simultaneamente attraverso il tempo.

E se fosse possibile il contrario?

La materia può viaggiare più in fretta della luce solo se si trasforma in energia. Cioè prima deve trasformarsi in energia. Questo ovviamente significa ch'essa in sé deve avere la possibilità di tornare ad essere "materia".

Energia e materia devono poter avere un rapporto di assoluta reciprocità. Devono potersi identificare restando però distinte.

L'occidente ha dato più peso alla materia che non all'energia e l'energia che ha ricavato dalla materia è stata sostanzialmente di tipo fisico-chimico.

Ora bisogna fare il processo inverso: porre in primo piano l'energia e soprattutto quella di tipo "umano".

MATERIA ENERGIA E COSCIENZA

Le stelle sono lì a dimostrare che all'origine di tutto vi è un'energia che tende a trasformarsi in materia, essendo essa stessa materia autorigenerante, eternamente produttiva proprio in forza di questa propulsione infinita, autocomburente.

I tempi in cui l'energia viene meno sono talmente lunghi da risultare del tutto impercettibili alla coscienza umana. Il concetto di "infinito" ci è dato proprio dal fatto che non abbiamo gli strumenti per misurarlo: è piuttosto una percezione interiore, una convinzione dell'animo, una fonte indimostrabile di sicurezza.

I pianeti sono stati prodotti dalle stelle, anzi, essi stessi contengono nel loro nucleo una porzione di energia stellare (di cui ci rendiamo conto con le eruzioni vulcaniche, i geyser, i terremoti...): è un magma incandescente che rende vivo il nostro pianeta, che ci fa capire la sua origine ignea, e che gli impedisce di raffreddarsi completamente, definitivamente.

E' il freddo che rende possibile all'energia infuocata di materializzarsi in qualcosa. Tutto l'universo è un continuo scontro di forze opposte che creano nuovi elementi. Sono forze che pur essendo opposte si rispettano, come se una avesse bisogno dell'altra. E quanto viene da loro prodotto, assume forme diversissime, proprio perché materia ed energia sono eterne e infinite, con illimitate combinazioni di forme nel tempo e nello spazio.

Forse la cosa più singolare non è tanto questo processo osmotico, di simbiosi perenne e costruttiva tra materia ed energia, quanto piuttosto l'intelligenza che permette il formarsi di tutto ciò. L'intero universo sembra essere dotato di una razionalità stupefacente.

Si pensi solo al fatto che la distanza del Sole dalla Terra doveva sin dall'inizio esser tale da permettere il formarsi di un'esistenza vitale. Se il Sole fosse stato più grande o più piccolo, la distanza avrebbe dovuto essere minore o maggiore, ma quali ne sarebbero state le conseguenze? Che vita c'è negli altri pianeti del nostro sistema solare? Nulla di nulla.

Certo, la distanza non è sempre uguale (lo vediamo dall'alternarsi delle stagioni) e tuttavia essa si mantiene entro un range accettabile, abbastanza definito, sufficientemente regolare da permetterci di sopravvivere in condizioni che possono andare da un -40°C a un +40°C (anche se si sono toccati dei picchi inverosimili: in Libia i 58° sopra e in Antartide i 92° sotto).

Questo vuol dire che esiste un margine di tolleranza oltre il quale non si può andare. E così è in tutte le cose, dalle più semplici alle più complesse.

I prodotti della libertà possono essere infiniti, ma la loro vivibilità, la loro esperibilità, può avvenire solo entro una certa limitatezza, che può essere anche molto ampia, ma che non è infinita, illimitata. Oltre un certo livello si produce qualcosa di distruttivo, dopodiché inizia una ricostruzione che si pone a livelli diversi, che genera nuovi limiti, più rigorosi, più stretti, proprio perché si teme di dover ripetere gli stessi errori.

La libertà non può essere distrutta, ma può le può essere impedito, col cattivo esercizio delle sue facoltà, di manifestarsi in maniera adeguata, conforme a natura.

Si ha insomma la netta impressione che l'Universo sia un unicum, un tutto unico, in cui l'essere umano è parte organica, costitutiva. Noi non siamo solo un prodotto dell'Universo, ma anche la sua essenza più intima, un concentrato delle sue enormi potenzialità.

Con noi la materia raggiunge il suo massimo livello di autoconsapevolezza. La coscienza diventa l'energia destinata a riprodursi all'infinito. La coscienza è destinata a produrre materia, poiché essa stessa è all'origine di questa materia ancestrale.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Scienza -  - Stampa pagina
Aggiornamento: 14/12/2018