Le Sirene (vai al commento)
(...)
Ma Circe me prese per mano, e trasse
Da parte, e a seder pose; indi, seduta
Di contra, interrogommi, ed io su tutto
La satisfeci pienamente. Allora
Tai parole sciogliea l'illustre diva:
"Tu compiesti ogni cosa. Or quello ascolta,
Ch'io vo' manifestarti, e che al bisogno
Ti torneranno nella mente i numi.
Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascìnan chïunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca.
Chïunque i lidi incautamente afferra
Delle Sirene, e n'ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
Cera de' tuoi così l'orecchio tura,
Che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
Te della nave all'albero i compagni
Leghino, e i piedi stringanti, e le mani;
Perché il diletto di sentir la voce
Delle Sirene tu non perda. E dove
Pregassi o comandassi a' tuoi di sciorti,
Le ritorte raddoppino ed i lacci.

Qui, turbato del core: "Amici", io dissi,
Degno mi par che a tutti voi sia conto
Quel che predisse a me l'inclita Circe.
Scoltate adunque, acciocché, tristo o lieto,
Non ci sorprenda ignari il nostro fato.
Sfuggire in pria delle Sirene il verde
Prato e la voce dilettosa ingiunge.
Vuole ch'io l'oda io sol: ma voi diritto
Me della nave all'albero legate
Con fune sì, ch'io dar non possa un crollo;
E dove di slegarmi io vi pregassi
Pur con le ciglia, o comandassi, voi
Le ritorte doppiatemi ed i lacci".
Mentre ciò loro io discoprìa, la nave,
Che avea da poppa il vento, in picciol tempo
Delle Sirene all'isola pervenne.
Là il vento cadde, ed agguagliossi il mare,
E l'onde assonnò un demone. I compagni
Si levâr pronti, e ripiegâr le vele,
E nella nave collocarle: quindi
Sedean sui banchi ed imbiancavan l'onde
Co' forti remi di polito abete.
Io la duttile cera, onde una tonda
Tenea gran massa, sminuzzai con destro
Rame affilato; ed i frammenti n'iva
Rivoltando e premendo in fra le dita.
Né a scaldarsi tardò la molle pasta;
Perocché lucidissimi dall'alto
Scoccava i rai d'Iperïone il figlio.
De' compagni incerai senza dimora
Le orecchie di mia mano; e quei diritto
Me della nave all'albero legaro
Con fune, i piè stringendomi e le mani.
Poi su i banchi adagiavansi, e co' remi
Batteano il mar, che ne tornava bianco.
Già, vogando di forza, eravam quanto
Corre un grido dell'uomo, alle Sirene
Vicini. Udito il flagellar de' remi,
E non lontana omai vista la nave,
Un dolce canto cominciaro a sciorre:
"O molto illustre Ulisse, o degli Achei
Somma gloria immortal, su via, qua vieni,
Ferma la nave; e il nostro canto ascolta.
Nessun passò di qua su negro legno,
Che non udisse pria questa che noi
Dalle labbra mandiam, voce soave;
Voce, che innonda di diletto il core,
E di molto saver la mente abbella.
Ché non pur ciò, che sopportaro a Troia
Per celeste voler Teucri ed Argivi,
Noi conosciam, ma non avvien su tutta
La delle vite serbatrice terra
Nulla, che ignoto o scuro a noi rimanga".
Cosi cantaro. Ed io, porger volendo
Più da vicino il dilettato orecchio,
Cenno ai compagni fea, che ogni legame
Fossemi rotto; e quei più ancor sul remo
Incurvavano il dorso, e Perimede
Sorgea ratto, ed Euriloco, e di nuovi
Nodi cingeanmi, e mi premean più ancora.
Come trascorsa fu tanto la nave,
Che non potea la perigliosa voce
Delle Sirene aggiungerci, coloro
A sé la cera dall'orecchio tosto,
E dalle membra a me tolsero i lacci.

Trad. di Ippolito Pindemonte
- "Miti dei eroi" – Luciano Risa – Liguori editore
- "Dei e Miti" – Corrado D’Alesio – Edizioni Labor
- "Gli dei e gli eroi della Grecia" – vol. I-II – Kerenyi
- "La mitologia classica" – M. Cristina Potenza
- "Miti e leggende del mondo greco romano" – Nicola Terzaghi
- "Miti saghe e leggende" – Anna Terry
- "I miti greci" - Robert Graves - Longanesi&C
- "Miti e leggende dell'antica Grecia" - Rosa Agizza - Newton & Compton Editori

Stampa pagina