LA STORIA ANTICA
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INTRODUZIONE ALL'EPOCA PREISTORICA
PREMESSA In che senso l'uomo primitivo era "primitivo"? In che senso intendiamo questo aggettivo? Non sarebbe stato meglio usare l'aggettivo "primordiale" o "ancestrale"? Nel linguaggio comune "primitivo" ha una connotazione negativa, equivalente a quella di rozzo, ignorante. Il socialismo scientifico parlava di "comunismo primitivo", riferendosi a quell'epoca storica in cui non vi era divisione in classi, ma ha sempre sostenuto la necessità (o comunque l'inevitabilità) di uscire da quella formazione sociale. Il cordone ombelicale che teneva legato l'individuo alla tribù andava reciso. Quindi, in tal senso, anche il socialismo scientifico contrapponeva l'aggettivo "primitivo" a quello di "evoluto", "scientifico", "consapevole". L'uomo era "primitivo" perché "ingenuo", "istintivo", timoroso nei confronti della natura, impossibilitato a uscire dal clan, dalla tribù, inevitabilmente destinato a diventare "religioso". E se prendiamo le tesi dell'ideologia borghese, la denigrazione nei confronti della preistoria è mille volte maggiore. La stessa parola "preistoria" è indice eloquente del disprezzo che le civiltà antagonistiche nutrono nei confronti del comunismo primitivo. Ancora oggi è così. Gli ultimi "uomini primitivi" vengono visti con senso di commiserazione, compatimento, come un fenomeno da circo. La "storia" inizia solo con la nascita delle "civiltà": tutti i manuali scolastici e universitari lo dicono, da sempre. Cioè inizia con la scrittura, le città, i commerci, il denaro, il potere, la forza militare, le conquiste territoriali e così via. Si è voluto guardare il passato non per quello che è stato, ma nello stesso modo con cui guardiamo il presente. LINEA DEL TEMPO
DOMANDE SULL’ESSERE UMANO
EVOLUZIONE UMANA
TEORIE SULL'EVOLUZIONE UMANA
Le differenze dell'homo sapiens sapiens sono così grandi rispetto agli altri animali che è assurdo pensare a una qualche evoluzione di elementi quantitativi, tanto più che la nostra specie sembra non aver avuto alcun rapporto con quella a noi più prossima, la Neanderthal, scomparsa per motivi misteriosi. Da dove veniamo non lo sappiamo. E' inutile parlare di sicura evoluzione, di sicura provenienza dal Kenya, di "Eva nera" di centomila anni fa e via dicendo. Sono tutte teorie che rischiano di apparire ideologiche, viziate in partenza, con cui si cerca anzitutto di smentire quelle creazioniste dei credenti. Sarebbe sufficiente dire che quelle creazioniste sono mitologiche, suggestive certo sul piano letterario, ma assolutamente inutili su quello scientifico, proprio perché è il concetto stesso di "dio" che non ha senso, essendo indimostrabile. Dopodiché ci si dovrebbe limitare a sostenere che l'origine dell'essere umano resta ignota. Noi possiamo soltanto dire che l'uso finalizzato di costruire strumenti per ottenerne altri è segno di intelligenza, o che la decisione di seppellire i morti corredando le loro tombe con gli oggetti che in vita gli appartenevano, è segno di sensibilità (evitando però di aggiungere che questa sensibilità era di tipo "religioso", poiché anche questa conclusione è ideologica, metafisica, condizionata dal nostro modo alienato di vedere le cose). Sono troppi gli "anelli mancanti". Gli scienziati ci dicono che il processo di "ominazione" è stato incredibilmente lungo e complesso (e oggi continuiamo a vederlo nello sviluppo di un qualunque essere umano), ma non sappiamo affatto quando questo processo sia cominciato, cioè quando sia nato un essere umano effettivamente identico a quello odierno. Nessuno può dire quando i primi esseri umani abbiano iniziato a parlare. Le date sono sempre molto approssimative, continuamente soggette a modificarsi ogni volta che si trovano dei reperti archeologici significativi. Per quanto ne sappiamo, l'attuale essere umano potrebbe anche essere nato a causa di fattori esogeni, esterni al nostro pianeta, che non dovremmo aver paura di ammettere, pensando che, facendolo, si presterebbe il fianco a interpretazioni clericali. Tutto ciò che non è in qualche modo sperimentabile, verificabile, dimostrabile o non esiste o comunque non ci riguarda, non è indispensabile alla nostra esistenza, in quanto possiamo vivere come se non ci fosse. Questa forma di ateismo, che ognuno di noi dovrebbe avere come convinzione naturale, non può però escludere l'idea che l'essere umano possa essere in realtà "figlio dell'universo" e non tanto della sola "terra". Le cause ultime della nostra esistenza potrebbero essere molto più remote ed eterogenee di quel che crediamo. Nessun adulto è in grado di ricordarsi cosa provava quand'era nel ventre della propria madre. Le nostre origini sono destinate a restare sconosciute. Tuttavia se noi sviluppassimo la consapevolezza che non è solo la terra il nostro habitat naturale ma addirittura l'intero universo, noi dovremmo arrivare alla conclusione che la nostra esistenza ha un'origine infinita, a differenza di quella di qualunque altro animale, ed è anche destinata a non avere alcun termine. Se noi arrivassimo a dire che l'essere umano in realtà non è mai nato e mai morirà e che tutto quello che vediamo su questo pianeta è soltanto un processo di trasformazione, le cui cause risiedono nelle leggi dell'universo, noi saremmo sicuramente più vicini alla verità che non quando diciamo di provenire dalle scimmie. Se diciamo di provenire dalle scimmie siamo ridicoli, poiché le differenze, nonostante il 97% di geni compatibili, sono enormi, e se anche volessimo tornare indietro, non riusciremmo mai a spiegarci perché mai noi siamo andati così avanti. Nessuna specie animale, nello stesso arco di tempo di milioni di anni, ha mai fatto progressi così significativi da poter dire: "ecco siamo diventati una cosa completamente diversa". Le diverse caratteristiche fisiche che, nella nostra specie, separano p.es. i neri dai bianchi non è affatto detto che siano frutto di un processo evolutivo. Noi non possiamo sapere con sicurezza se i nostri più antichi progenitori fossero neri come l'ebano. Certamente dal nero al bianco vi è recessione (basta vedere la muscolatura, la dentatura, il timbro della voce, la resistenza alla fatica e altre cose ancora, per accorgersene), ma questo non toglie che possa essere esistito un processo inverso, che ha portato l'olivastro al nero, come l'olivastro al bianco o al giallo. Cioè noi non possiamo escludere con sicurezza che in origine il colore della pelle fosse qualcosa di poco definito, che si è andato precisandosi (in questo caso specializzandosi) a seconda dell'ambiente via via incontrato. In questa maniera, se evoluzione c'è stata, riguarderebbe solo aspetti di tipo formale (fisico, anatomico, fisiognomico), il cui tempo di realizzo sarebbe stato molto più breve di quel che non si pensi. In questo modo peraltro si spiegherebbe il motivo per cui la scomparsa del Neanderthal non abbia inciso sulla riproduzione e diffusione della specie umana. L'evoluzione del genere umano non può essere avvenuta sulla base di un'unica linea di continuità, che ha avuto un unico punto di partenza. Ci deve essere anzi stato un luogo geografico da cui si sono diramate più linee, ognuna delle quali, pur partendo da elementi genetici comuni, ha preso a differenziarsi a seconda degli ambienti incontrati. Gli esseri umani potrebbero essere non tanto "usciti" dall'Africa, come generalmente si crede, quanto piuttosto "entrati". Così come sono entrati in tutti gli altri continenti, dopo essere partiti da un luogo comune, un luogo che non poteva aver già prodotto un essere umano fortemente caratterizzato nel colore della pelle, nella forma degli occhi, nel tipo di statura ecc. E' più facile pensare che all'inizio sia esistito qualcosa di neutro o di indifferenziato, come l'ancestrale pangea, che col tempo, mutando l'ambiente grazie al proprio nomadismo, è andato diversificandosi in maniera significativa. L'ambiente originario può essere stato un punto qualunque lungo la fascia che va dal tropico del Cancro a quello del Capricorno, dove il clima era favorevole in quanto mitigato dalla presenza delle foreste, la maggior parte delle quali oggi sono scomparse perché disboscate dalle civiltà schiavistiche. Questa "cosa neutra" (né troppo bianca né troppo scura, né troppo alta né troppo bassa ecc.) può essersi formata in virtù di processi non necessariamente evolutivi, cioè provenienti da specie animali inferiori alla nostra (è infatti evidente che se si parte da una scimmia è poi impossibile non parlare di "evoluzione"). Alla nostra nascita possono aver contribuito elementi esterni al pianeta, che al momento non conosciamo, anche se sappiamo che la formazione della terra è stata incredibilmente complessa. Noi non sappiamo il modo esatto in cui il nostro pianeta s'è formato. Perché p.es. parliamo di "evoluzione" e non di "involuzione" quando diciamo che ci siamo staccati da una stella e in seguito ci siamo raffreddati, permettendo così la formazione di una crosta terrestre? La terra non sarebbe nulla senza il sole, che è l'unico a fecondare. Semmai dovremmo chiederci il motivo per cui soltanto il nostro sole abbia fecondato. Intuitivamente l'unica risposta che possiamo dare a questa domanda è che tra essere umano e universo non sembra esservi una differenza sostanziale, nel senso cioè che deve per forza esservi qualcosa di "umano" all'origine dello stesso universo, e l'universo, infinito e illimitato nel tempo e nello spazio, altro non attenderebbe che di essere "abitato" in ogni sua parte da questo ente di natura. IL CULTO DEI MORTI Un qualunque manuale scolastico di storia antica non ha dubbi nel sostenere che il culto degli uomini per i morti (a partire dall'uomo di Neanderthal) è indizio sicuro dello svilupparsi di una certa "coscienza religiosa" e che quindi il "senso religioso" è connaturato all'essere umano. Cioè ogniqualvolta dentro le tombe gli scienziati trovano resti di cibo, attrezzi, armature ecc., giungono ovviamente alla conclusione che gli uomini primitivi credevano quanto meno che l'anima, dopo la morte, sopravvive al corpo. Così facendo, noi applichiamo categorie moderne ad azioni che vanno, in realtà, considerate naturali. Quando in vita si sviluppano sentimenti forti per una persona, è normale pensare ch'essa continui ad esistere anche dopo la morte. Ma questo non significa affatto che gli uomini primitivi fossero "religiosi", che per noi vuol dire "credere in qualche divinità". Oggi la parola "religione" è monopolio della chiesa e, per essa, la religione presuppone sempre la fede nella trascendenza divina. Sicché quando si osserva che l'uomo primitivo si limitava a manifestare la propria fede religiosa corredando la tomba di oggetti che il morto aveva usato in vita, inevitabilmente siamo portati a pensare che avesse una fede "primitiva", ancora molto superficiale. E così non riusciamo più a distinguere quando un certo comportamento è "naturale" e quando invece - come lo è in genere quello dei credenti in un dio - è frutto di una "alienazione". Glaciazioni EUROPEE DEL PLEISTOCENE
L'Era Glaciale che gli scienziati sono in grado di studiare è iniziata 40 milioni di anni fa con la crescita della calotta glaciale del polo sud (Antartico), e circa 3 milioni di anni fa si è avuta l'espansione della calotta glaciale del polo nord (Artico). Da allora vi sono stati dei periodi di glaciazione durante i quali le calotte si sono estese e ritirate ciclicamente. L'ultimo periodo glaciale (la glaciazione Würm), è terminato circa 12.000 anni fa, in cui si sono formate temperature e precipitazioni analoghe a quelle odierne. Durante le glaciazioni i mari regrediscono, mentre il contrario avviene nei periodi di disgelo. Oggi i ghiacciai occupano 1/10 di tutte le terre emerse: nel massimo della loro espansione ne hanno occupate 1/3. Le quattro glaciazioni hanno ricoperto le Alpi con una calotta di ghiaccio spessa fino a 2.000 metri. Al culmine dell'ultima glaciazione l'abbassamento marino arrivò fino a 100 metri, tant'è che 20.000 anni fa, laddove oggi esiste lo stretto di Bering, era possibile attraversarlo a piedi, passando dalla Russia all’Alaska. Le cause possibili delle glaciazioni:
Il clima migliore la Terra l’ha raggiunto nel 5000 a.C., che è l'epoca delle grandi civiltà del bacino del Mediterraneo (egizi, fenici ecc.). Intorno
all'anno 1000 a.C. il clima divenne più fresco e più umido, con una leggera
avanzata dei ghiacciai. Questa situazione rimase fino all'800 dell'era cristiana,
quando il clima divenne più mite e i ghiacciai tornarono a ritirarsi. A metà dell’Ottocento un'inversione climatica fece registrare un aumento della temperatura, che portò all'inizio del Novecento a un nuovo miglioramento climatico con una conseguente brusca regressione dei ghiacciai. La situazione restò invariata fino al 1960, quando iniziò una nuova espansione dei ghiacciai. Dal 1986 questa tendenza pare attenuarsi e alcuni ghiacciai sono in regressione. I nomi alpini si riferiscono a quattro affluenti minori del Danubio in Germania. ERE GEOLOGICHE
Zoico da zoon = vita L’era neozoica viene anche detta “antropozoica”, poiché essa si configura come “età della pietra lavorata dall’uomo”. ETA’ DELLA PIETRA
RIVOLUZIONE AGRICOLA NEL NEOLITICO A partire dall’8000 a.C. nasce l’agricoltura, favorita dal fatto che durante il Mesolitico i cambiamenti climatici avevano diminuito la grossa selvaggina da clima freddo (mammuth, bisonti, renne, orsi….). Prima di arrivare all’agricoltura si pensa di addomesticare alcuni animali (capre, pecore, maiali, buoi, lupi, oche, renne, cavalli…). L’agricoltura nasce quando ci si accorge che le piante che si mangiano potevano anche essere coltivate. E ciò avviene grazie all’invenzione prima della zappa, poi della vanga e, successivamente, dell’aratro in legno, trainato da una forza prima umana, poi animale, con cui si poteva dissodare la terra e piantarvi dei semi. In Europa, all’inizio, i semi principali sono: avena, segale, vino, ulivo; in Africa: orzo, grano, riso, miglio, sorgo, piselli, lenticchie, palma; in Medio Oriente: orzo, dattero, cipolla, frumento, farro, piselli, lenticchie, ulivo; in America: ananas, avocado, cacao, mais, fagiolo, zucca, patata, pomodoro; in Asia: erba medica, canapa, grano, riso, soia, aglio, banano, cocco. Quando si sviluppa l’agricoltura l’uomo da nomade diventa stanziale, ma gli allevatori restano nomadi. Per essere stanziali si dovevano allestire dei villaggi permanenti costituiti da capanne di legno o di pietra o di argilla. Nei villaggi si sviluppa la produzione di vasellame di argilla, modellata a mano e cotta al fuoco, per conservare i cereali e i prodotti della terra. Per macinare i cereali occorreva la mola di pietra. Nei villaggi, usando il manto di alcuni animali addomesticati (ovini e caprini), si sviluppa la filatura e la tessitura, grazie all’uso del telaio (successivamente si useranno il lino e il cotone, ricavandoli dalle piante). Quando il cibo eccede le necessità vitali, viene scambiato (barattato) con altri oggetti prodotti dai villaggi limitrofi e di cui si può aver bisogno. Gli spostamenti da un villaggio all’altro fanno nascere l’esigenza di avere carri dotati di ruote, trainati da animali (ma gli scambi avvengono anche attraverso fiumi e laghi, usando delle imbarcazioni). Sul piano sociale i villaggi sono divisi in tanti clan familiari, con vincoli di parentela. L’insieme dei clan è una tribù. Ogni clan è rappresentato da persone autorevoli che partecipano all’assemblea della tribù, dove il capo (eletto dall’assemblea) è generalmente un uomo con molta esperienza, affiancato da un consiglio di altri anziani. Non esistono discriminazioni sociali basate su sesso, forza fisica, provenienza e la proprietà dei mezzi produttivi è comune. L'ERA QUATERNARIA L'era quaternaria o neozoica si suddivide in Pleistocene (inferiore, medio e superiore) e Olocene. Quest'ultimo (quello del definitivo sviluppo dell'Homo sapiens, l'unico sopravvissuto del genere Homo, e destinato a diventare in breve tempo, con la sottospecie Homo sapiens sapiens, l'essere dominante del pianeta) si suddivide in cinque età:
(1) Gerico, nella valle del Giordano, è il più antico stanziamento agricolo
sin qui datato. cfr Matriarcato - Nomadi e Sedentari - Stereotipi dei manuali Fonti
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