STORIA ROMANA |
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STORIA DELL'IMPERO ROMANO IN NUCE
La storia dell'impero romano può essere letta come un continuo tentativo di trasferire a un livello geopolitico maggiore la soluzione di quegli antagonismi sociali che si presentavano a livelli geopolitici minori. Cioè man mano che la plebe (prima romana, poi italica) rivendicava i propri diritti, i patrizi, pur di non concederli o pur di recuperare il potere perduto, dopo aver concesso taluni diritti, usavano lo strumento della guerra come mezzo (illusorio) per risolvere i conflitti sociali. Roma ha avuto una nascita e una morte nel sangue. Quando non ha più potuto allargare i propri confini, è avvenuto il tracollo. D'altra parte questa sembra essere una legge di natura: se non si vive al proprio interno una vera democrazia, s'impone inevitabilmente l'esigenza di una dittatura da esercitare all'esterno. La dittatura è interna alle classi contrapposte (patrizi e plebei) ed esterna tra cittadini romani e tutti gli altri (barbari, stranieri) o tra Roma e le province, con la differenza che quella interna è implicita, mascherata dal principio del diritto (le leggi dovevano essere scritte e doveva esserci un potere giudiziario che le facesse rispettare), mentre quella esterna è esplicita: Cartagine poteva essere completamente distrutta, la plebe romana no. Con lo sfruttamento delle colonie conquistate, Roma si poteva permettere il lusso di concedere taluni diritti alla propria plebe. La democrazia ha un costo che viene pagato da chi (lontano e nascosto) deve subire la dittatura, almeno finché non sono le stesse province a rivendicare i loro diritti. Quanta più resistenza opponevano le province a Roma, tanto più gli imperatori erano costretti a scendere a patti coi barbari. Avendo, ad un certo punto, solo una forza militare adatta a difendere l'impero e non a conquistare nuove terre, Roma non poteva che accettare continuamente compromessi col nemico. Solo che più era forte la minaccia di una penetrazione barbarica entro i confini dell'impero, più i poteri forti della capitale, a livello di politica interna, tendevano ad esercitare ampie forme di autoritarismo, al punto che gli imperatori furono costretti più volte a trasferire altrove la loro sede di governo e di comando militare. P.es. le persecuzioni maggiori contro il cristianesimo avvengono sotto Diocleziano, cioè tre secoli dopo, quando ormai sarebbe stato inutile farle, e sotto di lui il fiscalismo e l'oppressione sociale assunsero livelli inusitati, quando, dopo la crisi durissima del III secolo, sarebbe stato meglio favorire la democrazia e non accentuare la dittatura. Il fatto è che i latifondisti, gli imprenditori, gli alti funzionari statali e militari non volevano assolutamente rinunciare alle loro posizioni di privilegio e tendevano a impoverire la popolazione. L'ingrandirsi dell'impero non è mai stato un elemento sufficiente per risolvere l'antagonismo sociale, neppure quando alle province si concessero gli stessi diritti della capitale e della penisola italica, né quando si permise a chiunque, fosse anche figlio d'un liberto, di poter accedere a qualunque carica politica e militare. Gli imperatori rappresentavano soltanto l'illusione della plebe di poter ottenere dall'alto maggiore democrazia contro la corruzione del Senato e dei latifondisti e, in genere, dei poteri economicamente più forti. Quanto più gli antagonismi si facevano duri, tanto maggiori erano le illusioni da parte degli oppressi. In tutta la storia dell'impero romano non s'è mai vista una rivoluzione politica favorevole alla democrazia. Quella di Spartaco, p.es., non ottenne mai i consensi della plebe romana. A Spartaco mancava un progetto di liberazione che ponesse fine all'antagonismo sociale e non solo al fenomeno della schiavitù, che di quell'antagonismo era soltanto l'aspetto più appariscente. Lo stesso tentativo di democratizzazione sociale da parte dei Gracchi non uscì mai dal limite del semplice riformismo. L'unico vero progetto di liberazione sociale, politica e culturale, che andasse al di là delle differenze etniche, è stato quello di Gesù Cristo, che però finì tragicamente, anche per i tradimenti all'interno dello stesso movimento nazareno, prima e dopo la sua morte. In una situazione del genere il crollo dello Stato non poteva che essere rovinoso, e i barbari (essenzialmente i Germani) non potevano essere visti che come liberatori. Tuttavia la catastrofe non si verificò nell'area bizantina, che anzi poté resistere per un altro millennio, grazie a una serie di importanti ragioni:
Lo Stato bizantino era sì fiscalmente esoso, ma lo era nei confronti di tutti e là dove non poteva esserlo nei confronti del piccolo contadino, cercava di favorire una gestione collettiva della terra, in maniera tale da distribuire il carico fiscale su realtà collettive, in cui tutti fossero responsabili. L'impero bizantino crollò per tre ragioni:
Fonti
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- Stampa pagina Aggiornamento: 11/09/2014 |