STORIA ROMANA


I SEVERI E LA MILITARIZZAZIONE DELL'IMPERO

I - II - III - IV - V

3) Caracalla (211-217) e la cittadinanza universale
A. Evoluzione dell'Impero sotto Caracalla

1 - Il ruolo degli eserciti

Principale sostegno del principato di Carcalla (il cui vero nome è Marco Aurelio Antonino) saranno le milizie, alle quali egli elargirà - come del resto suo padre gli aveva consigliato di fare - diversi favori.

Aumento degli stipendi, donativi, ed altri favori sono infatti oramai mezzi necessari per assicurarsi il sostegno e l'amicizia degli eserciti, divenuti strumenti importanti - se non addirittura indispensabili - sia per il mantenimento dell'integrità territoriale, che come mezzo da parte dei sovrani di consolidamento e conservazione del proprio potere.

Caracalla

[E infatti, come vedremo, tutti i discendenti di Settimio Severo avranno negli eserciti il proprio 'giudice supremo', che ne decreterà non solo la missione politica eleggendoli (prima del Senato), ma anche la fine (attraverso il cesaricidio)].

2 - L'uguaglianza politica

Ma il sostentamento e il mantenimento degli apparati militari (e in generale di quelli statali) richiede per forza di cose anche delle grandi spese, e con esse un ulteriore aumento della pressione fiscale.

E' a una tale esigenza di denaro che molto probabilmente si deve la promulgazione, nel 212, della celebre "constitutio antoniana de civitate", un editto con il quale l'Imperatore concede anche ai sudditi delle province (pur se con alcune eccezioni) la cittadinanza romana.

Tale editto costituisce ovviamente, per queste ultime, un grande passo in avanti. Proseguendo nell'opera del padre, che si era impegnato a parificare la loro condizione politica a quella italica, Caracalla ne riconosce infatti anche sul piano giuridico la condizione di uguaglianza rispetto ai sudditi italici.

Ma oltre che un atto di coraggio, che va contro le più antiche e consolidate tradizioni di Roma, un tale editto è il riconoscimento di uno stato di fatto: del fatto cioè che oramai in tutti gli ambiti della vita sociale dell'Impero (dall'esercito, alla burocrazia, per arrivare alla composizione stessa del Senato) i ruoli si sono 'internazionalizzati', non essendovi più quindi - se non in misura davvero trascurabile - un'effettiva egemonia italica.

Questo provvedimento quindi, che pure risulta indiscutibilmente un affronto nei confronti dei sostenitori del tradizionalismo romano, non intacca seriamente gli interessi di nessuna categoria sociale, essendo piuttosto il riflesso e l'esito di un processo - in atto da tempo - di parificazione tra le varie regioni dell'Impero (processo inoltre a quest'ultimo consustanziale, dal momento che l'Impero non può per sua natura avere un centro, essendo un organismo la cui forza in realtà sta tutta nella capacità di istituire degli scambi commerciali e culturali tra le proprie zone, anche le più distanti, e favorirne così l'integrazione).

Il provvedimento di Caracalla è perciò l'atto conclusivo di un percorso la cui origine si colloca al tempo delle prime e lontanissime manifestazioni dell'imperialismo e dell'internazionalismo di Roma.

In ogni caso, questa concessione non è veramente universale. Vi sono infatti anche degli esclusi: sono i "peregrini dediticii", da identificare probabilmente con alcune popolazioni stanziate nei confini dell'Impero e non urbanizzate.

3 - Implicazioni finanziarie dell'editto di Caracalla

Ma, come già si è accennato sopra, l'Editto del 212 non è soltanto il prodotto di aspirazioni di carattere ideale, bensì anche (e secondo molti prima di tutto) di esigenze finanziarie.

Lo scopo dell'estensione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'Impero, non è infatti solo quello d'ampliarne i diritti, ma anche i doveri - come del resto prova il fatto che esso estenda a tutti i suoi sudditi il dovere di pagare le imposte sulla successione e quelle sulla manomissione (l'atto con cui vengono affrancati gli schiavi).

Un tale diritto di cittadinanza universale, dunque, non comporta vantaggi soltanto per i neo-cittadini, ma anche per lo Stato romano.

4 - L'indebolimento del Senato

Un altro importante aspetto del governo di Caracalla - e in generale dei Severi - è la tendenza ad esautorare il Senato dai suoi più tradizionali compiti politici e amministrativi.

Esso difatti, in quanto espressione della classe nobiliare e latifondista (nonché come istituzione non direttamente dipendente dall'autorità dell'Imperatore, e per quest'ultimo quindi anche più difficilmente controllabile) viene "rispettosamente" allontanato da ogni reale funzione di carattere politico.

Anzichè ai senatori, il princeps preferisce infatti concedere i propri favori ai cavalieri, e in generale a quelle forze sociali - cittadine o militari - che sono più direttamente legate alla sua autorità e i cui interessi, ora più che mai, hanno molta più affinità con i suoi.

In tutti i settori quindi (amministrativi, giuridici, militari, ecc.), i ceti "borghesi" tendono a sostituire quelli senatori - e ciò anche nei ranghi più alti, i quali per tradizione consolidata appartengono invece alla nobiltà.

Lo Stato insomma si difende dalla crescita dei latifondi (ovvero delle forze produttive agrarie potenzialmente eversive rispetto al suo potere, in quanto se da una parte conoscono un costante incremento territoriale, sono dall'altra sempre più portatrici di interessi e di valori particolaristici e locali, molto divergenti rispetto a quelli imperiali) cercando di delegittimare l'autorità politica del Senato e della nobiltà terriera.

In questi anni hanno luogo, quindi, due fenomeni opposti ma complementari: da una parte vi è la crescita degli apparati statali (soprattutto di quelli militari), mentre dall'altra vi è quella delle grandi proprietà (che si costituiscono spesso come veri e propri luoghi di assembramento e di rifugio rispetto al resto della società).

Si verifica, in altri termini, un allontanamento tra le reali forze produttive e sociali che stanno alla base dell'Impero, e quelle invece di carattere più propriamente politico e amministrativo.

B. Eventi del principato di Caracalla

Anche se il periodo del principato di Caracalla è relativamente breve, esso resta comunque in un'ottica storica molto significativo, e ciò non solo per la promulgazione dell'editto sulla cittadinanza universale.
Sebbene la memoria di quest'ultimo sia infatti incrinata dall'episodio dell'assassinio (pare davanti alla madre, Giulia Domina) di suo fratello Geta, aspirante alla coreggenza imperiale, è indiscutibile tuttavia che egli si sia attivamente impegnato per salvaguardare i confini imperiali sia a Occidente, con le campagne sul confine retico contro i Germani (213), che ad Oriente, con quelle contro i Parti (214-217).

Riguardo alle seconde, alla loro base vi è senza dubbio anche il desiderio di guadagnarsi gloria e fama personali con l'estensione dell'Impero verso est, approfittando di una momentanea incertezza politica, dovuta a questioni dinastiche, del regno partico.

E sarà proprio l'esito disastroso di queste campagne a perderlo, facendogli mancare l'appoggio fondamentale degli eserciti. Egli infatti verrà ucciso a Carre, nel 217, dai suoi stessi soldati.

Al suo posto diverrà imperatore (seppure per pochissimo tempo) un certo Macrino, primo esempio nella storia di Roma di uomo asceso fino alla dignità imperiale partendo dalla carica di prefetto del pretorio. Egli realizzerà in tal modo il sogno di molti tra coloro che lo avevano preceduto in tale carica - tra i quali, su tutti, spicca Seiano.


1) La fine dell'Età aurea
2) Il principato di Settimio Severo (193-211)
4) Il breve regno di Elagabalo (217-222)
5) Alessandro Severo (222-235) e la ripresa della politica senatoria
Adriano Torricelli

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014