L'infanzia di Nerone non è facile. Quando gli muore il padre,
Domizio Enobarbo, la madre Agrippina Minore viene mandata in esilio
dal fratello Caligola, imperatore, che non la vuole tra i piedi, e Nerone
è affidato a una zia. I suoi primi maestri sono un barbiere e
un ballerino.
Nel 41 d.C. Agrippina, dopo essersi legata al cognato M. Emilio Lepido,
marito di Drusilla, e dopo la fine di Caligola, torna a Roma decisa
a rifarsi delle umiliazioni subite. Pretende che il precettore Seneca,
uno dei filosofi più colti dell'impero, dia la formazione culturale
adeguata al figlio. Seneca era stato un retore esiliato da Claudio in
Corsica a causa dell'adulterio con Giulia Livilla.
Ma l'occasione buona arriva quando muore Messalina, fatta assassinare
dal marito Claudio, imperatore. Quest'ultimo, che ha già oltre
60 anni, è zio di Agrippina, che ne ha 34, e si lascia sedurre
dalle sue grazie, sposandola.
Appena raggiunto lo scopo, Agrippina costringe il marito ad adottare
Nerone e a promettergli in moglie la figlia Ottavia. Da questo momento
Nerone presenzia a tutte le manifestazioni pubbliche per farsi conoscere
ed amare dalla plebe.
Claudio vorrebbe rimangiarsi l'adozione, perché teme che Nerone
possa scalzare Britannico, legittimo erede al trono. Ma ormai è
troppo tardi: Agrippina lo fa avvelenare.
Il prefetto del pretorio, Burro, con un colpo di stato, presenta Nerone
come imperatore ai pretoriani, i quali ricevono generosi compensi. Il
senato, che conta sempre meno, viene informato della scelta già
fatta dai militari e la ratifica senza protestare. Iniziano così,
nel 54 d.C. i 14 anni di regno di Nerone.
Inizialmente la politica di Nerone viene gestita da Seneca e Afranio
Burro, i quali riducono il potere dei liberti, che si era troppo ampliato
sotto Claudio. Si stabiliscono alcune esenzioni a favore dei soldati,
si toglie dalle mani dei senatori il controllo degli appalti pubblici,
per evitare tangenti, e si decide che venga reso pubblico il testo dei
contratti e dei bandi.
Non passa invece la proposta di eliminare alcune imposte indirette (dazi
doganali), sostituendole con altre dirette che avrebbero colpito gli
interessi dei proprietari più ricchi e alleggerito il peso fiscale
dei ceti meno abbienti.
Il costo della vita saliva progressivamente perché i dieci distretti
in cui era diviso l'impero imponevano continuamente nuove tasse. Latifondisti,
aristocratici, senatori, proprietari di intere province, vogliono un
forte protezionismo doganale per difendere i loro prodotti dalla concorrenza
delle colonie dell'impero.
Ma i problemi più grossi a Nerone vengono dalla vita privata.
Agrippina infatti vuole governare insieme a lui e comincia a far fuori
quanti le possono dar fastidio.
Il matrimonio di Nerone con la nobile Ottavia naufraga dopo un anno,
perché Nerone s'invaghisce di una liberta di nome Atte, una schiava
di origine greca liberata da Claudio. L'adulterio tuttavia è
noto solo a pochissime persone, poiché viene coperto dalla complicità
di Seneca e Burro.
Quando Agrippina lo viene a sapere, scoppia il finimondo e comincia
a minacciarlo, poi, quando vede la risolutezza del figlio, lo asseconda.
Ma Atte chiede e ottiene l'allontanamento di Pallante dalla corte, procuratore
delle finanze imperiali, amante di Agrippina, la quale minaccia di schierarsi
col legittimo erede Britannico.
Seneca, Burro, Atte e altri intimi di Nerone decidono a questo punto
di far fuori Britannico, tramite il veleno di Locusta, una maga di origine
gallica, già protagonista in occasione della morte di Claudio.
(1) Giulio Pollione, tribuno della quarta coorte dei pretoriani viene
ricompensato, per questo delitto, con la nomima a governatore della
Sardegna. La versione ufficiale della morte di Britannico fu l'epilessia.
Nerone è intenzionato a sposare Atte e convince alcuni ex-consoli
a certificare con un falso giuramento le origini regali della liberta,
un'ipotetica discendenza dal re di Pergamo, Attalo, morto quasi due
secoli prima. Con questa falsa adozione, Nerone vorrebbe ripudiare Ottavia
e nel frattempo comincia a riempire di doni Atte, che riceve vasti latifondi
della res privata imperiale nel Lazio (a Velletri), nella Campania (a
Pozzuoli) e soprattutto in Sardegna (a Olbia).
Agrippina non demorde e colma di favori Ottavia sperando di formare
un partito avverso al figlio, forse per portare al trono C. Rubellio
Plauto, discendente in quarto grado di Augusto, al quale pare avesse
promesso di unirsi in matrimonio. Saputa la cosa, Nerone fa esiliare
Rubellio in Asia nel 59 e lo farà uccidere nel 62.
E decide anche di licenziare i pretoriani che proteggevano la madre,
mentre questa la fa trasferire in un'altra residenza. Pallante e Burro
intanto vengono prosciolti dall'accusa di voler portare sul trono Fausto
Cornelio Silla, al posto di Nerone. Silla viene relegato a Marsiglia
nel 58 e sarà anche lui eliminato nel 62.
Proprio nel 58, dopo tre anni di convivenza con Atte, Nerone s'invaghisce
di Poppea Sabina, nobile e intelligente, nemica acerrima di Agrippina,
causa della rovina della sua famiglia.
Poppea ha già alle spalle due matrimoni: la prima volta con Rufrio
Crispino, un cavaliere romano da cui aveva avuto un figlio; la seconda
volta con un certo Otone, che l'aveva convinta a sposarla con la promessa
d'introdurla nella corte dell'imperatore.
Dopo l'esilio di Atte in Sardegna, dove rimarrà per più
di sette anni, Otone viene inviato come legato imperiale nella lontana
Lusitania. Invece Rufrio Crispino sarebbe stato esiliato nel 65 in Sardegna
e qui eliminato l'anno seguente.
Poppea è praticamente diventata l'unica vera rivale di Agrippina,
la quale, per evitare d'essere spodestata, è addirittura disposta
a sedurre il figlio, che d'ora in poi eviterà di incontrarsi
da solo con lei. Poppea infatti vuole assolutamente sposare Nerone,
ma legalmente è ancora Ottavia la moglie ed è lei che,
secondo la tradizione giulio-claudia, trasmette la legittimità
del potere a Nerone.
Ecco perché questi, follemente innamorato di Poppea, decide,
con l'aiuto del ministro degli interni Tigellino, di costruire un castello
di accuse contro di lei, la più grave delle quali era quella
di essersi congiunta con un liberto di nome Aniceto, per poterla allontanare
dalla corte e ripudiare. La si condanna all'esilio nell'isola di Ventotene
in Campania. Poi con la complicità di Aniceto, prefetto della
flotta di Miseno, che si autoaccusa dell'adulterio con Ottavia, la fa
assassinare.
Su consiglio di Seneca fa eliminare da Aniceto anche Agrippina, preparando
l'opinione pubblica su un suo presunto tradimento politico. Aniceto
verrà relegato in Sardegna con tutti gli onori, in quanto trascorrerà
l'esilio nell'agiatezza e riuscirà a morire di vecchiaia.
A questo punto Nerone può finalmente sposare Poppea senza problemi
di sorta. Siamo nel 62 e l'anno dopo nasce Claudia, che però
muore a soli quattro mesi. Intanto nel 62 muore anche Burro e tra il
62 e il 65 Poppea praticamente non ha avversari a corte. Due anni dopo
Poppea è di nuovo incinta ma muore di parto, forse presa a calci
da Nerone dopo un violento litigio.
Nerone nel 66 sposa Statilia Messalina, ma il matrimonio si rivela un
fallimento, e allora prende come amante il liberto Dariforo Pitagora
e successivamente l'eunuco Sporo, perché somiglia molto alla
scomparsa Poppea.
Le leggi di Nerone continuano a scalfire i privilegi degli aristocratici
(ha p.es. ripristinato i comizi del popolo e spesso apre i granai e
fa distribuire cibo e vino). Tuttavia i senatori possono trarre beneficio
dall'occupazione di tutte le coste del Mar Nero e dalle esplorazioni
compiute in Etiopia, nonché dalla scoperta dei monsoni, con cui
è possibile navigare verso l'oceano Indiano. Viene anche finanziato
il progetto di un canale navigabile tra Ostia e il lago d'Averno.
Il disastro accade il 13 luglio del 64, allorché Roma va in fiamme,
in seguito a una rovente estate. L'incendio viene domato dopo sei giorni:
400.000 persone rimangono senza tetto e senza cibo.
Nerone fa aprire i suoi giardini, il Campo Marzio e i monumenti di Agrippa;
si chiedono aiuti alle città limitrofe; si dà il via alla
ricostruzione (la Domus Aurea, riempita di opere d'arte, viene finita
in soli sette mesi).
Le casse dello Stato vengono letteralmente prosciugate. Perfino alle
guardie del pretorio il salario viene pagato con notevoli ritardi. Nerone
ricorre a festini, divertimenti, circhi, lotterie per rimpinguare l'erario.
Lui stesso ne diventa protagonista esibendosi come artista.
Il ministro della polizia Tigellino apre un'inchiesta per scovare se
qualcuno aveva provocato l'incendio e, poiché l'ordine pubblico
viene minacciato ogni giorno di più da tanti forestieri che giungono
nella capitale dopo che alle province è stato concesso il diritto
di cittadinanza, si comincia a ventilare l'ipotesi di accusare i cristiani,
dando seguito ai sospetti avanzati dagli ebrei.
Circa 300 persone finiscono sul rogo o dilaniate dalle fiere nel circo,
secondo le pene previste dal codice per i piromani.
Nel 65 Nerone deve sventare una congiura ai suoi danni. Era stata ordita
da Gaio Calpurnio Pisone, con l'aiuto del prefetto del pretorio Fenio
Rufo, già accusato di adulterio con Agrippina, e di Seneca e
Vestino, marito di Statinia Messalina. A tradire i congiurati fu uno
schiavo, Milico, che informò il liberto Epafrodito. Molti di
loro sono costretti a uccidersi, tra cui Seneca.
Non potendone più degli ambienti di corte, alla fine dell'estate
del 66 Nerone fa un viaggio in Grecia, tornandovi solo dopo un anno
e mezzo: nessun imperatore prima di lui si era allontanato dalla capitale
per così tanto tempo.
Con una corte di 5000 persone sbarca a Corfù, dove tiene un concerto
presso l'altare di Giove: le tappe successive sono Nicopoli, Azio, Corinto,
eletta a sua residenza durante la sua permanenza in Grecia.
Nomina intanto Vespasiano governatore della Giudea col compito di domare
una rivolta. Il generale e il figlio Tito, futuri imperatori, riconquistano
Gerusalemme e pongono fine una volta per tutte allo Stato di Israele.
Dopo aver svernato a Corinto, Nerone partecipa come sportivo a quattro
giochi panellenici: Olimpici, Pitici, Istmici e Nemei.
Dà il via alla realizzazione del canale di Corinto, cosa che
incrementerà notevolmente i commerci, e rende libera la Grecia:
una terra povera ma simbolica. Infatti in tutto l'oriente l'entusiasmo
è enorme e Nerone viene paragonato a Giove e Apollo.
Nerone è affascinato dalla cultura ellenistica e pensa addirittura
di trasferire qui la sede della corte. Ma a Roma l'aristocrazia la pensa
molto diversamente e comincia a essere stanca di dover fronteggiare
il malcontento della plebe senza la presenza dell'imperatore.
Tigellino con una scusa pianta in asso Nerone e si fa sostituire da
Ninfidio Sabino, il quale comincia a far circolare voci false, secondo
cui l'esercito si starebbe ammutinando e la lealtà delle province
orientali, dopo la libertà concessa alla Grecia, non sarebbe
più sicura.
Nerone ci crede e si rifugia negli Orti Servilliani. D'accordo con alcuni
senatori, Ninfidio annuncia ai pretoriani che l'imperatore è
fuggito in Egitto e promette loro, a nome di Galba, che aveva già
fatto un proclama contro Nerone, laute ricompense.
Nerone sente la fine vicina e si fa uccidere dal liberto Epafrodito.
Aveva 31 anni e sarà rimpiazzato proprio da Galba. Nel 68 è
la liberta Atte che ricompone le spoglie di Nerone nel mausoleo dei
Domizi.--------------------------------------------------------------------------------
[1] Seneca, Burro
e altri furono premiati per la loro fedeltà e complicità
da Nerone con beni di ogni genere, dopo la sconfitta di Britannico.
Seneca pare abbia accumulato in appena quattro anni un patrimonio valutato
sui 300 milioni di sesterzi (circa 600 milioni di euro). A corte Seneca
aveva cercato di rafforzarsi rapidamente, promuovendo la carriera di
amici e parenti, quasi tutti spagnoli. Lui stesso ricoprì il
consolato del 56 assieme all'amico M. Trebellio Massimo. Il filosofo
stoico predicava l'equità e la clemenza del governo imperiale,
ma per raggiungere i fini della sua politica non si faceva scrupolo
nell'uso dei mezzi.
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