|
Eventi e personaggi
8. LA RIVOLTA DI VELZNA
|
Velzna, l'antica Orvieto di origine etrusca, conobbe una rivolta di schiavi
circa 270 anni prima della nascita di Cristo.
Schiavi, liberti (per buona parte greco-orientali) e plebei della cittą, cui
ben presto si unirono quelli di origine etrusca, umbra, sabina e sannita, si
opposero al nuovo modello economico che Roma, soprattutto dopo aver sconfitto
gli etruschi, voleva imporre a tutta la penisola: grandi latifondi posseduti da
poche famiglie di aristocratici, lavorati da migliaia di schiavi in condizioni
miserevoli.
I rivoltosi prendono possesso delle terre coltivate, dei boschi e delle
industrie del bronzo. Si attribuiscono cariche pubbliche, sostituendo tutti i
funzionari in carica.
Il governo della cittą-stato emana nuove leggi: i latifondisti devono
lasciare le terre in ereditą ai liberti, le terre vanno redistribuite fra gli
schiavi che le lavorano, vanno legalizzati i matrimoni tra persone di classe
sociale diversa, va concessa maggiore libertą (anche sessuale) alle donne, vanno
amnistiati i reati contro il pudore.
Nelle assemblee popolari tutti hanno uguali diritti: donne e uomini, poveri
e benestanti, etruschi e stranieri.
Gli aristocratici rifiutano ovviamente la rivolta e inviano propri
ambasciatori segreti a Roma per un incontro notturno col senato. Implorano
l'intervento militare accampando falsi pretesti: i rivoltosi stuprano le donne
nobili, impediscono di punire i colpevoli...
Nella primavera del 265 a.C. un grande esercito, guidato dal console Quinto
Fabio Massimo, risale la valle del Tevere da Roma al corso del fiume Paglia,
accingendosi a "liberare" Velzna dai rivoltosi.
Gli scontri sono durissimi: i romani riescono a distruggere l'armata di
Velzna, ma il console Fabio ci rimette la vita.
I sopravvissuti si rinchiudono nella cittą, che viene assediata per molti
mesi. Privata di viveri, di acqua, sconvolta dalle epidemie, dagli incendi,
dalle distruzioni causate dalle macchine da guerra romane, la cittą di arrende
nel 264 a.C.
Il nuovo console Marco Fulvio Flacco fa trucidare tutti i capi
rivoluzionari, incendia le campagne, rade al suolo la cittą, trascina parte
degli abitanti a Roma per venderli come schiavi o farli morire in carcere.
I superstiti vengono deportati nella Nuova Velzna (Volsinii Novi, l'antica
Bolsena), fondata dai vincitori sulle rive del lago.
Duemila statue bronzee vengono rubate dai romani nel tempio principale della
cittą distrutta.
|
Enrico Galavotti
|
|