LA STORIA CONTEMPORANEA
dalla prima guerra mondiale ad oggi


STORIA DELL’INDIA MODERNA SINO ALLA MORTE DI GANDHI (1784-1947)

La Gran Bretagna cominciò a occupare l’India tra la fine del 1757 e la prima metà dell'Ottocento, attraverso la Compagnia delle Indie Orientali, una di quelle imprese marittime commerciali nate verso il 1600.

Il primo passo verso la trasformazione in colonia dell’India fu l'approvazione, nel 1784, dell'Indian Act, che concedeva ai governatori generali della Compagnia la facoltà di agire in nome del governo di Londra.

Sin dal 1785 i successivi governatori generali, appoggiati da un esercito moderno, erano andati avanti nella conquista dell'immenso territorio, sottomettendo vari principi regnanti e conquistando l'isola di Ceylon (Sri-Lanka).

Nel 1818 i britannici dominavano quasi tutta l'India, amministrando in maniera diretta la regioni più ricche, (Bengala e Delhi, con l'eccezione del regno Sikh, nel nord-ovest).

Per dimostrare che si trattava di un colonialismo utile agli indiani, gli inglesi fecero restaurare il sistema di canali, ripararono le vie di comunicazione e promossero in Bengala la creazione di un sistema di pubblica istruzione. Nel 1828 sostituirono la lingua persiana come lingua ufficiale con i dialetti locali e con l'inglese. Si proibì inoltre il lavoro minorile e la pratica funeraria del Sati (la vedova si buttava nella pira del marito).

In realtà la fiorente manifattura indiana che produceva tessuti di cotone venne completamente rovinata dalla concorrenza di quella inglese, che faceva coltivare il cotone in India, poi lo importava in Inghilterra per farlo lavorare con tecniche più avanzate: così i prodotti britannici avevano un costo di molto inferiore a quelli indiani.

Anche l'agricoltura indiana fu devastata da quella britannica. L'India, infatti, era un enorme insieme di villaggi autosufficienti, e i campi erano proprietà di tutti. Questa tradizione durava da centinaia di anni. Con l'arrivo degli inglesi si diffuse la grande proprietà latifondistica e i proprietari terrieri si resero conto che era molto più conveniente esportare i prodotti, cosa che fino ad allora non era mai stata fatta.

Nel maggio 1857 le truppe indiane che prestavano servizio nell'esercito britannico, formato da 238.000 uomini (dei quali solo 38.000 europei), si ribellarono a causa dal pessimo trattamento che gli ufficiali britannici riservavano alle truppe indiane, per la politica inglese delle annessioni e perché si doveva andare a combattere contro i Birmani.

La voce diffusa che le cartucce dei fucili venissero unte con grasso di maiale e di vacca - animali tabù per musulmani e induisti - fece scoppiare una insurrezione che causò migliaia di vittime e che fu soffocata nel giugno 1858.

Tra il 1848 e il 1856 gli inglesi misero in atto una politica espansionista sulla base del "principio della reversibilità", che comportava l'annessione di quei principati indiani che rimanevano senza erede diretto alla morte del reggente. In questi territori intrapresero la costruzione di ferrovie, la riforma delle poste e l'installazione delle prime linee telefoniche; fu inaugurata anche la linea ferroviaria Calcutta-Agra (in tutto si realizzarono oltre 50.000 km di ferrovie e 60.000 km di strade). Vennero fondate le Università di Calcutta, Bombay e Madras, riservate però alle classi sociali privilegiate.

Il Government of India Act 1858 ratificò la fine dell'impero Moghul e trasformò l'India in una colonia britannica sotto il mandato di un viceré. A Londra venne creato il ministero dell'India e Calcutta diventò la capitale della colonia. I funzionari vennero organizzati nell'Indian Civil Service. Nel 1877, la regina Vittoria sarà incoronata "Imperatrice delle Indie".

Nel 1885, Allan Octavian Hume fondò il Congresso Nazionale Indiano, con il proposito di ottenere una partecipazione più attiva della borghesia indiana al governo del Paese. Ma il nazionalismo indiano ne approfittò per rifarsi agli esempi del Canada, dell'Australia, della Nuova Zelanda e del Sudafrica, cioè per reclamare lo status di dominion nell'Impero Britannico.

Nel 1891 gli inglesi si annessero l'intera Birmania, che serviva da Stato-cuscinetto per proteggere le frontiere orientali. Poi appoggiarono o crearono Stati intermedi come il Nepal e il Bhutan, si intromisero nelle questioni dell'Afghanistan e si annessero il Belucistan.

Grandi carestie ed epidemie caratterizzarono il periodo che va dal 1866 al 1912: oltre 25 milioni di morti.[1]

Nel 1911 il Re Giorgio V si fece incoronare Imperatore dell'India nella nuova capitale Delhi e riunificò il Bengala.

Durante la prima guerra mondiale circa 1,2 milioni di soldati indiani combatterono per l'Inghilterra: in cambio si aspettavano una qualche forma di autogoverno, che però non arrivò. Nel 1916 la Lega Musulmana e il Congresso Nazionale Indiano si unirono nella richiesta di autonomia.

Nel 1918 il governo promulgò il Rowlatt Act, una legge che stabiliva misure eccezionali per chiunque fosse accusato di terrorismo, ovvero di azione politica anti-britannica.

Gandhi, detto il Mahatman (la grande anima), guidò il movimento di protesta contro l'applicazione della legge e un anno più tardi cominciò ad attuare le sue campagne di disobbedienza civile. Per prima cosa si occupò di trasformare il Congresso in un grande partito di massa capace di mobilitare non solo gli abitanti delle città, ma anche la gran massa di contadini che abitavano le campagne e in un primo luogo riuscì a tenere uniti induisti e musulmani.

Nel 1921 fu promulgata una nuova Costituzione indiana in cui veniva concessa ampia autonomia agli indiani per l'insegnamento, le opere pubbliche, l'agricoltura e l'industria, ma veniva lasciato agli inglesi il controllo diretto sulla difesa, la politica estera, il sistema giudiziario e quello finanziario e veniva ribadito il concetto che il governo di Delhi doveva render conto solo al parlamento britannico. Questa politica scavò un solco incolmabile tra gli inglesi e il movimento nazionale indiano.

Allora Gandhi attuò forme di lotta basate sulla non violenza, sulla disobbedienza civile, sulla non collaborazione con i colonizzatori. Riuscì a coinvolgere grandi masse, poiché fece della sua lotta quasi una religione, cosicché gli indiani videro in lui un profeta da seguire.

Gli indiani abbandonarono a migliaia i posti che ricoprivano nell'apparato amministrativo, si rifiutarono di frequentare scuole, paralizzando il paese.

Gandhi esortò a boicottare i prodotti provenienti dall'Inghilterra e invitò gli indiani a riprendere l'antica pratica della filatura del cotone con l'arcolaio.

Dedicò tutta la sua vita a diffondere la sua teoria della non violenza e a difendere i diritti degli intoccabili, cioè di coloro che si trovavano al livello più basso del complesso sistema di caste in cui era divisa la società indù.

Nel 1930 iniziò una nuova campagna di non collaborazione e di disubbidienza civile di massa: il rifiuto di pagare l'imposta sul sale. Effettuò la marcia del sale: percorse a piedi un lungo cammino, fino al mare, dove raccolse alcuni cristalli di sale. Questo semplice gesto era un reato: gli inglesi avevano il monopolio del sale in India, perciò nessun indiano poteva procurarsi del sale, se non comperando quello venduto dagli inglesi. Le manifestazioni del movimento nazionalista costrinsero gli inglesi a promettere all'India la concessione dell'indipendenza, a cui effettivamente si giunse il 15 agosto del 1947.

Tuttavia nella ripartizione dell'India nacquero due Stati sovrani: la Sovranità del Pakistan (più tardi Repubblica islamica del Pakistan) e l'Unione dell'India (più tardi Repubblica dell'India), dopo che il Regno Unito garantì l'indipendenza dell'India britannica.

Dopo la formazione del Pakistan seguì una vera e propria guerra di religione (anche per l’annessione del Kashmir), che al termine contò circa un milione di morti e oltre sei milioni di profughi di musulmani e indù dal Pakistan all'India e viceversa.

Gandhi, per far smettere queste violenze, decise di digiunare fino alla morte: alla fine i massacri cessarono, ma Gandhi fu assassinato il 30 gennaio 1948 da un fanatico estremista indù che lo credeva a favore dei musulmani.

Nota

[1] 11.000.000 di morti di peste dal 1894 al 1912 in tutta l'India
5.000.000 di morti di carestia a Madras e Bombay nel 1876-78
4.500.000 di morti di colera a Bombay tra il 1905 e il 1910
2.000.000 di morti di carestia nelle Provincie Centrali nel 1899-00
1.500.000 morti di carestia nel Rajputtana nel 1869
1.500.000 morti di carestia nell'Orissa nel 1866


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 20/08/2013