Mussolini riunì, a Palazzo Venezia, Ciano (ministro degli esteri), e i generali: Badoglio (capo di stato maggiore dell’esercito), Suddu (sottocapo di stato maggior generale), Jacomoni (luogotenente generale in Albania), Roatta (addetto militare a Berlino) e Visconti Prasca (comandante delle truppe d’Albania). Non furono invitati i capi di stato maggiore della marina e dell’aviazione (la solita superficialità e leggerezza o incoscienza? O timore di ascoltare più che giustificate obiezioni?). E comunicò loro che aveva deciso di attaccare la Grecia: “In un primo tempo occuperemo le isole ioniche, la costa a sud dell’Albania, ma anche Salonicco (nella Grecia dell’est). In un secondo tempo occuperemo il resto della Grecia”.
Che cosa avrebbero detto e fatto o lasciato fare i greci non aveva la minima importanza. Gli dei dell’Olimpo mussoliniano avevano deciso per loro, e ciò era più che sufficiente. Già nel 1939 il generale Guzzoni aveva preparato un piano simile che avrebbe richiesto tre mesi di preparazione e venti divisioni, ma Mussolini e Ciano avevano stabilito un attacco rapido, una guerra lampo, ‘alla tedesca’, da iniziare con poche divisioni, ed entro dieci giorni al massimo, basandosi su supposizioni assurde: a) che i greci non avrebbero combattuto, perché il popolo odiava il suo governo dittatoriale filo-inglese, b) che Ciano aveva speso vari milioni di lire per corrompere i generali greci (ma, a sua insaputa lo stesso avevano fatto gli inglesi), c) che gli abitanti della Ciamuria (parte dell’Epiro), a maggioranza albanese, si sarebbero sollevati contro i greci, d) che i bulgari sarebbero intervenuti occupando Salonicco e la Grecia orientale, e) che le truppe albanesi, integrate all’esercito italiano, avrebbero dato un contributo importante, sia perché conoscevano bene il terreno, sia perché volevano liberare la Ciamuria, e) e infine che gli inglesi, date le scarse forze che avevano in Africa per difendere l’Egitto, non sarebbero intervenuti. Tutte queste supposizioni risultarono false o errate; ma Mussolini ebbe il ‘coraggio’ di affermare: ‘L’operazione è stata preparata fin nei minimi dettagli ed è perfetta per quanto umanamente possibile…’. Se invece di una riunione del duce coi suoi generali ci fosse stato un ipotetico incontro accademico di studenti liceali coi loro professori di storia, tutti avrebbero riso a crepapelle e scartato per assurdi e puerili tali presupposti. Infatti i greci, come era logico, combatterono eroicamente per difendere la loro patria; furono guidati da generali capaci strategicamente e tatticamente; i milioni di Ciano forse furono intascati dai greci, ma tutti fecero il loro dovere di soldati contro lo straniero invasore; il re Boris di Bulgaria affermò chiaramente che non sarebbe intervenuto; gli abitanti della Ciamuria non si sollevarono; le truppe albanesi alle prime batoste ricevute disertarono; abbondanti aiuti inglesi giunsero in aiuto dei greci; e come se non bastasse non c’erano in Albania le venti divisioni calcolate da Guzzoni, ma solo sette: ‘Ferrara’, ‘Centauro’, ‘Siena’, ‘Litorale’, ‘Julia’, ‘Parma’ e ‘Piemonte’ (queste ultime due a difesa di Coriza, Albania del sud-est, nel caso in cui fossero apparse (anche se i nostri competentissimi generali lo scartavano a priori) truppe greche della Macedonia e della Tracia. Cosicché con molte meno divisioni di quelle impiegate contro gli abissini si sognava un ‘blitzgrieg’, ‘un’azione rapida e travolgente’ da distruggere le forze greche, da ‘spezzare le reni alla Grecia’, come proclamò il duce. Grazzi, ambasciatore italiano ad Atene, aveva avvertito che i soldati greci mobilitati erano più di 250 mila, la maggior parte dei quali si trovavano alle frontiere pronti a combattere contro gli invasori, ma non fu ascoltato. In totale le nostre sette divisioni avevano un effettivo di 87 mila uomini. Il duce pensò anche, secondo l’uso e costume dei tedeschi, d’ordinare di preparare un incidente di frontiera, facendo credere che i greci l’avessero causato, per gettar un po’ di fumo sugli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Ciano chiese a Mussolini: ‘Quando volete che avvenga l’incidente?’. ‘Il 24, rispose Mussolini’ e Ciano di rimando: ‘Il 24 avrete l’incidente’. Badoglio, che era contrario alla guerra, ma non insistette perché gli premeva di più la poltrona che occupava, chiese ed ottenne una dilazione di quattro giorni, e così il 28 ottobre s’iniziò l’attacco che fu sferrato dal corpo d’armata Ciamuria, lungo la costa, comandato dal generale Carlo Rossi, con le divisioni ‘Siena’ e ‘Ferrara’, più un paio di reggimenti di granatieri e di cavalleria, seguiti dalla divisione corazzata ‘Centauro’ con 163 ‘scatole di sardine’. Al centro, sulle montagne dell’Epiro centrale, nella zona del Pindo, che raggiungevano i 2 mila metri d’altezza, fu mandata la divisione alpina ‘Julia’, che dipendeva direttamente dal generale Visconti-Prasca. Sulla frontiera albanese sud-orientale, in difesa attiva nella zona di Coriza, per impedire ‘l’improbabile’ arrivo di qualche greco dalla Macedonia, c’era la divisione ‘Parma’ e in seconda schiera le divisioni ‘Piemonte’ e ‘Venezia’, comandate dal generale Nasci. Tutto qui per il ‘blitzgrieg stile Mussolini’, che avrebbe dovuto sbalordire Hitler, oltre i greci. La divisione ‘Arezzo’ fu lasciata a nord, lungo la frontiera con la Jugoslavia. Nei primi giorni i corpi d’armata avanzarono in territorio greco, ci furono solo scontri di pattuglie; l’aviazione non poté intervenire, dato che erano cominciate piogge torrenziali, mentre le nostre ‘scatole di sardine’ s’impantanavano nel fango. Ma il primo novembre i greci attaccarono sul Pindo con tre divisioni più un reggimento di euzoni, isolando la ‘Julia’ e mancò poco che non riuscissero a circondarla e a distruggerla, mentre sette divisioni greche provenienti precisamente dalla Macedonia apparvero improvvisamente sul fianco sinistro della ‘Julia’ e sul punto più debole dello schieramento italiano difeso dalle divisioni ‘Venezia’, ‘Parma’ e ‘Piemonte’, che non ressero, malgrado l’arrivo della ‘Arezzo’, fatta affluire precipitosamente. In certi punti del fronte la ritirata fu di una cinquantina di chilometri in territorio albanese. Quando riuscirono a riunirsi i resti della divisione ‘Julia’ un uomo su cinque mancava all’appello, o erano morti o erano restati prigionieri dei greci. Silurato Visconti Prasca, il generale Soddu prese il comando: si mandarono frettolosamente altre divisioni dall’Italia, la ‘Bari’, la ‘Tridentina’, la ‘Taro’, ma ci si accorse solo allora che gli unici due porti albanesi di Valona e Durazzo, non erano attrezzati e non avevano fondali adeguati. Come d’abitudine imperò la disorganizzazione, si mandarono al fronte divisioni a pezzi e bocconi, incomplete, con ufficiali che non ritrovavano i loro uomini, uomini comandati da ufficiali sconosciuti, scarse le munizioni, una vera bolgia ‘all’italiana’. Anche i greci fecero accorrere nuove divisioni e, malgrado tutto, come sempre, i soldati italiani mandati allo sbaraglio combatterono bene e morirono; con le prime nevi (25 gradi sotto zero), decine di migliaia furono i congelati; non avevano indumenti di lana, però in cambio calzavano scarpe… con la suola di cartone, soffrirono fame e freddo, mancavano di tutto. Solo allora Mussolini confessò che le forze impegnate erano state insufficienti e che il terreno greco non era adatto ad una guerra lampo… però lo era per le ritirate lampo. Anche i greci combatterono bene, erano ben guidati, s’infiltravano tra le montagne, circondavano e sorpassavano le posizioni italiane. Ad un certo punto si temette d’essere ributtati a mare, i greci s’avvicinavano a Tirana e Valona. Il generale Soddu chiese a Mussolini che intavolasse trattative per una pace di compromesso. Il duce respinse sdegnosamente il suggerimento e lo silurò quando seppe che, durante quella tragica situazione dell’esercito, lui passava le serate scrivendo musica per il cinema… Mussolini, dopo aver sacrificato dei capri espiatori di livello medio-alto, si risolse a prendersela col più alto: fece pubblicare un articolo firmato da Farinacci sul ‘Regime Fascista’ contro Badoglio. Questi protestò e chiese una smentita, che non ottenne; allora scrisse lui una risposta, che non venne pubblicata. Finalmente chiese ed ottenne le dimissioni da capo di stato maggiore dell’esercito, che furono accettate. Tutti tacquero, il re compreso. Il generale Cavallero fu incaricato di rabberciare la disperata situazione albanese: armi, indumenti, mezzi, viveri, munizioni, equipaggiamento erano esauriti o appena sufficienti per qualche settimana. Viceversa i greci ricevettero dagli inglesi, come era logico supporre, aiuti in armi, aerei, munizioni, automezzi e alcune migliaia di tecnici, piloti e soldati addetti alla contraerea, senza contare i sottomarini che affondarono, nell’Adriatico meridionale, varie navi che trasportavano soldati ed armi dall’Italia all’Albania. Cavallero ordinò violenti contrattacchi, che non ebbero successo, però riuscì a frenare le avanzate greche, inchiodandole nei luoghi dove erano riuscite a giungere. La situazione non cambiò fino alla primavera seguente, quando arrivarono ad aiutarci ‘i bruti e i cattivi’… Si cantava ‘Camerata Richard, benvenuto’ e la più popolare ‘Lilì Marleen’. Risultato: 40 mila soldati italiani tra morti e dispersi, 50 mila feriti, più di 12 mila congelati.- Stampa pagina Aggiornamento: 14/09/2014 |