LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
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RITRATTO DI ELENA STASSOVA La famiglia Stassov diede alla Russia molte eminenti personalità che si distinsero brillantemente nei campi della cultura, del pensiero sociale, delle arti e del movimento democratico. Il nonno di Elena Stassova, Vassilli, era un noto architetto. Il figlio di questi, Vladimir, divenne un critico di successo. Il secondo figlio, Dmitri, padre di Elena, era un importante giurista, presidente dell'avvocatura di Pietroburgo. Spesso faceva arringhe su posizioni chiaramente democratiche nei processi politici. Tutti gli Stassov ebbero un'elevata cultura una grande capacità di lavoro e molto coraggio politico. Educata nell'atmosfera e nelle tradizioni di questa famiglia, Elena maturò ben presto forti sentimenti di protesta nei confronti dell'autocrazia zarista e nei confronti della miseria e dello sfruttamento dei lavoratori. Ecco perché, pur essendo giovanissima, aderì al movimento rivoluzionario clandestino di Pietroburgo, svolgendo col tempo ruoli di primo piano. Infatti nel 1898, dopo l'arresto d'un militante clandestino, responsabile di tutto l'equipaggiamento tecnico dei comitato del Partito operaio socialdemocratico (Posdr), Elena fu incaricata di sostituirlo in questa difficile e pericolosa mansione. Chi poté in seguito descriverci le attività clandestine della Stassova fu un altro militante del partito, V. Menzhinsky, anch'egli poi divenuto una personalità di rilievo. Costui lavorò sotto la direzione di Elena per circa 4 anni, l'aveva praticamente vista debuttare. Così disse di lei: "Non avevo mai incontrato dei militanti che appena coinvolti nelle attività clandestine si fossero mostrati così grandi cospiratori e organizzatori, perfettamente maturi, esperti, capaci di non farsi prendere mai". L'insieme delle responsabilità di Elena era molto vasto, in condizioni di clandestinità. A ciò bisogna aggiungere l'attività d'insegnante svolta in una scuola femminile dopo la fine dei suoi studi secondari. Il lavoro di militante nel partito crebbe sempre più. Ora aveva competenze non solo sulla letteratura politica ma anche, più in generale, su tutto ciò che riguardava gli aspetti tecnici del lavoro del comitato di Pietroburgo (ad es. la ricerca delle case per gli appuntamenti clandestini, per le riunioni, per dormire, per mangiare, per stampare i manifestini, per installare poligrafi e altro macchinario). In seguito Elena venne incaricata di corrispondere con tutte le organizzazioni di partito presenti in Russia e col suo centro all'estero. La pubblicistica rivoluzionaria, anzitutto l'Iskra, che veniva tirata in 8.000 copie circa, arrivava dall'estero in Russia per vie traverse. Una di queste era l'indirizzo della Stassova. Un giorno, a questo indirizzo, ricevette un pacco contenente un lussuoso inserto pubblicitario per alcune lavagne scolastiche. Dopo aver esaminato la réclame con molta cura, si accorse che nel pacco erano contenuti i primi esemplari dell'Iskra leniniana. Quando andava a insegnare se li portava sempre con sé, nascosti sotto i quaderni delle sue allieve, sapendo benissimo d'essere sorvegliata dalla polizia. I controlli, in effetti, si facevano sempre più serrati. Molti venivano arrestati, altri esiliati. Era sempre più difficile lavorare. E purtroppo venne anche il suo turno. Gettata in prigione per aver diffuso opere ostili al governo e per propaganda attiva contro il sistema, la Stassova prese subito a organizzare l'ingresso di quella stessa letteratura propagandistica nelle celle dei prigionieri politici. Attraverso alcuni libri non sottoposti a censura e debitamente truccati dai compagni in libertà, si poterono leggere molte pagine tratte da opuscoli politici. Durante la sua detenzione, Elena studiò le lingue e la giurisprudenza. Dopo molti mesi suo padre riuscì a farla liberare versando una forte cauzione. Ma questo non la indusse affatto a chiudere la sua attività rivoluzionaria. Nel 1905 il partito decise che Elena doveva recarsi a Ginevra per lavorare con Lenin. Questi, riconoscendole forti capacità organizzative e grande devozione alla causa rivoluzionaria, accettò di buon grado. Tuttavia, nel 1913 venne di nuovo arrestata. Il tribunale la riconobbe colpevole "d'aver partecipato a un'organizzazione clandestina che s'era coscientemente posta come obiettivo quello di modificare con l'uso della violenza il regime legale stabilito in Russia", e venne quindi esiliata in Siberia per molti anni. Ma anche qui questa donna coraggiosa prosegui instancabile il suo lavoro rivoluzionario. Una malattia, dovuta alle dure condizioni ambientali, la indusse a chiedere il permesso per un breve soggiorno di cure e riposo a Pietroburgo, e dopo molti tentativi lo ottenne. Il caso volle che la Stassova potesse recarsi a Pietroburgo proprio alla vigilia della rivoluzione democraticoborghese dal febbraio 1917. Il governo dello zar era stato rovesciato. Il governo provvisorio borghese e i soviet dei deputati operai e soldati si dividevano il potere. Le unità militari prestarono giuramento di fedeltà al governo provvisorio. Ovunque si tenevano manifestazioni e comizi. Con sua grande soddisfazione, Elena poté incontrare di nuovo i compagni di partito e mettersi di nuovo al lavoro. Venne così incaricata di trovare un locale per il CC del partito, ma anche di registrare i bolscevichi usciti dalla clandestinità e di coordinare le azioni delle cellule del partito nelle fabbriche e officine. Oltre a questo, la Stassova aveva il compito di rispondere a tutti i problemi dei compagni per quanto riguardava le attività del partito e la pubblicistica; inoltre redigeva i verbali delle riunioni del CC, recapitava le sue direttive, si occupava delle finanze del partito... Le sue responsabilità divennero così grandi che ben presto fu cooptata nella segreteria del CC del partito, insieme a Y. Sverdlov e E. Dzershinsky, per preparare il piano leninista dell'insurrezione armata. Dopo il 1917 la Stassova è segretaria del CC del partito e lavora in contatto permanente con Lenin: gli sbriga gli affari meno urgenti, s'incarica di tutte le necessità quotidiane del comitato. Per poter incontrare Lenin, i compagni devono prima passare da lei, che certo è in grado di risolvere molti loro problemi. Nel 1920 si reca a Baku (oggi capitale dell'Azerbaijan) per preparare il primo storico Congresso dei popoli d'oriente, che ebbe un'enorme importanza. Più tardi venne incaricata d'un'altra missione: cominciò infatti a lavorare nell'apparato del Comintern, contattando numerosi militanti al fine di costituire un movimento comunista internazionale. La sua responsabilità verso il lavoro, la fermezza sui principi, il senso forte della disciplina e la precisione che la caratterizzava furono doti e qualità riconosciute da chiunque la frequentasse. Nel 1921 andò a lavorare in Germania, su invito dei comunisti tedeschi. Raccomandata dal CC del partito comunista tedesco, Elena divenne presidente del "Soccorso rosso", un'organizzazione di solidarietà proletaria per i combattenti rivoluzionari. L'anno dopo si fondò a Mosca, in una sessione del IV congresso del Comintern, il "Soccorso rosso internazionale" ed Elena viene eletta presidente del suo CC. Il comitato esecutivo invece fu affidato a Clara Zetkin, militante in vista del movimento comunista tedesco e internazionale. Il lavoro e la lotta comune cementarono l'amicizia di queste due donne. Lavorando al "Soccorso rosso internazionale", Elena ebbe contatti con il comunista giapponese S. Katayama, il quale affermò nel 1933 che proprio in virtù dell'indefesso lavoro della Stassova il "Soccorso" s'era esteso in tutto il mondo, diventando una grande organizzazione di massa. Varie erano le forme e i modi di lotta e di lavoro di questo organismo. Vennero fatte campagne per difendere delle personalità progressiste, sottoposte agli arbitri del fascismo e della reazione internazionale (ad es. nel 1920 si cercò di evitare la condanna a morte di Sacco e Vanzetti negli Stati Uniti. Nel 1933 venne lanciata una campagna per difendere il rivoluzionario antifascista bulgaro G. Dimitrov, ingiustamente accusato d'aver appiccato il fuoco al Reichstag). La Stassova, nel corso della sua vita, poté contattare grandi personalità politiche, eminenti rivoluzionari, rappresentanti di diversi paesi, esponenti del mondo della cultura. Lo scrittore M. Gorki e la femminista A. Kollontai l'apprezzavano particolarmente. La morte la colse all'età di 94 anni, nel 1966, dopo essersi dedicata per quasi 70 anni all'attività di partito. L'ultimo giorno della sua vita stava ancora lavorando: era in procinto di dettare un articolo per la "Pravda". Simbolico ne è il titolo: "La felicità d'essere i primi". In effetti, la Stassova ebbe il privilegio d'essere fra i primi combattenti per la vittoria del socialismo in Unione Sovietica. Cronologia delle riforme sulla questione femminile (pdf-zip) |