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I FORNI DI CITTA'
I forni di città erano più o meno come quelli di campagna, costruiti allo
stesso modo, ma più ampi ed inseriti dentro le case. Numerose usanze si sono
perse ed è bene ricordarne alcune.
La cenere rimasta nei forni dopo la cottura del pane veniva raccolta
mediante "e rabiel" e "e spazon" e veniva quindi venduta alle donne che
si occupavano del lavaggio della biancheria. Così pure la carbonella
veniva venduta dal fornaio alle famiglie che la preferivano al carbone
di montagna. "E spazon", fatto per lo più di erbe palustri, per meglio
pulire veniva di tanto in tanto bagnato nell'acqua di un mastello posto
ai piedi del forno. Tale acqua mista a cenere era detta "ranno" ed era
particolarmente ricercata per lavare gli indumenti di lana. D'inverno
era abitudine delle vecchie nelle case adiacenti ai forni andare a
prendere con lo scaldino "la smet de fug", cenere calda con faville di
fuoco, che serviva a scaldare il letto prima di andare a dormire. |

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I fornai che operavano in Ravenna nel passato erano i
seguenti: PIERO MONTANARI
GIUSEPPE PILASTRINI
PRIMO DREDI
GHIRARDINI MARIANO
LORENZO ARGNANI
GAETANO GIORGIONO
VIRGINIA MISERICCHI
TOMMASO RAVALDINI
ITALIANO GIORGIONI
LUIGI MONTALETTI |
I venditori di pane a reso: FRATELLI SANGIORGI
GIUSEPPE ZOLI
GIUSEPPE STINCHI
LORENZO ARGNANI
ZAIRA ZAFFI
GIUSEPPE PILASTRINI |

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Testi di Umberto Foschi e
Gianluca Missiroli |