STORIA DEL PANE A RAVENNA
"...dacci oggi il nostro pane quotidiano..."


I FORNI DI CITTA'

I forni di città erano più o meno come quelli di campagna, costruiti allo stesso modo, ma più ampi ed inseriti dentro le case. Numerose usanze si sono perse ed è bene ricordarne alcune.

La cenere rimasta nei forni dopo la cottura del pane veniva raccolta mediante "e rabiel" e "e spazon" e veniva quindi venduta alle donne che si occupavano del lavaggio della biancheria. Così pure la carbonella veniva venduta dal fornaio alle famiglie che la preferivano al carbone di montagna. "E spazon", fatto per lo più di erbe palustri, per meglio pulire veniva di tanto in tanto bagnato nell'acqua di un mastello posto ai piedi del forno. Tale acqua mista a cenere era detta "ranno" ed era particolarmente ricercata per lavare gli indumenti di lana. D'inverno era abitudine delle vecchie nelle case adiacenti ai forni andare a prendere con lo scaldino "la smet de fug", cenere calda con faville di fuoco, che serviva a scaldare il letto prima di andare a dormire.

Vermeer, Donna che versa il latte (1658, part.)

Anonimo, Una famiglia protestante a tavola (Bruges, 1583, part. dei cibi).

I fornai che operavano in Ravenna nel passato erano i seguenti:

PIERO MONTANARI
GIUSEPPE PILASTRINI
PRIMO DREDI
GHIRARDINI MARIANO
LORENZO ARGNANI
GAETANO GIORGIONO
VIRGINIA MISERICCHI
TOMMASO RAVALDINI
ITALIANO GIORGIONI
LUIGI MONTALETTI

I venditori di pane a reso:

FRATELLI SANGIORGI
GIUSEPPE ZOLI
GIUSEPPE STINCHI
LORENZO ARGNANI
ZAIRA ZAFFI
GIUSEPPE PILASTRINI

T. Vecellio, L'ultima cena (part.)

Testi di Umberto Foschi e Gianluca Missiroli


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia locale
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Aggiornamento: 05/09/2011