STORIA LOCALE DELLA ROMAGNA
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DALLA ROMAGNA NASCONO LE ORIGINI EUROPEE?
L’uomo di Monte Poggiolo di Forlì

di Gilberto Giorgetti

Monte Poggiolo si eleva a 212 s.l.m., dove sul Poggiolo, ultimo sperone verso la pianura romagnola, in epoca medievale si affacciava il fortilizio dei Berengari, una fortificazione già esistente prima del Mille, che nel tempo passò a diversi casati romagnoli.

Nel 1403 il territorio divenne dominio della Repubblica fiorentina e la fortezza fu ristrutturata nel 1471 a pianta romboidale su progetto di Giuliano da Maiano.

Nel 1503 la rocca fu vanamente assediata da Cesare Borgia, il Valentino, e passò, come gran parte della Romagna, sotto Venezia. Infine, la riconquista del territorio romagnolo da parte di Papa Giulio II riportò nel 1509 Monte Poggiolo alla Repubblica fiorentina.

Nel 1661 la rocca fu gravemente danneggiata da un terremoto e nonostante il bando di Cosimo III del 5 ottobre del 1676, che ordinava il disarmo della Fortezza di Castrocaro, la rocca di Monte Poggiolo rimase, con una piccola guarnigione, come torre di guardia della città fortezza di Terra del Sole fino al 1772, anno in cui Pietro Leopoldo di Lorena ordinò il disarmo di Terra del Sole e Monte Poggiolo.

Conseguentemente nel 1782 l’antica fortezza fu venduta a privati. Da allora e fino agli anni Cinquanta fu utilizzata come abitazione colonica, finché fu acquistata con l’intenzione di farne un ristorante. In questa occasione fu colmato il fossato e spianata la quasi totalità del muro di scarpata.

Sul luogo si conservano ancora due interessanti piante settecentesche, dovute a O. Warren e L. Giachi, che descrivono la rocca quando aveva ancora funzioni militari.

In particolare segnalarono il parziale utilizzo del cortile interno per l’alloggio del distaccamento e la presenza di una cappella all’interno del torrione nord-ovest. Oggi la rocca di Monte Poggiolo si presenta fortemente degradata.

I PRIMI EUROPEI

Un milione di anni fa circa, quando il mare ancora lambiva gli ultimi promontori dell’Appennino romagnolo, sulle spiagge di Monte Poggiolo vi giungeva l’uomo per la prima volta, come è documentano dagli scavi archeologici iniziati nel 1983 in località Ca’ Belvedere e poi cessati da tempo. In data più recente, la presenza dell’uomo è testimoniata anche nel Lazio (Ceprano) e ad Isernia La Pineta, dove sono stati trovati una grande quantità di reperti fossili e protostorici.

Chi era e da dove veniva l’uomo di Monte Poggiolo? La domanda non ha ancora risposte certe, comunque ci piace fare delle ipotesi in merito. Prima di tutto dobbiamo cercare d’immaginare come poteva presentarsi agli occhi umani il nostro territorio a quel tempo e quale fosse stato il percorso per giungervi.

Lo studioso Pietro Zangheri (1889-1989) giustificava un percorso terreste chiamandolo TIRRENIDE, che nel Pliocene Inferiore doveva collegare l’Africa all’Italia attraverso la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e parte del litorale ligure-toscolaziale-campano-calabro. Questo lembo di terra ora non esiste più e si pensa sia stato sommerso in seguito ad una catastrofe tellurica, avvenuta nella notte dei tempi. La prova di tale sconvolgimento territoriale sarebbero i promontori isolani delle Eolie o Lipari, l’isola di Capri, l’Isola d’Ischia, l’isola di Ventotene, le isole Ponziane, la Sardegna, la Corsica, l’isola del Giglio, l’isola di Montecristo, l’isola d’Elba, l’isola di Pianosa e le varie sussidiarie sparse in questa costa d’Italia. Inoltre, per avvalorare la tesi dello Zangheri, si aggiunga che la maggiore concentrazione vulcanica si trova proprio in questa parte occidentale dell’Italia, con l’Etna, lo Stromboli e il Vesuvio.
Nella figura a lato si può vedere l'ipotesi di collegamento terrestre fra Africa e Italia, nel Pliocene Inferiore. Secondo gli ultimi studi come si sarebbe formato questo collegamento? L’ipotesi dello Zangheri ormai è superata dagli studi più recenti, che fanno riferimento anche alla teoria della “Tettonica a placche”, ovvero lo spostamento delle grandi masse continentali avvenuto nel corso delle Ere geologiche.

Questi spostamenti avvengono ancora oggi, come è testimoniato dai tanti eventi sismici che si verificano nella nostra penisola, e riguardano anche le micro placche non più a scala continentale, ma a livello quasi regionale. Per esempio, la Sardegna e la Corsica che si sarebbero staccate dalla costa francese o da quella spagnola per giungere fino al centro del Tirreno.

Ai fenomeni derivanti dal movimento di queste placche sono connessi molti periodi di intensa attività vulcanica dei quali troviamo traccia proprio lungo quello che era il margine occidentale dell’Italia. Infatti, le tracce antiche si evidenziano nei laghi vulcanici del Lazio e nel Monte Amiata, mentre quelle recenti sono rappresentate dall’Etna, dalle Isole Eolie, dai vulcani sottomarini del Tirreno e dal Vesuvio.

In un panorama geologico e paleogeografico così complesso si può dedurre che ci siano stati dei periodi nei quali le terre emerse furono estremamente vicine, se non, addirittura, collegate fra loro per consentirne il passaggio via terra.

Tirrenide

Comunque, sin dall’antichità si sostiene che i primi abitanti d’Italia fossero dei popoli che provenivano dalla Sicilia, così come scrive Sigismondo Marchesi nel suo Supplemento istorico dell’antica città di Forlì: “I primi, che s’abbia memoria, che siano stati possessori d’Italia furono i Siculi” e conclude dicendo che i Siculi abitarono la Romagna prima di essere scacciati dagli Umbri.

Se così fosse, allora, chi erano questi Siculi e da dove provenivano? Ad avvalorare la tesi che l’Africa fosse collegata alla Sicilia, giunse una scoperta interessante fatta nelle vicinanze di Agrigento, in una roccia calcarea di diciotto milioni di anni. In un pomeriggio di novembre del 1983 il dott. Gerlando Bianchini, dopo quattro anni di ricerche antropologiche, rinvenne alcuni resti fossili di una specie di austrolopiteco, ovvero un ominide vissuto ca. 4.000.000 di anni fa.

I pochi resti dentali rinvenuti, due premolari, un molare ed un canino frantumato portarono Bianchini ad individuarne le caratteristiche nell’austrolopiteco gracilis, un essere bipede dall’altezza di circa un metro e venti, che nonostante avesse la scatola cranica più ridotta di quella dell’uomo attuale e avesse ancora la fronte sfuggente e il mento retratto come le scimmie, doveva manifestare una certa capacità intellettiva nell’usare i mezzi di difesa, come le pietre e i bastoni.

Se poi aggiungiamo che solo circa 1.600.000 anni fa questi uomini abbiano valicato i confini africani per giungere in Europa, l’ipotesi dello Zangheri relativa al collegamento terrestre fra Africa e Italia diventa una certezza, poiché è documentato che in Sicilia viveva un ominide già da tempi remoti.

Tornando all’uomo di Monte Poggiolo viene da chiedersi chi fosse e da dove provenisse. Purtroppo questo ancora non lo sappiamo, perché durante gli scavi in un terreno di proprietà del notaio Giorgio Papi di Forlì è stata rinvenuta una gran quantità di materiale formato da nuclei di selce e selce lavorata, ma non sono stati trovati né resti umani né animali.

Sta di fatto che l’uomo di Monte Poggiolo doveva appartenere all’Homo erectus e con certezza sappiamo che ha sostato a Monte Poggiolo, sul suolo forlivese e faentino, dove ha scheggiato la selce per costruirsi punte acuminate, ha spezzato i sassi per farne raschiatoi per pulire le pelli e con la propria donna ha contribuito a diffondere il genere umano europeo.

La Romagna vanta questa straordinaria scoperta, un primato e un privilegio che non dovrebbero essere disattesi. Anzi, si dovrebbe PROMUOVERE MONTE POGGIOLO come faro antropologico dell’umanità e, come suggeriva mons. Ezio Donatini, studioso e parroco di Terra del Sole, bisognerebbe coinvolgere il F.A.I. (Fondo per l’Ambiente Italiano: un Ente giuridicamente riconosciuto che già si è reso benemerito verso il patrimonio storico-artistico) e ristrutturare l’antica fortezza, dove all’interno si potrebbe allestire un museo preistorico con biblioteca-studio, una sala per proiezioni video-virtuali e un ambiente per il custode.

BISOGNEREBBE coinvolgere tutti i Sindaci della Romagna per fare sistema territoriale e trovare un accordo per poter collegare turisticamente e culturalmente la Riviera Romagnola all’entroterra, individuando in essa la loro tipica nicchia gastronomica, paesaggistica, folcloristica o storica.

E’ RUMAGNÔL, Anno III - n. 11 - Contatto - www.regioneromagna.org - Segreteria - Youtube 2


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 31/12/2012