STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


PER UNO STUDIO DELLA STORIA DELLA CHIESA MEDIEVALE

I - II

Filippo il Bello e la famiglia reale

Quando, con lo schiaffo di Anagni, i francesi misero fine, almeno virtualmente, al temporalismo del papato, approfittando del fatto che la massima carica ecclesiastica era sempre stata oggetto di contesa tra le varie fazioni nobiliari locali, nonché del fatto che gli Angioini già possedevano quasi tutta l'Italia meridionale, per cui non si sarebbero opposti né a un ridimensionamento dello Stato della chiesa né a un trasferimento della sede pontificia ad Avignone, non si fece altro che passare dal papo-cesarismo al cesaro-papismo.

Su questa strada si erano già avventurati, invano, gli imperatori sassoni (subito dopo i carolingi e fino al tempo della lotta per le investiture), e probabilmente i francesi, appoggiati dalla borghesia, erano convinti d'ottenere risultati di gran lunga maggiori. Il fatto è però che ogniqualvolta i sovrani pretendevano d'interferire nell'amministrazione della curia romana, reclamando il diritto di nominare i rappresentanti dell'alto clero, incluso il pontefice, questi riusciva sempre ad aggregare consensi sufficienti per sottrarsi all'abbraccio mortale.

La chiesa romana aveva abituato così tanto i sovrani a rinunciare al diritto in luogo della forza, che anche quando essi riuscivano a ridimensionare le pretese integralistiche e imperialistiche del papato, non dimostravano mai di essere in grado di togliere alla curia romana l'effettivo potere economico costituito dallo Stato della chiesa, né a ricondurla entro binari di mera spiritualità. I sovrani non sapevano più cosa volesse dire una fede religiosa separata dall'esigenza di un potere politico.

Le ragioni anticlericali di un sovrano venivano sempre a confliggere con gli interessi di sovrani a lui rivali, abilmente manovrati dalla chiesa. Nella stessa penisola italica, divisa in tante realtà regionali, i principi non furono mai in grado di capire che per costituire uno Stato nazionale occorreva anzitutto allearsi per eliminare quello altamente retrivo dei pontefici. La nobiltà italiana, educata nelle scuole confessionali, è stata sempre gelosa delle proprie prerogative e la borghesia cercava soltanto di farsi strada tra queste prerogative, senza saper dare alla propria esigenza di riscatto sociale un contenuto politico di ampio respiro.

Sicché gli antipapisti potevano soltanto sperare in qualche autorevole intervento dall'esterno: da Enrico VII, che morì improvvisamente nel 1313, in cui credette fortemente Dante, a Ludovico il Bavaro, morto nel 1347 e infine a Carlo IV di Lussemburgo, morto nel 1378; tutti incapaci di reggere lo scontro col partito guelfo; anzi, con l'ultimo di loro, che nel 1356 emanò la Bolla d'oro, l'impero non diventava altro che una realtà meramente germanica, in mano a sette elettori della grande nobiltà, di cui quattro laici e tre ecclesiastici.

Tutti cercarono soltanto di anteporre al potere politico della chiesa il loro proprio potere, senza rendersi conto che la chiesa andava combattuta anche sul piano umano e democratico. I sovrani francesi, infatti, riuscirono soltanto ad avere dei pontefici di loro gradimento, a partire da Clemente V, che nel 1309 aveva optato per l'esilio avignonese, ma non seppero minimamente ridurre il peso politico dell'istituzione pontificia in Italia, anzi semmai cercarono di sfruttarlo a loro vantaggio. Tant'è che nulla poterono fare per impedire che i papi tornassero a Roma allo scopo di tacitare l'opposizione anticlericale della nobiltà.

Il papato avignonese riuscì persino a strumentalizzare a proprio vantaggio l'insurrezione popolare (contro l'oligarchia nobiliare) guidata da Cola di Rienzo (1347), che poi verrà tolto di mezzo a operazione conclusa, permettendo al vero trionfatore del ritorno dei papi a Roma - il cardinale Albornoz -, di fare piazza pulita di tutti i nemici interni allo Stato della chiesa.

Col Grande scisma d'occidente (1378-1417) il sovrano francese cercò di riprendersi il controllo della carica pontificia, ma, limitandosi ad affrontare in termini di mera forza politica l'egemonia del clero romano, non riuscì a ottenere nulla di concreto. Infatti, anche se nel concilio di Costanza (1414) passò la tesi che il concilio era superiore al papa, in quello successivo di Basilea (1431), che causerà il Piccolo scisma d'occidente (1439-49), si finì col ribadire il primato assoluto del pontefice, e tra il primo e il secondo concilio la chiesa poté ottenere una feroce persecuzione delle eresie più democratiche (Wycleff, Huss ecc.) e persino la fine della chiesa bizantina, la cui capitale venne occupata nel 1453 dai turchi, grazie anche al fatto che l'Europa cattolica non fece assolutamente nulla per impedirlo.

Col concilio di Ferrara-Firenze (1437-39) il papato, con le armi del ricatto, delle lusinghe e delle false promesse, era riuscito a ottenere una insperata sottomissione dottrinale da parte della chiesa greco-ortodossa, anche se poi questa unione venne rifiutata dalle stesse comunità ortodosse e soprattutto dal patriarcato di Mosca.

La chiesa romana, pur di restare al proprio posto, esercitando tutta la forza di cui era capace (represse p.es. molto duramente la congiura di Stefano Porcari, governatore della Campania, emulo di Arnaldo da Brescia), si sentì indotta ad accettare, obtorto collo, le idee laico-borghesi dell'Umanesimo, senza neanche poter minimamente immaginare che, dopo aver debellato con successo, per più di mezzo millennio, innumerevoli eresie antipapiste, dall'Europa del nord un monaco agostiniano come Lutero le stava per rovesciare addosso il più grande scisma religioso dell'Europa occidentale.

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015