STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


CIRILLO E METODIO

Cirillo e Metodio davanti al papa Adriano II (Roma, Chiesa di San Clemente)

I nomi di Cirillo e Metodio appaiono nella storia della chiesa e della cultura bizantina allorché il principe Ratislao, duca della Grande Moravia (nel centro Europa), al fine di sottrarsi all'imperialismo di Ludovico il germanico, re di Baviera (la parte orientale dell'ex-impero carolingio), chiese al basileus bizantino, Michele III, di inviargli una missione evangelizzatrice. Questo negli anni 862-863.

Ludovico infatti non aveva ancora occupato militarmente la Moravia, però si stava servendo dei missionari franco-germanici provenienti dai vescovati di Salisburgo e Passau per crearsi il terreno propizio (i primi missionari arrivarono verso l'anno 800). Non gli era facile conquistare la Moravia, sia perché questa era un potente Stato comprendente molte tribù slave (l'unione delle quali servì appunto a respingere i tentativi espansionistici di Carlo Magno), sia perché il papato gli si opponeva, temendo il rafforzarsi della chiesa germanica, che pretendeva un'autonomia sempre maggiore.

Pressato dalle popolazioni locali di lingua slava, che erano particolarmente ostili ai missionari germanici, che -nel rispetto delle direttive pontificie- imponevano l'uso del latino per la liturgia e la lettura della Bibbia, il duca Ratislao chiese a Roma dei missionari che conoscessero la lingua slava, ma, non avendo ottenuto soddisfazione, decise di rivolgersi all'imperatore di Bisanzio Michele III.

Ben felice di accogliere l'invito del duca moravo, il basileus, con l'appoggio del patriarca di Costantinopoli Fozio, inviò nell'863 due dei suoi migliori intellettuali, appunto Cirillo (che in realtà si chiamava Costantino) e Metodio, suo fratello: il primo esperto in filosofia, il secondo in diritto, ed entrambi in teologia e linguistica. Il periodo iconoclastico era terminato e l'imperatore bizantino aveva ritrovato nuova forza e coesione politico-religiosa. La richiesta del duca veniva pertanto a coincidere con le esigenze espansionistiche di Bisanzio o comunque con le preoccupazioni di non vedere estendersi il potere germanico verso est. 

La speranza di veder confluire tutti gli slavi nell'orbita bizantina, attraverso la possibile conversione all'ortodossia da parte dello Stato moravo, si scontrava però con un'altra dura realtà: l'insediamento del forte popolo bulgaro fra le terre morave e quelle bizantine. Presso gli slavi meridionali di quel tempo, i bulgari erano culturalmente i più evoluti. Cirillo e Metodio, che parlavano, oltre al greco, un dialetto bulgaro-macedone, perché cresciuti in un ambiente di coloni slavi, non "inventarono" un nuovo alfabeto, ma diedero una forma definitiva alla scrittura slava, che s'era formata, in questo paese, molto tempo prima, permettendole così di diffondersi rapidamente fra le classi agiate di Russia, Bulgaria, Serbia e Macedonia. A tal fine, essi, per esprimere la particolarità della fonetica, usarono i caratteri della minuscola greca insieme alle lettere slave. Ne venne fuori un alfabeto di 38 lettere, il cosiddetto "cirillico", che ancora oggi è alla base dell'alfabeto slavo.

Dunque i due apostoli andarono in Moravia e iniziarono a tradurre in questa lingua paleoslava (detta anche glagolitica) i testi liturgici e biblici, inclusi quelli di rito latino. La reazione dei missionari tedeschi non si fece attendere. Accusandoli di eresia per avere introdotto nella religione cristiana l'uso di una lingua diversa dalle tre permesse in occidente: latino, greco ed ebraico (1), li costrinsero -considerando che la Moravia già ruotava nell'orbita cattolico-occidentale- a giustificare il loro operato al cospetto di papa Adriano II. Era l'anno 867.

Il papa però, a causa della rivalità con la chiesa franco-tedesca, appoggiò l'iniziativa dei due missionari, al punto che permise loro di ordinare propri sacerdoti per l'evangelizzazione. A dir il vero Cirillo e Metodio chiesero anche una propria gerarchia per la Grande Moravia. La questione era delicata, dato che i germanici avevano esercitato per alcuni decenni il loro apostolato in quelle regioni. Tuttavia il papa trovò una soluzione, ristabilendo giuridicamente l'antica metropoli di Sirmio nell'Illirico, presso Belgrado, con giurisdizione indipendente sulla Moravia e sulla Pannonia, e consacrando Metodio (Cirillo morirà a Roma nell'869 a causa di una malattia) legato pontificio per le genti slave e arcivescovo per quella sede.

Metodio si rendeva conto di non avere scelta: se avesse rifiutato le cariche, Roma, che odiava molto più Bisanzio dei franchi, non gli avrebbe concesso, in definitiva, alcun appoggio e la sua missione sarebbe fallita.

Tuttavia, i vescovi tedeschi, appena Metodio rientrò in Moravia, lo arrestarono e lo condannarono in un sinodo bavarese col pretesto di aver invaso una giurisdizione episcopale altrui. Questa volta il papa Adriano II non si oppose alla sua carcerazione in Svevia, che durò per circa tre anni, proprio perché si era accorto che la missione cirillometodiana era legata a una tradizione teologica, la bizantina, già così diversa da quella latina che al suo confronto i dissidi romani con la chiesa franca perdevano molta della loro importanza.

I due apostoli infatti non si erano limitati a una semplice opera di traduzione letteraria, ma avevano anche combattuto contro grossolane superstizioni introdotte o alimentate dal clero cattolico, nonché alcune deviazioni dalla morale evangelica.

Metodio venne liberato per intercessione del nuovo papa Giovanni VIII, poté far ritorno nella Grande Moravia, dove continuò a lavorare per altri 12 anni, fino alla morte (885). Ma appena Metodio morì, il nuovo sovrano della Grande Moravia, il principe Svatopluk, già contrario all'opera dell'apostolo greco, che spesso lo rimproverava a causa della sua condotta immorale, gli preferì un vescovo germanico di nome Wiching e la liturgia latina. Egli d'altra parte sapeva bene che il ruolo più autoritario dei vescovi e missionari germanici, si adattava meglio a tenere le popolazioni contadine sotto un duro servaggio. E così tutti i discepoli di Metodio furono espulsi dalla Moravia e costretti a rifugiarsi in Boemia, Polonia e Bulgaria (già convertiti all'ortodossia da parte di Metodio erano stati lo zar bulgaro Boris e il principe boemo Borivoj). Successivamente dalla Bulgaria la cultura e la liturgia slava si estesero nell'antica Rus (odierna Ucraina) e nella Russia, quindi anche presso i romeni, i quali, per quasi un millennio, fino al 1860, hanno usato la lingua e la scrittura cirillica.

La decisione di espellere i discepoli di Metodio dalla Grande Moravia fu fatale per le sorti di questo paese. Alcuni feudatari, infatti, non volendo saperne di sottostare a un potere germanico centralista, si staccarono con le loro tribù dallo Stato, permettendo così alla tribù nomade degli ungari, che premeva dall'esterno, di distruggerlo nel 906.

I  vescovi germanici, costatato che gli ungari accettavano tranquillamente il cattolicesimo latino, ebbero la strada spianata. L'ultima roccaforte della liturgia slava della Grande Moravia venne latinizzata nel 1096. Da allora e per molto tempo il baluardo della lotta degli slavi contro l'oppressione dei feudatari germanici diventerà lo Stato ceco.

Il successore di Metodio (2), il vescovo slavo Gorazd, fu cacciato dal nuovo principe ungherese Stefano V, che proibì definitivamente l'uso dello slavo ecclesiastico. Essi continuarono la missione in Bulgaria, lungo il Danubio, fino ai Balcani. Il principe bulgaro Boris, che voleva sottrarsi all'egemonismo di Costantinopoli, si rivolse a Roma, ma accortosi che le pretese di questa non erano meno forti dell'altra, scelse infine di legarsi al basileus, permettendo così alla lingua slava una facile diffusione in Serbia, Romania, Russia e negli altri territori limitrofi. E sarà proprio la fondazione della chiesa bulgara in lingua slava che provocherà il primo acuto conflitto tra Roma e Costantinopoli noto col nome di "scisma di Fozio".


(1) Metodio, proveniente da un'area geografica per tradizione poliglotta, essendo consapevole che già molte tribù orientali avevano accettato il cristianesimo ortodosso nella loro lingua madre, aveva definito col termine di "pilatiani" i latini seguaci delle tre lingue liturgiche obbligatorie, a ricordo della triplice iscrizione che, stando ai vangeli, Pilato fece apporre sulla croce del Cristo.

(2) Del tutto sfavorevole alla memoria di Metodio fu la lettera che papa Stefano V indirizzò a Svatopluk nell'885.


Bibliografia


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015