STORIA DEL MEDIOEVO
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L'EUROPA ORIENTALE MEDIEVALE ERA FEUDALE O NO?
Agli inizi del XX secolo l'Europa orientale era all'80% basata sul lavoro dei contadini. Ma con una differenza abissale rispetto all'area occidentale del continente: mentre qui, già verso il XVI secolo, il servaggio era superato quasi ovunque (certamente in Olanda, Inghilterra, Francia e Italia centro-settentrionale), al punto che il rapporto agrario del nobile col contadino s'era trasformato da personale a contrattuale, per non parlare del fatto che gli stessi agricoltori iniziavano ad avere la possibilità di diventare degli agrari capitalisti; viceversa nell'Europa orientale si formò una sorta di "secondo servaggio", in cui finirono dentro persino le comunità di villaggio che fino a quel momento avevano potuto fruire di un regime di relativa libertà. Questo servaggio tardivo s'impose non nella forma che aveva avuto in Occidente nel corso del Medioevo, cioè quella basata sulla rendita in natura e sulle corvées, ma in una forma tutta capitalistica, basata sulla produzione di merci per i mercati occidentali. Tale stranezza poté accadere perché nell'aria capitalistica dell'Europa la borghesia aveva rivolto un interesse prevalente per le manifatture tessili e, poiché la popolazione urbana era in continua crescita, le derrate alimentari scarseggiavano; sicché la borghesia trovò comodo rivolgersi ai paesi euro-orientali per approvvigionarsi di cereali e di altri beni indispensabili. Praticamente all'est si ebbe il fenomeno opposto a quello che si è verificato in occidente, laddove i signori feudali cacciavano i contadini per poter trasformare gli arativi in prativi e quindi vendere la lana ricavata dalle pecore, molto richiesta dalle industrie tessili. Poiché l'Europa orientale non aveva conosciuto questa rivoluzione manifatturiera, i signori feudali, per poter guadagnare indirettamente grazie ad essa, avevano pensato di legare i contadini alla gleba, sfruttando il più possibile non tanto le decime, quanto piuttosto le corvées. Tale processo di tardiva feudalizzazione della terra a fini capitalistici si verificò in tutta l'Europa orientale, ivi inclusa la Germania, che, nonostante la riforma protestante, non era riuscita a decollare in maniera capitalistica, non essendo stata capace la borghesia di allearsi con i contadini in funzione anti-nobiliare. Anche l'Austria era nella medesima situazione, tant'è che Austria, Prusssia e Russia saranno gli ultimi imperi feudali europei a crollare, non avendo voluto modernizzarsi in senso borghese. L'altro a subire la stessa sorte, sarà quello ottomano. L'aver abolito il servaggio, nella seconda metà dell'Ottocento, non sarà sufficiente per impedire il crollo di questi imperi, né servirà la decisione d'impegnarsi in un conflitto mondiale agli inizi del Novecento. *** Questo ovviamente non vuol dire che l'Europa orientale non abbia, prima del XVI secolo, conosciuto il feudalesimo. Ha conosciuto però un feudalesimo abbastanza particolare, basato sicuramente su decime e corvées, ma non sulla proprietà privata della terra da parte del nobile. I paesi abbandonati dall'amministrazione romana, in seguito alle invasioni cosiddette "barbariche", furono soggetti a dominazioni asiatiche di tipo nomadico, che si limitarono a pretendere tributi, senza incidere granché sullo stile di vita e sui valori delle comunità di villaggio. Tuttavia solo nel XIII secolo inizia la fase di "riconquista" dei territori danubiani occupati dagli stranieri. I nuovi Stati che si formano erano sicuramente in mano alle classi nobiliari-militari, le quali però non avevano, nei confronti dei loro contadini, la pretesa di un rapporto di stretta dipendenza personale. Esiste sì il "servaggio", ma non il sistema vero e proprio del feudo. Le comunità di villaggio formalmente erano libere, in quanto proprietarie delle loro terre. L'aristocrazia si era formata organizzando la lotta contro i popoli asiatici nomadi (Peceneghi, Cumani, Tartari...). E, una volta vinta la guerra, pensò di sostituirsi a loro, continuando a esigere i tributi. Ma non si riscontrano istituti feudali come quelli occidentali, quali il beneficio, l'immunità, l'investitura..., nonché quella gerarchia di vassalli grandi e piccoli. Chi comandava, a livello locale o centrale, non aveva bisogno d'essere proprietario di alcunché. Era semplicemente il "capo" di un villaggio, proprietario solo nominalmente delle terre del villaggio. Suo compito era quello di amministrare, insieme a un consiglio di anziani, l'intera collettività locale. Fino a quando le decime furono più importanti delle corvées, la rendita non superava le esigenze naturali di consumo che poteva avere un nobile e il suo parentado. Il problema venne fuori quando, alla fine del XV secolo, i nobili cominciarono a considerare le corvées più importanti delle decime, e soprattutto quando cominciarono a pretendere la proprietà privata della terra. Il capo dello Stato non era un despota assoluto, né disponeva di una propria burocrazia, se non per lo stretto necessario. Ovviamente l'aristocrazia locale non amava alcun governo centralizzato e, pur di ridurne al massimo le prerogative, era persino disposta, nei Balcani, ad allearsi coi Turchi. Fu comunque tale aristocrazia a trasformare la gran massa dei contadini liberi o semiliberi in servi della gleba. Quando, di fronte ai tentativi di fuga dei contadini, il nobile proponeva esenzioni fiscali e altre agevolazioni, la tipologia di contratto che si andava affermando era di tipo borghese, per quanto l'abolizione del servaggio vera e propria avverrà soltanto nella seconda metà dell'Ottocento. *** Come si spiega tutto ciò? Si spiega col fatto che l'istituto della proprietà privata della terra era stato introdotto dai Latini sin dal tempo della dominazione imperiale; tuttavia, quando l'impero cominciò a espandersi verso est, trovò subito delle comunità di villaggio disposte a difendere con le armi la loro libertà e la loro proprietà collettiva. La Dacia fu conquistata nel 106, ma i latifondi romani basati sul regime schiavile e sul colonato furono un'eccezione. Le comunità di villaggio rimasero tribali. I romani abbandonarono la Dacia nel 271 e le città decaddero, assorbite dalla campagna. In seguito si riversarono su quei territori popolazioni provenienti da est: Goti, Unni. Gepidi, Avari, Slavi, Bulgari, Magiari, Peceneghi, Cumani e Tartari. Gli ultimi furono gli Ottomani. Quando la dominazione romana ebbe fine, i contadini schiavizzati diventarono liberi, entrando a far parte delle comunità di villaggio: il che comportò il passaggio dai legami parentali, basati sul sangue, ai legami territoriali, basati su patti e alleanze. Quando l'area occidentale dell'impero romano crollò, i "barbari" sopraggiunti ebbero a che fare con una classe di proprietari terrieri (padroni di schiavi e coloni) che dovettero sterminare per poter occupare i loro possedimenti, e in questo trovarono ovviamente alleati gli stessi schiavi e coloni. Vinta la guerra, i nuovi proprietari asiatici non puntarono sullo schiavismo, ma soltanto sul servaggio, in quanto loro stessi provenivano da un sistema di vita che non praticava lo schiavismo come economia sociale o come metodo produttivo, se non in via occasionale e quasi sempre in ambito domestico. Divennero tuttavia i nuovi proprietari terrieri, i cui domini, per diritto di conquista, includevano i lavoratori. Da notare che di tutti i "barbari" trasferitisi nell'area occidentale dell'Europa furono, in un primo momento, soltanto i Franchi a voler adottare un sistema feudale vero e proprio, che poi vollero imporre a tutto il loro impero. La proprietà feudale della terra fu il principale oggetto del contendere tra sovrano e vassalli. Quest'ultimi, infatti, la ottenevano in beneficio o in usufrutto da parte del sovrano, in cambio di alcuni doveri pattuiti al momento dell'investitura. Se gli impegni non venivano rispettati, il beneficio poteva essere revocato. Col tempo tuttavia i vassalli, prima col Capitolare di Quierzy (877), poi con la Constitutio de feudis (1037), riusciranno a strappare al sovrano il diritto all'ereditarietà dei feudi, che così diventarono di loro proprietà privata. I contadini legati alla gleba dovranno lottare contro il servaggio per ottenere da questi vassalli proprietari una piena libertà personale, se non addirittura una riforma agraria per una nuova ripartizione delle proprietà terriera. Viceversa, nella parte orientale dell'Europa i contadini, organizzati in libere comunità di villaggio, caddero in servitù solo tardivamente, a vantaggio di una classe di nobili formatasi anch'essa molto lentamente dai ranghi degli "capi locali", oppure da conquistatori stranieri che volevano colonizzare i loro territori secondo il modello occidentale. Questi signori feudali sfruttavano all'inizio le comunità di villaggio solo in maniera fiscale e fino a quando in Occidente il capitalismo resterà in fieri, ma quando questo comincerà a svilupparsi in maniera significativa, i signori feudali pretenderanno uno sfruttamento servile vero e proprio, che includerà una proprietà privata della terra e pesanti corvées. La resistenza al servaggio da parte di queste comunità danubiane fu sempre molto forte, tanto che agli inizi del XX secolo se ne trovano ancora delle tracce, soprattutto in Moldavia e Valacchia, dove il regime delle corvées fu abolito legalmente soltanto nel 1864. La legge rurale riservò due terzi della terra di ogni villaggio ai contadini (esentati dalla prestazione delle decime), mentre un terzo doveva diventare appannaggio del boiardo (proprietario aristocratico terriero). Quanto alle corvées, esse dovevano essere riscattate dai contadini in contanti. *** La nostra cultura occidentale ha sempre definito col termine "barbari" coloro che non parlavano né greco né latino. In realtà dietro questo termine dispregiativo si celava anche un atteggiamento di superiorità nei confronti dell'intero stile di vita di popolazioni più che altro nomadiche o comunque assai poco urbanizzate. In realtà l'organizzazione sociale di queste popolazioni asiatiche non aveva alcunché di "barbarico", e se a noi è apparso così, a motivo del fatto che quando esse si spostavano compivano eccidi e razzie, è stato perché non abbiamo mai voluto capire i motivi di questo atteggiamento così aggressivo. I popoli nomadi sono diventati violenti molto tempo dopo l'affermazione del regime schiavile delle popolazioni stanziali (assiro-babilonesi, indo-cinesi, ecc.). È stata una loro forma di autodifesa. I nomadi sono popoli di allevatori: hanno soltanto bisogno di campi aperti. Non possono tollerare la proprietà privata della terra, che inevitabilmente diventa recintata. Quando le possibilità di muoversi liberamente si riducono in maniera eccessiva, inevitabilmente diventano aggressivi e scaricano tutto il loro odio nei confronti delle popolazioni stanziali. I popoli nomadi fanno abbastanza presto a creare delle federazioni di tribù, poiché i loro interessi comuni sono molto evidenti. Di regola si sentono tra loro rivali e si combattono anche, se non hanno spazi sufficienti per le loro mandrie, ma quando hanno un nemico comune da combattere, facilmente si alleano. Poi, ottenuta la vittoria, o ritornano com'erano prima, dividendosi il bottino, oppure, se la guerra è stata molto lunga e ha richiesto enormi sacrifici, è facile la definitiva fusione delle tribù, che può anche essere determinata dalla volontà di quella dimostratasi militarmente più forte. Questi processi sono ben visibili in tutta l'Asia, dove gli ampi spazi permettevano appunto la formazione di grandi allevamenti. Quando le popolazioni nomadiche, provenienti dall'estremo oriente, iniziano a occupare immensi territori, che andavano dalla Cina all'Europa, arrivando sino alla Polonia, nei Balcani e in Pannonia, non si comportavano come proprietari terrieri veri e propri, ma come sfruttatori fiscali. I loro quartieri generali, cioè le loro postazioni di comando centralizzato, erano lontani dalle città e dai villaggi conquistati, ed erano ben fortificati. Essi quindi si limitavano a imporre tasse su qualunque attività produttiva e commerciale, evitando d'intromettersi nello stile di vita degli autoctoni sottomessi. Non imponevano lingue, religioni, diritti, usi e costumi, come invece facevano i Romani. I tributi erano peraltro addebitati all'intero villaggio e non ai suoi singoli componenti, per cui inducevano tutti a sentirsi compartecipi di un dovere comune. Queste popolazioni creavano degli Stati che, tutto sommato, erano abbastanza deboli, in quanto potevano essere facilmente occupati da nuove popolazioni nomadiche o liberati dagli stessi nativi: i Cumani, p.es., si spostarono in Ungheria perché dalla Valacchia furono cacciati quando vi giunsero i Tartari. I nomadi ungheresi, dopo essersi installati in Pannonia, occuparono la Transilvania. La classe dei boiardi si formò tuttavia proprio grazie allo sfruttamento imposto dai popoli nomadi, soprattutto dai Khan Tartari, che avevano bisogno di avere in Moldavia e nella pianura danubiana e anche in Russia dei piccoli dominatori che si occupassero del prelievo fiscale. Quando i Tartari cominciarono a essere sconfitti dai Russi, i boiardi ne approfittarono per cacciarli dai loro paesi. Fu in quel momento che iniziarono a trasformarsi in latifondisti feudali in proprio, la cui autorità non veniva più decisa per elezione da parte della comunità, ma trasmessa ereditariamente. Da un lato quindi i boiardi, già aristocratici, poterono avvalersi dei Tartari per staccarsi dal controllo politico esercitato da parte delle loro comunità d'origine; dall'altro invece, grazie all'aiuto delle stesse comunità poterono liberarsi, al momento opportuno, della presenza ingombrante degli stranieri, per diventare totalmente indipendenti nelle loro proprietà, e quindi abbastanza forti per imporre un proprio servaggio. I boiardi continuarono a svolgere il ruolo di esattori fiscali, ma questa volta a proprio esclusivo vantaggio, ponendo altresì le basi per il futuro Stato nazionale. *** Quali sono le caratteristiche salienti di una libera comunità di villaggio? Vediamo quelle che indica lo storico rumeno Henri H. Stahl nel suo libro La comunità di villaggio (ed. Jaca Book, Milano 1974).
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- Stampa pagina Aggiornamento: 14/06/2015 |