IL CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR
L'epopea russa medievale


CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR
DI IGOR FIGLIO DI SVJATOSLAV, NIPOTE DI OLEG

Elogio di Svjatoslav

  1. Questi due prodi, i figli di Svjatoslav, Igor e Vsevolod, ridestarono l'ostilità: quell'ostilità che il terribile gran principe di Kiev, il loro signore Svjatoslav, aveva a suo tempo assopito con la forza. Quale tempesta, aveva fatto tremare i pagani con le sue possenti schiere; con spade di acciaio brunito si era inoltrato in terra cumana, aveva calpestato colline e dirupi, resi torbidi torrenti e paludi, strappato come un turbine il pagano Kobjak dall'arco del mare, dalle ferree orde cumane. Ed era stato trascinato Kobjak nella città di Kiev, fin nella vasta sala di Svjatoslav.
  2. E ora i Tedeschi e i Veneziani, i Greci e i Moravi cantano gloria a Svjatoslav ma compiangono il principe Igor, che ogni ricchezza ha sprofondato nel Kajala, nel fiume cumano l'oro russo ha disperso.
  3. Qui il principe Igor è smontato dalla sella d'oro ed è salito su quella del prigioniero. Triste fu la gente. Sui bastioni delle città venne meno la gioia.

Note

Igor e Vsevolod erano i figli di Svjatoslav Ol'govič (+ 1164), principe di Černigov. Invece, lo Svjatoslav di cui poche righe più sotto si canta l'elogio, colui che aveva a suo tempo sconfitto i Polovesiani e aveva preso prigioniero il loro signore Kobjak, era Svjatoslav III Vsevolodovič, che fu gran principe di Kiev dal 1180 al 1194 (la spedizione di Igor fu nel 1185).

Abbiamo tradotto «il loro signore Svjatoslav» per evitare confusione, anche se il testo ha otecŭ «padre». Naturalmente si intende in senso traslato, quale signore feudale, e in traduzione abbiamo preferito sciogliere la metafora.

Che all'epoca Tedeschi, Veneziani, Greci e Moravi si interessassero alle beghe interne della Rus' kievana appare un po' improbabile...

Traduciamo qui, con Bazzarelli, l'espressione a vŭ sědlo koščïevo con «è salito sulla sella del prigioniero». La parola koščej è stata variamente interpretata: il significato più semplice sembra sia appunto «prigioniero», ma anche «schiavo, servo». Il termine deriva dal turco košči «prigioniero», a sua volta da koš «recinto» (termine passato nel russo con identico significato). Nel russo koščej vuol dire anche «uomo magro, scheletro» (da kost' «osso») e, per estensione, «avaro» (Bazzarelli 1991). Si può anche ricordare il personaggio di Koščej, lo «scheletro senza morte» delle fiabe russe.

Pubblicato con permesso del sito
Bifröst: Viaggio nel paese dei miti e delle leggende" - www.bifrost.it
Traduzione e note: Holger Danske e Koščej Vessmertij

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Medioevo
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 01/05/2015