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CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR Il lamento di Jaroslavna
Note Inizia qui uno dei brani lirici più belli e intensi di tutto il poema, il lamento della giovane sposa del principe Igor. Il brano riprende i ritmi di quel genere letterario della poesia popolare russa chiamato plač «pianto», che sembra fuso con intonazioni di preghiere pagane ancora vive ai tempi in cui il poema fu scritto. Il brano è pagano, magico: il lamento è rivolto al Vento, al fiume Dnepr, al Sole. È un canto originale, potente, bellissimo, una delle vette poetiche del Canto della schiera di Igor. Un esempio di come il poema della disfatta della schiera di Igor sia, al di sotto della superficie cristiana, intriso di paganesimo. Evfrosina Jaroslavovna era figlia di Jaroslav di Galizia, il principe dall'ottuplice pensiero, e giovane sposa del principe Igor. L'autore del Canto non la chiama per nome ma col patronimico Jaroslavna, forse per sottolineare la sua ascendenza gentilizia. La parola antico-russa zegziceju viene da molti commentatori tradotta con «cuculo», basandosi sui paralleli con altri testi epici e vari dialetti slavi e baltici. Ma secondo Bazzarelli (che cita vari filologi russi), zigzička è il nome, in alcuni dialetti ucraini, del gabbiano. E del resto il termine «cuculo» suonerebbe di malaugurio, mentre il «gabbiano» renderebbe molto meglio il senso del dolore e della solitudine della donna (Bazzarelli 1991). Secondo Tatiščev, uno storico del '700, Jaroslavna non si trovava a Putivl' ma a Novgorod Seversk, da cui si sarebbe poi regata a Putivl' per accogliere Igor fuggiasco. Né la presenza di un fiume Dunaj ci illumina, giacché questo termine è molto vago, indicando a seconda delle occasioni il Don, il Donec, il Dnepr o addirittura il Danubio. Forse l'autore del Canto ignorava dove Jaroslavna si trovasse effettivamente, ma è certo che dipingerla sul baluardo di Putivl' è stata una possente trovata poetica. «Bagnerò la mia manica di seta». Il termine bebrjanŭ significa letteramente «di castoro», ma sembra avesse anche il significato «di seta». Oggi i commentatori preferiscono tradurre la parola con quest'ultimo valore, che tra l'altro è attestato negli scoli di un esemplare ottocentesco del Canto della schiera di Igor. Questo epiteto del fiume Dnepr, chiamato «figlio di Slovuta» [Dněpre Slovutičju] si trova in altri racconti e poemi epici antico-russi e ucraini. Lo Slovuta è un affluente del Pripjat' che è, a sua volta, un affluente del Dnepr. Qui però l'autore fa una contaminazione poetica tra il nome Slovuta e la parola slava «gloria». Pubblicato con permesso del sito
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