IL CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR
L'epopea russa medievale


CANTO DELLA SCHIERA DI IGOR
DI IGOR FIGLIO DI SVJATOSLAV, NIPOTE DI OLEG

Oleg, il seminatore di discordie

  1. Sono lontani i tempi di Trojan, lontani gli anni di Jaroslav: ci furono le imprese di Oleg, Oleg figlio di Svjatoslav. Ché Oleg invero con la spada temprò la discordia, di frecce seminò la terra.
  2. Saliva Oleg sulla staffa d'oro, nella città di Tmutorokan', e ne udiva il suono il grande, vecchio Vsevolod, nipote di Jaroslav, mentre Vladimir a Černigov si turava le orecchie.
  3. La brama di gloria trasse Boris figlio di Vjačeslav al giudizio e sul Kanin gli fu steso un verde sudario per l'offesa arrecata ad Oleg, valente e giovane principe.
  4. Così dal fiume Kajala ordinò Svjatopolk che il padre suo fra destrieri ungheresi fosse portato a Santa Sofia in Kiev.
  5. Al tempo di Oleg figlio di Amara Gloria, si seminavano e crescevano le discordie, periva la potenza dei nipoti di Daž'bog e nelle contese dei principi si accorciava la vita alla gente.
  6. Di rado il contadino cantava nell'arare la terra: più spesso i corvi gracchiavano contendendosi tra loro i cadaveri e nella loro lingua le cornacchie si chiamavano per invitarsi al banchetto.
  7. Questo accadeva in quelle guerre e in quelle campagne, ma di una simile impresa mai s'era udito parlare!

Note

Si delinea l'idea politica del Canto: le contese dei principi indeboliscono l'unità della Rus', di qui il trionfo dei nomadi della steppa. E l'iniziatore delle discordie fu proprio Oleg Svjatoslavič, principe di Tmutorokan' e nonno di Igor, il quale partecipò alle lotte scatenatesi per il gran principato, sterminando cugini e parenti, e per di più assoldando come mercenari i Polovesiani.

A Tmutorokan', Oleg «saliva sulla staffa d'oro», partiva in testa alla sua schiera per attaccare Vsevolod Jaroslavič, principe di Černigov. Questi, che si trovava a Kiev presso suo fratello, il gran principe Izjaslav Jaroslavič (1024-1078), «sentiva il suono» delle schiere che avevano occupato la città di cui era signore, ed a ben ragione era preoccupato e si disperava. Figlio di Vsevolod era Vladimir Monomach (1053-1125), che nel 1113 sarebbe diventato gran principe di Kiev, ma che, all'epoca dei fatti (1078), risiedeva col padre a Černigov. L'autore del Canto lo rappresenta, ingiustamente, nell'atto di tapparsi le orecchie, rifiutandosi di prendere posizione nella contesa. L'espressione uši zakladaše è un gioco di parole che può essere tradotto sia «chiudere le orecchie» sia «chiudere le porte». Il senso è comunque quello: secondo l'autore del Canto, Vladimir fingeva di non accorgersi di ciò che stava accadendo. Nella realtà storica tuttavia, il giovane Vladimir prese parte alla contesa e combatté a fianco del padre.

Oleg Svjatoslavič si era alleato con il giovane Boris Vjačeslavič. I due conquistarono Černigov, ma ne furono presto cacciati dalle schiere congiunte di Vsevolod e Izjaslav, coi quali erano i rispettivi figli Vladimir e Jaropolk. Ci fu un gran massacro sul campo della Nežatiaja Niva (3 ottobre 1078), presso il fiumicello Kanin, in cui morirono molti nobili principi, tra cui il giovane Boris (Cronaca degli anni passati [6586/1078]), a cui, dice il Canto, fu steso un sudario d'erba sulla riva del fiume Kajala, confondendosi forse col fiume Kanin.

Nella battaglia di Nežatiaja Niva cadde anche il gran principe Izjaslav Jaroslavič. Secondo il Canto, il figlio Svjatopolk Izjaslavič ne fece poi trasportare il corpo a Kiev, sospendendolo tra due cavalli ungheresi (i quali erano apprezzati per il loro carattere docile e venivano impiegati per trasportare i feriti). Nella Cronaca degli anni passati [6586/1078] è scritto invece che all'epoca dei fatti Svjatopolk si trovava a Novgorod e che fu l'altro figlio Jaropolk, che aveva partecipato alla battaglia a fianco del padre, a trasportare il corpo di Izjaslav in Kiev. Vi sono qui molte difficoltà di ordine filologico che, senza entrare in dettagli, hanno costretto gli studiosi ad alcune correzioni del testo: ma il senso originale sembra avere valore causativo. La difficoltà può venire superata ipotizzando che Svjatopolk non abbia personalmente trasportato il corpo del padre ma lo abbia fatto trasportare, cioè abbia dato l'ordine di traslare la salma.

Questo epiteto di Oleg, «figlio di Amara Gloria» [Gorislavič], non è da tutti gli studiosi inteso in questo modo. Se è da gòre «amarezza» va bene Amara Gloria, ma se fosse da gorè «alto, elevato» bisognerebbe tradurre Eccelsa Gloria. L'epiteto si trova anche in altri documenti, come alcune gramota e la Prima cronaca di Novgorod, senza che tuttavia sia possibile sciogliere il dilemma. La maggior parte dei traduttori preferisce, dal contesto, la prima opzione. (Bazzarelli 1991)

La parola žiznĭ, che vuol dire letteralmente «vita», andrebbe qui interpretata nel senso di «ricchezza» o di «potenza» (Danti 1979, Bazzarelli 1991).

Daž'bog è un'antica divinità slava dai tratti non ben definiti, forse un dio del sole e della luce, oppure un dio elargitore di ricchezza. «Nipoti di Daž'bog» sono i Russi: si veda il capitolo relativo agli dèi dell'antica Russia [MITI].

Pubblicato con permesso del sito
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Traduzione e note: Holger Danske e Koščej Vessmertij

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Medioevo
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Aggiornamento: 01/05/2015