STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


L'IMPERO OTTOMANO DAL XIV AL XV SECOLO

L’ASIA MINORE ALL’INIZIO DEL XIV SECOLO. GLI OTTOMANI

Durante l’invasione dei mongoli nell’Asia centro-occidentale, la tribù dei turchi-ogusi emigrò verso ovest, insieme allo scià della satrapia Chorasmia, e si mise al servizio del sultano selgiuchide di Rûm (1), da cui il capo dei turchi-ogusi ebbe un piccolo possedimento feudale lungo il fiume Sangario (Sakarya), verso il 1230, al confine con i possedimenti bizantini.

Questi ogusi entrarono a far parte del gruppo nazionale turco che si stava formando nell’Asia Minore sotto i Selgiuchidi. All’inizio del XIV secolo, il sultanato selgiuchide di Rûm si frazionò in 10 emirati, uno dei quali era l’emirato ottomano. La maggior parte dei possedimenti bizantini nell’Asia Minore nord-occidentale venne conquistata da Othman I o Osman (circa 1282-1326), che portò la capitale a Bursa (Brussa) e diede il proprio nome alla dinastia e all’emirato. I turchi dell’Asia Minore che facevano parte dello Stato ottomano vennero chiamati ottomani (osmanli).

LA FORMAZIONE E LO SVILUPPO DELL’IMPERO OTTOMANO

I turchi ottomani iniziarono le loro conquiste a spese dell’impero bizantino in piena decadenza, anche a motivo delle crociate latine, durate dal 1099 al 1291, e conclusesi con la cessione ai Mamelucchi di Egitto e Siria dell'ultima roccaforte di San Giovanni d'Acri. Ora quasi tutto il Medio oriente era in mano agli islamici: restavano solo Costantinopoli e vari territori balcanici. Già nel 1071 i turchi selgiuchidi avevano sconfitto a Mantzikert l'esercito bizantino, iniziando a entrare nell'Anatolia, popolata da greci e armeni. La loro forza era stata bloccata momentaneamente dai mongoli nel 1243. L'invasione mongolica aveva comunque innescato un vasto movimento di popolazioni turche che dall'Asia centrale si erano spostate verso occidente e quindi anche in Anatolia.

Molti guerrieri musulmani, soprattutto nomadi turchi provenienti dagli emirati dell’Asia centro-occidentale, entrarono al servizio dello Stato ottomano. Poiché presso i nomadi tutti gli uomini erano guerrieri, e la cavalleria dei turchi era molto mobile, per lo Stato ottomano era assai facile concentrare grandi forze d’attacco in breve tempo. La saldezza delle relazioni patriarcali-feudali tra i nomadi rendeva le loro milizie assai unite, a differenza di quelle di Bisanzio e dei suoi vicini balcanici. L’aristocrazia turca che riceveva dal sovrano ottomano una considerevole parte delle terre conquistate sotto forma di feudi, sosteneva l’emirato ottomano nella sua politica di conquista.

Sotto Orkhan (1326-1359), figlio e successore di Othman I, vennero conquistate Nicea (1331) e tutte le terre bizantine nell’Asia Minore. Sui possedimenti bizantini nella penisola balcanica (chiamata Rumelia dai turchi), gli ottomani nel 1354 occuparono Gallipoli, un importante punto d’appoggio sulla costa europea dei Dardanelli, e di qui partirono alla conquista di altre terre balcaniche. I successi dei turchi erano facilitati dal frazionamento politico dei paesi balcanici, lacerati da contese feudali e indeboliti dalle guerre che combattevano tra di loro e contro Genova, Venezia e l’Ungheria.

Dopo la morte di Orkhan, suo figlio Murad I (1359-1389), che aveva già il titolo di sultano, sbarcò sulla costa europea del Mar di Marmara, conquistò Adrianopoli (1362), quasi tutta la Tracia, Filippopoli, la valle del fiume Maritza, e penetrò velocemente nelle terre occidentali, facendo di Adrianopoli la sua nuova residenza. Nel 1371 i turchi riportarono una grande vittoria nella battaglia sulla Maritza, e nel 1389 vinsero una battaglia ancor più decisiva sul campo di Kosovo, che permise loro di sconfiggere i serbi e altri popoli balcanici. Le conquiste di Murad I erano facilitate dalla forza del suo esercito e dal tradimento di una parte di signori feudali bulgari e serbi, che avevano abbracciato l’islam per conservare i propri possedimenti.

Le campagne di conquista dello Stato ottomano erano condotte sotto il segno ideologico della “guerra per la fede” dei musulmani contro gli “infedeli”, in questo caso i cristiani. Grandi crudeltà caratterizzavano le loro conquiste. Spesso tutta la popolazione di intere città e villaggi veniva resa schiava: praticamente tutta la Tracia fino alla Dalmazia era diventata un deserto. I signori feudatari dei paesi conquistati, rimasti cristiani ma che si erano riconosciuti vassalli del sultano, dovevano pagare un tributo, che però non sempre salvava le loro tenute da incursioni e rapine. I feudatari locali che abbracciavano l’islam venivano invece accettati nei ranghi della nobiltà turca militare in qualità di feudatari.

Il figlio e successore di Murad I, Bayazid I (1389-1402), soprannominato “il fulmine”, con la presa di Vidin (1396) concluse la sottomissione della Bulgaria, iniziata già negli anni '60 del XIV secolo, e impose un tributo alla Serbia settentrionale. Bayazid conquistò anche tutta l’Asia Minore, eccettuata la Cilicia e il regno greco di Trebisonda, formando con le terre annesse l’emirato dell’Asia Minore. Sebbene gli imperatori bizantini Giovanni V e Manuele II già dal 1370 gli pagassero un tributo, Bayazid strappò Tessalonica ai bizantini (1394) e mise il blocco a Costantinopoli.

Sotto Bayazid lo strato superiore dell’aristocrazia militare turca, appropriatasi di vaste terre e di enormi ricchezze, passò alla vita sedentaria, abbandonando la vita semplice e severa dell’orda nomade per lo sfarzo e il lusso. Di qui le contraddizioni tra i nobili sedentari e quelli nomadi: quest’ultimi, soprattutto nell’Asia Minore, vennero messi in secondo piano. Anche le masse turche trasferitesi sulla penisola balcanica cominciavano a diventare sedentarie, soprattutto in Rumelia, mentre nell’Asia Minore questo processo avveniva molto più lentamente.

Venezia e Genova vedevano nelle conquiste ottomane un grave pericolo per i propri possedimenti e per la propria egemonia commerciale nel Mediterraneo orientale. Molti altri Stati temevano un’eventuale invasione degli ottomani nell’Europa centrale. Nel 1396 venne intrapresa una crociata contro la Turchia, a cui parteciparono cavalieri ungheresi, cechi, polacchi, francesi. L’inettitudine del comandante, il re ungherese Sigismondo, e le divergenze tra i capi “crociati”, causarono all’esercito una dura sconfitta a Nicopoli sul Danubio: 10.000 crociati vennero fatti prigionieri, gli altri fuggirono. Bayazid fece uccidere quasi tutti i prigionieri, eccetto 300 nobili che liberò in cambio di un enorme riscatto. Gli ottomani ebbero così aperta la via all’Ungheria (1397), che sottoposero a scorrerie sistematiche, prendendo come schiavi decine di migliaia di persone.

Ma la crociata del 1396 e poi l’invasione delle truppe di Tamerlano nell’Asia Minore impedirono a Bayazid di prendere Costantinopoli. Presso Ankara, nel 1402, avvenne la battaglia decisiva tra le truppe di Bayazid e quelle di Tamerlano. Bayazid ebbe la peggio: tentò di fuggire ma venne preso prigioniero e dopo poco morì. Tuttavia i mongoli non ne approfittarono, limitandosi a pretendere il pagamento di tributi e una sottomissione formale da parte dei successori di Bayazid. Dopo aver devastato l’Asia Minore, Tamerlano si ritirò, ricostituendo sette dei dieci precedenti emirati. La potenza ottomana venne indebolita per un certo tempo, permettendo all’impero bizantino di riconquistare Tessalonica.

I RAPPORTI FEUDALI NELLO STATO OTTOMANO

Nella società turca continuava il processo dello sviluppo del feudalesimo. I conquistatori, occupata quasi tutta la terra in Asia Minore e in Rumelia, la suddivisero in quattro forme di proprietà fondiaria feudale: le terre statali, le terre della famiglia del sultano, le terre delle istituzioni religiose musulmane e le terre private di tipo allodiale, cioè non in feudo. La maggior parte delle terre statali era stata concessa in proprietà condizionata ereditaria agli ufficiali della cavalleria feudale, che dovevano vivere nelle proprie tenute e, su ordine del sultano, presentarsi al capo del distretto con un certo numero di cavalieri armati, loro vassalli.

In tal modo si formò il sistema feudale-militare ottomano, che contribuì in grande misura ai successi militari della Turchia. Una parte dei domini del sultano fu assegnata ai grandi dignitari civili e militari, finché svolgevano un determinato incarico. La grande proprietà feudale sulla terra e sull’acqua nello Stato ottomano era legata al piccolo affitto contadino. I contadini che pagavano le imposte erano legati ai propri appezzamenti di terra (nell’Asia Minore questo sistema era già iniziato nel XIII sec.), e non potevano trasferirsi in un’altra località senza il consenso del feudatario. La rendita feudale andava in parte allo Stato, in parte al feudatario, e veniva riscossa in forma mista (in prodotti naturali, in denaro e in prestazioni di lavoro gratuite). Gli agricoltori musulmani pagavano una decima e i cristiani un tributo variante dal 20 al 50% del raccolto. I non musulmani (cristiani e giudei) pagavano anche un’imposta personale, in seguito inclusa nel tributo pagato per la terra. Col tempo furono poi introdotte molte altre imposte.

Le guerre di conquista costituivano una fonte inesauribile di schiavi. Una parte di essi veniva impiegata come servitù domestica, ma il lavoro degli schiavi veniva sfruttato anche nella produzione: nell’allevamento del bestiame, nei lavori agricoli nelle miniere, e a partire dal XV sec. anche sulle galee militari, condannati ai remi.

L’ORGANIZZAZIONE STATALE DELL’IMPERO OTTOMANO

L’impero ottomano era uno Stato dispotico militare-feudale. Il sultano ereditario della dinastia degli Ottomani (Osmanli), oltre all’illimitato potere civile, aveva anche il potere religioso sui musulmani della Turchia. Il primo dignitario del sultano era il gran visir. Nel XV sec. comparvero altri visir, che insieme al Gran Visir formavano il consiglio supremo. Il Gran Visir nominava i dignitari e distribuiva i feudi. Pur avendo un potere enorme, il Gran Visir poteva essere destituito o giustiziato in qualsiasi momento per ordine del sultano.

Il potere giudiziario era nelle mani dei giudici religiosi musulmani, che giudicavano basandosi sul diritto sunnita di tendenza kanefita, e in parte sul diritto consuetudinario dei nomadi ogusi, antenati dei turchi moderni.

L’esercito si divideva in tre parti principali: la milizia feudale a cavallo, la cavalleria ordinaria e i corpi regolari di fanteria. Poi vi era la cavalleria irregolare di avanguardia, i cui componenti non ricevevano feudi, bensì una parte del bottino, per cui avevano fama di terribili predatori. Il corpo dei giannizzeri sorse nel XIV sec., ma venne organizzato saldamente solo verso la metà del secolo successivo, ed educato nello spirito del fanatismo musulmano.

I MOVIMENTI POPOLARI ALL’INIZIO DEL XV SECOLO

Maometto I (1402-1421), figlio e successore di Bayazid I, dovette lottare contro i propri fratelli che avanzavano pretese al trono, contro gli emiri selgiuchidi ripristinati da Tamerlano, contro l’emiro di Karamare, e anche contro i veneziani, che sgominarono la flotta ottomana a Gallipoli (1416). Egli perciò si alleò con Bisanzio, restituendole alcune città costiere.

Le guerre rovinavano i piccoli feudatari e provocavano l’aumento delle imposte pagate dai contadini. Scoppiò una rivolta dei piccoli feudatari, a cui si unirono i contadini e gli artigiani, che si trasformò presto in guerra civile (1415-1418, e secondo altri dati 1413-1418), capeggiata da un derviscio-sceicco che operava in Rumelia. Nell’Asia Minore agivano in suo nome altri dervisci nella regione di Smirne e nella zona di Magnesia, che chiedevano l’introduzione dell’uguaglianza sociale e la comunità di tutti beni (soprattutto quella della terra), “eccetto le mogli”.

Gli insorti vestivano una semplice uniforme, e introdussero i pasti in comune. Essi proclamarono anche il principio dell’uguaglianza delle tre religioni monoteistiche: musulmana, cristiana, ebraica. Vi fu addirittura un'insurrezione tra contadini greci e turchi contro i comuni oppressori, e gli insorti sconfissero le milizie feudali nella parte occidentale dell’Asia Minore. Solo dopo due anni il sultano riuscì a reprimere il movimento.

All’inizio del XV sec., tra gli strati inferiori delle città turche si diffuse la dottrina eretica della setta sciita segreta dei Hurufiti, proveniente dal Khorasan ove era sorta alla fine del XIV secolo. Essa aveva tendenze antifeudali e predicava l’uguaglianza sociale e la comunità dei beni. Vi furono rivolte anche tra i popoli balcanici sottomessi (l’insurrezione nella regione di Vidin in Bulgaria nel 1403 e altre).

LA TURCHIA NELLA PRIMA META DEL XV SECOLO. LA CONQUISTA DI COSTANTINOPOLI DA PARTE DEI TURCHI

Sotto Murad II (1421-1451), la potenza ottomana si consolidò e riprese la sua politica di conquista nei Balcani. Un grave pericolo incombeva su Costantinopoli. Nel 1422 Murad II assediò la città, ma invano. Nel 1430 prese Tessalonica. Nel 1443 i partecipanti a una nuova crociata (ungheresi, polacchi, serbi e valacchi), comandati dal re di Polonia e d’Ungheria Ladislao e dal celebre condottiero ungherese Janos Hunyadi, sconfissero per due volte l’esercito di Murad II e presero Sofia. Ma nell’anno successivo i crociati vennero sconfitti duramente presso Varna dalle forze preponderanti di Murad II. Dopo di ciò i tentativi dei papi di organizzare una nuova crociata contro la Turchia non trovarono l’appoggio dell’Europa occidentale. Praticamente nel 1448 quasi tutta la regione balcanica era in mano turca.

Però le vittorie di Janos Hunyadi nel 1443 favorirono la lotta d’indipendenza dell’Albania, già quasi completamente conquistata dalle truppe ottomane. Il popolo albanese, comandato dal suo celebre condottiero e grande uomo politico Scanderbeg, per più di vent’anni, cioè fino alla sua morte (1468), combatté valorosamente contro i conquistatori turchi.

Il successore di Murad II fu il suo giovane figlio Maometto II (1451-1481), chiamato Fatih (“il Conquistatore”). Egli aveva ricevuto una buona istruzione, conosceva cinque lingue e la cultura occidentale, gli era estraneo il fanatismo religioso, ma nel contempo era un despota crudele. Le sue conquiste erano soprattutto vittorie su deboli Stati feudali, mentre venne sconfitto ripetutamente dagli ungheresi, dagli albanesi e dai moldavi.

L’assedio di Costantinopoli da parte di 80.000 turchi si protrasse per due mesi (aprile-maggio 1453). Dopo la presa della città, usando potenti cannoni fabbricati da un ingegnere ungherese, e un saccheggio spaventoso di tre giorni: le stragi e la riduzione in schiavitù dei prigionieri avevano quasi completamente spopolato la città. Per ripopolarla, Maometto II vi trasferì tutti gli abitanti della città di Aksarai nell’Asia Minore e poiché erano insufficienti, insediò a Costantinopoli molti greci, e anche armeni ed ebrei. Anche la colonia genovese di Galata, fondata subito dopo il 1261 in un sobborgo di Costantinopoli, dovette arrendersi. I genovesi tuttavia conservarono la libertà personale e i loro averi, ma persero l’autonomia, e Galata passò sotto l’amministrazione turca. La capitale dello Stato ottomano venne trasferita da Adrianopoli a Costantinopoli (Istanbul).

Dopodiché l'espansione turca dilagò facilmente in Grecia, nelle isole del Mar Egeo, lungo le coste del Mar Nero, affacciandosi sulla pianura danubiana. Ora l'occidente cattolico, che non aveva fatto nulla per aiutare i bizantini contro gli islamici (anche perché poneva sempre, come precondizione per un aiuto militare, la sottomissione della chiesa ortodossa al papato), aveva un nuovo grande pericolo da affrontare nei confini orientali: l'inarrestabile espansione ottomana, ormai giunta sotto le porte di Vienna.

Le tradizioni bizantine di Costantinopoli furono ereditate dal principato moscovita di Ivan III (1462-1505), che, dopo aver sottomesso Novgorod e unificato i territori russi, cominciò, a partire dal 1480, a liberarsi della scomoda presenza mongola nel suo paese, già divisa in vari Stati feudali. Un suo nipote, Ivan IV, sposò nel 1472 Sofia Paleologo, figlia dell'ultimo imperatore bizantino, Costantino XI. A partire da quel momento Mosca si proclamerà la "terza Roma", erede di Bisanzio e protettrice di tutti i popoli di religione ortodossa.

LA POLITICA INTERNA DI MAOMETTO II

Nel 1476 Maometto II pubblicò un codice di leggi in cui si determinavano le funzioni dei dignitari statali e le loro ricompense, si stabiliva l’organizzazione del clero musulmano sunnita, il regime dei feudi militari e così via. Fece preparare anche uno statuto per le comunità religiose non musulmane, confermando il patriarca greco-ortodosso, quello armeno e il rabbino-capo di Costantinopoli. Tutti i gruppi nazionali appartenenti alla chiesa ortodossa greca (greci, bulgari, serbi, parte degli albanesi, i georgiani, i valacchi e moldavi) vennero considerati come un unica “comunità greca”, su cui il patriarca di Costantinopoli aveva non solo il potere religioso, ma anche quello giudiziario.

Il patriarca e i vescovi potevano far condannare gli ortodossi anche alla pena del bando e delle galere, ma se un ortodosso aveva una controversia con un musulmano l’affare veniva portato di fronte al giudice religioso musulmano. Essi controllavano inoltre le scuole e i libri degli ortodossi, e godevano di alcuni privilegi personali. Anche il patriarca armeno e il rabbino-capo di Costantinopoli avevano diritti simili sulle proprie comunità. Concedendo alcuni diritti all’alto clero cristiano e a quello ebraico, il governo cercava di tenere sottomessi gli “infedeli” proprio con l’aiuto del loro clero.

La massa degli “infedeli” era assolutamente senza diritti. Essi non potevano possedere armi, dovevano portare vestiti di colori particolari, non potevano acquistare terre ecc. I culti non musulmani ebbero serie limitazioni: ad es. era proibito costruire nuovi edifici destinati al culto. Ancora peggiore era la posizione degli eretici musulmani, gli sciiti, che nell’Asia Minore erano molto numerosi. Essi venivano perseguitati e dovevano praticare in segreto la propria fede.

LE SUCCESSIVE CONQUISTE DI MAOMETTO II

Nell’Asia Minore Maometto II conquistò il debole regno greco di Trebisonda (1461) e tutti gli emirati. In Crimea le sue truppe s'impossessarono delle colonie genovesi con l'importante città commerciale di Kaffa (l’odierna Theodosia), e sottomisero il khanato di Crimea (1475). Ciò rappresentò una vera catastrofe per la Polonia, la Lituania, l’Ucraina e lo Stato russo, poiché i tartari di Crimea quasi annualmente effettuavano incursioni a cavallo in quei paesi, allo scopo d'impossessarsi di ricchezze e soprattutto di prigionieri, che venivano venduti schiavi alla Turchia.

Tra il 1459 e il 1463 Maometto II conquistò la Serbia, i principati greci della Morea e il ducato d’Atene e anche il regno slavo della Bosnia. Contemporaneamente la Turchia iniziò una lunga guerra contro Venezia. Il tentativo dei turchi di prendere Belgrado, difesa da Janos Hunyadi, terminò con una loro grave sconfitta (1456). Le truppe ottomane subirono due sconfitte anche in Albania nell’assedio della fortezza di Kruja (1467), in Moldavia (1475) e durante il tentativo d'impadronirsi dell’isola di Rodi, che apparteneva ai cavalieri di S. Giovanni. La Valacchia venne sottomessa dopo una strenua resistenza, ma conservò una certa autonomia (1476).

Nel 1479, dopo la morte di Scanderbeg, l’esercito ottomano riuscì infine a conquistare l’Albania, ma gli albanesi non si sottomisero e resistettero a lungo sulle loro montagne.

Con la pace di Costantinopoli (1479) Venezia cedeva alla Turchia le proprie isole nell’Egeo e s'impegnava a pagare un tributo annuo di 10.000 ducati; conservava tuttavia Creta e Corfù, e acquisiva il diritto di libero commercio in Turchia.

Nell’estate del 1480 Maometto II sbarcò nell’Italia meridionale con il proposito di conquistarla e devastò completamente la città di Otranto. Poco dopo egli morì.

Suo figlio Bayazid II (1481-1512) rinunciò al piano di conquista dell’Italia, pur continuando a lottare, ma senza successo, contro Venezia. Egli guerreggiò contro l’Ungheria, gli Asburgo d’Austria e l’Egitto. La Moldavia riconobbe la sovranità della Turchia, garantendosi una certa autonomia tramite trattative diplomatiche (1501).

Nel 1495 giunse a Costantinopoli la prima ambasciata russa. Il sultano permise ai mercanti russi di commerciare con la Turchia. In seguito, pur restando formalmente in pace con la Russia, la Turchia ottomana spinse sistematicamente contro di essa le orde del khan di Crimea.

La conquista ottomana ritardò lo sviluppo dei paesi balcanici sottomessi, che sotto il peso della grave oppressione diedero vita a una vasta lotta di resistenza ai conquistatori, mentre in tutto l’impero la politica antipopolare manifestatasi soprattutto con l’inasprirsi dello sfruttamento feudale, ebbe come conseguenza molte grandi rivolte dei contadini turchi e l’impoverimento dei nomadi nell’Asia Minore.

Note

(1) Il termine "Rûm" deriva dalla parola araba usata per indicare l'impero romano. I Selgiuchidi chiamarono le terre del loro sultanato "Rûm" perché fu realizzato su terre a lungo considerate romane o bizantine. Il Sultanato di Rûm (o Sultanato di Nicea o Sultanato di Iconio, dal nome delle due capitali succedutesi nel tempo), fu il primo impero turco d'Anatolia, creato dalla dinastia dei Selgiuchidi. Originariamente vassallo dell'impero selgiuchide dell'Iran, il sultanato gli sopravvisse, rimanendo quale entità autonoma fino all'invasione mongola. La dinastia durò dal 1077 al 1307.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015