- Gli studenti fuori sede dovevano affrontare notevoli spese
per il proprio mantenimento agli studi: innanzi tutto quelle per l'alloggio
(frequentemente erano gli stessi professori a fornire, dietro compenso, l'ospitalità in
base a contratti triennali a fitto bloccato) e il noleggio del banco; le tasse di
immatricolazione e gli onorari, "collecta", dovuti agli insegnanti; i diritti e
le imposte d'esame.
- Agli inizi del XIV sec., il Comune provvide a stipendiare i
docenti, ma non per questo il rapporto insegnamento/apprendimento fu improntato a
carattere di gratuità per gli scolari, in quanto essi erano pur sempre costretti a
ingraziarsi le simpatie dei maestri, mediante le "regalie", ossia abiti di
panno, berretti di vaio e guanti bianchi di capretto, specialmente in occasione degli
esami e soprattutto della laurea, che era conferita nella Cattedrale di S. Pietro.
|
|
|
- All'autorità ecclesiastica spettava infatti il compito di
controllare la preparazione dei laureandi e la loro condotta morale.
- Un esborso molto gravoso era rappresentato dall'acquisto o
dalla consultazione a prestito dei testi: un manoscritto giuridico, ad esempio, poteva
costare una cifra pari ad un quarto dello stipendio di un docente.
- Il mercato librario gravitante attorno all'ambiente degli
studenti era estremamente diversificato e complesso. Le specializzazioni relative a tale
settore comprendevano infatti i seguenti ruoli professionali: stazionari (possessori o
noleggiatori dei testi maggiormente usati); scriptores (o amanuenses; librarii
(confezionatori di libri); ligatores; extimatores; miniatori; cartolari o pergamentari
(addetti alla fornitura del materiale scrittorio).
|
- I Memoriali del comune bolognese ci forniscono un
interessantissimo repertorio di atti notarili, che riguardano i contratti stipulati tra
studenti e scriptores per la trascrizione dei testi didattici. Tra i nomi degli
amanuensi, compare anche quello di una donna, la "scrittrice" Antonia,
incaricata l'8 febbraio 1286 di glossare e scrivere "Aparatum continens totum
corpus Decretorum", per conto dello scolaro Libanorio da Monselice [nota 7].
- L'esame dei Memoriali consente altresì di seguire
alcuni episodi della vita di qualche studente in particolare, ad esempio Garzia di Pietro.
Questo discente spagnolo tra il 1267 e 1268 è un assiduo frequentatore delle case dei
notai, perché vende e acquista libri, contrae debiti ed è sollevato dalle pendenze
economiche che ha contratto mercé l'aiuto di un connazionale, Martino di Alfonso.
- Il 20 ottobre 1265, il legista Francesco d'Accursio rilascia
ad alcuni studenti spagnoli una quietanza relativa ad una somma di denaro prestata: il
tema del debito e la conseguente esigenza di reperire quattrini sembrano dunque essere i
motivi conduttori che contraddistinguono la permanenza dei giovani stranieri in Bologna.
- A tal proposito Boncompagno da Signa [nota
8] ci fornisce un prontuario di lettere "commoventi" che gli studenti a
caccia di soldi potevano scrivere ai propri parenti, allo scopo di spillare quattrini: de
subsidiis postulandis. Il repertorio comprende anche una missiva diretta ai fratelli,
dal tono piuttosto minatorio: lo studente ritornerà a casa e pretenderà la parte che gli
spetta dell'eredità paterna, se non gli sarà inviata la somma necessaria per pagare i
creditori e vivere decorosamente.
- Il modello universitario bolognese, fortemente determinato
dal potere decisionale dei discenti, fu imitato anche nelle università fondate in tempi
successivi, così a Salamanca. Gli statuti del 1422 comprovano infatti che rettore e
scolari amministravano l'università stessa e eleggevano i successori; pertanto dottori o
professori giuravano obbedienza al rettore delle università degli scolari. Dagli scolari
inoltre dipendeva la scelta stessa dei professori: anche questa era a pieno titolo una universitas
costruita dagli studenti.
- Nel caso di Bologna, lo studio della geografia studentesca,
che consente di stabilire l'area di provenienza degli scolari, ha anche l'obiettivo di
valutare i rapporti sociali tra stranieri e cittadini. Infatti la permanenza di discenti,
giovani uomini d'età compresa tra i venti e i trenta anni, favorì economicamente la
città, ma allo stesso tempo non mancò di originare gravi tensioni, ad esempio provocate
dal risentimento di mariti gelosi o di padri in allarme. Pertanto, tra il 1244 e il 1248,
per tutelare la sicurezza degli ospiti, le autorità civiche decretarono la messa al bando
degli uccisori e dei feritori degli scolari.
- Nonostante la normativa, in molti casi la tensione si
estrinsecò in risoluzioni tragiche. A tale proposito, l'episodio più famoso è
riassumibile nelle vicende ricollegabili alla Pietra della Pace, datata 1322 e
conservata presso il Museo Archeologico Medievale.
- La storia è narrata dal cronista Cherubino Ghirardacci:
"Era venuto allo Studio di Bologna un giovine di assai belle fattezze, e grato
aspetto, chiamato Giacomo da Valenza, il quale (come il più delle volte aviene de'
giovani, sendo assai più intento a piaceri, che agli studii) ritrovandosi un giorno ad
una festa, che nel tempio maggiore della città si celebrava, a caso gli venne fisso gli
occhi in una donzella di bellissimo aspetto, chiamata Costanza, figliuola di Franceschino
o Cecchino de'Zagnoni d'Argelà assai ricco cittadino, e nepote di Giovanni Andrea
famosissimo dottore di legge, e di lei si fieramente s'innamorò, che né giorno, o notte
ritrovava riposo al cuore, anzi vie più di hora, in hora cresceva il dolore, e questo
perché la giovine niente l'osservava, ma salda nella sua buona creanza ed honestà si
mostrava aliena del tutto, da questi amorosi inciampi [...]".
|
|
- Per riassumere, Giacomo rapì la fanciulla, la portò a casa
da un amico, non tenne in conto le proteste dello Zagnoni e non volle rendere al padre la
figliola. Anzi, fuggì con lei altrove, ma, rintracciato da alcune spie, fu catturato e
poi giustiziato. La decapitazione dello studente sollevò immediatamente il risentimento
degli altri scolari che, insieme con molti dei loro docenti, abbandonarono Bologna, per
recarsi a studiare a Imola e a Siena.
- Il danno economico per le attività cittadine, provocato
dalla secessione, apparve subito evidente, pertanto il Senato bolognese diede inizio ad
una opera di mediazione allo scopo di far ritornare studenti e dottori. Le condizioni
della riappacificazione comportarono il rilascio, senza ammenda pecuniaria, di molti
scolari condannati e detenuti in carcere e l'edificazione, in via d'Azeglio (attuale
n°57), della chiesa dedicata alla Madonna della Pace, che fu distrutta nel 1813.
- Presso il Museo Civico Medievale si conserva la cosiddetta
Pietra della Pace, precedentemente ricordata. L'anonimo lapicida, un maestro gravitante
nell'ambito della formazione romanico-padana, ma ormai sensibile nei confronti del lessico
toscano, dedica il dovuto ruolo di spicco alla figura centrale della Vergine con il
Bambino. La Madonna è effigiata secondo una iconografia programmatica: il mantello
dispiegato e le braccia protese alludono alla predisposizione protettiva e misericordiosa
della Madre nei confronti degli studenti inginocchiati ai Suoi piedi. Questa funzione
tutelatrice, evocata dall'immagine, simbolicamente costituisce la promessa da parte della culta
Bononia a qualificarsi, nei riguardi degli studenti, come mater studiorum.
- Nell'iscrizione epigrafica sottostante la parte figurativa,
sono ricordati i nomi dei rettori e la data [nota 9].
- Nel lapidario del Museo Civico Medievale, si può esaminare
un'altra testimonianza importante, per chiarire il clima rovente che contrassegnava
l'esistenza degli universitari. Si tratta della epigrafe a memoria di uno studente
ventunenne, Francesco Marchello da Rossiglione, ucciso da un proprio compagno la vigilia
di Natale del 1554.
- Tuttavia lo stato di tensione sociale, determinato dalla
presenza dei giovani stranieri, non pregiudicava troppo le risorse per il divertimento che
l'ambiente offriva in modo copioso: piazza, portici, taverna costituivano i luoghi ideali
per la vita sociale degli studenti, dediti a svaghi e a fare "castella in Hispania".
Gaudeamus igitur iuvenes dum sumus, uno dei canti compresi tra i Carmina Burana,
sembra essere il motto delle caterve giovanili dedite soprattutto al divertimento.
- Sono infatti pervenute sino a noi lettere di parenti che ci
attestano l'enorme disappunto provato nei confronti di giovanotti troppo impegnati a
frequentare allegre compagnie, per avere il tempo necessario da dedicare allo studio.
Così si rivolge un padre al proprio figlio: "Mi ha profondamente ferito il dolore di
sapere dalla voce pubblica, che poi molti mi hanno purtroppo confermato, che tu,
abbandonati gli studi letterari dai quali ci attendevamo soddisfazioni e onori, passi
turpemente le notti e i giorni nel postribolo con le meretrici" [nota
10].
- E alcuni parenti esprimono il loro rammarico con queste
parole: "Ci è stato riferito del tuo grande impegno ad affrontare contemporaneamente
il Codice e il Digesto, ma non quello di Giustiniano, ma di una sgualdrina, non degli
imperatori, ma delle meretrici. E che di mattina ti alzi, sul far del giorno, non per
andare regolarmente a scuola, ma nelle taverne ove ti metti a gustare vini raffinati e
poi, dopo abbondanti libagioni, ti fai preparare dall'oste pranzi succulenti. E così
giorno dopo giorno e notte dopo notte, consumi tutto il tempo nelle frivolezze, il che ci
rende mortalmente tristi perché constatiamo anche che tu hai perso ogni stima della
gente" [nota 11].
- Si tratta dunque di due lettere che tratteggiano aspetti
trivialmente gaudenti della città, al pari degli atti giudiziari in cui compaiono le
accuse dichiarate da studenti, vittime delle ruberie e dei raggiri di prostitute e lenoni.
- In Bologna, un provvedimento estremo, a tutela del decoro
cittadino, aveva invano tentato di confinare le meretrici in zone circoscritte rispetto al
quartiere universitario, precisamente nel "castelluccio", che sorgeva nell'area
ora occupata dall'Archiginnasio, e nella torre dei Catalani, in vicolo Spirito Santo.
- In Germania, tra il 1281 e il 1283, era stato addirittura
edito un poemetto, Occultus Erfordiensis, che descriveva le dissipatezze di uno
studente, divenuto esperto, proprio a Bologna, a proposito di ogni strategia truffaldina,
atta a risolvere brillantemente i processi.
- In altri casi l'immagine della città si connota altresì in
modo completamente diverso, assumendo dunque una valenza positiva, in relazione alla
personalità e alla morale dello studente. "Bononia olim, me adulescente, omnis
honestae letitiae templum erat" poté infatti scrivere Francesco Petrarca nel 1363
all'amico Guido Settimo, già compagno di studi [nota 12].
- Le parole dell'artista estrimono una visione indubbiamente
idilliaca, soprattutto perché legata al "tempo felice" della giovinezza.
L'immagine di città utopica è del resto smentita dalla serie di profezie e oroscopi che,
a pochi anni di distanza dal testo petrarchesco, furono rese note e divulgate tra maestri
e studenti delle scuole di Porta Nova. Nel 1388 la profezia riguardò addirittura lo
Studio, decretandone la decadenza: "Bononia studium perdet" [nota
13]. Testimonianza di una cultura dell'angoscia dedita all' occulto che, nelle
dissonanze planetarie, identifica gli indizi negativi per elucubrazioni rispecchianti un
immaginario sociale periodicamente in stato di allarme.
|
|
NOTE
7. Chartularium Studii Bononiensis, a cura di
G.Zaccagnini, Bologna presso l'Istituto per la Storia dell'Università di Bologna, Bologna
1931.
8. Boncompagno da Signa. Testi riguardanti la
vita degli studenti a Bologna nel sec.XIII, a cura di V.Pini, in
"Quadrivium", Bologna 1968.
9. AD M.III.XXII DIE II MARCII ICPTU E ULTIO APLIS
PFCM FUIT P RECOCILIAOE STUDII. / H ECCE OP SUB REGIE NOILLIU VIROUM DNOU BTHOLOMEI LABTI
D CIPRO CAN FAMAG ULTRAMON E BNADI / CATENACII CAN S.ANTONII DPLAC CITRAMON / RECTOR E
SCULPTOR H IIII SAPIENTUM.
10. Lettera tratta dal testo di G.VECCHI, Indirizzi,
programmi, sermoni e ritmi di maestri delle "artes" a Bologna nel sec.XIII,
in "Quadrivium", XVI (1975).
11. G.Vecchi, op. cit. .
12. a Bologna, di cui non credo per le diverse
terre essere stata mai città né più libera né più gioconda. Ricordalo, amico mio,
quanto ivi era l'ordine, la vigilanza, la maestà dei professori!... Io andavo attorno con
i giovanetti miei compagni. Nel dì delle feste a frotte si scorreva lungi dall'abitato,
sicché spesso ci mancava il giorno nel mezzo della campagna. Sotto la cupa notte si
faceva ritorno e spalancata trovavasi la città. Che se per caso era serrata, egli era
nulla, perché la città non aveva allora muraglia, ma un fragile steccato tutto logoro
per vecchiezza difendeva quell'intrepida gente". (FRANCESCO PETRARCA, Seniles,
a cura di G.Fracassetti, Firenze 1870)
13. PIETRO di MATTIOLO, Cronaca bolognese, a
cura di C.Ricci, G.Romagnoli, Bologna 1885.