STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


I VANTAGGI DEL CAPITALISMO

Mercanti medievali

Gli storici devono cominciare a chiedersi se i vantaggi ottenuti con lo sviluppo della società borghese, subito dopo il crollo del feudalesimo, potevano essere considerati sufficienti a legittimare la necessità di una definitiva transizione, ovvero se gli svantaggi correlati a questa transizione non furono così grandi da escludere l'idea che non vi fosse un'altra soluzione alla crisi del feudalesimo.

In effetti, oggi appare sempre più chiaro che il capitalismo non è che una variante dello schiavismo (così come d'altra parte lo era il servaggio): le differenze sono più formali (cioè giuspolitiche) che sostanziali (cioè socioeconomiche). La differenza tra capitalismo e feudalesimo sta nei mezzi materiali con cui si cerca di alimentare un'illusione di libertà. Nel feudalesimo la libertà dipendeva da una ricchezza che si acquisiva per nascita: solo a partire dalla crociate gli esclusi da qualunque forma di eredità (ad es. i cadetti), cercarono di far fortuna con la rapina e il saccheggio.

Ricchezza e libertà coincidono sia nello schiavismo che nel servaggio e nel capitalismo: nel primo caso il metro di misura è il numero degli schiavi che si possiede (ma si conosceva anche la ricchezza fondiaria e quella commerciale); nel secondo caso il metro di misura è la terra; nel terzo è il capitale.

Il capitalismo, aumentando l'illusione della libertà, è stato, dal punto di vista dell'onestà intellettuale, un regresso rispetto allo schiavismo romano, dove l'illusione era minima. Il capitalismo non ha fatto che accentuare al massimo l'illusione religiosa ch'era tipica del servaggio, sostituendo il "dio trino" col "dio quattrino". Senza contare il fatto che il capitalismo, per sopravvivere, ha necessariamente bisogno di colonie da sfruttare, mentre il feudalesimo si limitava a uno sfruttamento del lavoro interno al feudo (anche se già a partire dalle crociate s'è andato sviluppando uno sfruttamento coloniale, tipicamente borghese, del lavoro esterno al feudo). Da ultimo bisogna tener conto che il capitalismo, per alimentare le proprie illusioni, ha bisogno di usare strumenti imponenti e sofisticati, che comportano una notevole distruzione ambientale (e su scala planetaria).

Il marxismo da sempre ha detto che il capitalismo sarebbe stato l'ultima illusione. La storia però ha dimostrato che ne può esistere un'altra ancora più sofisticata (sul piano politico-ideologico): quella del socialismo amministrato, di Stato (che è una riedizione del servaggio, e che oggi si trova ancora in Cina).

Dobbiamo in sostanza chiederci che possibilità aveva il capitalismo di svilupparsi senza il colonialismo (iniziato praticamente con le crociate, cioè con un'ideologia religiosa -quella cattolica- ben marcata). E' forse giusto esaltare gli aspetti antifeudali del capitalismo, quando, per affermare tali aspetti, esso ha avuto bisogno di inaugurare nuove forme di sfruttamento e di oppressione (su larga scala)? I progressi conseguiti sul piano tecnico, materiale, scientifico sono sufficienti per giustificare il superamento del feudalesimo? E' possibile cioè che dal servaggio, attraverso la lotta politica, non si potesse passare a un'altra forma di società civile, realmente democratica?

Perché nell'Europa orientale è potuta avvenire la transizione dal feudalesimo al socialismo (seppure di Stato), senza passare per il capitalismo? La risposta, probabilmente, va cercata nello sviluppo diverso delle tre ideologie religiose: cattolica, protestante e ortodossa, o comunque nel diverso tipo d'influenza che queste ideologie hanno esercitato sui rapporti sociali. Non a caso l'inizio dei rapporti borghesi è avvenuto in Europa occidentale, quando si era definitivamente consumata la rottura tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso. Solo che lo sviluppo di tali rapporti ha trovato la sua maggiore coerenza nell'area protestantica non in quella cattolica. La chiesa romana, infatti, essendo eminentemente politica, non tollera che si formi al proprio interno una classe che in nome del capitale possa minacciarne il potere. La chiesa romana è una chiesa feudale il cui potere economico è sostanzialmente legato alla terra.

L'ideologia cattolica non favorisce di per sé i rapporti borghesi, ma non ha neppure in sé la forza (morale) per escludere tale evoluzione: essa cerca solo di usare la forza politica per opporsi alla borghesia, ma questo ha potuto farlo in Italia sino all'unificazione nazionale, in Francia sino alla Rivoluzione dell'89, ecc. La capacità di opporsi idealmente al capitalismo è diminuita, nel cattolicesimo, in misura proporzionale al suo distacco dall'ortodossia. Il protestantesimo, dal canto suo, ha potuto perorare al 100% la causa della borghesia perché, rompendo col cattolicesimo, ha evitato di ricollegarsi all'ortodossia (infatti ha eliminato il concetto di "tradizione"). E così oggi è solo la chiesa cattolica che ancora s'illude di poter realizzare sul piano politico una "terza via" tra socialismo e capitalismo. Né l'ortodossia, né, per motivi diversi, il protestantesimo si sono mai preoccupati di questa cosa.

Nei Paesi protestanti, sul piano etico, si sono realizzati dei rapporti umani individualistici e cinici, perché basati sul denaro; nei Paesi cattolici ancora ci si illude (sempre meno in verità) che l'ideologia religiosa abbia in sé il potere d'impedire che si formino dei rapporti del genere. Il persistere di concetti come "Stato assistenziale" o "garantista", "capitalismo popolare" ecc. sono appunto il frutto di questa illusione.

In Italia le forze conservatrici, che da mezzo secolo stanno al potere (e che dicono d'ispirarsi al cattolicesimo e che fino a qualche tempo fa s'illudevano di poter "umanizzare" il capitalismo), si sono sempre meravigliate, lamentandosene, della grande forza (almeno sul piano quantitativo) delle masse comuniste. In realtà, tale forza trovava la sua ragion d'essere proprio nella presenza autorevole, nel nostro Paese, del cattolicesimo, il quale, nonostante i suoi dualismi, ha saputo trasmettere, per un certo periodo di tempo, l'esigenza di un ideale di giustizia anche in quei soggetti usciti dalla chiesa cattolica. Paradossalmente, proprio l'affermazione del socialismo avrebbe permesso agli ideali del cattolicesimo di sopravvivere meglio (seppure ovviamente in forma laicizzata).

Tuttavia, la chiesa cattolica non ha mai accettato questa soluzione (almeno in Occidente), proprio perché è una chiesa sostanzialmente legata al potere politico: essa ha sempre preferito considerare come suo principale nemico il comunismo invece del capitalismo. Salvo poi lamentarsi, con ipocrisia, che dopo il crollo degli ideali comunisti non s'intravede più in Occidente una forza che lotti politicamente per la giustizia. Viceversa nel Terzo mondo, quella parte di chiesa cattolica slegata dal potere istituzionale ha preferito mettersi in rapporto con le ideologie socialiste.

E' curioso che il crollo "storico" del socialismo stia trascinando con sé anche quello "ideale" del cattolicesimo. Tuttavia il vero crollo "storico" del cattolicesimo avverrà soltanto quando il socialismo avrà realizzato gli ideali della democrazia sociale e dell'umanesimo integrale. Prima di allora il destino del cattolicesimo occidentale sarà sempre più quello di trasformarsi, all'ovest, in un'ideologia analoga a quella protestantica (con qualche settore interessato all'ortodossia), e al sud in un'ideologia legata agli ambienti di sinistra.

Mercantilismo e chiesa romana

Poiché il capitalismo commerciale è la prima forma di mercantilismo apparsa agli albori del Basso Medioevo, dobbiamo necessariamente accettare l'idea che il cattolicesimo-romano abbia contribuito non poco alla sua nascita, ed è anzi probabile che nelle Fiandre sia avvenuto il medesimo fenomeno proprio perché qui dominava un cattolicesimo (quello di origine spagnola) che permetteva ai mercanti (anche italiani) di agire indisturbati.

Ma se le cose stanno così è riduttivo sostenere - come fa O. Capitani, nella sua Etica economica medievale - che detta "etica" fu gestita dalla chiesa in maniera "concessiva", cioè tendendo progressivamente a cedere spazi di manovra sempre più ampi ai ceti affaristici. Le spinte borghesi non stavano emergendo ad extra della chiesa, cioè al di fuori delle sue concezioni e stili di vita.

Quell'etica economica fu in realtà il risultato di un modus vivendi cattolico, che la chiesa assunse ab intra, mirante a rompere i legami non solo col potere agrario dei grandi feudatari laici (rivali della chiesa proprio in quanto latifondisti) e non solo col potere politico dei sovrani (che non vedevano di buon occhio lo sviluppo autonomo dei Comuni e l'autonomia politica del papato), ma anche con le tradizioni comunitarie del mondo contadino, in quanto si tendeva a favorire la figura agiata e individualistica del mercante, che avrebbe permesso alla stessa chiesa di arricchirsi e di acquisire maggiore potere (almeno così ad essa sembrava, mentre concedeva al borghese il privilegio di muoversi con relativa autonomia).

Cioè da un lato lo sviluppo del mercantilismo fu una conseguenza della corruzione del clero (nel senso che il clero non aveva più armi di tipo etico per opporvisi, anzi sul piano teologico, con la riscoperta dell'aristotelismo, tendeva a giustificare il processo); dall'altro invece la chiesa s'illuse di poter controllare politicamente quello sviluppo, accentuando enormemente le proprie ambizioni teocratiche sul piano politico.

Diminuendo enormemente il prestigio dell'imperatore, nel corso della lotta per le investiture, il papato era assolutamente convinto di poter dominare anche lo sviluppo del capitalismo commerciale e manifatturiero, ma proprio la formazione delle monarchie nazionali infranse questo sogno assurdo. Che poi tanto assurdo non fu, in quanto, grazie all'appoggio della Spagna, poté portarlo avanti in Italia sino all'unificazione nazionale.

In ogni caso sarebbe bene precisare, sul piano storiografico, che lo sviluppo di rapporti commerciali di tipo borghese, in cui il denaro diventa equivalente universale per tutti gli scambi e quindi anche, sul piano etico, per attribuire un valore alle relazioni umane, fu una conseguenza indiretta di un mutamento di mentalità (in cui giocò un ruolo fondamentale la corruzione del clero cattolico) che avvenne sostanzialmente alla fine dell'Alto Medioevo, ma il cui processo evidentemente era iniziato molto tempo prima, già in occasione dei ripetuti tentativi del papato di rompere i rapporti con la chiesa bizantina.

La conseguenza fu "indiretta" proprio perché non si poteva prevedere quale evoluzione avrebbe avuto la nascita e lo sviluppo della borghesia. Viceversa, mezzo millennio dopo, la riforma protestante si porrà chiaramente a favore dello sviluppo borghese.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015