STORIA MODERNA
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L'AFFARE DREYFUS (1894-1906) La drammatica vicenda del capitano d'artiglieria dell'esercito francese,
Alfred Dreyfus, ebbe inizio nel 1894, con la scoperta di un biglietto anonimo
e non datato (bordereau) in cui un ufficiale di stato maggiore francese
comunicava a M. von Schwartzkoppen, addetto militare dell'ambasciata tedesca
di Parigi, un elenco di documenti da inviare, relativi all'organizzazione
militare francese. L'elenco era stato trovato, in mille pezzi, dentro il
cestino della carta straccia da Marie Bastian, una donna delle pulizie in
servizio presso l'ambasciata tedesca (in realtà agente del controspionaggio
francese). La donna fece pervenire il biglietto al maggiore H.J. Henry. Il 13
ottobre 1894 fu arrestato il trentacinquenne Dreyfus. Sembrava una comune
vicenda di spionaggio. In realtà la vicenda sarebbe durata ben 12 anni. La scoperta non giunse inaspettata: nei ranghi dell'esercito francese
echeggiava con insistenza, fin dal 1870, la parola "tradimento", con
cui si cercava di spiegare la sconfitta subìta a Sédan nella guerra contro
la Prussia e la crisi boulangista degli anni 1886-89. La Francia era in
pessimi rapporti non solo con la Germania e tutto l'impero austro-ungarico,
ma, a causa delle contrapposte politiche coloniali afroasiatiche, anche con
l'Italia e con l'Inghilterra. Nel 1882 era fallito l'Istituto di credito
cattolico Union Générale e dieci anni dopo i piccoli risparmiatori erano
stati inoltre rovinati dal fallimento della Compagni che doveva gestire il
Canale di Panama. Nel 1886 era apparso il libro antisemita di E. Drumon, La
France juive, che con la sua equazione "ebreo=traditore per
definizione", ebbe un gran successo. Nei primi anni '90 si era
radicalizzato il nazionalismo in chiave aggressiva, nei confronti dei
lavoratori stranieri immigrati (in particolar modo gli italiani, presenti in
gran numero nella Francia meridionale: sanguinosi episodi vi furono nel 1893
ad Aigues-Mortes e a Lione nel '94). Ovviamente non si poteva pensare di trovare un "traditore" tra
gli ufficiali dello stato maggiore, ch'era una casta rigidamente selezionata
(di origine prevalentemente nobiliare). Si pensò quindi che il
"colpevole" potesse annidarsi fra i giovani ufficiali che svolgevano
il loro tirocinio presso lo stato maggiore e fra questi spiccò subito un nome
che nobile non era, ma suonava piuttosto come ebreo e come tedesco: Alfred
Dreyfus (egli infatti era di origine alsaziana). Dei cinque esperti calligrafi chiamati a consulto dallo stesso ministro
della guerra, Mercier, che aveva affidato le indagini al maggiore d'Omerscheville,
solo tre si dichiararono favorevoli a riconoscere in Dreyfus l'autore
dell'elenco. Ciononostante, a conclusione dell'inchiesta si ritenne che le
prove fossero sufficienti per portare Dreyfus davanti alla Corte marziale con
l'accusa di alto tradimento. Le alte gerarchie, il presidente della
Repubblica, Casimir Périer (succeduto a Sadi Carnot, assassinato da un
anarchico il 24 giugno precedente) e un'opinione pubblica infettata da idee
xenofobe e acceso nazionalismo, spingevano a fare di Dreyfus il colpevole. Il 31 ottobre la notizia dell'arresto venne diffusa dai giornali francesi.
Il processo militare si svolge a porte chiuse fra il 19 e il 22 dicembre: il
governo si giustifica dicendo che non vuol far conoscere i documenti venduti
né le nazioni acquirenti. La stampa è tutta favorevole a una condanna
esemplare: in molti giornali sono apparse notizie secondo cui Dreyfus era
sommerso da debiti di gioco, che fu incitato al tradimento dalla sua amante (Dreyfus
era sposato e padre di due figli), che la situazione dei Dreyfus avrebbe
dovuto essere molto critica dopo il rifiuto da parte della compagnia di
assicurazione di coprire le spese del danno causato dall'incendio della loro
fabbrica di Mulhouse, ma che in realtà essi si erano ripresi grazie al
governatore di Strasburgo. Fu inoltre trovato nella Senna il cadavere di un
impiegato di uno stabilimento militare che aveva nelle tasche l'indirizzo di
Dreyfus, per cui si supponeva fosse suo complice. La stampa di destra inoltre
sosteneva che non si sarebbe potuto assolvere Dreyfus senza sconfessare il
ministro della guerra e lo Stato maggiore in un momento in cui la Francia era
minacciata dalla Triplice Alleanza e dalla rivalità coloniale con
l'Inghilterra. Il Consiglio di guerra, presieduto dal colonnello Maurel e composto da
sette giudici emette all'unanimità un verdetto di colpevolezza e condanna
l'ufficiale alla degradazione e alla deportazione perpetua in una fortezza
della Nuova Caledonia (Guyana). La stampa pensò che non fu comminata la pena
di morte sia perché essa era stata abolita per i delitti politici nel 1848,
sia perché il tradimento non era stato commesso in tempo di guerra. Le uniche
due prove esibite furono il suddetto biglietto e un dossier segreto, di cui
non era a conoscenza né Dreyfus né la sua difesa; dell'esistenza di questo
dossier si verrà a conoscenza solo al momento dello scoppio dell'affaire
vero e proprio e sarà uno degli elementi fondamentali sui quali si baserà la
difesa di Dreyfus per richiedere la revisione del processo. D'altra parte
interrogatori e perquisizioni non avevano portato ad alcun risultato; per di
più mancava un valido movente: figlio di un industriale alsaziano che aveva
optato per la nazionalità francese nel 1871, Dreyfus era ricco (apparteneva
alla borghesia ebraica di recente crescita sociale), patriota (aveva scelto la
carriera militare proprio per riscattare l'Alsazia allora occupata dai
tedeschi) e benpensante (credeva nei valori della giovane repubblica, tra cui
quello del laicismo. Si era laureato al Politecnico). La cerimonia di degradazione ha luogo il 5 gennaio 1895, all'interno del
cortile della Scuola Militare: a Dreyfus vengono strappati i gradi e spezzata
la spada di ordinanza. Egli si proclama innocente e patriota. La folla che
assisteva fuori del cortile e che ha sempre gridato: "Morte al
traditore", appena egli uscì sotto scorta lo prese a bastonate, pugni e
calci e solo con grande fatica la scorta riuscì a evitargli il linciaggio e a
farlo partire per l'isola del Diavolo, al largo della costa della Caienna .
Dreyfus dichiarò al direttore delle carceri dell'isola che se entro tre anni
non si fosse riconosciuta la sua innocenza avrebbe preferito suicidarsi.
Nell'isola fu proibito l'accesso a chiunque e Dreyfus veniva sorvegliato
giorno e notte: non gli venne imposto alcun lavoro ma gli fu negata la
possibilità di scrivere qualunque cosa. Il 18 gennaio si dimette improvvisamente il presidente della Repubblica,
Périer, con la motivazione che non riesce più a sopportare la campagna di
diffamazione e ingiurie contro l'esercito, la magistratura, il Parlamento e
lui stesso. Lo sostituisce Felix Faure (repubblicano moderato), eletto coi
voti della destra. Subito dopo la deportazione, la moglie e il fratello di Dreyfus, con
l'aiuto dello scrittore ebreo Bernard Lazare, si mobilitano per cercare di
riaprire il processo. Tuttavia, nazionalisti e socialisti erano concordi nel
ritenere che Dreyfus avrebbe meritato la pena di morte e gli stessi ambienti
israeliti non gradivano la riapertura di un caso che gettava ombra sulla loro
onorabilità. Grande incertezza regna nelle file del partito operaio. La linea
di tendenza dominante è quella di considerare il caso come un conflitto
interno alla borghesia. Anche personalità socialiste indipendenti, come p.es.
J. Jaurès, denunciano in Parlamento l'eccessiva indulgenza del tribunale
militare che avrebbe dovuto comminare la pena di morte. Intanto nel luglio 1895 il tenente colonnello Georges Picquart subentra al
colonnello Sandherr a capo dei Servizio Informazioni dello Stato maggiore e
scopre nel marzo del '96 che l'ambasciata tedesca era da tempo in contatto col
maggiore M. Ch. Walsin-Esterhazy, un nobile di origine ungherese, giocatore
pieno e debiti e spesso invischiato in affari loschi. Il rapporto di una
agente francese a Berlino asseriva che i servizi segreti tedeschi non sapevano
nulla circa il capitano Dreyfus e che il loro informatore era un maggiore
dell'esercito, nobile e decorato. Il servizio intercetta frammenti di un
telegramma che, ricostruito, diventa una comunicazione riservata dell'addetto
militare tedesco Schwartzkoppen al maggiore Esterhazy. Picquart riesce anche
ad avere la certezza che la calligrafia del bordereau è la stessa di
Esterhazy. Decide dunque, nonostante le resistenze dei vertici militari
(soprattutto del colonnello Henry, che produsse anche dei documenti falsi) e
del ministro della guerra Billot, di riaprire il dossier Dreyfus. Il 3 settembre 1896 Mathieu Dreyfus diffonde, attraverso un quotidiano
londinese, la falsa notizia della fuga del fratello, per suscitare nuovamente
l'attenzione della stampa sul caso. Il 14 infatti "L'Eclair" afferma
che Dreyfus sarebbe stato condannato sulla base di documenti segreti. Scendono
nuovamente in campo i nazionalisti (Drumont, Rochefort…) per denunciare le
trame del cd. "sindacato ebraico". Il Parlamento, con soli cinque
voti contrari, respinge la domanda di revisione del processo avanzata dalla
moglie Lucie e dal fratello di Dreyfus. Il ministro della Giustizia dispone
che di notte il prigioniero sia legato a un letto di contenzione. L'unico a
non arrendersi è l'anziano vicepresidente del Senato A. Scheurer-Kestner, che
conosceva le scoperte di Picquart. Dal canto suo Esterhazy chiede di essere
giudicato da un tribunale militare per fugare ogni sospetto su di lui. Il 6
novembre 1896 Lazare pubblica a Bruxelles, poi a Parigi, un pamphlet in
cui ricostruisce l'incredibile vicenda giudiziaria. Il 10 novembre due giornali conservatori, "Le Matin" e "L'éclair"
pubblicano un facsimile del bordereau, nonché alcuni documenti del
dossier segreto, pensando di chiudere definitivamente il caso; in realtà
ottengono l'effetto contrario, poiché risulta evidente la differenza della
calligrafia con quella di Dreyfus. Infatti alcuni intellettuali cominciano a
prendere le sue difese: il filosofo Lucien Herr, gli storici Albert Mathiez,
Paul Mantoux e Leon Blum, i sociologi Lévy-Bruhl e Durkheim, il politologo
Sorel, l'economista Simiand, letterati quali Charles Peguy, Marcel Proust,
Anatole France, Sarah Bernhardt, A. Gide, pittori come Monet, Pissarro,
Toulouse-Lautrec, Signac… Violenta diventa la campagna di stampa
antidreyfusarda: quotidiani come "L'Intransigeant" e la "Libre
Parole" per almeno tre anni attaccheranno duramente gli ebrei, i
democratici, i socialisti… L'ostile campagna lanciata contro gli ufficiali
ebrei provocherà anche molti duelli tra i militari. Il 16 il generale Boisdeffre allontana Picquart da Parigi col pretesto
d'una missione in Algeria e in Tunisia, in territori infestati da tribù
ribelli. Ma nel giugno del '97 in congedo a Parigi, Picquart rivela all'amico
e avvocato L. Leblois i suoi sospetti su Esterhazy; Leblois a sua volta
informa della cosa il vicepresidente del Senato, Scheurer-Kestner, che ottiene
il 29 ottobre d'essere ricevuto dal presidente della Repubblica Faure. Il 15
novembre il fratello di Dreyfus invia una lettera al ministro della guerra
accusando esplicitamente Esterhazy d'essere l'autore del bordereau. Il
4 dicembre di fronte alle Camere riunite il primo ministro Méline dichiara
che "non esiste alcun affaire Dreyfus". Infatti il 10-11
gennaio 1898 Esterhazy viene assolto con formula piena e diventa l'eroe del
momento. LA SVOLTA Una svolta improvvisa, assolutamente inaspettata, per la destra, al corso
degli avvenimenti, fu causata dal pamphlet J'accuse di Emile Zola. In
realtà sin dal 16 maggio 1896 Zola aveva cominciato a pubblicare su "Le
Figaro" degli articoli in difesa della questione ebraica. P.es. in quello
intitolato Per gli ebrei, pur senza citare Dreyfus, egli si era
energicamente opposto alle tesi antisemite di E. Dumont che costantemente
venivano pubblicate sul giornale "La Libre Parole". Verso la fine
del '96 Zola si era incontrato con Lazare, che aveva appena pubblicato il suo
pamphlet, e nel '97 aveva incontrato gli avvocati di Dreyfus e di Picquart,
nonché il vicepresidente del Senato Scheurer-Kestner. Il 25 novembre 1897
aveva preso le difese di quest'ultimo con un articolo su "Le
Figaro". Zola in realtà aveva scritto molti articoli prima di quello
famoso che determinò la svolta. Gli ultimi erano stati due opuscoli, Lettera
alla gioventù e Lettera alla Francia, con cui esortava i giovani
francesi a battersi per la verità e la giustizia. Tuttavia con nessuno di
essi era riuscito a smuovere veramente le acque. Fu allora che capì d'aver
sbagliato strategia e che doveva decidersi per un attacco diretto contro la
gerarchia militare e politica, citando nomi e cognomi. Fu la sfrontatezza del processo Esterhazy a spingerlo nella decisione
d'inviare il 13 gennaio 1898 a "L'Aurore" (il giornale di Clemenceau)
una lettera aperta al presidente della Repubblica, al fine di dimostrare
l'innocenza di Dreyfus. Il celebre J'accuse rimase un pamphlet unico in
tutta la letteratura polemica del XIX secolo: non si era mai visto un coraggio
del genere. L'affaire Dreyfus nasceva praticamente con quell'articolo.
Nello stesso giorno Jaurès, convintosi dell'innocenza di Dreyfus, aveva
pronunciato in Parlamento un atto di accusa contro il governo. Viceversa il partito operaio guidato da Jules Guesde resta ancora neutrale
e non sa cogliere le contraddizioni interne alla borghesia, né l'importanza
di sfruttare tali contraddizioni per conquistarsi il consenso delle masse.
Anche la neutralità della Confederazione generale del lavoro contribuisce ad
allontanare ampi settori della classe operaia dalla battaglia innocentista.
Della forte stampa repubblicana solo alcuni quotidiani, come "La
Lanterne", "Pétite République", "Le Siècle",
"Le Figaro", "Le Rappel" e altri minori appoggiano la
causa dreyfusarda. Molti dirigenti repubblicani temono che eventuali
rivelazioni relative alla manipolazione delle prove contro Dreyfus possano
travolgere il governo repubblicano e riportare al potere la destra monarchica
e orleanista. Non sono inoltre esclusi i pregiudizi antisemiti. E comunque il
15 gennaio viene reso pubblico il primo appello di intellettuali e uomini di
cultura che chiedono la revisione del processo. Il 17-18 gennaio si scatenano manifestazioni antisemite (con tanto di
saccheggi) nelle province francesi e in Algeria (pogrom). Il giorno dopo il
quotidiano "Le Siècle" inizia la pubblicazione delle Lettere di
un innocente di Dreyfus. Il potere politico-militare non vuole dare la
sensazione di debolezza evitando di perseguire Zola, però teme di offrire una
tribuna ai dreyfusardi. Dal 7 al 23 febbraio si svolge il processo a carico di
Zola, che viene condannato (insieme al direttore dell'"Aurore") per
vilipendio delle forze armate al massimo della pena: un anno di carcere e a
una multa di 3.000 franchi. La sentenza fece scalpore all'estero ma venne
applaudita dai parigini e dal Parlamento. La nazione tende ormai a spaccarsi in due schieramenti contrapposti: gli
ambienti anticlericali, i liberi pensatori, la borghesia radicale appoggia la
causa di Dreyfus (i socialisti restano neutrali), poi vi è un piccolo gruppo
raccolto nel "Comitato cattolico per la difesa del diritto",
capeggiato da Ch. Peguy e Paul Viollet. La "Lega dei patrioti" e la
"Lega per la difesa dei diritti dell'uomo" esercitano una certa
influenza sui professori e sugli studenti dell'Istituto Pasteur, del Collegio
di Francia e della Scuola di alti studi. In campo opposto erano allineati ambienti militaristi e nazionalisti,
legittimisti (monarchici), alti gradi della magistratura e congregazioni
cattoliche. Le due leghe più importanti sono quella della "Patria
francese" (con oltre 100.000 aderenti) e quella "antisemitica"
di Henri Drumont. Professori e studenti universitari della Sorbona (salvo la
facoltà di lettere e alcune facoltà scientifiche) sono schierati a
maggioranza contro la revisione del processo. Tra i cattolici, importanti
scrittori come Alphonse Daudet, Maurice Barrès, Charles Maurras, Paul Valery
sono antidreyfusardi. Vi si trovano anche i nomi di Jules Verne e F. Mistral,
di Renoir, Cèzanne e Degas. Così pure quotidiani di larga tiratura come
"La Croix" (dei padri agostiniani) e "Le Pélerin". Il
più significativo prodotto dell'affaire, in campo
cattolico-conservatore, fu l'Action française, il movimento sorto nel
1899 intorno all'omonima rivista di Charles Maurras, la cui adesione alle idee
di Nietzsche sfociava in una concezione del cattolicesimo come prodotto della
civiltà occidentale, depurato dagli elementi originali del
giudaismo-cristiano. Il 2 aprile 1898 viene annullato, per vizi procedurali, il verdetto del
processo a carico di Zola, il quale ritorna in tribunale il 18 luglio, e, dopo
aver annunciato la propria contumacia, abbandona l'udienza. Gli viene inflitta
la stessa pena e Zola esilia a Londra. Dieci giorni prima il ministro della
Guerra, Cavaignac, aveva ribadito alle Camere la colpevolezza di Dreyfus,
confermando la presenza di un dossier segreto. In risposta a un'interpellanza
parlamentare, è costretto a dare lettura integrale dei documenti del dossier.
L'evidenza del falso fabbricato dal colonnello Henry non tarda a rivelarsi. Il
12 luglio era già stato arrestato Esterhazy per truffa e radiato
dall'esercito. Anche Picquart viene arrestato per aver divulgato dei documenti
riservati e per aver fabbricato documenti per accusare Esterhazy.
Scheurer-Kestner invece viene privato della sua carica parlamentare. Alla fine
dell'agosto Cavaignac è costretto ad arrestare il colonnello Henry,
successore di Picquart nei Servizi d'Informazione: egli confessa le sue
responsabilità e il giorno dopo si uccide in carcere. Esterhazy fugge in
Inghilterra. Viene arrestato Du Paty de Clam che aveva collaborato con Henry a
produrre il falso dossier e a incriminare Dreyfus. Cavaignac decide di
dimettersi. Alla fine dell'ottobre la Corte di cassazione accoglie la
richiesta di revisione del processo a carico di Dreyfus. Nell'agosto Jaurès
pubblica sulla "Petite république" una serie di articoli intitolati
La prova dell'innocenza di Dreyfus. La destra di spaventa. Maurras afferma che per la Francia minacciata da
nemici interni ed esterni, l'esercito era l'estrema garanzia di sopravvivenza.
Quindi i dreyfusardi diventavano pericolosi proprio se Dreyfus era innocente,
perché rischiavano di demolire il prestigio delle forze armate. I
nazionalisti Déroulède e Guérin approfittano dell'improvvisa morte del
presidente della Repubblica, Faure (16 febbraio 1899), sostituito il 18 da
Loubet, per tentare un colpo di stato, incitando le truppe del generale Roget
a marciare sull'Eliseo, ma il generale rifiuta. Il 3 giugno in un'intervista a
"Le Matin" Esterhazy confessa di essere l'autore del bordereau,
aggiungendo però che si trattava di un'esca predisposta dai servizi segreti
francesi per scoprire la centrale dello spionaggio tedesco. (Nel 1930 la
pubblicazione postuma delle memorie di Schwartzkoppen confermerà che i
documenti militari segreti gli erano stati consegnati a più riprese da
Esterhazy, il quale, a causa di rovesci finanziari, aveva impellente
necessità di denaro. Tuttavia l'addetto militare tedesco affermò di non aver
mai ricevuto il bordereau. È dunque probabile che la vera spia fosse
proprio il colonnello Henry, che, non potendo occultare il bordereau,
intercettato da qualche suo agente, affermò di averlo rinvenuto nel famoso
cestino dell'ambasciata tedesca. Esterhazy dunque non era che un uomo di
paglia dello stesso Henry, e non è escluso che questi coprisse un alto
generale francese. Ciò comunque significa che l'affare Dreyfus non sarebbe
mai stato, neppure alle origini, un errore giudiziario, ma una macchinazione
ordita per trovare un capro espiatorio). Nel luglio del '99 Dreyfus viene rimpatriato, ma la situazione è ancora
critica. Il presidente Loubet ha subìto il 4 giugno un attentato monarchico
(fu colpito da un bastone); il fronte antidreyfusardo ha intenzione di
linciare lo stesso Dreyfus, che per questa ragione viene nuovamente rinchiuso
in carcere. Ora finalmente gli operai scendono in piazza e il Parlamento si
sposta progressivamente a sinistra. Zola intanto è tornato in Francia. Nasce
assai presto il governo di "difesa repubblicana" guidato da
Waldeck-Rousseau: è la prima volta che si forma un governo di sinistra (gambettiani,
moderati radicali e socialisti). Questo governo sottrae allo stato maggiore la
nomina dei generali. Il 7 agosto 1899 inizia il secondo processo a Dreyfus. Rennes, la cittadina
bretone, fu invasa dai giornalisti di tutto il mondo: all'estero l'innocenza
dell'imputato era un fatto scontato. La scelta di essere nuovamente giudicato
dalla giustizia militare viene sostenuta dalla stessa famiglia Dreyfus, che
vuole la piena riabilitazione nell'esercito. Tuttavia i generali sostennero
che c'erano prove così segrete che non si potevano esibire, poiché
contenevano un'annotazione dell'imperatore Guglielmo II. Ora, accusare il
Kaiser di aver personalmente commissionato azioni di spionaggio, equivaleva a
una dichiarazione di guerra. Ecco perché il tribunale di guerra (5 giudici
contro 2) dichiarò nuovamente colpevole Dreyfus di tradimento, anche se gli
riconobbe le circostanze attenuanti e lo condannò a 10 anni di lavori
forzati. L'indignazione scoppiò in tutto il mondo con manifestazioni davanti
alle ambasciate francesi. Il 19 settembre il presidente Loubet concede la
grazia a Dreyfus, che però gli è concessa solo per gli anni che gli restano
da scontare dopo la doppia condanna e che è vincolata alla rinuncia, da parte
sua, a fare ricorso contro la seconda sentenza. Nel dicembre del 1900 viene approvata una legge di amnistia per tutti i
reati commessi in relazione all'Affaire. Zola e Picquart sono dunque
amnistiati, ma anche tutti i militari coinvolti. Nel 1902 il voto della provincia francese determina la vittoria del blocco
delle sinistre alle elezioni legislative. A Waldeck-Rousseau succede il
governo Combes che sottopone le congregazioni religiose al controllo dello
Stato e in molti casi ne impone la soppressione. Nel 1905 ci sarà la legge di
separazione tra Stato e chiesa. Bernard Lazare dirà che il governo faceva
pagare alla chiesa cattolica i conti della destra nazionalista. Il 5 ottobre
muore Zola per un'asfissia provocata dalla volontaria manomissione del camino
da parte di un fumista. Il 6 aprile 1903 Jaurès chiede in Parlamento la revisione della sentenza
di Rennes, l'abolizione del Servizio di Informazioni dell'esercito e l'avvio
di una inchiesta sull'operato dei servizi. Ma negli archivi si troveranno solo
grossolane contraffazioni, niente di veramente compromettente. Il 12 luglio 1906 la Corte di Cassazione annulla la sentenza di Rennes e
Dreyfus viene reintegrato nell'esercito col grado di maggiore, ricevendo anche
la croce di cavaliere della Legione d'onore. Anche Picquart viene reintegrato
e promosso generale di brigata e nominato ministro della Guerra dal nuovo
governo Clemenceau. Il 4 giugno 1908 le ceneri di Zola vengono traslate al Pantheon. Dreyfus,
che assiste alla cerimonia, viene ferito in un attentato. Il tribunale della
Senna pronuncia un verdetto di assoluzione nei confronti dell'attentatore. Dreyfus muore nel 1935. Nel 1940 un nuovo Statuto per gli ebrei li
escluderà da qualsiasi impiego pubblico e da numerose professioni (preavviso
delle successive deportazioni verso i lager). Una nipote di Dreyfus, Madeleine,
appartenente alla resistenza francese, verrà deportata e uccisa ad Auschwitz. Nel 1985 il ministro socialista della cultura, Jack Lang, volle piazzare un
monumento a Dreyfus nel cortile della Scuola Militare di Parigi, ma i militari
posero il veto: la statua è ora visibile alle Tuileries. Nel settembre 1995
l'esercito francese, a nome dello storico ufficiale dell'esercito, Jean-Louis
Mourrut, ammette definitivamente l'innocenza di Dreyfus, dopo aver sostenuto
fino ad oggi che "nessuno è in grado di dire se Dreyfus fosse una
vittima cosciente o incosciente". Tuttavia, il ministro della difesa, F.
Léotard, è stato costretto a licenziare in tronco il capitano Paul Gauyac,
responsabile del servizio storico dell'esercito francese, perché aveva fatto
pubblicare nel settimanale dell'esercito Sirpa Actualités, un testo
antidreyfusardo. CONSIDERAZIONI FINALI Conseguenze dell'affare Dreyfus: Bibliografia Mathieu Dreyfus, Dreyfus mio fratello, Editori Riuniti, Roma 1980 |