LE MONARCHIE NAZIONALI


LA GUERRA EUROPEA DEI TRENT'ANNI (1618-1648)

I - II

Europa centrale all'epoca della Riforma

Le premesse

Se si esamina la storia della Germania, si noterà che tutti i suoi tentativi di creare un vasto impero sono sempre falliti miseramente: dagli Ottoni del X sec. agli Svevi del XII sec., dagli Asburgo del XVII sec. ai nazisti del XX. Per quale motivo? Forse i motivi vanno cercati nella loro pretesa d'imporsi senza mai scendere a compromessi. Sono talmente convinti d'essere superiori a tutti gli altri, e per molti versi lo sono, che ritengono disonorevole derogare ai propri principi. Questo li porta a compiere madornali errori di sottovalutazione delle forze del nemico. La guerra europea dei Trent'anni ne è un chiaro esempio. Fu il più grave evento che sconvolse l'Europa prima delle guerre mondiali, ed ebbe conseguenze molto rilevanti sotto tutti i punti vista. Praticamente dilaniò, in un modo o nell'altro, quasi tutte le regioni d'Europa.

Tra il 1618 e il 1648 gli Asburgo controriformisti vollero riprendere la politica centralistica di Carlo V, che s'era illuso di poter tenere unita l'Europa in nome di principi feudali e di una religione enormemente corrotta, quale quella cattolico-romana.

I motivi furono molteplici:

  • anzitutto ai luterani e calvinisti non stava bene che i sudditi dovessero avere la stessa religione del loro principe, sia ch'egli fosse cattolico o protestante (secondo il principio cuius regio, eius religio, formulato nella Pace di Augusta del 1555). Essendo ancora minoritari, i protestanti pretendevano maggiori spazi di manovra, maggiori diritti e non volevano affatto emigrare dai loro territori (da notare che i principi protestanti riconoscevano solo i luterani, non i calvinisti, che potevano però emigrare);
  • le autorità cattoliche (in questo caso gli Asburgo) s'erano rese conto che, una volta legittimato il protestantesimo, questo s'andava espandendo molto velocemente tra la borghesia, che aveva interessi opposti a quelli dell'aristocrazia difesa dalla corona;
  • in Germania era in corso una lotta politica fra i principi tedeschi e l'imperatore di casa Asburgo, il quale desiderava che il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero non fosse più solamente una figura rappresentativa e un retaggio medievale, ma rappresentasse un potere effettivo sui territori che "nominalmente" appartenevano all'impero, per poter quindi affermare l'egemonia degli Asburgo su tutta la Germania;
  • la Spagna era interessata a esercitare una decisiva influenza sul Sacro Romano Impero per garantirsi la possibilità di affrontare la guerra con gli olandesi che durava ormai da molti anni;
  • la Francia non aveva alcuna intenzione di rischiare l'accerchiamento da parte degli Asburgo d'Austria e di Spagna.

I primi scontri, di carattere economico-religioso, si verificarono nel Sacro Romano Impero a causa del reservatum ecclesiasticum, una norma contenuta nella Pace di Augusta (1555), per cui, in cambio del riconoscimento dello status quo al tempo del Trattato di Passavia o Passau (1552), siglato dall'imperatore Carlo V, ogni dominio ecclesiastico che da quella data in poi fosse passato al protestantesimo, o secolarizzato da parte di un principe divenuto luterano, andava restituito ai cattolici.

Immaginiamo cosa potesse voler dire questo per un nobile che ricopriva una carica ecclesiastica cattolica di vescovo o abate e fosse passato al luteranesimo: non avrebbe potuto, dopo il 1552, incamerare i beni del vescovato o dell'abbazia e renderli ereditari per la propria famiglia (vescovi e abati del Sacro Romano Impero erano quasi esclusivamente nobili).

Il reservatum, siccome era stato proclamato unilateralmente in un decreto reale di Ferdinando I (senza essere votato dalla Dieta), non fu mai accettato dai protestanti, nella convinzione che, sentendosi in ascesa, avrebbero potuto incamerare molti più beni della chiesa, anche dopo il 1552. Le resistenze da parte di chi s’era impossessato di tali beni e delle loro rendite erano enormi. Abbazie, conventi, vescovati e i loro terreni erano una posta troppo allettante per cedere all’imposizione della clausola.

La questione cominciò ad accendersi quando il principe-arcivescovo di Colonia, Gerhard Truchsess de Waldbourg, eletto nel 1577, si convertì nel 1582 al calvinismo perché i fratelli di Agnès de Mansfeld, canonichessa di Gerresheim, con cui aveva avuto una relazione d'amore, pretesero che la sposasse e, siccome lui voleva conservare il patrimonio e l'elettorato, non si dimise, violando apertamente il reservatum. Poiché la protesta dei cattolici fu molto forte, egli pensò di trasformare il principato da ecclesiastico a civile. Ma la città gli era ostile, soprattutto dopo la scomunica di papa Gregorio XIII, sicché una frazione del capitolo generale propose che venisse sostituito da un suo precedente rivale, Ernesto di Baviera. Ne seguì una guerra tra cattolici e protestanti (1583-88) in cui Deutz, Bonn e Neuss furono devastate, finché, abbandonato anche dai luterani, l'arcivescovo si convinse ad andarsene. In seguito a questo successo cattolico, il principio del cuius regio eius religio fu applicato più duramente in vari territori, costringendo i protestanti a emigrare o ad abiurare.

Europa nel 1618 (zoom)

Intorno al 1618 le zone d'influenza dei vari territori religiosi erano piuttosto complesse:

  • i luterani occupavano soprattutto i territori tedeschi del centro e del nord-est, come la Sassonia, la Slesia, il Brandeburgo, la Pomerania e la Danimarca;
  • i calvinisti erano concentrati a ovest: Palatinato, Nassau, Assia ecc. e Olanda;
  • i cattolici risiedevano in Baviera, Renania ecc.;
  • in Boemia erano diffusi i dissidenti di origine hussita (Moraviani).

I cattolici reclamavano non pochi territori, ma gli imperatori non avevano intenzione di far scoppiare una guerra civile. Il successore di Ferdinando, Massimiliano II d’Asburgo (1564-1576) si dichiarò neutrale in materia religiosa e consentì la diffusione del luteranesimo nel nord della Germania. Il successore Rodolfo II (1576–1612), pur avendo introdotto la riforma tridentina nei domini asburgici, su pressione dei gesuiti, non fece nulla per metterla in pratica, anzi nel 1609 accordò, con la cosiddetta "Lettera di Maestà", la libertà religiosa ai protestanti boemi di tradizione hussita.

Un nuovo scontro religioso si ebbe nel 1606 nella città di Donauwörth, in cui i protestanti tentarono di impedire ai residenti cattolici di organizzare una processione, dando vita ad aspri tumulti; questo provocò l'intervento di Massimiliano I, Elettore di Baviera che, appoggiando i cattolici, s'impegnò a ristabilire l'ordine.

Questi e altri eventi fecero sì che, specialmente tra i calvinisti, si prospettasse l'idea di un "complotto" cattolico per estirpare il protestantesimo. A tale presunta minaccia essi risposero creando, nel 1608, l'Unione Evangelica, sotto la guida del calvinista Federico IV, Elettore Palatino del Reno sin dal 1592: egli possedeva uno dei territori che erano fondamentali per garantire alla Spagna l'accesso all'Olanda. Alla Lega anticattolica aderirono Francia, Inghilterra e Olanda.

I cattolici tedeschi risposero creando a loro volta, nel 1609, la Lega cattolica, sotto la guida di Massimiliano I di Baviera: essa era esplicitamente appoggiata da Spagna, Polonia, la Savoia e naturalmente il papato. Le due opposte Leghe disponevano di organizzazioni di armati. A questo punto la situazione politica in Germania era matura per uno scontro confessionale.

Nel 1613 il matrimonio dell’Elettore del Palatinato, Federico V (figlio di Federico IV), con la figlia del re d’Inghilterra Giacomo I Stuart, spinse quest'ultimo a intromettersi negli affari tedeschi.

Il re di Danimarca Cristiano IV, a sua volta, essendo anche duca di Holstein e quindi principe dell’Impero, accampava come tale dei diritti sui vescovati secolarizzati.

La Spagna asburgica, sotto Filippo III, strettamente legata alla politica dell’Imperatore, era in guerra con le Province olandesi ribelli, di fede calvinista. Per raggiungere l’Olanda dalla terraferma, doveva assicurarsi un corridoio che dai suoi domini italiani (la Lombardia era sotto sovranità spagnola) attraverso la Valtellina svizzera (la Svizzera faceva parte dell’Impero) arrivasse lungo la valle del Reno.

La Francia si opponeva alla politica spagnola e alla presenza militare spagnola lungo i propri confini germanici. Ma fra il 1610, anno della morte per assassinio di Enrico IV di Borbone, e il 1624, cioè durante la reggenza di Maria de’ Medici, la politica francese non poté dispiegare la sua ostilità anti-asburgica. Solo con l’inizio dell’attività di ministro del cardinale Richelieu (1624) iniziò un vero e proprio appoggio della Francia ai principi e ai regni protestanti.

Fase boemo-palatina: 1618-24

La scintilla che scatenò il conflitto si ebbe nel 1617, quando l'imperatore del Sacro Romano Impero Mattia  (1612–19) nominò re di Boemia (regione prevalentemente protestante), il cattolico e gesuita Ferdinando II. Questi vietò la costruzione di alcune chiese hussite e volle reintrodurre il servaggio, provocando una violenta ribellione, che culminò nel celebre episodio della "defenestrazione di Praga": due luogotenenti dell'imperatore furono scaraventati giù dalle finestre del palazzo reale (i due ne uscirono illesi, in quanto atterrarono su del letame presente nel fossato del castello). Venne costituito un governo provvisorio protestante e creato un esercito di 16mila uomini.

Alla defenestrazione di Praga seguì la rivolta degli abitanti della Boemia e dei possedimenti asburgici circostanti; i ribelli elessero loro re, nel 1619, il calvinista Federico V del Palatinato (1), invocando l'aiuto dell'Unione Evangelica e l'appoggio inglese e olandese. Dal canto suo l'imperatore Mattia invocava supporto da parte della Spagna, che inviò fondi e truppe in cambio della promessa, mai mantenuta, di ricevere l'Alsazia (anche il papato ovviamente lo appoggiò).

Morto l'imperatore Mattia, anche l'Ungheria esplose in rivolta: dopo alcuni successi limitati dei boemi, le forze imperiali e della Lega cattolica, guidate da Ferdinando II (successo a Mattia) procedettero all'invasione dei territori ribelli, culminata nella disfatta subita dai boemi nella battaglia della Montagna Bianca (1620), cui seguì la forzata cattolicizzazione e germanizzazione della Boemia. (2)

La repressione fu durissima: a Federico V fu confiscato il patrimonio e lo si costrinse all'esilio, ove morì nel 1632; il suo titolo di principe elettore palatino passò al capo della Lega cattolica, Massimiliano I di Baviera. Molte furono le condanne a morte, i beni dei nobili protestanti furono trasferiti a nobili cattolici fedeli all'imperatore e nel 1622 il Palatinato venne riconquistato dall'Impero.

La politica fiacca e passiva del sovrano inglese Giacomo I Stuart, imparentato con Federico V, durante quella prima fase del conflitto favorì sicuramente la disfatta del protestantesimo in Boemia. Invece d’intervenire militarmente contro gli Asburgo, rimase intento a rafforzare l'alleanza anglo-spagnola mediante una politica matrimoniale.

Intanto nel 1621, alla scadenza della tregua dei dodici anni con l'Olanda, si riapriva il fronte di guerra tra la Spagna e le Province Unite: sotto il controllo politico-militare del conte-duca de Olivares, le milizie iberiche inizialmente misero a segno una serie di vittorie che allarmarono notevolmente gli inglesi, avendo essi forti interessi nei Paesi Bassi.

Fase danese: 1625-29

La schiacciante vittoria cattolica nella prima fase della guerra provocò le apprensioni di molti dei sovrani protestanti del nord Europa, che trovarono la loro nuova guida nel re di Danimarca Cristiano IV, il quale era ben inserito nelle vicende tedesche, in quanto era Duca dell'Holstein e, grazie ad accorte manovre politiche, era riuscito ad imporre l'influenza danese sulla città di Amburgo e a far nominare suo nipote vescovo di Brema. Inoltre, grazie ad un'oculata amministrazione e a una situazione economica favorevole, aveva reso le finanze della Danimarca tra le migliori dell'intera Europa.

La Danimarca fu sostenuta dalla Francia che, sotto la guida del cardinale Richelieu, cominciò a contrastare la politica espansionista asburgica, temendo un nuovo accerchiamento come ai tempi di Carlo V. Sicché si decise, nel 1625, l'entrata in guerra della Danimarca e della Bassa Sassonia, con l'appoggio francese, inglese e olandese. La Svezia rimase neutrale, in quanto la Danimarca era sua rivale commerciale nel mar Baltico, poi perché, appoggiata dai prussiani, era ancora in guerra con la Polonia, sempre per il controllo del Baltico.

L'appoggio francese tuttavia fu più economico che militare, in quanto Luigi XIII di Borbone e Richelieu si trovavano ancora alle prese con gravi problemi interni legati alla volontà della corona di eliminare il potere degli ugonotti e della nobiltà, che non accettava uno Stato assolutistico e centralizzato. Anche l'Inghilterra non fece nulla, essendo travagliata da gravi disordini che avrebbero presto portato alla rivoluzione politica della borghesia. Quanto agli Stati regionali protestanti, Sassonia e Brandeburgo, non sembravano interessati ad unirsi alla lotta.

In Francia gli ugonotti furono sconfitti nel 1628 nella fortezza di La Rochelle, ma la corona evitò d'infierire contro di loro: si accontentò di trattare da posizioni di forza, non di debolezza, come invece avevano fatto i sovrani precedenti. L'assolutismo regio francese si poneva in chiave controriformistica ma senza fanatismi ideologici. La corona sostanzialmente voleva risolvere il problema religioso in chiave politica, rispettando cioè le minoranze religiose. La cosa importante era ormai diventata un'altra: affermare un assolutismo regio contro la grande nobiltà feudale, imponendo a tutti i sudditi tasse regolari per costruire un potente esercito. Questo atteggiamento duttile prevarrà nei trattati di pace alla fine della guerra dei Trent'anni. (3)

Intanto il re danese Cristiano IV invase il Meclemburgo, ma non fu assolutamente in grado, da solo, di fronteggiare la reazione delle forze imperiali, per cui subì una dura sconfitta nella battaglia di Lutter (1626). Successivamente le truppe della Lega cattolica invasero la Danimarca stessa fino allo Jutland, e Cristiano fu costretto a firmare la pace di Lubecca (1629), con cui s'impegnava, se voleva salvare la propria corona, a non intromettersi più nelle vicende tedesche.

Oltre a ciò Ferdinando II emanò l'Editto di Restituzione (1629), in forza del quale dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552 (5 vescovadi, 30 città imperiali e anseatiche, 100 conventi e un numero incalcolabile di parrocchie vennero recuperate dalla chiesa cattolica, inoltre un gran numero di protestanti furono forzati alla conversione al cattolicesimo o costretti a espatriare). Il provvedimento suscitò la reazione dei principi luterani rimasti fino ad allora neutrali, nonché della Svezia, il cui intervento sarà determinante per i futuri esiti del conflitto.

Nella Dieta Elettorale di Ratisbona (1630) i principi forzarono l'imperatore Ferdinando II a diminuire l'entità delle truppe imperiali e della Lega.

Fase svedese: 1630-35

Una nuova potenza europea, la Svezia, guidata dal re Gustavo II Adolfo (1594-1632), stava per scendere in campo assumendo il ruolo di guida del partito protestante. Dopo avere realizzato una tregua con la Polonia, decise di difendere la causa protestante e il predominio svedese nel Mar Baltico, che sembrava minacciato dalla crescente aggressività dell'impero.

Anche la Svezia, come già la Danimarca, fu aiutata finanziariamente nella sua impresa dalla Francia, che si impegnò a versarle un cospicuo sussidio di guerra.

Nel 1630 Gustavo Adolfo sbarcò con le proprie truppe in Pomerania, occupò Stettino, poi entrò nel Meclemburgo. Nel frattempo le forze imperiali attaccarono l'unico alleato che la Svezia avesse allora in Germania, la città di Magdeburgo (1631), sottoponendola a un sanguinario saccheggio (24.000 morti tra uomini, donne e bambini, uno dei più crudeli episodi dell'intera guerra). Questo episodio indusse Pomerania, Brandeburgo e Sassonia ad appoggiare gli svedesi.

La guerra tra svedesi e imperiali ebbe alterne vicende, fino a quando lo stesso re Gustavo Adolfo non morì nella battaglia di Lützen (1632), la quale, comunque, grazie alla ritirata degli imperiali, si risolse in una vittoria svedese, anche se lo scontro era costato ad entrambe le parti perdite enormi. L'assenza di un comando nelle file degli svedesi dette la possibilità agli imperiali di riorganizzarsi e, con l'aiuto degli spagnoli, di continuare a combattere fino al 1648.

La Francia, visto che la sorte del conflitto sembrava volgere a favore degli Asburgo, decise di aumentare l'appoggio offerto ai protestanti e patrocinò la formazione di una Lega tra Svezia, Renania e Franconia, con il proprio supporto economico. Tuttavia gli Stati orientali, Sassonia e Brandeburgo, sollevarono obiezioni, in quanto temevano la presenza commerciale svedese nel Baltico e nella Germania settentrionale, per cui non vi aderirono. Fu un grave errore, poiché gli svedesi non riuscirono ad avere la meglio sulla Lega cattolica e nel 1634 furono rovinosamente sconfitti.

Franconia, Svevia e Württemberg caddero nelle mani degli imperiali quasi senza opporre resistenza, mentre le residue forze svedesi si ritiravano nella Germania del nord. La Sassonia intavolò trattative di pace, accettate poi dagli altri Stati protestanti dell'impero (pace di Praga, 1635), che sanciva le seguenti condizioni:

  • spostamento della data di decorrenza dell'Editto di Restituzione di 40 anni;
  • diritto ai protestanti di trattenere i territori ecclesiastici secolarizzati detenuti nel 1627;
  • amnistia per i nemici dell'imperatore che si fossero uniti agli scontri dopo l'intervento svedese nel 1630;
  • divieto agli Stati tedeschi di formare alleanze tra loro o con potenze straniere;
  • l'unificazione di tutti gli eserciti degli Stati imperiali in un'unica armata al servizio dell'imperatore.

Questa pace, tuttavia, non soddisfaceva assolutamente la Svezia e tanto meno la Francia, che, temendo l'accerchiamento da parte degli Asburgo d'Austria e di Spagna, decideva, a questo punto, di entrare attivamente nel conflitto.

Fase francese - 1635-48

L'entrata in guerra della cattolica Francia contro l'Imperatore anch'esso cattolico mise fine al periodo della guerra in cui gli schieramenti erano basati su problematiche confessionali e trasformò il lungo periodo delle guerre europee di religione in una guerra per l'egemonia politica. Questa "laicizzazione" della politica sarebbe poi stata sancita dalla pace di Westfalia.

La data d'inizio dell'impegno militare francese coincide con la dichiarazione di guerra alla Spagna nel 1635, giustificata dall'attacco che gli spagnoli avevano sferrato contro l'Elettore di Treviri, sotto la protezione francese fin dal 1632.

L'andamento del conflitto dopo l'intervento francese può essere diviso in due fasi: nella prima, fino al 1641, si ebbe una serie di scontri che videro la Francia in difficoltà e le forze svedesi che non riuscivano a infliggere un colpo decisivo nella Germania del nord. Nella seconda fase, dopo il 1641, le forze alleate franco-svedesi riuscirono a sconfiggere le truppe imperiali e alleate fino alla loro definitiva resa nel 1648.

La pace di Westfalia (1648)

Europa nel 1648 (zoom)

Con il trattato di Westfalia si inaugurò un nuovo ordine internazionale, un sistema in cui gli Stati si riconoscevano tra loro in quanto Stati, al di là della fede dei vari sovrani, nonostante ch'esso venisse firmato in due località separate a causa dei dissidi tra cattolici e protestanti. Infatti mentre i due trattati di Münster riguardarono la pace fra la Francia e l'Impero e fra le Provincie Unite e la Spagna, il trattato di Osnabrück riguardò invece la pace fra la Svezia e l'Impero. Fra Spagna e Francia non fu firmato alcun trattato e continuò la guerra. Il congresso europeo vide presenti tutte le potenze europee, tranne l’Inghilterra (che era in piena rivoluzione borghese), la Russia e la Turchia.

I principi sanciti dalla pace furono i seguenti:

  • riguardo alla questione religiosa:
    - fu confermata la Pace di Augusta (1555);
    - furono estese ai calvinisti le concessioni stabilite dalla Pace di Augusta per i luterani;
    - fu stabilita la parificazione dei diritti civili di tutte le confessioni;
    - fu deciso che i beni ecclesiastici in possesso dei protestanti fino al 1624 non fossero restituiti alla chiesa cattolica;
    - doveva essere tollerato ovunque il passaggio ad altra confessione, ad eccezione dell’Alto Palatinato e dei domini ereditari degli Asburgo, dove vigeva la sola fede cattolica, per cui se un principe si fosse convertito ad altra religione, non avrebbe più avuto alcun diritto sulle proprie terre;
    - a chiunque si riconosceva il diritto di andare in esilio per motivi religiosi e i suoi beni potevano essere confiscati solo dopo tre anni;
  • riguardo all'ordinamento interno del Sacro Romano Impero:
    - fu riconosciuta ai principi la piena sovranità territoriale (principio di non ingerenza e di autodeterminazione), il diritto di approvare gli Atti imperiali nella Dieta (sui temi della guerra, della pace, della leva e delle tasse) e il diritto di stringere alleanze (jus foederationis), purché non fossero contro l'imperatore e l'impero; ovviamente gli Stati europei rifiutarono di riconoscere alcunché alle loro colonie extraeuropee o colonizzabili;
    - il Palatinato fu diviso in Alto e Basso: il duca Massimiliano di Baviera ottenne l'Alto Palatinato (che quindi passò sotto l'Elettorato Bavarese) e conservò il titolo di elettore garantitogli nel 1628; il figlio di Federico V, Carlo I Luigi, cui fu restituita la dignità elettorale, ottenne invece il Basso Palatinato (l'attuale land Renania-Palatinato), che veniva costituito come elettorato: il numero degli elettori saliva così a otto, divisi tra cinque laici e tre ecclesiastici (cinque cattolici, due luterani e un calvinista);
    - il Brandeburgo (futura Prussia) ricevette la Pomerania Orientale e i vescovadi di Magdeburgo, Halberstadt, Kammin e Minden, nonché i territori di Cleves, Mark e Ravensberg in seguito alla risoluzione della disputa per i territori del defunto Duca di Jülich-Cleves-Berg;
    - i Paesi Bassi e la Svizzera furono riconosciuti sovrani e indipendenti dall'impero.
  • riguardo ai mutamenti territoriali europei:
    - la Francia, volendo spingere i propri confini sino al Reno (4), ebbe la Lorena, i vescovati di Metz, Toul e Verdun e i territori asburgici dell'Alsazia (senza la città di Strasburgo); in Italia si prese le fortezze di Pinerolo e Casale Monferrato;
    - la Svezia ricevette un risarcimento in denaro, la Pomerania occidentale e i vescovati di Brema e Verden, che le assicuravano il controllo delle foci dei fiumi Oder, Elba e Weser, ottenendo in tal modo l'egemonia sul Mar Baltico; le fu inoltre concesso di inviare tre rappresentanti al Consiglio dei Principi dell'Impero che rappresentava uno dei collegi del Reichstag (la Dieta imperiale).
  • I trattati non furono accettati dal papa Innocenzo X, poiché l'immediata conseguenza per la chiesa cattolica era la perdita di tutti i vescovadi della Germania settentrionale e centrale, e di molti conventi e monasteri. Tuttavia la protesta della Santa Sede venne completamente ignorata.

La guerra tra Francia e Spagna: 1648-59

Per gran parte dei secoli XVI e XVII, i francesi e gli austriaco-spagnoli della casa d'Asburgo furono disposti in blocchi contrapposti in tre punti dello scacchiere europeo: nei Paesi Bassi spagnoli a nord, nella Franca Contea sulla frontiera orientale e nel confine franco-spagnolo a sud.

Durante l'ultima fase della guerra dei Trent'anni la Spagna di Filippo IV, impegnata nei Paesi Bassi e sconvolta dalle rivolte separatiste della Catalogna (ma anche Andalusia e Aragona) e del Portogallo, s'era trovata in gravi difficoltà e non aveva potuto ottenere alcun aiuto dagli Asburgo, che anzi avevano firmato la pace di Westfalia.

Vedendola così indebolita, la Francia di Luigi XIII pensò di attaccarla nel 1635, con l'intenzione di occupare sia i Paesi Bassi spagnoli che, con gli alleati della Savoia, Mantova, Parma e la Milano spagnola.

La Francia attaccò dunque le forze armate spagnole nei Paesi Bassi meridionali e inviò armate in Lorena e in Alsazia per tagliare le linee di comunicazione principali fra il nemico e i suoi territori nei Paesi Bassi, che si sviluppavano attraverso quelle regioni e tramite il porto di Genova.

La battaglia decisiva fu quella condotta nel 1643 a Rocroi dal principe di Condé, che mise termine alla reputazione secolare di invincibilità della fanteria spagnola. La Spagna si vide costretta a firmare una pace separata con l'Olanda, cui riconobbe l’indipendenza politica (poi ratificata anche dall'impero con la pace di Westfalia).

Ciononostante la Spagna, non volendo riconoscere l'egemonia francese che si stava profilando in Europa, continuò a combattere, approfittando anche del fatto che nel 1648 la monarchia fu scossa da una seria rivolta: la Fronda. Parte della nobiltà non tollerava di dover sottostare al potere regale assolutista, incarnato allora dal cardinale Mazzarino e dalla reggente in nome di Luigi XIV, la regina madre Anna d'Austria, e si ribellò utilizzando la sua forte presenza nel Parlamento di Parigi e sobillando il popolo, stanco di pagare ingenti tributi per finanziare la guerra contro l'impero e la Spagna.

Il re, nel 1649, fu costretto a fuggire da Parigi con la madre e il cardinale Mazzarino, principale bersaglio dei frondisti. La prima fase della rivolta, detta Fronda parlamentare, domata con l'intervento del Condé, si esaurì nell'arco di un anno, ma subito ne emerse un'altra, quella dei nobili, detta anche Fronda principesca, più violenta della precedente, che dette luogo a movimenti di truppe delle due fazioni formatesi: i nemici di Mazzarino (ed anche della reggente Anna) e i suoi alleati.

Per lungo tempo le dispute interne create dalla Fronda e il conflitto con la Spagna, che sosteneva sia militarmente che finanziariamente i nobili rivoltosi, si intercalarono. Il principe di Condé, che Mazzarino aveva tentato di far arrestare perché temeva che volesse usurpare il trono a Luigi, cambiò partito schierandosi dalla parte degli spagnoli. La guerra fra i due regni continuò quindi su tutti i teatri ove le due potenze si trovavano a contatto: Fiandre (la Spagna riuscì ad occupare il porto di Dunkerque), Catalogna e Italia. Nel 1652 la regione del Rossiglione fu occupata dalle truppe francesi fedeli al re.

In virtù di un trattato d'alleanza promosso dal Mazzarino, Cromwell inviò un corpo di fanteria inglese di 6000 uomini in appoggio ai francesi: lo fece perché cercava di proteggere le navi inglesi dalla permanente minaccia dei corsari di Dunkerque (appoggiati dagli spagnoli), sperando di privarli del porto dal quale partivano i loro attacchi; Mazzarino gli promise, in caso di vittoria, Dunkerque e la Giamaica.

L'esercito francese inflisse una sonora sconfitta agli spagnoli, guidati dal Gran Condé e da Don Giovanni d'Austria, nella battaglia delle Dune, presso Dunkerque (1658). La guerra venne a conclusione l'anno successivo con il trattato dei Pirenei (1659), che fu molto vantaggioso per i francesi: ottennero infatti l'Artois nelle Fiandre, la regione del Rossiglione nei Pirenei, 33 comuni della Cerdagna e numerose piazzeforti nelle Fiandre. L'anno successivo il principe di Condé chiese e ottenne da Luigi XIV il perdono, fu reintegrato nei suoi possedimenti e nel grado e da quel momento si comportò sempre con lealtà verso il suo sovrano.

Con la pace dei Pirenei la Francia si affermò come grande potenza in Europa, mentre la Spagna, la cui popolazione s'era ridotta da 8 a 6 milioni di abitanti, abbandonò definitivamente qualsiasi progetto egemonico e abdicherà, di lì in poi, al ruolo di grande potenza, recedendo in una posizione di secondo piano (la Catalogna ottenne la protezione della Francia e il Portogallo, resosi indipendente negli anni 1640-68, quella dell'Inghilterra).

I tentativi di egemonia francese in Europa

Quanto detto sulla Germania nelle suddette premesse vale, in un certo senso, anche per la Francia, le cui manie di grandezza si scontrarono sempre con un'accanita e vittoriosa resistenza da parte di altre forze europee. Ma vediamo cosa successe in Europa dopo la pace dei Pirenei.

Nel 1660 Luigi XIV sposava la cugina germana, l'infanta di Spagna Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna e di Elisabetta di Francia, come stabilito in appendice agli accordi del trattato dei Pirenei: quindi, nel caso di estinzione della linea maschile degli Asburgo di Spagna, i Borboni avrebbero avuto dei diritti al trono spagnolo o ad una parte dell'eredità. Per scongiurare questa minaccia, il governo spagnolo aveva ottenuto la rinuncia da parte di Maria Teresa ai diritti sulla corona di Spagna, impegnandosi, in cambio, a pagare a Luigi XIV una gigantesca dote di 500 mila scudi d’oro. Il cardinale Mazzarino sapeva bene che questa somma sarebbe stata superiore alle possibilità del bilancio spagnolo e quindi la Francia avrebbe potuto esigere compensi territoriali, oppure considerare non valida la rinuncia di Maria Teresa alla corona spagnola.

Prima di muovere guerra contro la Spagna Luigi XIV, a partire dal 1661, varò una serie di provvedimenti interni, aventi come scopo la completa liquidazione degli ugonotti. Le persecuzioni e la mancanza di diritti costringevano non pochi ugonotti a passare al cattolicesimo, altri invece a fuggire dalla Francia. Poiché emigravano in prevalenza borghesi e artigiani, l’industria francese ne subì un grave danno. Nel 1685 agli ugonotti venne inferto il colpo decisivo: l’editto di Nantes fu completamente revocato, suscitando reazioni negative anche da parte dei cattolici (giansenisti). Cominciarono persino ad affiorare i primi germi dell'ateismo (Gassendi, Bayle, Fontenelle, Meslier).

La politica estera francese cominciò ad acquistare un carattere aggressivo e predatorio: Luigi XIV pretendeva di assumere il ruolo, a cui sino a non molto tempo prima aspiravano gli imperatori germanici, di monarca “paneuropeo”. Egli affermava che il suo potere risaliva a una potenza più antica e vasta che non l’impero degli Ottoni, cioè all’impero di Carlo Magno, e poneva la propria candidatura per l’elezione a imperatore del Sacro Romano Impero. La Francia assolutistica mirava, in sostanza, ad assoggettare la Germania occidentale, ma aveva intenzione di occupare anche i Paesi Bassi spagnoli e aspirava a porre l’Inghilterra sotto il suo controllo, sostenendo finanziariamente e diplomaticamente gli Stuart.

Dopo la morte del sovrano spagnolo Filippo IV, avvenuta nel 1665, il governo francese pretese in cambio della dote non pagata i Paesi Bassi meridionali. Di fronte al rifiuto del governo spagnolo, Luigi XIV decise di prendere con la forza la propria parte di “eredità”. Nel 1667 ebbe inizio la guerra franco-spagnola, chiamata di “devoluzione” (passaggio di un diritto o del possesso o godimento di un bene da una persona all’altra, in virtù di un contratto, di un trattato o di una legge).

I possedimenti spagnoli dei Paesi Bassi, nelle Fiandre e nel Brabante, bottino straordinariamente allettante per la Francia dal punto di vista economico, militarmente erano del tutto indifesi: essi non avevano un proprio esercito, e la flotta spagnola era malridotta al punto da non poter trasportare nei Paesi Bassi le truppe spagnole.

Ma inaspettatamente accorsero in aiuto della Spagna l’Olanda, la Svezia e l’Inghilterra: queste ultime due preoccupate per l’aggressività della Francia, mentre gli olandesi erano indignati per le alte tariffe doganali francesi del 1667, che avevano minato il loro commercio, e non disposti a trovarsi in diretto contatto con la bellicosa Francia assolutistica, qualora questa avesse conquistato i Paesi Bassi meridionali. La borghesia olandese preferì perciò stringere un’alleanza col suo secolare nemico, la monarchia spagnola, e riuscì ad attirare nella coalizione anche la Svezia e l’Inghilterra.

La formazione di questa coalizione fu aiutata anche dal fatto che il Parlamento inglese costrinse il re Carlo II Stuart a mutare radicalmente la propria politica, interrompendo la guerra con l’Olanda e a contrarre con essa un’alleanza diretta contro la Francia. Era evidente che la guerra non aveva avuto una preparazione diplomatica da parte francese, e sebbene le truppe francesi riuscissero ad occupare rapidamente una parte delle Fiandre, nonché la Franca Contea, e fossero pronte a marciare sulla Spagna e la Germania, Luigi XIV fu costretto a interrompere in gran fretta la guerra nell’anno successivo (1668). Con la pace di Aquisgrana la Francia mantenne soltanto alcune città delle Fiandre, fra cui Lilla.

La diplomazia francese allora si mise subito all’opera per preparare una nuova guerra, tentando di spezzare la coalizione antifrancese. Non vi era però alcuna speranza di un avvicinamento con l’Olanda, poiché i contrasti commerciali e politici erano troppo acuti. Generosi sussidi in denaro ricondussero invece la Svezia e l’Inghilterra a una alleanza con la Francia.

Nel 1672 l’esercito francese attaccò i Paesi Bassi meridionali e, dopo aver occupato una serie d’importanti fortezze, le truppe francesi si spinsero nel cuore dell’Olanda. Allora il comando olandese decise di rompere le dighe, per cui l’acqua allagò un grande territorio e costrinse le truppe francesi a ritirarsi. Contemporaneamente la Francia fu costretta ad inviare una parte delle truppe contro gli Asburgo d’Austria nel Palatinato (in Germania). Nel 1674-75 l’Inghilterra uscì dall’alleanza con la Francia, che venne a trovarsi in una situazione internazionale sfavorevole.

Nondimeno, facendo leva sulle vittorie ottenute e sulla fama del proprio esercito, il governo di Luigi XIV nel 1678 firmò la vantaggiosa e onorevole pace di Nimega, in base alla quale la Spagna dovette cedere la Franca Contea e alcune città dei Paesi Bassi meridionali. Fu questo il primo accordo internazionale, redatto non in latino, come si era soliti fare in Europa, ma in francese.

Il prestigio della Francia assolutistica in Europa aveva raggiunto il suo apice e tutti tremavano di fronte alla sua potenza, specialmente i piccoli principi tedeschi, che cercavano umilmente d’ingraziarsi la corte francese. Gli appetiti di Luigi XIV crescevano: egli ormai pretendeva l’Italia settentrionale e la corona dell’imperatore germanico. Sfruttando il fatto che l’imperatore Leopoldo I era impegnato nella lotta contro la Turchia, Luigi XIV, senza incontrare ostacoli, spadroneggiava nella Germania occidentale: speciali “camere di riunione”, con ogni sorta di cavilli giuridici, proclamavano i diritti del re francese su varie località e interi territori, tra cui Strasburgo, mentre i principi tedeschi si sottomettevano di fatto al protettorato francese.

La Francia assolutistica raggiunse il massimo della sua potenza nel 1684, quando l’imperatore e il re spagnolo, in base al trattato di Ratisbona, avallarono tutte le sue conquiste. Ben presto però (1686) sorgeva la Lega di Augusta, un’alleanza difensiva di molti Stati europei (Impero, Spagna, Olanda, Svezia ed altri) per respingere ulteriori pretese territoriali della Francia.

Il colpo di stato del 1688 contro l'ultimo sovrano cattolico inglese, Giacomo II Stuart, rese possibile l’entrata dell’Inghilterra in questa coalizione, dal momento che il principale organizzatore della Lega di Augusta, il governatore dell'Olanda, Guglielmo III d’Orange, divenne contemporaneamente re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda.

Proprio in questo periodo Luigi XIV si gettò in una nuova aggressione contro il Palatinato. I membri della Lega d’Augusta, in base agli impegni presi, intervennero contro la Francia, dando inizio a una grande guerra europea, combattuta sulla terraferma e sul mare.

Nonostante i numerosi nemici, i francesi mantennero la supremazia militare nella guerra sulla terraferma, sul Reno e nei Paesi Bassi, in Italia e in Spagna, ma sul mare la flotta inglese inflisse loro pesanti sconfitte. La pace di Rijswijk del 1697 ristabilì l’assetto esistente prima della guerra con alcuni insignificanti mutamenti.

Nel 1700 era morto l’ultimo rappresentante del ramo spagnolo degli Asburgo, Carlo II, senza alcun erede maschio. Oltre ai Borboni potevano avanzare pretese su questa eredità soltanto gli Asburgo d’Austria. Gli intrighi della diplomazia francese avevano ottenuto che Carlo II, poco prima della morte, lasciasse in eredità tutti i suoi possedimenti al pretendente francese, il nipote di Luigi XIV, Filippo d’Angiò, a condizione, comunque, che la corona francese e quella spagnola non fossero mai riunite in un solo regno. Luigi XIV non aveva però alcuna intenzione di osservare questa clausola. Non appena suo nipote, con il nome di Filippo V, fu proclamato a Madrid re di Spagna, egli prese a governare di fatto la Spagna e le sue colonie.

Egli inoltre respinse le richieste dell’Inghilterra e dell’Olanda perché fossero loro accordati privilegi commerciali nelle colonie spagnole e nei possedimenti francesi in India. Allora l’Inghilterra e l’Olanda appoggiarono le pretese dell’imperatore Leopoldo al trono di Spagna, dando inizio alla guerra di Successione spagnola (1701-1713), nella quale la Francia si trovò contro una coalizione che comprendeva quasi tutte le potenze dell’Europa occidentale, subendo pesanti sconfitte: le truppe francesi furono cacciate dalla Germania, dalla Spagna, dall’Olanda e dalle città di confine e dovettero cedere anche una parte di territorio francese alle forze della coalizione.

I campi incolti e abbandonati, la crisi delle manifatture e del commercio, la disoccupazione, il generale impoverimento del popolo, le epidemie e la fame, lo sfacelo finanziario erano i tratti del quadro desolante, che si aggiungeva alle sconfitte militari, al termine del regno di Luigi XIV, che fu costretto a firmare la pace con l’Inghilterra e l’Olanda nel 1713 ad Utrecht; con l’Impero, invece, nel 1714 a Rastadt. Il trono spagnolo rimase a Filippo V di Borbone, ma con la perdita per sé e per i suoi successori di ogni diritto sulla corona francese.

L’Inghilterra rafforzò il proprio predominio marittimo, conservando le basi commerciali e strategiche conquistate (Gibilterra e l’isola di Minorca); inoltre essa ottenne il diritto d’esclusiva sull’importazione di schiavi negri dall’Africa e sul loro trasporto nelle colonie spagnole d’America, e il possesso dell’Acadia e di Terranova, che divennero le basi di lancio per l’ulteriore penetrazione inglese nel Canada.

Gli Asburgo d’Austria ottennero i Paesi Bassi spagnoli, il ducato di Milano, Mantova, il regno di Napoli e la Sardegna. La Sicilia e una parte del milanese andò ai Savoia.

La fine della guerra di Successione spagnola vide la Francia privata di fatto in Europa di quella egemonia che aveva conquistato alla fine della guerra dei Trent’anni. La guerra aveva messo a nudo la debolezza interna e lo sfacelo del regime assolutistico-feudale, che si nascondeva dietro la fastosa facciata del regno del "Re Sole", Luigi XIV.

Postilla sul ruolo dell'Italia

Dopo la pace di Cateau-Cambrésis (1559) alcuni piccoli Stati italiani, che avevano appoggiato la Spagna durante le guerre d’Italia, avevano ottenuto delle annessioni territoriali a spese dei vicini: il ducato di Savoia aveva ricevuto gran parte del Piemonte, e il ducato di Mantova il marchesato del Monferrato.

Questo fece sì che durante la prima fase della guerra dei Trent'anni fu forte l’indecisione del duca di Savoia a scegliere tra la Francia e la Spagna.

Durante la fase danese si verificarono degli scontri minori in nord Italia tra il 1620 ed il 1630, riguardanti il controllo della Valtellina, la successione al ducato di Mantova e il possesso del Monferrato.

Prima fonte delle tensioni fu la rivolta della popolazione cattolica della Valtellina, che insorse nel 1620 contro i protestanti dietro sollecitazione della Spagna, per la quale la valle rappresentava un fondamentale punto di transito lungo la via spagnola che dalla Liguria conduceva ai Paesi Bassi.

Dopo il massacro la Spagna occupò la Valtellina con il pretesto di difenderne gli abitanti cattolici contro una eventuale reazione protestante. Per rispondere a questa nuova iniziativa spagnola, venne formata una lega tra Francia, Ducato di Savoia e Repubblica di Venezia, che tuttavia, a causa dei problemi interni alla Francia, non riuscì a far nulla.

Nel 1627 si aprì la questione del controllo del territorio di Mantova e del Monferrato, a seguito dell'estinzione della linea diretta della famiglia Gonzaga. La successione era stata risolta a favore della casa Gonzaga-Nevers, francese; tale risoluzione, che poneva sotto il controllo della Francia due territori strategici per il controllo del nord Italia, non poteva essere accettata dalla Spagna, che appoggiò invece la candidatura al ducato del ramo dei Gonzaga di Guastalla, filo-spagnolo.

Truppe spagnole, provenienti dai territori di Milano, invasero il territorio di Mantova e del Monferrato, appoggiati da truppe sabaude; la Francia, impegnata sul fronte interno contro gli ugonotti, al momento non poté intervenire, ma, debellata la fazione ugonotta, alla fine del 1628 un esercito francese entrò in Italia, costringendo il duca di Savoia Carlo Emanuele I a scendere a patti e il governatore di Milano a togliere l'assedio di Casale.

La situazione si capovolse alla fine del 1629, quando intervenne un poderoso esercito imperiale, che pose l'assedio a Mantova, costretta a capitolare e sottoposta a un brutale saccheggio. Nel frattempo, una terribile epidemia di peste, probabilmente veicolata dalle truppe tedesche, dilagò in tutto il nord Italia, colpendo particolarmente la città di Milano, che vide dimezzata la propria popolazione. Il sentimento della popolazione al passaggio dei lanzichenecchi e la tragedia dell'epidemia di peste sono efficacemente descritte da Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi.

Successivamente con la Germania minacciata da una invasione svedese, venne stilata una serie di accordi a Ratisbona, poi ratificati nel trattato di Cherasco, che riconosceva la successione alla casa Gonzaga-Nevers e il possesso di Pinerolo alla Francia, che otteneva quindi un'importante vittoria.

Nel 1635 ai principali partecipanti alla guerra contro gli Asburgo, la Francia e la Svezia, si unirono l’Olanda, Mantova, i Savoia e Venezia.

A Westfalia furono riconosciuti ai Savoia Alba, Torino e altre terre del Monferrato.

Conclusione

La guerra dei Trent'anni porterà all'egemonia non solo della Francia, ma anche della Svezia sul continente europeo. Quest'ultima infatti dimostrò di possedere la più moderna organizzazione bellica presente in Europa, e fu in grado di trasformare il mar Baltico in un proprio "lago commerciale", fino a quando, agli inizi del XVIII secolo, la Russia la sostituirà nel suo ruolo di potenza nell'Europa del nord.

La guerra aveva provocato una generale crisi economica in tutto l'impero e la popolazione era passata, a causa delle carestie e delle epidemie provocate dalle devastazioni, dai circa 21 milioni del 1618 a un totale di circa 14-15 milioni nel 1650. Ci vorrà oltre un secolo prima che la Germania si riprenda: le zone più colpite furono la Pomerania, il Meclemburgo, il Brandeburgo e il Württemberg, mentre le regioni nord-occidentali furono in gran parte risparmiate. Tutta l'Europa centrale, che pur era un'area manifatturiera e commerciale sviluppata, tornerà ad essere un'area agricola arretrata.

La maggiore conseguenza, dal punto di vista politico, fu la conferma della frammentazione della Germania, che ora veniva a essere formata da una miriade di Stati indipendenti. Tuttavia dal 1640 iniziava la crescita politica-militare della Prussia-Brandenburgo sotto la guida del Grande Elettore Federico Guglielmo. Con la pace di Westfalia la Prussia si trovò rafforzata con l'acquisizione della Pomerania orientale. Venne instaurato un sistema di potere basato sull'assolutismo. L'unificazione nazionale avverrà però solo nel 1871, dopo una vittoriosa guerra contro la Francia.

Da un punto di vista più generale, la guerra segnò la fine dei conflitti religiosi nell'Europa occidentale (1511-1648); dopo Westfalia nessuna grande guerra europea fu giustificata da motivazioni confessionali. Quella pace viene ancora oggi considerata come uno dei cardini della concezione dello Stato sovrano e il primo trattato stipulato tra pari. Dopo di allora sarà l'Inghilterra a porsi come grande rivale della Francia: la potenza marittima contro quella continentale, lo Stato mercantile contro quello centralizzato. Ma saranno solo la rivoluzione francese del 1789 e l'avventura napoleonica che costituiranno una vera minaccia al trattato di Westfalia.

Note

(1) Nel 1613 aveva sposato Elisabetta Stuart, figlia del re d'Inghilterra Giacomo I. Questo il motivo per cui si aspettava un appoggio da parte degli inglesi, che però non gli venne mai concesso.

(2) La massiccia presenza tedesca in Boemia e Moravia sarà la causa scatenante dell'occupazione della Cecoslovacchia da parte dei nazisti nella II guerra mondiale.

(3) In Italia nessun prelato cattolico si sarebbe mai comportato come Richelieu, a meno che l'unificazione nazionale non fosse stata fatta sotto lo Stato pontificio. Se un qualunque Principato italiano avesse voluto fare l'unificazione, la chiesa glielo avrebbe impedito. Inoltre in Italia il papato non fu mai tollerante coi protestanti, proprio perché non voleva che il proprio temporalismo (politico ed economico) venisse messo in discussione. In Francia invece la chiesa fu sempre uno strumento nelle mani della monarchia. Persino Richelieu e Mazzarino, che pur ebbero un enorme potere come primi ministri, non misero mai in discussione questa subordinazione.

(4) In particolare la Francia volle che lungo le due rive del Reno e nelle province adiacenti, il commercio e il trasporto dei beni fosse totalmente libero di transitare per tutti gli abitanti, e che sul Reno non fosse più permesso d'imporre nessun nuovo dazio, tassa o esazione di sorta.

Altre mappe

Paesi Bassi nel '600

Svezia del '600

Italia del '600

Asburgo in Italia nel '600

Fonti


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 02/10/2014