L'OTTOCENTO ITALIANO ED EUROPEO
DAL CONGRESSO DI VIENNA
ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE


IL SOCIALISMO UTOPISTICO

Saint-SimonOwenFourier

PREMESSA

Le caratteristiche ripugnanti della società capitalistica - lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il potere del denaro - ch'erano in contrasto stridente con i principi di libertà, uguaglianza, fratellanza, proclamati durante la rivoluzione francese, indussero i pensatori progressisti a meditare su come trasformare il sistema sociale esistente.

Delusi dai risultati della rivoluzione borghese, essi giunsero alla conclusione che la rivoluzione aveva saputo soltanto distruggere la vecchia società feudale, ma non costruirne una nuova, poiché non si poteva ritenere normale e razionale il sistema sorto dopo la rivoluzione, e cioè la società borghese con il suo individualismo, il culto del guadagno, l’omaggio al “vitello d’oro”, le sue ingiustizie sociali.

Simpatizzando sinceramente con le sofferenze e i sacrifici delle masse lavoratrici, questi pensatori bollavano con sdegno il capitalismo, smascheravano le sue piaghe e i suoi vizi, contrapponendogli l’ideale di un nuovo ordinamento sociale senza sfruttatori né contraddizioni sociali.

Le dottrine socialiste di quell’epoca avevano un carattere utopistico, in quanto si riteneva possibile costruire "isole di socialismo" all'interno del sistema capitalistico. Infatti i socialisti utopisti non sono stati capaci di scoprire le leggi di sviluppo della società capitalistica e la funzione storica del proletariato.

Nell’articolo Le tre fonti e le tre parti costitutive del marxismo Lenin, caratterizzando il socialismo utopistico dell’inizio del XIX secolo, scriveva: “Esso criticava la società capitalistica, la condannava e la malediceva; sognava di distruggerla e fantasticava di un regime migliore; cercava di convincere i ricchi sull’immoralità dello sfruttamento. Ma il socialismo utopistico non poteva indicare una effettiva via d’uscita. Non sapeva né spiegare l’essenza della schiavitù del salariato sotto il capitalismo, né scoprire le leggi del suo sviluppo, né trovare la forza sociale capace di divenire la creatrice della nuova società”.

Grande diffusione in Francia, nel periodo della restaurazione, ebbero due dottrine del socialismo utopistico: il sansimonismo e il fourierismo. Le quali si rifacevano a Owen, il padre del socialismo utopistico.

ROBERT OWEN

I socialisti utopisti inglesi criticavano il sistema capitalistico e le sue piaghe. Il loro rappresentante più in vista era Robert Owen (1771-1858). Egli iniziò la sua opera come filantropo borghese. In qualità di comproprietario e direttore dal 1800 di un grosso complesso tessile a New Lanark (Scozia), egli promosse una serie di iniziative per migliorare la condizione degli operai: limitò la giornata di lavoro, creò una cassa mutua, asili infantili, scuole ecc.

Tuttavia ciò non lo soddisfaceva, poiché riconosceva che simili iniziative non erano in grado di porre fine allo sfruttamento dei lavoratori. Sicché nel 1817, in una “memoria” alla commissione parlamentare per la lotta contro la disoccupazione, Owen espose per la prima volta un piano dì organizzazione di comunità di lavoro. Tutto il resto della sua vita lo dedicò alla realizzazione di questi ideali.

Nelle sue numerose opere Owen criticò aspramente l'economia capitalistica dell’Inghilterra del suo tempo. Confrontando la situazione dell’Inghilterra sino alla rivoluzione industriale e dopo l’introduzione delle macchine, egli constatò un fatto straordinario: nonostante le forze produttive del paese fossero cresciute di 12 volte, ciò aveva portato non al benessere generale, ma a un enorme aumento della miseria. Owen tuttavia non era nemico delle macchine; egli comprendeva che le macchine arrecano del male solo nelle condizioni del capitalismo.

Il carattere dell’uomo si forma, scriveva Owen, sotto l’influenza dell’ambiente. Siccome nelle attuali condizioni sociali gli uomini sono corrotti, guastati e nemici gli uni degli altri, per poter cambiare gli uomini occorre cambiare - diceva Owen - le condizioni sociali, creare un nuovo sistema sociale.

La cellula della nuova società dovrà essere una comunità che riunisca da alcune centinaia sino a tremila persone. Questa comunità dovrà disporre di un grande appezzamento di terreno e di edifici sociali che devono ospitare le sale comuni e le mense, le scuole, gli ospedali e anche le abitazioni. Dietro gli edifici dovranno esserci i giardini, i campi e i laboratori artigianali. Ogni comunità si dedicherà per lo più all’agricoltura, ma nello stesso tempo a una qualche produzione industriale. Tutti i membri della comunità saranno tenuti a lavorare. Il carattere e la quantità del lavoro dipendono soltanto dall’età. Grazie al largo impiego delle macchine e ai perfezionamenti tecnici il lavoro non dovrà essere gravoso. La distribuzione dovrà essere organizzata su principi comunisti: ad ognuno a seconda delle sue necessità. I membri delle comunità riceveranno dai magazzini comuni tutto il necessario.

Le teorie di Owen si differenziano dai sistemi socialisti di Saint-Simon e Fourier. Infatti la nuova società da lui propagandata è la società comunista. Tuttavia, come i due grandi utopisti francesi del XIX secolo, Owen pensava di realizzare la nuova società con mezzi esclusivamente pacifici. Egli vedeva che le contraddizioni sociali aumentavano, ma non pensava di servirsene nella lotta per realizzare i propri ideali. Al contrario, cercava di evitare le rivoluzioni e sperava di raggiungere l’obiettivo mediante riforme sociali che rispondessero a suo giudizio agli interessi di tutte le classi. La realizzazione di queste riforme, secondo Owen, era possibile immediatamente, organizzando le comunità con l’aiuto materiale del governo e dei privati.

Ma egli riteneva possibile un’altra strada per giungere gradualmente al comunismo; e cioè la cooperazione. I progetti da lui esposti in questo senso, a cominciare dalla cooperazione di produzione fino ai mercati di scambio, erano anch’essi, secondo lui, mezzi per trasformare pacificamente la società capitalistica in società comunista.

Di questa utopia Lenin scriverà nel suo articolo Sulla cooperazione: “In che cosa consiste l’irrealtà dei piani dei vecchi cooperatori a partire da Robert Owen? Nell’avere sognato la trasformazione della società contemporanea mediante il socialismo senza tener conto di una questione cardinale come quella della lotta di classe, della conquista del potere politico da parte della classe operaia, dell’abbattimento del predominio della classe sfruttatrice. E perciò abbiamo ragione, nel considerare questo socialismo cooperativo come del tutto fantastico, romantico e persino ingenuo il suo sogno di trasformare mediante la semplice organizzazione cooperativistica della popolazione i nemici di classe in collaboratori di classe e la lotta di classe in pace di classe (cosiddetta pace civile)”.

CHARLES FOURIER

Charles Fourier (1772-1837) nacque a Besançon in una famiglia di mercanti. Al contrario di Saint-Simon, non ricevette un’istruzione regolare. Dalla prima gioventù e sino quasi alla sua morte, fu costretto a prestare servizio in vari enti commerciali, a lavorare come commesso, agente commerciale e mediatore di Borsa. Ciò gli diede la possibilità di conoscere praticamente il sistema economico-sociale della società borghese, in particolare il meccanismo del commercio capitalistico, le frodi dei mercanti, i loschi affari degli speculatori, le macchinazioni borsistiche. Ben presto si convinse che il sistema borghese a lui contemporaneo era corrotto e lo criticò aspramente.

Fourier pubblicò il suo primo libro Teoria dei quattro movimenti nel 1808; tuttavia, i suoi lavori principali, Trattato sull’associazione agricola domestica (1822) e Il nuovo mondo industriale (1829), furono scritti e pubblicati nell’epoca della restaurazione.

Fourier sottopone a una critica brillante, in alcuni punti oltremodo acuta, la società capitalistica a lui contemporanea. Marx ed Engels ritenevano che proprio la critica sociale costituiva la parte più importante della sua dottrina.

Uno dei grandi meriti di Fourier fu l’analisi delle profonde contraddizioni che dilaniavano la società borghese. Tutte le classi, scrive Fourier, si odiano tra loro. Con particolare forza si manifesta la contraddizione di interessi tra poveri e ricchi, che in pratica sono in stato di guerra. Nell’analisi del sistema capitalistico Fourier scopre i vizi del sistema sociale mediante il quale la maggior parte della popolazione non prende parte a un lavoro socialmente utile.

Degenerato è il sistema attuale di produzione: esso consiste o in un tipo di produzione frammentario e minuto a bassa produttività, oppure nella grossa produzione, basata sul lavoro salariato che degrada gli operai fino alla condizione di schiavi.

Nello stesso tempo la concorrenza, che è la legge fondamentale di tutta la vita economica, abbassa il salario e riduce gli operai al limite della miseria.
In conseguenza di ciò, benché la ricchezza sociale cresca, il livello di vita dei lavoratori si abbassa incessantemente. In tal modo, “dalla stessa abbondanza nasce la povertà”.

L’esempio più lampante di quanto detto era dato da un paese industrialmente sviluppato quale l’Inghilterra. Fourier critica in modo particolarmente dettagliato il commercio capitalistico, poiché, similmente a molti altri socialisti utopisti, egli ricerca la radice del male sociale non nel sistema di produzione, ma nell’organizzazione dello scambio.

I commercianti, egli afferma, sono dei parassiti; essi non soltanto succhiano tutto il sangue dei produttori e dei consumatori, ma si combattono selvaggiamente tra di loro, cercando di rovinare i propri concorrenti, non fermandosi di fronte a nessun atto turpe o disonesto. A parere di Fourier, il commercio turba tutto il “meccanismo industriale” moderno. Il governo diviene sempre più succube dei mercanti e dei ricchi; tutta la moralità pubblica si satura di “spirito mercantile”, e persino il matrimonio non è altro che un affare commerciale.

Alla società capitalistica, con le sue contraddizioni sociali, Fourier contrappone l’ideale di un sistema sociale “armonico”. La cellula principale del sistema armonico è data dalla “falange”, “associazione agricolo-industriale”. La falange, che unisce 1.620 persone ed è organizzata come una società per azioni, ha la funzione di una cooperativa di produzione e consumo che si occupa in primo luogo dell’agricoltura, ma anche di vari settori dell’industria.

Per eseguire tutta una serie di lavori, la falange crea le “serie”, che a loro volta si suddividono in singoli “gruppi”. I membri della falange non sono costretti a compiere un lavoro uniforme ed estenuante, ma possono prendere parte al lavoro delle varie "serie"; come risultato, il lavoro libero diviene per l’uomo una fonte di soddisfazione.

Tutto il reddito della falange, ricavato dalla produzione collettiva, viene distribuito tra i suoi membri. I 5/12 di questo reddito vanno a favore del lavoro, i 3/12 a favore del talento, i 4/12 a favore del capitale, cioè vanno al pagamento dei dividendi degli azionisti fondatori della falange.

I membri della falange vivono in un grande edificio, il falansterio, dove sono situati i laboratori, le mense, le sale comuni di soggiorno, il teatro, la biblioteca, gli alloggi. Ognuno occupa nel falansterio un determinato locale e consuma il cibo in base alle proprie possibilità.

Criticando aspramente la società capitalistica e contrapponendole l’ideale di una nuova società, senza produzione né commercio privati, senza lavoro salariato e miseria, Fourier sviluppò e diede fondamento a tutta una serie di idee ammirevoli, che entrarono a far parte dei sistemi socialisti posteriori.

Fourier affermò per primo il “diritto al lavoro” ed espresse l’idea del lavoro libero, del lavoro piacevole. Egli aveva previsto che nelle condizioni del nuovo sistema sociale, la concorrenza capitalistica sarebbe stata sostituita dall’emulazione. Egli per primo pose la questione della liquidazione delle differenze esistenti tra città e campagna.

Fourier era fermamente convinto che la realizzazione di un sistema nuovo e armonico era legata a una trasformazione sociale pacifica. Per tutta la vita egli si rivolse al potere dei possidenti e dei ricchi affinché gli concedessero i mezzi necessari per l’organizzazione della prima falange “sperimentale”. Egli riteneva negativa la lotta di classe e tentava di conciliare gli interessi dei lavoratori e quelli dei capitalisti, conservando nelle falangi elementi di proprietà privata sotto forma di capitale azionario e di redditi non di lavoro.

SAINT-SIMON

Claude-Henri de Saint-Simon (1760-1825), conte di origine, ricevette in gioventù una ricca formazione culturale, assimilando le idee progressiste del “secolo dei lumi”. Egli aveva preso parte alla guerra delle colonie americane per l’indipendenza; durante la rivoluzione francese rinunciò volontariamente ai suoi titoli nobiliari. Arricchitosi durante il Direttorio, ben presto, tuttavia, si rovinò, dedicandosi poi completamente all’attività pubblicistica e letteraria.

Saint-Simon espresse le proprie idee per mezzo della stampa sin dall’epoca del consolato e dell’impero, ma i suoi lavori più importanti (Sul sistema industriale, Il catechismo degli industriali, Il nuovo cristianesimo ecc.) li scrisse negli ultimi dieci anni della sua vita.

A parere di Saint-Simon tutta la storia dell’umanità è caratterizzata da un progresso ininterrotto; ogni nuovo sistema sociale costituisce un passo avanti rispetto a quello precedente.

Nonostante la sua concezione idealistica, secondo la quale alla base di ogni sistema sociale vi è un determinato sistema filosofico, Saint-Simon riconosce la funzione della lotta di classe nello sviluppo della società.

Tutta la storia della Francia degli ultimi secoli egli l’esamina dal punto di vista della lotta tra due classi, dei feudatari e degli “industriali”. Il compito storico, secondo Saint-Simon, consiste nella creazione di un nuovo ordinamento sociale, nel quale dovrebbero avere il predominio gli “industriali”, cioè tutti coloro che sono legati alla produzione, sia operai che capitalisti.

L’obiettivo principale di questo nuovo sistema “industriale” consiste nel “più rapido miglioramento della condizione fisica e morale della classe più numerosa e più povera della società”. Nel nuovo sistema sociale, che Saint-Simon chiamava “associazione”, non ci saranno elementi parassitari e inattivi. I dirigenti vengono eletti esclusivamente in base alle capacità e al talento. Il Consiglio degli industriali e l’Accademia delle scienze realizzano la direzione pianificata dell’economia. Le precedenti funzioni di direzione si estingueranno gradatamente, e la direzione degli uomini verrà sostituita dalla direzione delle cose.

La nuova società, secondo Saint-Simon, dovrà essere organizzata con metodi pacifici. I seguaci del “nuovo cristianesimo”, come egli chiamava la propria dottrina, dovranno conquistare il mondo non con la forza, ma con la convinzione. Definendo la dottrina di Saint-Simon, Engels notava “l’ampiezza geniale della veduta, per cui le sue concezioni contengono in germe quasi tutte le idee di carattere non strettamente economico dei socialisti posteriori...” (in L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza). Erano le idee dell’economia pianificata, della liquidazione del parassitismo sociale, dell’estinzione graduale dello Stato.

Una funzione importante nella storia del pensiero sociale ebbero le concezioni sociologiche di Saint-Simon sullo sviluppo sociale in base a leggi e sul significato della lotta di classe quale forza motrice del processo storico. Tuttavia, nonostante il loro contenuto positivo, gli ideali sociali di Saint-Simon avevano un carattere impreciso e incoerente. Parlando nella forma più generica della necessità di migliorare la situazione del proletariato, egli nella società progettata non solo conservava i capitalisti, ma affidava loro una funzione dirigente; e in nessuna delle sue opere egli pone il problema della socializzazione dei mezzi di produzione.

LA SCUOLA DI SAINT-SIMON

La dottrina di Saint-Simon venne sviluppata dai suoi seguaci. Già durante la sua vita si era formato un piccolo gruppo di discepoli, i più eminenti dei quali furono Bazard e Enfantin. Dopo la morte di Saint-Simon essi continuarono a diffondere la sua dottrina apportandovi mutamenti e aggiunte.

Le teorie dei sansimonisti furono sviluppate in maniera più completa e sistematica nell’opera in due volumi Illustrazione della dottrina di Saint-Simon, che costituisce un ciclo di lezioni tenute nel 1828-1829 da Bazard e quindi redatte collettivamente.

La causa principale di tutti gli antagonismi sociali i sansimonisti ritenevano risiedesse nello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Nella società contemporanea l’oggetto dello sfruttamento è costituito dagli operai. Gli operai vengono sfruttati materialmente e moralmente, così come una volta gli schiavi.

A differenza di Saint-Simon, i suoi discepoli vedevano già chiaramente l’antagonismo di classe esistente tra gli operai e gli imprenditori. I sansimonisti ritenevano quindi che l’obiettivo principale fosse la liquidazione dello sfruttamento. La loro tesi fondamentale affermava: “L’associazione mondiale è il nostro futuro. A ognuno secondo le sue capacità, ad ogni capacità il suo lavoro: ecco il nuovo diritto che sostituirà il diritto della conquista e il diritto della nascita. L’uomo non sfrutterà più l’uomo, ma l’uomo divenuto compagno dell’uomo sfrutterà il mondo che sarà stato messo in suo potere”.

Per raggiungere questo obiettivo essi ritenevano necessario liquidare il diritto di successione e la proprietà privata dei mezzi di produzione. Proponendo di socializzare i mezzi di produzione i sansimonisti risolvevano nello spirito del socialismo il problema principale della società futura. Le parole d’ordine dei sansimonisti, quali quella della liquidazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e il principio formulato da loro per la prima volta “A ognuno secondo le sue capacità, ad ogni capacità il suo lavoro”, ebbero una funzione importante nella storia del socialismo.

Tuttavia i sansimonisti restarono degli utopisti. Dopo avere parlato dello sfruttamento degli operai, essi non furono in grado di scoprire la sostanza economica dello sfruttamento capitalistico, non compresero la funzione storica del proletariato e sognarono di edificare la nuova società socialista, non con la lotta di classe (che non ritenevano un fattore creativo), ma mediante la predicazione moralistico-religiosa rivolta a tutta l’umanità.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 08/03/2015