LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


SUL CONCETTO DI PROGRESSO

M. van Heemskerck, Il banchiere P. Bicker di Amsterdam (1568)

Il concetto borghese di progresso è un controsenso, poiché da un lato induce a desiderare un'identità paga di sé, dall'altro impedisce di realizzare tale desiderio. Stimola e reprime nello stesso momento. Il capitalista infatti ha bisogno di vendere, ma vuole anche che tutti gli altri abbiano bisogno di comprare. Ma se si può solo comprare, vendendo al massimo la propria "forza-lavoro", come si potrà essere soddisfatti?

Il concetto borghese di progresso rimanda al futuro la nostra emancipazione e intanto nel presente ci fa vivere come alienati, come individui frustrati. Fa pagare prezzi salati e alla fine non garantisce nulla. Spingendo a desiderare sempre più (consumismo), impedisce che gli uomini s'accontentino del minimo indispensabile per vivere dignitosamente, quel minimo che assicura alla loro coscienza che nessun altro sta pagando per loro. Sarà mai possibile diventare poveri e liberi? Non è forse questo il vero progresso: vivere modestamente senza essere schiavi di nessuno, sapendo che la propria ricchezza non dipende dalla miseria degli altri?

Laddove è esistito il comunismo primitivo, il benessere consisteva nel non morire di fame e nella libertà interiore, ovvero nel non temere più di tanto il proprio futuro e quello dei propri figli, nell'avere inoltre un rapporto sano, equilibrato con la natura, con gli altri, con se stessi... Se questo comunismo non è mai esistito, bisognerebbe inventarlo. Ma se lo avvertiamo come desiderio, esso probabilmente s'è conservato nella memoria collettiva, a livello inconscio.

Il benessere vero o è per tutti o è falso. Laddove esistono ingiustizie di varia natura, lì esiste non soltanto benessere materiale per pochi e fame per molti, ma anche un diffuso malessere spirituale, che negli strati inferiori, marginali, meno consapevoli si esprime in forma di ignoranza, superstizione, fatalismo, mentre negli strati superiori si esprime in forma di cinismo e paura: cinismo per poter conservare la propria fortuna, paura quando si teme di perderla.

Questo diffuso malessere spirituale non inquina solo la natura e i rapporti umani, ma anche la coscienza di chi vi si crede immune. Paradossalmente, ci troviamo ad essere oggi, con tutta la scienza, la tecnica, i capitali e le armi che abbiamo, molto più insicuri degli uomini primitivi, che di tutto ciò non possedevano nulla.

Ecco perché dobbiamo affermare un nuovo concetto di benessere, un nuovo senso della qualità della vita. Dobbiamo creare una società in cui ognuno consumi quel che produce (o un prodotto equivalente), in cui gli scambi commerciali siano volontari, non obbligati, e che siano equi, cioè reciprocamente vantaggiosi: una società in cui nessuno possa sfruttare il lavoro altrui, possedendo molto di più di quel che effettivamente gli occorre. Dobbiamo ricondurre tutte le merci al loro valore d'uso.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 08/02/2015