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I VANTAGGI DEL CAPITALISMO
Gli storici devono cominciare a chiedersi se i vantaggi ottenuti con lo sviluppo della società borghese, subito dopo il crollo del feudalesimo, potevano essere considerati sufficienti a legittimare la necessità di una definitiva transizione, ovvero se gli svantaggi correlati a questa transizione non furono così grandi da escludere l'idea che non vi fosse un'altra soluzione alla crisi del feudalesimo. In effetti, oggi appare sempre più chiaro che il capitalismo non è che una variante dello schiavismo (così come d'altra parte lo era il servaggio): le differenze sono più formali (cioè giuspolitiche) che sostanziali (cioè socioeconomiche). La differenza tra capitalismo e feudalesimo sta nell'illusione della libertà o della ricchezza e naturalmente nei mezzi materiali con cui si cerca di alimentare tale illusione. Nel feudalesimo la libertà dipendeva da una ricchezza che si acquisiva per nascita: solo a partire dalla crociate gli esclusi da qualunque forma di eredità (ad es. i cadetti), cercarono di far fortuna come i borghesi. Ricchezza e libertà coincidono sia nello schiavismo, che nel servaggio e nel capitalismo: nel primo caso il metro di misura è il numero degli schiavi che si possiede (ma si conosceva anche la ricchezza fondiaria e quella commerciale); nel secondo caso il metro di misura è la terra; nel terzo è il capitale. Il capitalismo, aumentando l'illusione della libertà, è stato, dal punto di vista dell'onestà intellettuale, un regresso rispetto allo schiavismo romano, dove l'illusione era minima. Il capitalismo non ha fatto che accentuare al massimo l'illusione del servaggio, sostituendo la religione con mille altre droghe. Senza contare il fatto che il capitalismo, per sopravvivere, ha necessariamente bisogno di colonie da sfruttare, mentre il feudalesimo -almeno sino alle crociate- si limitava a uno sfruttamento del lavoro interno. Da ultimo bisogna tener conto che il capitalismo, per alimentare le proprie illusioni, ha bisogno di usare strumenti imponenti e sofisticati, che comportano una notevole distruzione ambientale (e su scala planetaria). Il marxismo da sempre ha detto che il capitalismo sarebbe stato l'ultima illusione. La storia però ha dimostrato che ne può esistere un'altra ancora più sofisticata (sul piano politico-ideologico): quella del socialismo amministrato, di Stato (che è una riedizione del servaggio, e che oggi si trova ancora in Cina). Dobbiamo in sostanza chiederci che possibilità aveva il capitalismo di svilupparsi senza il colonialismo (iniziato praticamente con le crociate, cioè con un'ideologia religiosa -quella cattolica- ben marcata). E' forse giusto esaltare gli aspetti antifeudali del capitalismo, quando, per affermare tali aspetti, esso ha avuto bisogno di inaugurare nuove forme di sfruttamento e di oppressione (su larga scala)? I progressi conseguiti sul piano tecnico, materiale, scientifico sono sufficienti per giustificare il superamento del feudalesimo? E' possibile cioè che dal servaggio, attraverso la lotta politica, non si potesse passare a un'altra forma di società civile, realmente democratica? Perché nell'Europa orientale è potuta avvenire la transizione dal feudalesimo al socialismo (seppure di Stato), senza passare per il capitalismo? La risposta, probabilmente, va cercata nello sviluppo diverso delle tre ideologie religiose: cattolica, protestante e ortodossa, o comunque nel diverso tipo d'influenza che queste ideologie hanno esercitato sui rapporti sociali. Non a caso l'inizio dei rapporti borghesi è avvenuto in Europa occidentale, quando si era definitivamente consumata la rottura tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso. Solo che lo sviluppo di tali rapporti ha trovato la sua maggiore coerenza nell'area protestantica non in quella cattolica. La chiesa romana, infatti, essendo eminentemente politica, non tollera che si formi al proprio interno una classe che in nome del capitale possa minacciarne il potere. La chiesa romana è una chiesa feudale il cui potere economico è sostanzialmente legato alla terra. L'ideologia cattolica non favorisce di per sé i rapporti borghesi, ma non ha neppure in sé la forza (morale) per escludere tale evoluzione: essa cerca solo di usare la forza politica per opporsi alla borghesia, ma questo ha potuto farlo in Italia sino all'unificazione nazionale, in Francia sino alla Rivoluzione dell'89, ecc. La capacità di opporsi idealmente al capitalismo è diminuita, nel cattolicesimo, in misura proporzionale al suo distacco dall'ortodossia. Il protestantesimo, dal canto suo, ha potuto perorare al 100% la causa della borghesia perché, rompendo col cattolicesimo, ha evitato di ricollegarsi all'ortodossia (infatti ha eliminato il concetto di "tradizione"). E così oggi è solo la chiesa cattolica che ancora s'illude di poter realizzare sul piano politico una "terza via" tra socialismo e capitalismo. Né l'ortodossia, né, per motivi diversi, il protestantesimo si sono mai preoccupati di questa cosa. Nei Paesi protestanti, sul piano etico, si sono realizzati dei rapporti umani individualistici e cinici, perché basati sul denaro; nei Paesi cattolici ancora ci si illude che l'ideologia religiosa abbia in sé il potere d'impedire che si formino dei rapporti del genere. Il persistere di concetti come "Stato assistenziale" o "garantista", "capitalismo popolare" ecc. sono appunto il frutto di questa illusione. In Italia le forze conservatrici, che da mezzo secolo stanno al potere (e che dicono d'ispirarsi al cattolicesimo e che fino a qualche tempo fa s'illudevano di poter "umanizzare" il capitalismo), si sono sempre meravigliate, lamentandosene, della grande forza (almeno sul piano quantitativo) delle masse comuniste. In realtà, tale forza trovava la sua ragion d'essere proprio nella presenza autorevole, nel nostro Paese, del cattolicesimo, il quale, nonostante i suoi dualismi, ha saputo trasmettere, per un certo periodo di tempo, l'esigenza di un ideale di giustizia anche in quei soggetti usciti dalla chiesa cattolica. Paradossalmente, proprio l'affermazione del socialismo avrebbe permesso agli ideali del cattolicesimo di sopravvivere meglio (seppure ovviamente in forma laicizzata). Tuttavia, la chiesa cattolica non ha mai accettato questa soluzione (almeno in Occidente), proprio perché è una chiesa sostanzialmente legata al potere politico: essa ha sempre preferito considerare come suo principale nemico il comunismo invece del capitalismo. Salvo poi lamentarsi, con ipocrisia, che dopo il crollo degli ideali comunisti non s'intravede più in Occidente una lotta politica per la giustizia. Viceversa, nel Terzo mondo la chiesa cattolica (slegata dal potere istituzionale) ha preferito mettersi in rapporto con le ideologie socialiste. E' curioso che il crollo "storico" del socialismo stia trascinando con sé anche quello "ideale" del cattolicesimo. Tuttavia il vero crollo "storico" del cattolicesimo avverrà soltanto quando il socialismo avrà realizzato gli ideali della democrazia sociale e dell'umanesimo integrale. Prima di allora il destino del cattolicesimo occidentale sarà sempre più quello di trasformarsi, all'ovest, in un'ideologia analoga a quella protestantica (con qualche settore interessato all'ortodossia), e al sud in un'ideologia legata agli ambienti di sinistra. |