UMANESIMO E RINASCIMENTO

NASCITA E SVILUPPO DELLA MODERNA CULTURA BORGHESE


L'UMANESIMO

Eleonora di Toledo col figlio, di Angelo Bronzino, Firenze, Galleria degli Uffizi

L'Umanesimo è un movimento culturale che si afferma in Italia nel 1400, cioè in un periodo storico in cui tutti i tentativi di creare uno Stato unitario (almeno nell'Italia centro-settentrionale) erano falliti; cinque Stati regionali avevano imposto a tutta la penisola una politica di equilibrio e di spartizione delle zone d'influenza (Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli).

L'Umanesimo nasce per primo in Italia perché qui, prima o più che altrove, esistevano le condizioni favorevoli alla nascita dei rapporti economici capitalistici. Nei secoli XIV e XV l'Italia era uno dei paesi più progrediti del mondo. Già nel XIII sec. le città italiane avevano difeso vittoriosamente, nella lotta contro l'impero tedesco, la propria indipendenza. Verso la metà del XIII sec. in molte città-stato repubblicane era avvenuta l'emancipazione dei contadini dalla servitù della gleba, anche se a ciò non corrispondeva quasi mai un'equa distribuzione della terra. La libertà conquistata dai contadini era più che altro "giuridica", il che non poteva impedire loro di trasformarsi in operai salariati nelle fabbriche di panno (opifici) o in braccianti, sfruttati da artigiani arricchiti, i quali consegnavano loro la materia prima o semilavorata ricevendo in cambio il prodotto finito; dai maestri delle corporazioni, che spesso li costringevano a restare garzoni e apprendisti per sempre; da mercanti-imprenditori, che li utilizzavano nelle loro manifatture solo per produrre merci d'esportazione, offrendo loro salari molto bassi, orari molto pesanti, mansioni parcellizzate, pochissimi diritti e stretta sorveglianza sul luogo di lavoro; da altri ricchi contadini neo-proprietari o persino dagli stessi feudatari di prima che ora li sfruttano con altri metodi (ad es. la rendita in denaro).

La più famosa rivolta dei contadini italiani fu quella guidata da Fra Dolcino, agli inizi del '300. Si può anzi dire che la repressione di tutti i movimenti ribellistici di quell'epoca (cardatori della lana, lanaioli, ecc.: vedi ad es. il tumulto dei Ciompi a Firenze), contribuì anch'essa all'istituzione di signorie e principati, cioè di governi centralizzati e autoritari.

L'avvento delle Signorie, iniziato nel Trecento, aveva determinato l'estendersi territoriale dei confini dei Comuni più grandi, ma anche la fine dell'autonomia di molti altri Comuni e soprattutto la sostituzione del principio politico della repubblica con quello della monarchia. Tuttavia le Signorie sono state anche una risposta (seppure autoritaria) alle continue lotte intercomunali e intracomunali.

La formazione delle Signorie contribuisce allo sviluppo dell'Umanesimo, perché: 

  • organismi territoriali molto estesi, dotati di un complesso apparato burocratico-amministrativo e diplomatico, di corti culturali e politiche, portavano ad aumentare la richiesta di personale qualificato; personale che le Università tradizionali, ancorate ai programmi e alla didattica dell'enciclopedismo scolastico-aristotelico, non potevano fornire; di qui la nascita di nuove scuole (private) e accademie presso le corti; 
  • oltre a ciò va considerato il fatto che il processo di formazione dei Comuni (iniziato sin dal mille e protrattosi fino all'avvento delle Signorie) aveva sì favorito l'autonomia economica e sociale dei ceti borghesi e commerciali, ma non era ancora riuscito a darsi una giustificazione teorica, di tipo etico-politico, filosofico-morale. E' appunto dal mondo antico che l'Italia umanistica delle Signorie trarrà gli spunti e gli esempi più significativi di virtù civili, di gloria militare, di eroismo personale, di autocontrollo delle passioni, di raffinato gusto estetico, che le serviranno per legittimare la propria diversità dal Medioevo (dall'"età di mezzo" -come veniva chiamato, in quanto, secondo gli umanisti, li divideva dall'epoca classica). Probabilmente i risultati più significativi e duraturi l'Italia li ottenne non sul terreno economico e politico, ma su quello culturale, con la nascita dell'Umanesimo prima e delle arti rinascimentali dopo.

CARATTERISTICHE DELLA CULTURA UMANISTICA

Riscoperta del mondo classico greco-latino (si studiano le lingue classiche, si ricercano antichi testi da interpretare in maniera filologica, erudita, razionale e critica: ad es. i testi degli antichi vengono analizzati attraverso il confronto fra i vari codici). La preoccupazione è quella di ristabilire l'esatto testo degli autori antichi, non più accettati nella lezione tradizionale medievale. Umanista non è solo -come nel Medioevo- lo studioso di retorica e di grammatica, ma un soggetto di "nuova umanità", cioè non solo nel senso che studia poesia, retorica, etica e politica (humanae litterae), senza più fare riferimento alla teologia scolastica, ma anche nel senso che lo studioso non è soggetto a una tradizionale autorità, essendo capace di autonomia critica e di senso storico, dovuto alla sua altissima cultura. L'umanista imita, stilisticamente, Cicerone nella prosa, Virgilio nell'epica, Orazio nella lirica: cerca addirittura di riproporre i loro problemi e di imitarli nelle loro virtù morali e politiche, nel loro razionalismo e naturalismo. Il Medioevo invece si era più che altro preoccupato di "ribattezzarli" secondo le esigenze della religione cristiana.

Chi sono dunque gli umanisti? Sono intellettuali al servizio di una corte signorile, sono ricercatori eruditi e collezionisti di codici antichi, studiati in maniera filologica, al fine di stabilirne l'autenticità, la provenienza, la storicità (ad es. Lorenzo Valla dimostrò che la Donazione di Costantino è un falso medievale dell'VIII sec. elaborato per giustificare le pretese temporali del papato). Alcuni metodi di critica testuale o filologica sono validi ancora oggi: ad es. il carattere disinteressato della ricerca, per "amore" della verità. Grazie a loro nascono le prime biblioteche (quella Malatestiana a Cesena è del 1447-52) e nuove figure professionali: mercante di codici, libraio, tipografo...

L'Umanesimo, riscoprendo il valore dell'autonomia creativa dell'uomo, superando i concetti tradizionali di autorità, rivelazione, dogma, ascetismo, teologia sistematica, tradizione con l'esigenza prioritaria di una riflessione personale, critica, Rompendo in sostanza l'unità enciclopedica medievale, inizia il processo di autonomia delle singole discipline, permettendo all'uomo di conoscere e dominare le leggi della natura e della storia. La riscoperta dell'autonomia della natura, con le sue leggi specifiche, porta allo sviluppo delle scienze esatte e applicate. Leonardo da Vinci traduce in scienza applicata le sue intuizioni nel campo dell'ottica, della meccanica, della fisica in generale. Architetti e ingegneri passano dalla progettazione di singoli edifici a quella di intere città. Geografi e cartografi saranno di grandissimo aiuto ai navigatori e agli esploratori dei nuovi mondi (vedi ad es. l'uso della bussola e delle carte geografiche). Grande sviluppo ebbero la medicina, la botanica, l'astronomia, la matematica, le costruzioni navali... La borghesia aveva bisogno dello sviluppo delle scienze basate sull'esperienza e sul calcolo, indispensabili alla produzione e al commercio dei beni di consumo.

LE CONTRADDIZIONI DELL'UMANESIMO

L'Umanesimo:

  • afferma la dignità e l'autonomia dell'uomo nel momento in cui diventa cortigiano al servizio delle Signorie, per le quali la cultura è un elegante forma di pubblicità o un mezzo di evasione. Spesso infatti gli umanisti si consideravano una casta intellettuale al disopra del popolo. L'Umanesimo in sostanza esalta lo spirito critico mentre si estingue la dinamica politica del Comune, soffocata dalla dittatura delle Signorie.
  • acquisisce il senso della storia quando l'Italia viene tagliata fuori dal grande processo di formazione degli Stati nazionali. Paradossalmente, l'umanesimo, senza saperlo, prende a modello il mondo classico mentre la società borghese del '400 si stava avviando alla decadenza.
  • afferma degli ideali di rinnovamento socio-culturale, ma l'intellettuale resta isolato dalla società: ama la solitudine, rivaluta la tranquillità della campagna, usa il latino quando scrive, rinunciando al volgare (che tutti possono capire), tende all'idillio in letteratura, esaltando il valore della bellezza e dell'armonia formale. Non dimentichiamo che l'umanista è anche colui che giustifica l'idea secondo cui il successo rende leciti i mezzi con cui lo si consegue. Essendo fondamentalmente individualista, l'umanista considerava la soddisfazione delle esigenze dell'individuo un fine in se stesso. Sotto questo aspetto, le personalità che più si dovevano stimare -secondo l'umanista- erano quelle "emergenti" per ricchezza, cultura e potere.

Gli umanisti non furono contrari al cristianesimo ma alla scolastica medievale: furono anzi i primi a evidenziare una notevole autonomia di giudizio, eppure non ebbero mai la forza di creare un movimento di riforma religiosa analogo a quello protestante.

Perché queste contraddizioni? Perché pur esistendo in Italia, a quel tempo, l'esigenza di superare la tradizione medievale e il particolarismo locale, non si aveva la sufficiente forza per realizzare questa esigenza di unificazione nazionale.

* * *

Il termine "umanesimo" viene da "studia humanitatis" ed è sorto in contrapposizione agli studi teologici, della Scolastica e all'esperienza cristiana medievale.

Gli umanisti hanno voluto far credere che lo sviluppo autonomo della personalità umana sia iniziato solo a partire dalla sconfitta dell'idea di teocrazia, al punto che si è considerato tutto l'arco del Medioevo come una sorta di esperienza e di pensiero oscurantista.

E gli storici, i critici letterari, artistici, ancora oggi, credono vera l'interpretazione che gli umanisti hanno dato della loro svolta storica.

In realtà è assurdo sostenere che nel Medioevo non vi fu sviluppo della personalità. Il fatto di essere legati alla produzione agricola, alla terra, alle tradizioni rurali, alla filosofia del buon senso e del senso comune, a una concezione religiosa della vita, non significa che si fosse in presenza di una civiltà arretrata, sottosviluppata ecc.

Il fatto che gli intellettuali di estrazione borghese ad un certo punto abbiano cominciato a parlare di "umanesimo", in contrapposizione all'ecclesiologia, non significa affatto che tale "umanesimo" fosse davvero "umano", cioè "democratico", "egualitario", "pluralista".

Umanesimo e Rinascimento furono modi di vivere e di pensare di una determinata classe: quella borghese, soprattutto quella intellettuale. La stragrande maggioranza della popolazione rimase rurale e cristiana, benché in forme e modi sempre più distanti da quelli dell'ufficialità della chiesa romana.

Gli intellettuali borghesi (in Italia prima che altrove) furono sì "umanisti", ma non "popolari", furono sì "laici" ma non "democratici".

Questi intellettuali, in Italia, non seppero mai convogliare le loro idee verso quel movimento popolare di contestazione religiosa che in Europa settentrionale prenderà il nome di Riforma protestante. Non seppero mai porre le basi per uno sviluppo "democratico popolare" della "democrazia borghese". Come d'altra parte non vi riuscì la stessa Riforma, il cui risvolto più conseguente: la Guerra dei contadini, venne tragicamente represso dalle forze più retrive del tardo feudalesimo con l'avallo degli stessi riformisti.

Gli intellettuali borghesi italiani fecero una rivoluzione più teorica che pratica, se si esclude ovviamente quella artistica e letteraria, che fu pur sempre una innovativa "pratica estetica e stilistica".

La chiesa romana, infatti, con la Controriforma, seppe metterli a tacere prima ancora che scoppiasse la Riforma. Quello che Marx disse degli idealisti tedeschi, che fecero una rivoluzione del pensiero mentre i francesi fecero una rivoluzione politica vera e propria, noi dobbiamo dirlo dei nostri intellettuali nel confronto coi teologi protestanti.

E non a caso detta chiesa scelse, come principale aiuto secolare, le dinastie aragonese e borbone, cioè quanto di più arretrato vi fosse nell'Europa post-feudale.

Con questo naturalmente non si vuole sostenere che non si fosse in presenza di una profonda crisi del clericalismo e dell'idea di teocrazia, o che tale utopia antistorica non dovesse essere superata ecc. Si vuole semplicemente dire che l'alternativa attuata dagli umanisti (e dai rinascimentali) non va considerata come l'unica possibile (non a caso altrove, in Europa, furono fatte la Riforma e la Guerra dei contadini), l'unica che ci abbia permesso di allargare i confini della democrazia fino a quelli attuali.

In realtà non è ancora nata una vera alternativa laico-democratica all'esperienza religiosa medievale. Da circa mezzo millennio noi, in Europa occidentale, stiamo sperimentando semplicemente un'alternativa di tipo "borghese".

L'unica vera alternativa può essere soltanto quella del socialismo democratico.

UMANESIMO COME FORMA DI LAICIZZAZIONE

Umanesimo, sostanzialmente, vuol dire "laicizzazione". L'ideologia antropocentrica dell'Umanesimo, le cui basi vanno ricercate nella riscoperta medievale dell'aristotelismo (per quanto gli umanisti lo neghino), si è sviluppata, in Italia, sino alla Controriforma, raggiungendo il vertice in due figure di spicco, le cui idee troveranno maggior seguito al di fuori del nostro paese, soprattutto laddove la Riforma protestante potrà continuare a svilupparsi senza particolari problemi. Questi personaggi sono Nicolò Machiavelli, che fonda la scienza della politica, e Galileo Galilei, che fonda la scienza sperimentale.

In entrambi l'emancipazione dalla religione, fatte salve quelle affermazioni di circostanza utilizzate in maniera puramente convenzionale, per poter operare il più possibile, ha comportato lo sviluppo di idee individualistiche, e quindi borghesi, che hanno costituito una sorta di punto di non ritorno. A loro due bisognerebbe aggiungere anche la figura di Giordano Bruno, che fonda il moderno ateismo naturalistico.

Tuttavia la borghesia, avendo un "contenuto di classe", socialmente non democratico, anche se politicamente e giuridicamente più democratico del servaggio feudale, ha sempre bisogno di un appoggio, diretto o indiretto, da parte della chiesa, per cui non ha mai amato un'affermazione esplicita in direzione dell'ateismo, così come invece tendono a fare le correnti socialcomuniste più consapevoli dei tempi moderni. Ecco perché per ritrovare i principi dell'ateismo naturalistico bruniano si dovrà attendere la critica all'hegelismo da parte di Feuerbach.

In tal senso è bene precisare che se anche l'Umanesimo ha affermato dei valori che, proprio per il modo elitario d'essere vissuti, non avrebbero mai potuto costituire una vera alternativa al sistema feudale, resta pur sempre vero che quei valori costituirono una base di partenza per lo sviluppo dell'umanesimo laico in generale, il quale, ad un certo punto, di fronte al maturarsi delle condizioni sociali capitalistiche in cui quei valori venivano a trovarsi, si tradusse nella contestazione più radicale contro quelle stesse condizioni, espressa dal socialismo scientifico.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che proprio per il loro carattere classista quei valori umanistico-borghesi furono così politicamente deboli da non riuscire a impedire né lo sviluppo della Controriforma né il ritorno al feudalesimo. Ma resta indubbio che la ripresa della lotta contro la reazione feudale, che dal concilio di Trento si protrarrà sino al congresso di Vienna del 1815, avvenne proprio all'insegna di quei valori, cui si vollero aggiungere nuove istanze politiche, quali la lotta di liberazione nazionale contro lo straniero, l'impegno a realizzare un unico mercato interno attraverso l'unificazione nazionale e linguistica, la necessità di abolire lo Stato pontificio e di sottrargli non solo gli immensi latifondi, ma anche la gestione dell'istruzione dei cittadini. Che poi tutto ciò avvenne, ancora una volta, coi grandi limiti di un qualunque "umanesimo borghese", è assodato, al punto che ogniqualvolta la borghesia compiere qualcosa di "rivoluzionario", inevitabilmente si finisce col parlare di "rivoluzione tradita".

Resta tuttavia il fatto che una qualunque critica del sistema capitalistico oggi non può più essere fatta in nome di ideali religiosi, sia perché questi ideali non hanno mai avuto e mai avranno la forza di ribaltare alcun sistema antagonistico, sia perché questi stessi sistemi, in genere, non hanno scrupoli nel servirsi proprio di ideali religiosi come puntello per poter continuare a sopravvivere.

L'ANTROPOCENTRISMO DELL'UMANESIMO

Sia i rinascimentali che i medievali erano antropocentrici, ma in maniera molto diversa. Il geocentrismo era visto, nel Medioevo, in funzione di una realtà divina perfetta, esterna alle mutevoli e contingenti realtà terrene. Inevitabilmente quindi si aveva la percezione di vivere sulla Terra un momento di transizione verso la cosiddetta "Gerusalemme celeste".

Per gli umanisti e i rinascimentali, invece, antropocentrismo significa che la divinità va relegata in periferia, anche se esplicitamente non hanno mai avuto il coraggio di affermarlo.

In loro però quanto più si prende consapevolezza d'essere un semplice puntino nell'universo, tanto più ci si concentra sull'antropocentrismo individualistico, tutto solo terreno, in virtù del quale s'impone un certo relativismo etico. Tutto appare relativamente lecito, non dovendo il borghese rendere conto, per qualunque cosa faccia, a istanze superiori di tipo religioso. La Terra appare soltanto uno dei mondi possibili e forse neppure il migliore: in essa si può soltanto cercare d'essere il più felici possibile, nella consapevolezza che oggi le cose ci sono e domani no, e se anche il denaro, da solo, non può fare la felicità, non averne è sicuramente peggio. Ecco, questo era il modo di ragionare di un qualunque umanista o rinascimentale di cultura borghese.

L'eliocentrismo è servito per togliere all'uomo la sua centralità nell'universo, che, per i medievali, corrispondeva a una dichiarata subordinazione alla realtà divina. Praticamente s'è buttata via l'acqua sporca col bambino. Cioè non si è capito che l'uomo è davvero al centro dell'universo e senza la tutela di alcun dio creatore. S'è voluto fare dell'eliocentrismo una questione anti-teologica, senza capire che l'intuizione ecclesiale di mettere l'uomo al centro era giustissima e andava soltanto privata del suo involucro mistico.

Forse questo misconoscimento della centralità umana nell'universo è dipeso dal fatto che gli umanisti non andavano a ricercare la verità in se stessi, ma in tutto ciò che era al di fuori di loro, fossero testi classici da recuperare, operazioni scientifiche da verificare tecnologicamente, indagini sulla natura e il cosmo, riflessioni filosofiche libere da condizionamenti teologici...: tutto poteva servire per cercare di affermare una personalità indipendente dalla tradizione ecclesiastica, feudale e contadina. Essi erano assolutamente convinti che, grazie ai loro studi, alla loro erudizione, si sarebbero potute porre le basi di una civiltà molto diversa da quella espressa dal "buio Medioevo". L'idea di "progresso" nasce con loro.

Anche il rapporto con la natura cambia completamente, in quanto in essa gli umanisti vedono solo leggi scientifiche, che vanno conosciute e padroneggiate al fine di poterla meglio dominare. Essi si sentono uomini di natura e non religiosi o di chiesa: solo che nei confronti della natura vogliono esercitare un dominio non molto diverso da quello che il papato voleva esercitare sul piano politico e ideologico. Non dobbiamo infatti dimenticare che la borghesia nasce all'interno della chiesa romana e, per quanto indifferente fosse alla religione, dimostra d'averne assorbito la pretesa egocentrica di dominare il mondo.

La debolezza degli umanisti e dei rinascimentali stava, in fondo, proprio nel fatto che alle pretese di una religione dispotica non avevano saputo opporre un'etica davvero democratica ed egualitaria. Anzi, all'universalismo del sapere medievale, tutto incentrato sulla teologia o comunque ad essa subordinato, avevano inaugurato un sapere specialistico e parcellizzato, che farà perdere agli studiosi quella necessaria visione d'insieme delle cose che aiuta sempre a dare un senso etico e finalistico alle proprie ricerche, in grado di andare oltre l'utile immediato. Ancora oggi stiamo pagando le conseguenze di questa separazione di tutte le discipline (diritto politica economia scienza arte...) da valutazioni stringenti di tipo etico.

È assurdo sostenere, anche da parte degli storici, che la chiesa medievale, di per sé, solo perché caratterizzata da elementi "mistici", sia stata meno "umanistica" dell'Umanesimo borghese; o che nell'ambito di tale chiesa non si poteva essere "liberi", in quanto si doveva sempre tener conto di interessi estranei alla propria ricerca, mentre la vera "libertà" sta nell'autonomia dell'indagine conoscitiva. Come se un ricercatore potesse pretendere un'indipendenza assoluta rispetto all'ambiente in cui opera! Come se il proprio ingegno non necessitasse costantemente di una verifica etica dei suoi presupposti! Come se un artista, un letterato, uno scienziato potesse davvero pretendere di non essere condizionato da alcunché! Gli umanisti non erano forse al servizio dei potenti di turno? Le loro ricerche non erano forse finalizzate ad accrescere il potere di chi li pagava?

IN SINTESI

    L'Umanesimo e il Rinascimento (1400-1550) nascono per primi in Italia perché qui, prima che altrove nel mondo, si era sviluppata una classe borghese che (già a partire dai Comuni del Mille) voleva sentirsi autonoma da qualunque potere istituzionale, laico o ecclesiastico che fosse.
    L'Umanesimo e il Rinascimento si sviluppano sul piano filosofico e soprattutto artistico, mentre nel resto dell'Europa sanguinose guerre civili portano alla formazione delle monarchie assolutistiche nazionali, appoggiate dalla borghesia, che necessita di un unico mercato nazionale contro il decentramento dei nobili feudali, che non sopportano d'essere governati da un potere centrale.
    Gli umanisti affermano la priorità o centralità dell'uomo (antropocentrismo) e della natura (ilozoismo-panpsichismo), e quando fanno riferimento alla divinità, o la trattano come un'entità astratta, ineffabile o indicibile, di tipo filosofico (nei cui confronti al massimo si può sostenere una "dotta ignoranza"), oppure ne parlano per non andare incontro a spiacevoli conseguenze nei confronti del potere clericale.
    Rispetto ai dogmi della fede, alle tradizioni religiose e all'autorità ecclesiastica affermano una certa priorità dei sensi, della ragione e dell'esperienza (per non avere ritorsioni sostengono la teoria della "doppia verità", per cui talune idee possono essere vere in campo filosofico e teologico a seconda del contesto di riferimento, pur essendo tra loro contraddittorie: il che voleva dire che ragione e fede possono marciare separate). Questo perché vogliono l'uomo libero di credere, senza imposizioni dovute a tradizioni o poteri costituiti.
    Non hanno particolare interesse per la riforma protestante del 1517 (luterana-calvinista) perché la vedono come la lotta di una religione contro un'altra religione, mentre loro vogliono porre l'umanesimo (tendenzialmente laico-borghese) in opposizione culturale (non politica) a tutte le religioni (che considerano tra loro equivalenti). Quando parlano di religione lo fanno in maniera razionale, non mistica o teologica. Si sentono cosmopoliti, irenici (tolleranti), ecumenici (disposti a cercare integrazioni interconfessionali in nome di ideali umanistici)...
    Quando parlano di "anima", generalmente intendono qualcosa di astratto, non definibile, di carattere universale e non individuale, qualcosa più che altro di natura psichica, non superiore alle funzioni del corpo.
    Quando trattano di argomenti scientifici si basano sull'induzione esperienziale e non sulla logica sillogistica e deduttiva di Aristotele, per loro vuota di contenuto. Tuttavia quando rileggono Platone e Aristotele capiscono che da questi filosofi poteva emergere anche un certo interesse per la scienza e la tecnica (matematica, fisica, astronomia, botanica...) che per tutto il Medioevo non era stato preso in considerazione, in quanto le teorie platonico-aristoteliche erano state usate solo in senso teologico o al massimo logico (sant'Agostino aveva preferito Platone, san Tommaso invece Aristotele). E comunque più che a Platone e Aristotele, cercano di recuperare la filosofia post-aristotelica, quella ellenistica: stoica, epicurea e scettica.
    Per loro anzitutto viene l'individuo borghese (cortigiano al servizio di una signoria, mercante, imprenditore, artigiano, libero professionista, intellettuale, artista) e solo in secondo luogo le altre importanti figure sociali come il nobile e il clero. Non hanno interesse né per il mondo contadino né per quello operaio.
    Non s'impegnano né contro la Chiesa romana (diversamente dai protestanti) né a favore dell'unificazione nazionale (a parte Machiavelli), in quanto pensano che lo Stato della chiesa sia una realtà troppo forte per essere abbattuta.
    Per conoscere le leggi della natura vivente si servono di magia, alchimia, astrologia, ma studiano anche matematica, geometria e medicina (inizia a svilupparsi l'anatomia). Applicano generalmente la matematica e la geometria all'arte, all'architettura e alla cartografia. In campo artistico il simbolismo religioso perde la sua pregnanza, sostituito da un'arte prospettica, tridimensionale o da una ritrattistica favorevole al ceto borghese.
    Grazie agli intellettuali greco-bizantini emigrati in Italia in seguito all'occupazione turca dell'Asia minore, riprendono gli studi della lingua greca classica, leggendo in originale i testi della filosofia greca, non fidandosi delle traduzioni arabe né delle interpretazioni della teologia scolastica. Lorenzo Valla scopre che la Donazione di Costantino è un falso del VIII secolo.
    Nei confronti dell'universo iniziano ad affermare l'idea di una infinità nello spazio e poi nel tempo, nel senso che non vi è né un centro né una periferia. Se l'uomo è al centro dell'universo, lo è solo in senso morale, non fisico, in quanto la Terra fa parte di un sistema solare fra tanti (no al geocentrismo medievale; sì a una pluralità di mondi, anche abitabili). Microcosmo (uomo, pianeta terra) e macrocosmo (universo) coincidono e la divinità non è più grande dell'universo che la contiene (panteismo). Se l'universo è infinito, è anche eterno, non creato. Si prospettano idee evoluzionistiche contro quelle creazionistiche. Come principio fondamentale della materia si individua l'unità degli opposti (coincidentia oppositorum), che si attraggono e si respingono di continuo, come una legge universale e necessarie.
    Alcuni umanisti (Tommaso Moro, Utopia, e Campanella, La città del Sole) capiscono l'importanza di abolire la proprietà privata dei fondamentali mezzi produttivi, e un filosofo come Montaigne capisce la relatività delle culture, anzi la superiorità della cultura primitiva basata sulla semplicità.
    L'Umanesimo e il Rinascimento subiscono un tracollo in seguito ad alcuni eventi storici: 1. occupazione dell'impero bizantino da parte dei turchi, che blocca i commerci con l'oriente; 2) scoperta dell'America, che sposta il baricentro dei commerci dal Mediterraneo all'Atlantico; 3) controriforma del Concilio di Trento (1545-63), che blocca sia lo sviluppo della riforma protestante in Italia che quello della borghesia, temendo che questa possa rivendicare un potere politico ostile al papato; 4) la mancata unificazione nazionale porta la penisola italiana ad essere soggetta a continue invasioni straniere da parte di Francia e Spagna, delle quali la seconda avrà la meglio.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Moderna
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Aggiornamento: 19/09/2015