TEORIA
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CRISTIANESIMO E FILOSOFIA
Sul rapporto tra cristianesimo delle origini e filosofia Giovanni Paolo II scrive: “L'incontro del cristianesimo con la filosofia non fu immediato né facile. La pratica di essa e la frequentazione delle scuole apparve ai primi cristiani più come un disturbo che come un'opportunità. Per loro, primo e urgente dovere era l'annuncio di Cristo risorto da proporre in un incontro personale capace di condurre l'interlocutore alla conversione del cuore e alla richiesta del Battesimo. Ciò non significa, comunque, che essi ignorassero il compito di approfondire l'intelligenza della fede e delle sue motivazioni. Tutt'altro. Ingiusta e pretestuosa, pertanto, risulta la critica di Celso, che accusa i cristiani di essere gente «illetterata e rozza». La spiegazione di questo loro iniziale disinteresse va ricercata altrove. In realtà, l'incontro con il Vangelo offriva una risposta così appagante alla questione, fino a quel momento ancora non risolta, circa il senso della vita, che la frequentazione dei filosofi appariva loro come una cosa lontana e, per alcuni versi, superata”.1 La fede arriva dove la filosofia non è mai arrivata. Nel Vangelo c’è, in parole semplici e alla portata di tutti, la risposta che non si trova in nessun libro di filosofia. L’adesione al cristianesimo è una conversione, un radicale rovesciamento dei valori (Discorso della Montagna), una rivoluzione della coscienza. Il cristianesimo primitivo è rivoluzionario, sia rispetto alla cultura dominante che rispetto all’ordine sociale e politico: l’avvento, creduto ormai prossimo, del regno di Dio travolgerà il vecchio mondo. La prospettiva rivoluzionaria non pone problemi alle masse subalterne ed incolte che non hanno nulla da perdere con la fine del vecchio mondo: più radicale è il cambiamento e meglio è. I membri delle classi dirigenti, invece, convertendosi devono decidere che cosa fare del loro vecchio mondo e della sua cultura: tutto ciò che appartiene al passato va abbandonato o può essere conservato, con opportuni adattamenti, nel nuovo corso della storia? Se qualcuno decide per un totale cambiamento, i più sono per conservare ciò che del vecchio mondo può essere riutilizzato nel nuovo. Sono le cose stesse a premere per questa seconda soluzione. Una prima spinta al riciclaggio della cultura classica in senso cristiano, infatti, viene dalla necessità di difendere la nuova fede dagli attacchi provenienti dal mondo abbandonato. Agli uomini di cultura che, come Celso, attaccano il cristianesimo, accusandolo di essere “illetterato e rozzo”, i cristiani colti neoconvertiti rispondono anche usando tutto il loro armamentario culturale. L’uso dei vecchi strumenti culturali in funzione apologetica del cristianesimo ne promuove, a sua volta, anche l’uso per strutturare concettualmente la nuova fede. Si tratta, peraltro, di un uso che ha nel testo fondamentale della nuova religione un importante appiglio: il vangelo di Giovanni inizia, infatti, con la parola Logos, centrale nella filosofia greca. Se la parola più importante delle filosofia greca apre il quarto vangelo, la filosofia può, legittimamente, essere assunta a servizio della nuova fede. Giustino (nato in Palestina all’inizio del secondo secolo e morto martire a Roma verso il 165) pensa che in ogni uomo siano presenti germi di Logos divino ed che sia quindi possibile trovare in personaggi come Socrate e Platone elementi parziali della verità che Cristo annuncia nella sua interezza. Clemente Alessandrino (150 – 215), vede nel cristianesimo il compimento di quanto di meglio la cultura precristiana ha elaborato. Origene (185 – 253) si muove nella stessa direzione e pensa ad un recupero di quanto nella cultura classica è compatibile col messaggio cristiano. La Rivelazione dà senso alla cultura precedente, permette il recupero di verità in essa nascoste e rende possibile la sua traduzione in lingua cristiana. Si afferma il metodo dell’interpretazione allegorica, già usato in campo ebraico da Filone di Alessandria (20 a. C. – dopo il 40 d. C.) ed ereditato anch’esso dal mondo classico dove veniva praticato sui testi di Omero e di Esiodo. Certo, c’è anche chi ha con la vecchia cultura un atteggiamento opposto. Tertulliano (nato a Cartagine tra il 150 e il 160 e morto a Cartagine nel 220), vede nella curiosità e nella ricerca il peccato capitale della cultura classica e la fonte di eresie (lui teme particolarmente quella gnostica) nella comunità cristiana: dopo Cristo curiosità e ricerca non hanno più senso. Si tratta, però, di tendenze sempre più minoritarie, anche se destinate a non scomparire del tutto. In generale, la scelta dell’uso cristiano della cultura classica prevale sulle tendenze a travolgere, nella conversione alla nuova fede, tutto il vecchio mondo, compresa la sua cultura. Anche perché, col passare del tempo, la fede cristiana si diffonde, guadagna terreno, nonostante l’ostilità del vecchio mondo e, nel quarto secolo, lo conquista.2 La vittoria cambia radicalmente le cose: l’enorme patrimonio culturale, per il quale il cristianesimo aveva manifestato “iniziale disinteresse” adesso è suo, insieme a un ordine politico che si vuole ed appare universale. La cultura e il potere, prima ostili, sono adesso ai piedi della fede. La traduzione della cultura classica in cultura cristiana, già avviata da uomini di cultura convertiti nei secoli precedenti, ha una forte accelerazione. La filosofia inizia una nuova vita, al servizio della fede e sotto controllo del potere ecclesiastico, legato a quello politico: la ricerca filosofica, adesso, parte dalla risposta definitiva offerta dalla rivelazione e si muove nei limiti del magistero della Chiesa. La filosofia greca diventa precristiana. Nel 317 Costantino chiama alla sua corte di Treviri, come precettore del figlio Crispo, Lattanzio, il “Cicerone cristiano”. Della corte di Costantino fa parte anche Eusebio, vescovo di Cesarea. Nel 325, nel concilio di Nicea, presieduto da Costantino, concetti filosofici come sostanza e persona vengono usati per definire la questione centrale della dottrina cristiana, quella della Trinità. La filosofia entra a servizio del potere religioso e politico, quello che fissa l’ortodossia e condanna l’eresia. S’impongono parole nuove come dogma, ortodossia ed eresia. E’ nata una filosofia radicalmente nuova. Note 1 Par. 38 dell’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II 2 Nel 313 con l’editto di Milano la religione cristiana ottiene la libertà di culto; nel 380 con l’editto di Tessalonica diventa religione di Stato; nel 391 l’imperatore Teodosio proibisce tutti i culti pagani. Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO Torino 9 gennaio 2010 Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999. Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino. Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca. Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf) Plotino (pdf) |