Il probabilismo ontologico

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Il probabilismo ontologico

Vi proponiamo, per gentile concessione, la sezione parziale ma significativa
di un saggio pubblicato nel 2009, Dal nulla al divenire della pluralità
 del filosofo Carlo Tamagnone, che si occupa da molti anni di ontologia e di gnoseologia
(corrisponde al § 7.6)

Carlo Tamagnone

Uno dei più colossali equivoci che è dato spesso incontrare nell’opinione corrente consiste nel ritenere che l’indeterminismo sia speculare/contrario del determinismo e che si fondi sulla generalizzazione del caso come causa ontica. Se così fosse, si tratterebbe non solo del frutto di una filosofia nichilistica, ma del tutto incoerente con la realtà fenomenica. Sarebbe come se venisse teorizzato il caos come stato dell’universo e l’indeterminazione casuale come “non-legge” del divenire. Ovviamente le cose non stanno così: mentre nel determinismo vi è la radicalizzazione concettuale della necessità (e il caso è ritenuto impossibile), nell’indeterminismo la necessità viene posta accanto al caso e con questo coniugata. Il divenire si presenta infatti come perlopiù deterministico e la casualità (la stocasticità) costituisce l’eccezione che produce il “nuovo”. In altre parole, mentre il determinismo esclude l’indeterminismo questo include quello e sotto molti punti di vista lo completa sottraendolo alla sua inconsistenza teorica. Un aspetto collaterale del problema si connette poi al concetto di libero arbitrio umano, che dal determinismo viene negato per questioni di coerenza interna, mentre, ovviamente, l’indeterminismo lo ammette. Ma il libero arbitrio è un concetto teologico e tautologico privo di significato in filosofia: l’uomo possiede una certa libertà, l’eleuteria, perché esiste, perché ha esistenzialità, ma l’eleuteria è “libertà condizionata”.

Il problema dell’eleuteria non si pone per l’indeterminismo poiché ne è implicata, mentre assume aspetti paradossali nell’ipostasi deterministica. In alcune weltanschauungen a questa legate, dove il problema della libertà umana viene posto esplicitamente (come nello Stoicismo), le aporie sono devastanti; ma quando esso viene occultato attenuandone la flagranza teorica, si hanno determinismi elusivi. Conseguenza paradossale della negazione dell’eleuteria è che siccome nel Cristianesimo è prevalsa l’ammissione della libertà umana di fare il bene o il male, il determinismo abbia finito non solo per presentarsi come weltanschauung anticristiana, ma addirittura atea. L’atteggiamento pro-libero-arbitrio, maggioritaria nella teologia cattolica, ha, in un certo senso, “indirizzato” chi la rifiuti a riconoscersi nel determinismo. È così accaduto che molti di coloro che rifiutavano la teologia cristiana (tra gli altri Laplace) si rifugiassero in monismi deterministici che erano vere e proprie teologie alternative. E d’altra parte i monismi deterministici storicamente identificabili cui potersi riferire sono tutti teologici (Stoicismo, Neoplatonismo, Brunismo, Spinozismo, Hegelismo). La religiosità neoplatonica, o bruniana o spinoziana non sono alternative a quella monoteista perché meno religiose; al contrario, sono spesso portatrici di una religiosità “più alta” e più spirituale.

Se nelle metafisiche la casualità “deve” essere necessariamente esclusa per ragioni teoriche, nelle filosofie materialistiche e meccanicistiche (come quelle di Helvétius, d’Holbach o Marx) il caso “è bene” che venga escluso per opportunità. Il caso, come “sospensione della necessità” è talvolta visto come un possibile Cavallo di Troia di una “volontà” divina imperscrutabile, e ciò spinge direttamente l’ateo “virtuale” nelle braccia accoglienti e gratificanti della Necessità, facendo rientrare dalla finestra ciò che era stato espulso dalla porta. I materialismi deterministici infatti, da un punto di vista strettamente ontologico, finiscono per identificarsi coi panteismi teologici; però vanno riconosciuti ed apprezzati come profonde filosofie morali, miranti a migliorare la natura dell’uomo e portarlo verso socialità e solidarietà migliori. Va ricordato che in sostituzione dell’Ecclesia, come comunità armonica di tipo religioso, si erge lo Stato come comunità armonica laica attraverso una palingenesi del concetto di esso che Platone aveva posto in Repubblica e perfezionato in Leggi. Sia nel pensiero del teologo Hobbes che negli ateismi di Helvétius, di d’Holbach o di Marx si guarda a un Uno-Tutto umano virtuoso, con i singoli cittadini annullati (o quasi) in esso.

Aggiungiamo che la materialità si coniuga con l’aiterialità [907] nel pluralismo ontofisico perché sono relativizzati gli aspetti materialistico-deterministici con concepire il caso e la necessità coniugati e alternati nel flusso del divenire. Ciò non solo apre l’orizzonte all’extrafisico ma permette di giungere a una teoria della causalità completa, esauriente e soprattutto non contraddittoria, aprendo la prospettiva probabilistica dove il caso è l’intersezione di linee causali accidentalmente sconnesse (non-lineari o intricate) e la seconda frutto di causalità lineare. La necessità e la casualità sono dunque sia correlate e sia i poli della probabilità ontologica; quindi dei complementari nei processi causali ed indici nominali del probabilismo ontico. I fisici teorici sono da almeno mezzo secolo del tutto consapevoli di ciò (esclusi ovviamente i fisici-teologi) e Max Born ci ha ricordato che: «Il prima a far uso di considerazioni probabilistiche nella scienza fu Gauss, nella sua teoria degli errori sperimentali[908] Poi aggiunge:

Ciò dimostra che il concetto di caso entra già nei primissimi stadi dell’attività scientifica, in virtù del fatto che nessuna osservazione è corretta in via assoluta. Io ritengo che il caso sia un concetto più fondamentale della causalità: infatti, in una circostanza concreta, la validità o meno della relazione di causa-effetto può venir giudicata soltanto applicando alle osservazioni le leggi del caso. [909]

Il probabilismo è fattore specifico della RgP e Murray Gell-Mann, considerando i successivi dimezzamenti della radioattività del più comune isotopo del plutonio (il Pu 239), scrive:

Mentre il momento dalla disintegrazione radioattiva non può essere previsto con precisione, le direzioni in cui si muoveranno le particelle prodotte dal decadimento del nucleo sono totalmente imprevedibili. Supponiamo che il nucleo del Pu 239 sia in quiete e che decada in due frammenti dotati di carica elettrica, uno molto maggiore dell’altra, in movimento di direzioni opposte. Tutte le direzioni sono allora ugualmente probabili per il moto di uno dei due frammenti, diciamo quello più piccolo. È impossibile dire in quale direzione esso si muoverà. [910]

La sfera del subatomico va guardata probabilisticamente perché qualsiasi altro approccio è irrimediabilmente ideologico. Non a caso un altro grande della fisica subatomica e anti-ideologo come Richard Feynman sottolinea che su 100 fotoni incidenti su una superficie di vetro “è probabile” che 4 di essi vengano riflessi, ma non si può sapere come e quando. Notando:

Bisogna concluderne che la fisica, scienza profondamente esatta, è ridotta a calcolare la sola probabilità di un evento, invece di prevedere che cosa accade in ciascun caso singolo? Ebbene, sì. È un ripiegamento, ma le cose stanno proprio così: la Natura ci permette di calcolare soltanto delle probabilità. Con tutto ciò la scienza è ancora in piedi. [911]

Dover rinunciare al “come” e al “quando” per la scienza è frustrante, ma tanto implica la particolare dinamica della RgP. Da un punto di vista ontico è infatti l’energia cinetica a determinare la natura della particella: se la particella è lenta è onda se è veloce è corpuscolo. Ai fini dell’”individuazione” gioca un ruolo importante anche la compresenza di altre particelle. Essere abbastanza “isolata” in una certa zona di spazio-tempo significa essere individuo-corpuscolo mentre come onda solo se essa è “sola”. Questa sorta di “individualità” della particella, quindi, c’è e non c’è a seconda dello stato energetico e della compresenza di altre [912]. In definitiva però lo stato d’onda o corpuscolo è questione probabilistica, sicché il probabilismo ontico trova nella RgP un’ulteriore conferma. Se noi possiamo accantonare la dicotomia determinismo/indeterminismo è anche perché abbiamo ora strumenti di conoscenza indisponibili sino a pochi decenni fa. Oggi sappiamo che a livello fondamentale (subatomico) la realtà è indeterministica e tematizziamo con nuove evidenze la complessità della RgM. Essa è infatti uno degli aspetti dirimenti della realtà che ci circonda e solo analizzandola si capisce meglio ciò che è deterministico e di ciò che non lo è. Se infatti il “macroscopico semplice” ha solitamente comportamenti determinati, decifrabili, leggibili e formulabili con equazioni relativamente semplici (algoritmicamente ridotte), il “complesso” richiede un approccio differente. Il problema è che gli studi sulla complessità hanno aperto nuovi orizzonti, ma c’è la tendenza a rinchiuderli nel pensiero “tradizionale” includere nel caos deterministico anche quello indeterministico.

Sappiamo che dopo x giocate la somma delle probabilità si equilibra e che la probabilità di uscita di uno dei sei numeri al gioco dei dadi è pari a 1/6 (come quella che concerne la roulette è di 1/36). Quel che io devo sapere (se non scelgo di giocare all’infinito e di azzerare il bilancio guadagni/perdite) è che “ogni volta” che getto i dadi e ogni volta che punto su un numero della roulette sarà solo il caso a far sì che io vinca o perda. È infatti l’”ogni volta” e non il “dopo tante giocate” ad essere gnoseologicamente significativo, anche se in astratto io posso dire che “prima o poi” le probabilità di aver perso o vinto diventeranno uguali. Solo “sommando” storie successive e differenti di gioco io sono in grado di “prevedere” il risultato finale. Gell-Mann usa la metafora dell’ippodromo per farci capire l’inconsistenza del determinismo, poiché ogni metaforica “corsa di cavalli” delinea “storie alternative” di cui solo una diventa reale, e quindi “vera”. Tutte le altre vengono espulse nel corso del processo fenomenico del “correre dei cavalli”.Se, per esempio, corrono dieci cavalli equivalenti in velocità, e quindi ognuno di essi ha la stessa probabilità di vincere, i dieci risultati possibili si escludono e la storia del “sistema corsa di 10 cavalli” è quindi solo storia “combinata” sulla base di dieci possibilità-storie “incoerenti” tra loro [913].

La coerenza, e con essa la determinazione, è possibile solo se si esclude ogni perdente dal calcolo e si considera solo il vincente: si accantonano gli ”abortiti” e si guarda solo ai “riusciti”. Se questo modo di considerare la realtà è pragmaticamente “utile” è però riduttivo: quindi gnoseologicamente scorretto. È ben vero che “questa volta”io ho capito (a “grana grossa”) quel che mi può convenire o no, ma non ho capito assolutamente nulla dei meccanismi per cui “qui ed ora” un certo fatto accada o non accada. L’accadere “sì o no” è infatti,sia nella realtà effettuale che nella teoria, questione esclusivamente probabilistica, dove il massimamente probabile (la necessità) e il massimamente improbabile (il caso) sono i margini della sola cornice filosofica possibile. Il probabilismo ontofisico delinea allora un nuovo e corretto orizzonte teorico: 1°. perché permette di uscire dall’impasse teorica della dicotomia necessità/caso, e 2°, perché delinea un “gradiente” di probabilità per cui il caso e la necessità divengono soltanto concetti-limite del divenire.

Posti la necessità e il caso come poli estremi di una scala di probabilità, il divenire cavalca la freccia del tempo verso un “più probabile” e un “meno probabile” in base a linearità o intersezione di cause. Le nostre precedenti definizioni della necessità come “linearità di cause” e del caso come “sconnessione/incrocio/sovrapposizione” restano valide. Il probabilismo ontico include l’una e l’altro e le supera in una nuova concezione ontologica dove, a qualsiasi regione lo si applichi, basta considerare le variabili in gioco. La probabilità che un accadimento fisico possibile entro una certa cornice sistemica si realizzi oppure no, che il divenire prenda una direzione verso l’ordine o verso il disordine, che una mutazione si evolva verso un successo o verso un aborto, è l’unico criterio filosofico valido. Il probabilismo non va perciò considerato come un espediente relativistico per etichettare ciò che si sottrae all’equazione deterministica. D’altra parte anche il dualismo onda-corpuscolo in fondo indica un “divenire di probabilità”, per cui Kenneth Ford può affermare: «Il dualismo onda-particella e il legame onda-probabilità sono dunque intimamente connessi.»[914] La probabilità è invece la sostanza della realtà fisica sia pure con peso differente nelle varie regioni e il “forse” congetturale l’unica certezza.

NOTE

[907] Ciò che concerne l’aiteria e che si offre all’intuizione idemale.

[908] M. Born, Filosofia naturale della causalità e del caso, cit., p.65.

[909] Ibidem.

[910] M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, cit., p.159.

[911] R. Feynman, QED La strana teoria della luce e della materia, cit., p.35

[912] E. Schrödinger, L’immagine del mondo, Torino 1987, p.183.

[913] M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, cit., pp.169-170

[914] K. W. Ford, La fisica delle particelle, cit., p.210

Testi di Carlo Tamagnone


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018