EMPEDOCLE

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EMPEDOCLE

I - II

Nell'ambito dello scontro che si era verificato fra il naturalismo ionico e il sapere del tempio, scontro che rispecchiava la contrapposizione fra demos e aristocrazia, si colloca il tentativo di mediazione operato dai fisici materialisti del V sec. a.C.

Questi filosofi, tutti di parte democratica, cercheranno di costruire una struttura teorica che consenta di pensare i fenomeni della natura e i suoi processi all'interno delle condizioni di razionalità imposte da Parmenide. Avremo così una struttura in due livelli, di cui quello superiore sarà formato dai princìpi, cui spetterà il compito di spiegare e giustificare la realtà fisica nel suo insieme: essi, sia che si tratti degli elementi di Empedocle o degli atomi di Democrito, possiedono tutte le caratteristiche di razionalità richieste dalla logica parmenidea, vale a dire che sono eterni, ingenerati, inalterabili e sempre uguali a se stessi; le uniche varianti sono quelle necessarie a spiegare il divenire, per cui sono in numero superiore a uno (mentre l'essere di Parmenide era uno), sono in movimento (non statici) e hanno una natura materiale (e non logico-intellettuale come era in Parmenide).

Tutta la realtà empirica e tutto il divenire (secondo livello, detto fenomenico) sono derivati da quei princìpi, ne sono generati e ne dipendono nell'ordine dell'essere, e questa derivazione è la base per la spiegazione scientifica dei fenomeni, in quanto comprenderli razionalmente significherà ridurli con opportuni procedimenti logici ai princìpi elementari da cui derivano e ai comportamenti di questi.

In questo modo trova una prima soluzione l'aporia eleatica (per cui l'essere è sempre, non può non essere e quindi non è possibile il divenire): la risposta di Empedocle e Democrito è che non si può parlare di nascere e perire in senso proprio, ma che nascita e morte non sono altro che composizione e scomposizione degli elementi primi, i quali in se stessi esistono però eternamente ed eternamente identici, proprio come l'essere parmenideo.

Empedocle nasce attorno al 490 a.C. ad Agrigento, da una famiglia ricca di parte democratica, posizione che anch'egli sostenne, anche se non partecipò mai ad attività di governo della sua città (su questo ci sono opinioni contrastanti, infatti Zeller afferma che fu a capo della democrazia del suo paese; possiamo quindi presumere che in qualche modo egli abbia partecipato all'attività di governo, forse in maniera indiretta). Morì a 60 anni in esilio nel Peloponneso, probabilmente perché abbandonato dal favore popolare.

Molto attento ai fenomeni della natura, in particolare di ordine biologico, scrisse due opere (Sulla natura e Purificazioni) di cui ci rimane solo una parte di frammenti.

Nell'ambiente in cui visse, la Sicilia della prima metà del V sec. a.C., grandi masse contadine in via di impoverimento si contrapponevano, in nome di una redistribuzione delle terre, ad una forte aristocrazia urbana che veniva consolidando il suo potere in forme tiranniche e militari. Empedocle si fece portatore del desiderio di rinnovamento del mondo che si andava diffondendo in larghi strati della popolazione. Nel suo pensiero infatti troviamo, accanto alla giustificazione della realtà della vita, della natura e della materia, motivi di ordine morale, religioso, psicologico e un forte senso dell'infelicità e dell'ingiustizia di questo mondo, che spinge a desiderare un mondo migliore.

Principio fondamentale di tutte le cose sono quattro elementi o radici materiali: l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco. Questi elementi sono eterni, immutabili e infinitamente identici a se stessi; potranno essere divisi ma ciascuna parte conserverà le caratteristiche dell'elemento da cui proviene. Ogni oggetto del nostro mondo deriva dalla composizione di questi elementi, e così pure ogni qualità, così come dai colori semplici si possono ricavare tutti gli altri colori composti.

Le forze che muovono queste radici combinandole fra loro sono l'amore e l'odio, dove la prima congiunge mentre la seconda disgiunge; inoltre l'amore si presenta come causa di unità e nascita, mentre l'odio di separazione e morte. Queste forze non vanno confuse con i due sentimenti che noi conosciamo, in quanto il loro significato comprende anche quello, ma al tempo stesso lo supera, esprimendo così tutto l'intreccio, tipicamente empedocleo, fra aspirazioni morali e spiegazione fisica dei fenomeni.

I quattro princìpi e le due forze spiegano ogni cosa del mondo nel suo mutare a livello di esperienza e nel suo permanere identico a livello dei princìpi. Inoltre questi sei elementi servono a spiegare anche la conoscenza, che è possibile secondo Empedocle proprio perché il simile conosce il simile, e quindi siccome tutto è composto dagli stessi princìpi così sarà possibile la conoscenza umana. Empedocle non distingue fra sensazione e pensiero, e ritiene che l'uomo pensi mediante il sangue, perché è prossimo al cuore e perché sarebbe un miscuglio perfettamente proporzionato dei quattro elementi: questa concezione emo-cardiocentrica costituisce un passo indietro rispetto a quella encefalocentrica di Alcmeone, Ippocrate e Anassagora; d'altra parte questo contrasto verrà superato definitivamente solo da Galeno nel II sec. d.C.

Tornando al processo per cui ogni cosa è formata dall'aggregarsi degli elementi fondamentali, Empedocle parla di un ciclo amore-odio-amore, vale a dire aggregazione-disgregazione-aggregazione. La formazione di questi aggregati è però del tutto casuale e il tutto avviene all'interno di una ferrea necessità per la quale ciò che accade non potrebbe non accadere che così.

Anche in Empedocle troviamo la dottrina mistica della trasmigrazione delle anime, anche se egli non cerca, come fece Pitagora, di collegarla alla fisica; troviamo inoltre una concezione del dio non antropomorfica, simile a quella di Senofane.

Giuseppe Cantarelli

EMPEDOCLE

Empedocle rappresenta una soluzione di compromesso tra il monismo metafisico di Parmenide e il dualismo dialettico di Eraclito (tra l'essere e il divenire): un compromesso però più utile sul piano pratico che teoretico, poiché Empedocle si è lasciato eccessivamente influenzare dal misticismo dei pitagorici e delle tradizioni orfiche.

Empedocle è insieme moralista ed eclettico, democratico e semplicistico, concreto sul piano politico e astratto su quello filosofico. Con lui la speculazione non fa molti progressi, anche se quello che dice appare umanamente accettabile (non vi sono gli estremismi parmenidei o pitagorici).

Sul piano scientifico, egli si ricollegò alla teoria di Anassimene sull'aria, sostenendone l'esistenza non tanto come arché, ma come qualcosa di "materiale" (al pari dei pitagorici non credeva nell'esistenza del vuoto). Scoprì anche la forza centrifuga ed elaborò una sorta di teoria dell'evoluzione, secondo cui le particelle degli elementi primordiali (che per lui sono quattro: aria, acqua, terra, fuoco) si sono all'inizio mescolate a caso, dando origine a esseri viventi mostruosi; in seguito sarebbero sopravvissuti solo quegli esseri le cui membra erano meglio assemblate.

Gli elementi primordiali non hanno la forza di mescolarsi tra loro. Empedocle distingue tra materia e forza. I quattro elementi sono materia originaria, illimitata ed eterna (qui Empedocle assomiglia a Parmenide, che però parla di "essere"). Questi elementi si possono mescolare e dividere a causa di due forze contrapposte (che saranno riprese da diversi autori del neoplatonismo umanistico): amore e odio (qui Empedocle assomiglia ad Eraclito, che però parla di "divenire").

Il difetto di Empedocle è duplice: da un lato non accetta l'idea che la materia sia dotata di una forza propria, con la quale sia in grado di compiere fusioni e scissioni; dall'altro applica al movimento della natura delle categorie etiche o pampsichistiche (natura vivente).

L'unità originaria, per Empedocle, è l'indistinzione delle cose, ordinata dall'amore, cioè è assenza di dialettica, di unità degli opposti: è la solitudine dell'amore. La società infatti comporta divisione, scontri d'interesse, dai quali ci si può liberare solo con la metempsicosi (a livello di anima individuale). Se Empedocle non avesse creduto nella reincarnazione, avrebbe potuto essere considerato, in questo aspetto sociologico, un antesignano di Rousseau.

In particolare, Empedocle, interpretando il mondo fisico in analogia con l'organismo umano, fonda la concezione organicista dell'universo, che costituirà fino all'epoca galileiana l'alternativa alla fisica atomistica. Tale concezione rappresenta il tentativo di sottomettere la scienza all'etica: tentativo fallito non perché in sé fosse sbagliato (una scienza è vera se le sue scoperte hanno conseguenze moralmente positive per gli uomini), ma perché ai tempi di Galileo l'incapacità dell'etica di mantenere un rapporto dialettico con la scienza si era rivelata insopportabile (al punto che Galileo preferirà separare nettamente la scienza dall'etica).

L'etica non può sapere a priori quali scoperte scientifiche avranno conseguenze moralmente positive o negative sugli uomini: deve appunto tenersi in un rapporto costantemente dialettico, lasciando che la scoperta scientifica sia in grado di porle nuovi problemi, mettendo se stessa alla prova nella propria capacità di rivedere determinate formulazioni di principio. Se all'etica greca non avesse fatto seguito un'etica di molto superiore: quella cristiana, probabilmente la rivoluzione galileiana si sarebbe verificata prima. Fu infatti il cristianesimo che con la sua etica religiosa superò i limiti dell'etica laica della filosofia greca, ma per ricadere ben presto in altri limiti non meno grandi, anzi così grandi che la scienza rimase bloccata fino al XVI secolo.

Una delle illusioni del cristianesimo fu appunto quella di credere che per realizzare un buon rapporto con la natura fosse sufficiente all'uomo affidarsi alla religione (o comunque a una forma di morale): il che di per sé potrebbe anche essere vero, se si ammette che l'uomo, per sentirsi realizzato, non ha necessariamente bisogno di sviluppare scienza e tecnica (almeno aldilà di un certo livello).

Quando però l'illusione (che tutti debbano pensarla così) viene imposta con la forza, la reazione non potrà che essere anti-etica: ecco perché la scienza moderna in occidente è nata senza presupposti umanistici. La chiesa cattolica ha sbagliato proprio nel momento in cui ha cercato d'imporre un'idea che le sembrava giusta e che avrebbe anche potuto esserlo se il contesto in cui era stata formulata fosse stato effettivamente a misura d'uomo.

La concezione organicista di Empedocle attribuì alla natura un finalismo equivalente a quello della dimensione umana. E' ridicola questa concezione? Sì, perché non si possono dedurre stricto sensu le leggi dell'universo analizzando la natura umana; no, perché l'essere umano costituisce, fino a prova contraria, il prodotto finale dell'universo (anzi da questo punto di vista occorre affermare che lo studio della natura umana resta sempre più complesso di qualunque studio scientifico dell'universo). E' quindi una concezione riduttiva sul piano scientifico, ma sensata sul piano etico.

Inoltre Empedocle sbaglia nel ritenere che il mescolarsi e il separarsi delle quattro radici primordiali non influiscano sulla loro natura intrinseca, e sbaglia anche nel ritenere l'essere umano un mero prodotto della natura (e non il prodotto finale della natura che ha superato la natura stessa). Alla fine della sua filosofia, Empedocle non è in grado di comprendere né la natura (sul piano scientifico), né l'uomo (sul piano etico, politico, ecc.).

Correlata a questa teoria del finalismo naturalistico (che il cristianesimo erediterà), è quella della conoscenza, secondo cui il simile si conosce attraverso il simile (gli elementi simili si attraggono per simpatia). Da ciò si comprende molto bene come Empedocle sia un parmenideo un po' ibrido, perché costretto a tener conto della filosofia di Eraclito, la quale lo induce, sul piano pratico, ad essere più democratico. Egli può essere considerato come la variante moralistica dell'individualismo dogmatico di Parmenide, ovvero l'alternativa all'estremismo di Zenone nell'ambito parmenideo.

L'idea più interessante di Empedocle è quella fenomenologica secondo cui ogni nascita (ogni nuova mescolanza) è anche una morte (divisione), perché, se da un lato questa nascita inaugura un insieme nuovo, dall'altro dissolve qualcosa che già esisteva. In sostanza non c'è vera nascita dal "nulla" né vera morte "assoluta", ma solo trasformazione delle cose. Naturalmente il senso di questa affermazione può essere verificato solo nella pratica.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015