GALLUPPI, ROSMINI E GIOBERTI

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GALLUPPI, ROSMINI E GIOBERTI

Dei tre filosofi risorgimentali dell'Italia religiosa: Galluppi, Rosmini e Gioberti, il primo pare il più concreto, il più essenziale.

In fondo è stato Galluppi il primo a sostenere, in ambito religioso, l'esigenza di una conoscenza oggettiva che prescindesse, in un certo senso, dalla dogmatica tradizionale, ed è stato anche il primo a capire che non solo il sensismo illuministico francese (alla Condillac), ma anche il criticismo kantiano nascevano dal soggettivismo e portavano allo scetticismo.

Solo che il Galluppi non ha saputo approfondire la sua filosofia dell'esperienza declinandola nella realtà sociale. Egli si è fermato al livello della logica metafisica.

Rosmini, pur condividendo l'esigenza di una conoscenza oggettiva, e non avendo come punto di riferimento un'analisi laica "oggettiva", riguardante -in maniera razionale e scientifica- la realtà sociale concreta, è caduto, suo malgrado, nell'idealismo. Con quella sua innata idea dell'essere, in virtù della quale l'uomo contempla non dio ma l'immagine astratta della sua esistenza, Rosmini non ha fatto che riunificare la tradizione platonico-agostiniana con il kantismo. Egli infatti sosteneva che l'idea dell'essere è stata data da dio e che essa permette ad ogni uomo di conoscere la realtà per quello che è.

Tuttavia, se il Rosmini aveva saputo tener separata l'idea di essere da quella di Dio, evitando di cadere negli eccessi dell'integralismo religioso (Sciacca e Battaglia, p.es., rosminiani puro sangue, si sono sempre distinti per il loro grande equilibrio), Gioberti invece preferisce il misticismo logico a tutto campo.

Il "suo" uomo non intuisce l'idea dell'essere, troppo vaga e imprecisa, ma direttamente e immediatamente l'essere, cioè dio. Gioberti in un certo senso può essere considerato come il fondatore del moderno integralismo politico-religioso italiano. Singolare il fatto ch'egli fosse approdato a una soluzione così univoca dopo aver abbracciato in gioventù la filosofia di Bruno e di Spinoza.

Rosmini ebbe buon gioco nell'accusarlo di panteismo. In effetti, se il soggetto può intuire direttamente dio, non c'è molta differenza fra l'uno e l'altro. Dio è nell'universo e all'uomo basta alzare gli occhi per vederlo...

L'ontologismo di Gioberti non ha nulla dell'ontologismo di Heidegger: era troppo neotomista perché potesse avere sulla cultura italiana l'influenza della filosofia spiritualista (più moderata o, se si vuole, più democratica) di Rosmini.

In ogni caso l'accusa di Rosmini servì a Gioberti per precisare la differenza tra dio e universo: il primo è l'alfa che crea (alla maniera dell'Uno di Plotino); il secondo è l'esistente che ritorna all'ente per chiudere il cerchio.


Testi di Pasquale Galluppi

Testi di Vincenzo Gioberti

Testi di Antonio Rosmini


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015