CONVENTO   DI   S. FRANCESCO, 

BIBLIOTECA   MALATESTIANA

BIBLIOTECA   PIANA

 

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Lato esterno della Biblioteca Malatestiana che 
s'affaccia sul chiostro di S. Francesco..

 

 

 

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Abside superstite della chiesa di S. Francesco
 nell'attuale piazza Bufalini.

 

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Chiostro di S. Francesco.

 

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Chiostro con Biblioteca Malatestiana (sulla destra) e Archivio di Stato (sulla sinistra).

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Sala di lettura della Biblioteca Comunale.

 

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Portale con ornamenti, fregi e stemmi malatestiani.

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L'elefante, simbolo araldico dei Malatesta.

Porta lignea.

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sopra e sotto: interno.

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Codice "DE CIVITATE DEI"

 

sopra e sotto: Biblioteca Piana.

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Il complesso, compreso fra piazza Bufalini e via Montalti, ha conosciuto una lunga storia edilizia che fortunatamente ha preservato inalterato nei secoli  il monumento più insigne, la Biblioteca Malatestiana, unica biblioteca medioevale ancora intatta e una delle più antiche biblioteche civiche, protetta con amore dai cesenati nel corso di oltre cinque secoli.

 

I frati Minori, stabilitisi a Cesena forse dal 1226, a partire dal 1250 intrapresero la costruzione del convento in un'area all'epoca marginale rispetto all'aggregato urbano (ma già dalla seconda metà del Trecento sarà attivo uno Studium, primo nucleo di quella che diverrà più tardi l'Università cesenate), e di una nuova chiesa dedicata a S. Francesco, consacrata nel 1290, ampliata nel 1368 e ampiamente ristrutturata nel 1758 su progetto di G. Copioli.

 

 

Abbattuta nel 1842 per ricavarne la piazza dedicata nel 1883 a Maurizio Bufalini, sono sopravvissute soltanto l'abside e le testate laterali con due monofore poi inglobate nella casa Bufalini.

 

Il convento conobbe ampliamenti fino alla fine del Settecento: quelli più significativi vennero operati  fra il Quattro e il Cinquecento con la radicale ristrutturazione del corpo di fabbrica comprendente il Refettorio e la Biblioteca Malatestiana, a tutt'oggi il meglio conservato, e la realizzazione di due chiostri dei quali uno solo (il secondo) è in parte sopravvissuto: l'elegante  Chiostro di S. Francesco, la cui costruzione s'iniziò nell'ultima fase della signoria malatestiana per concludersi solo dopo la morte di Malatesta Novello, di forma quadrangolare, con lati di dodici e quattordici campate, sorge nella zona nord dell'ex complesso monastico ed è caratterizzato da un ritmo arioso di archi a tutto sesto sostenuti da eleganti colonne impostate su un muricciolo continuo.

 

I capitelli sono abbelliti da ornamenti vegetali e da simboli araldici malatestiani; volte a crociera ritmano lo spazio delle campate, mentre le ampie lunette poste nelle pareti interne del quadriportico erano in origine affrescate con immagini di santi francescani, oggi irrimediabilmente perdute: è perciò solo ipotetica la ricostruzione iconografica del ciclo.

 

L'ambito conventuale raggiunse il massimo sviluppo nel Seicento, ma già alla fine del XVII secolo iniziano le demolizioni che si faranno particolarmente gravi e incisive a partire dall'invasione napoleonica, dopo la definitiva  soppressione della comunità religiosa (1801): su progetto di  Leandro Marconi nel 1804  si realizza un corpo di fabbrica accanto alla Malatestiana da adibirsi a libreria comunale (la biblioteca detta Comunitativa) con pesanti interventi  di demolizione delle preesistenti strutture quattrocentesche.

 

 

Nel 1807 sorgeranno le pubbliche scuole sulle rovine dello Studio francescano, progetto ampliato nel 1837 da Argentini. Dopo l'atterramento della chiesa di S. Francesco si deliberò nel 1860  di istituire un Liceo a Cesena e il progettista Davide Angeli ampliò la fabbrica delle scuole sul lato nord della piazza creatasi, coordinando anche esteticamente l'opera propria a quella preesistente dell'Argentini.

 

 

 

Nell'ex complesso francescano trovano oggi sede al piano superiore (a cui s'accede per un ampio scalone), lungo il primo corridoio, il Museo Lapidario (raccolta costituita da Dazzi agli inizi del Novecento e oggi comprendente epigrafi, marmi architettonici e decorativi prevalentemente di età malatestiana e postrinascimentale); un secondo corridoio, sul fondo, conduce, oltre alla Biblioteca Malatestiana, cuore storico dell'antico convento, al grande salone posto di fronte all'aula del Nuti (forse in origine dormitorio dei frati) sede della Biblioteca Piana .

 

 

 

Al piano terra trova sede  la Biblioteca Comunale, ricca di oltre 400.000 volumi, ordinata secondo il moderno sistema degli scaffali aperti; di fianco ad essa si apre l'ingresso dei locali in cui ha sede il Liceo Classico "V. Monti".

 

Nel retro della Malatestiana, lo spazio del Chiostro di S. Francesco ospita la Biblioteca dei Ragazzi, l'Archivio di Stato e, nell'ex refettorio francescano, il Museo Storico dell'Antichità.

 

Un progetto di riqualificazione dell'intera area prevede lo spostamento in altra sede del Liceo Classico, con ampliamento degli spazi della Biblioteca Comunale e la creazione di un polo museale cittadino.

 

 

 

 

 

 

BIBLIOTECA MALATESTIANA

Fu costruita per volere dei Frati Minori e per munificenza di Malatesta Novello  Malatesti , signore di Cesena dal 1429 alla morte (1465), su progetto di Matteo Nuti da Fano (già incaricato da Sigismondo alla costruzione del Tempio Malatestiano di Rimini) che iniziò l'opera nel 1447 e la compì nel 1452, come attesta l'epigrafe collocata a destra del portale in alto nell'atrio esterno di accesso. I lavori però si protrassero almeno fino al 15 agosto 1454, data in cui fu terminata la stupenda porta  lignea, opera di Cristoforo da San Giovanni in Persiceto, e fu posta dall'Autore l'incisione commemorativa sulla cornice superiore del manufatto.

 

Si pensa ad Agostino di Duccio, già collaboratore di Nuti nel menzionato Tempio di Rimini, tra gli autori dello splendido portale d'ingresso sormontato dal timpano entro cui è scolpito l'elefante, antico emblema malatestiano, che regge il singolare motto: L'elefante indiano non teme le zanzare.

 

L'aula della Biblioteca ha  pianta basilicale a tre navate (più alta e stretta quella centrale con volta a botte; più larghe e basse quelle ai fianchi coperte a crociera), non più dunque un ambiente a pianta rettangolare in un'unica navata secondo la tradizione medioevale, ma un nuovo disegno di libreria che segue il modello della biblioteca del convento domenicano di S. Marco a Firenze, realizzata intorno al 1444 da Michelozzo e destinata a divenire il prototipo delle biblioteche umanistiche con notevole diffusione soprattutto in Italia centrale: solo la Malatestiana di Cesena però ha miracolosamente conservata la sua integrità originaria, tanto da costituire oggi un unicum per questo tipo di biblioteca.

 

Le tre navate sono divise da venti snelle colonne di marmo su due file, con archi a tutto sesto, sormontate da eleganti capitelli su cui spiccano gli emblemi araldici dei Malatesti (le tre teste, le bande a scacchi, lo steccato, la rosa selvatica). L'aula è illuminata da finestrelle ad arco acuto di tipo veneziano, da cui si diffonde una luce soffusa  e riposante che si riflette nell'intonaco verde-muffa delle pareti (anch'esso originario).

 

Sul pavimento della sala, ad ogni campata, ritorna uguale un'epigrafe che ricorda il mecenatismo del signore di Cesena; la stessa dicitura è posta nelle pareti interne, sopra l'architrave della porta d'ingresso e, con lieve variante, nelle cortine laterizie esterne.

 

L'arredamento è costituito da due file di banchi o plutei  in legno di pino lungo le navate di destra e di sinistra (29 per parte; sui fianchi sono decorati, a colori, gli stemmi araldici malatestiani) che conservano ancor oggi al loro posto, assicurati ad una catenella, i preziosi 340 codici (conseguenza del loro elevatissimo costo, nel medioevo spesso veniva comminata la scomunica ai trafugatori); ci sono giunti persino i nomi di visitatori quattrocenteschi graffiti sui muri e sui banchi.

Malatesta Novello fin dal 1439 aveva iniziato ad acquistar libri ovunque, anche in Oriente e a Costantinopoli, oggi in gran parte conservati fra il patrimonio bibliografico della Malatestiana. Dell'attivissimo scrittorio malatestiano, che non sopravvisse alla morte del  fondatore, si annoverano alcuni fra i più eleganti e prolifici copisti dell'epoca: Jacopo da Pergola, di cui ricordiamo il De civitate Dei di S. Agostino e la Naturalis Historia  di Plinio; Ser Giovanni da Epinal, l'amanuense più attivo dello scrittorio malatestiano, la cui produzione comprende non meno di 40 codici, fra cui lo splendido Commento al Vangelo di S. Giovanni di  S. Agostino, stupendamente miniato da Taddeo Crivelli.

 

Il munifico signore di Cesena con lungimirante saggezza volle infine affidare al Comune, anziché ai frati Minori (nel cui convento era pur sorta) la sua libreria, unico esempio di biblioteca comunale nella storia del tempo. Con generoso mecenatismo la dotò per testamento di un lettore che in permanenza teneva cattedra nello Studium; di dieci borse di studio per altrettanti studenti poveri, affinché potessero studiare nella biblioteca, e di un lascito annuo cospicuo. Benché queste iniziative dopo la morte del principe progressivamente decadessero, fu duratura invece la funzionalità dell'istituzione che conobbe incrementi anche dopo la sua morte: il più sostanzioso è sicuramente la donazione del medico riminese Giovanni di Marco (morto nel 1474).

 

Nel 1812 alcuni cittadini vollero trasportare i resti mortali di Malatesta Novello dalla chiesa di S. Francesco ove riposavano (di cui s'era già proposto l'abbattimento), alla Biblioteca Malatestiana: nella parete di fondo, sopra l'urna che ne raccoglie le spoglie, è oggi posta l'epigrafe che ricordava ai cesenati il sepolcro del loro amato principe.

Fin dal secolo scorso la Biblioteca Malatestiana è stata oggetto di studi e ricerche: negli anni Venti, in occasione del restauro della sala quattrocentesca condotti dal direttore Manlio Torquato Dazzi e da Amilcare Zavatti, si poterono raccogliere i primi dati scientifici sulla storia architettonica del monumento e il primo fondamentale contributo storico-descrittivo di Augusto Campana.

Nel secondo dopoguerra gli studi trovarono una significativa ripresa nelle celebrazioni per il V centenario della Malatestiana (1947-48/1952-54), che hanno prodotto nuove e importanti acquisizioni in particolare di Campana e Antonio Domeniconi; il Convegno Internazionale di studi  "Libraria Domini" (1989) ha poi fatto il punto sulle ricerche più attuali, affrontando lo studio analitico dei singoli manoscritti dello scrittorio malatestiano che aveva chiamato a Cesena artigiani, copisti e miniatori  italiani e stranieri.

 

 

 


 

 

 

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BIBLIOTECA PIANA

 

 

Di fronte all'antica Malatestiana, dopo un vestibolo che in una bacheca conserva la mazza argentea donata alla Città dal Papa cesenate Pio VI (1775-99), si apre l'ampia sala che conserva i 5057 volumi e circa 90 codici della biblioteca di  Pio VII Chiaramonti (1799-1822), anch'esso di Cesena.

 

 

Dopo le traversie giudiziarie che coinvolsero il Comune di Cesena, gli Eredi della famiglia Chiaramonti e i monaci Benedettini di S. Maria del Monte, presso cui era rimasta fino al 1866, nel 1941 la biblioteca veniva definitivamente acquisita dallo Stato e depositata al Comune, ma non il cosiddetto Medagliere Piano, preziosa raccolta di monete e medaglie antiche e medioevali, oggi purtroppo disperso, che fino al 1927 arricchiva le collezioni storico-archeologiche comunali.

 

 

La biblioteca di Pio VII, costituitasi per lo più attraverso doni, è caratterizzata da un'estrema varietà tipologica e si presta ad essere utilizzata per documentare la varietà del documento manoscritto e la tipologia del libro a stampa: fra gli esemplari preziosi e rari si ricordano l'Evangelario illustrato con miniature bizantine (sec. XII);  i messali con miniature su fondo d'oro; i primi incunaboli, quali l'edizione latina della Cosmographia di Tolomeo con tavole incise su rame da Taddeo Crivelli; rarità bibliografiche come il libro più piccolo del mondo contenente la lettera di Galileo Galilei a Cristina di Lorena.

 

 

Vi sono pure conservati due cicli di splendidi corali miniati del Quattrocento provenienti dall'Osservanza e dalla Cattedrale che non fanno parte della raccolta: al centro della sala è infatti allestita in permanenza una ricca mostra bibliografica che traccia una sorta di storia del libro dall'età carolingia (sec.IX) al  pontificato di Pio VII (inizi sec.XIX).

 

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Codice "Tractatus de vita et morte 
Galeotti Ruberti de Malatestis"