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QUALE FELICITA' PER WALTER GALLI?

Per capire con quale grande scrupolosità Walter Galli prendesse il compito di rifinire stilisticamente le sue poesie, è sufficiente, a titolo esemplificativo, mettere a confronto due versioni di una stessa poesia, La felicità, che, se guardiamo le date apposte dal poeta, dovrebbero essere state scritte a distanza di un solo mese.

La prima di quindici versi (versione A), datata giugno 1989, apparve su “Il Lettore di Provincia” nel dicembre 1990, n. 79); la seconda di otto versi (versione B), datata luglio 1989, è in Tutte le poesie (1951-95), ed. Il Ponte Vecchio, Cesena 1999.

Quando Galli vide pubblicata la versione A, se ne pentì immediatamente e sulla pagina della rivista vi scrisse un grosso NO col punto esclamativo. Fece addirittura delle varianti sulla stessa pagina:

  1. cancellò tutto il verso n. 9: “Forsi u j è ancora sperenza”;
  2. al verso successivo sostituì le parole “Se par chès” [Se per caso] con le parole “Mo se mai”;
  3. nell’ultimo verso sostituì la parola “fatura” [fattura] con la parola “festa”.

Sembrano variazioni stilistiche irrilevanti, del tutto normali per un poeta e ancor più inevitabili per uno che scrive in una lingua così difficile come il dialetto romagnolo. Eppure se mettiamo a confronto le due poesie, ci accorgeremo che sono completamente diverse.

La fortuna (versione A)

Ach straza ad roba!...
Èl mai pusébil ch’u s’j épa sempra ‘d arivé dop
incórzas sempra dop che la felicità,
cm’òi da dì, pió d’una volta
la t’era pasèda ‘d achènt,
t’ai piasivta, la i sareb stèda
e te t’an t’un si ‘de, t’an è capì,
t’avivta la testa pr’èria…

Forsi u j è ancora sperenza
se par chès in che su zirandlè pre’ mond
u i capités da pasè dl’èt’ da stal pèrti,
ah, stavolta n’ um la las scapè!
s’la da dal mosi a la ciap pri cavél
a i sbrench al mudandi
e a i fagh la fatura daventi a tót.

 

Ma che strana cosa! / Com’è possibile che si debba sempre scoprirlo dopo / accorgersi sempre dopo che la felicità / come dire / più d’una volta t’era passata accanto / le piacevi, si sarebbe data / ma tu non te ne sei accorto, non hai capito / avevi la testa per aria. / Ma per caso, nel suo vagabondare per il mondo / le capitasse di passare ancora da queste parti / questa volta non me la lascio sfuggire / se mi dice di no l’afferro per i capelli / le strappo le mutande / e le faccio la fattura davanti a tutti.

 

La fortuna (versione B)

Forsi pió d’una vólta
l’a m’ sarà passeda dachènt:
a i piaseva la m’avreb det ad sé,
la s’ sareb farmèda a fèm cumpagnia;
mo me a n’ u m’ so ‘dè, a n’ò capì:
chissà de’ ch’aveva la testa…
e lia la s’ n’è avuda imparmèl:
la n’ passarà mai pió d’aqué.

 

 

Forse più d’una volta / mi sarà passata accanto: / le piacevo, mi avrebbe detto di sì, / si sarebbe fermata per farmi compagnia; / ma io non me ne sono accorto, non ho capito: / chissà dove avevo la testa…/ E lei se n’è avuta a male: / non passerà mai più di qui.

La variazione più significativa sembra stare nella rimozione di qualunque parola o verso che potesse far pensare, anche in maniera allusiva, a qualcosa concernente il sesso. Nella versione A infatti il poeta dice che se gli capita d’incontrare nuovamente la fortuna, non se la lascerà scappare, anche a costo di violentarla.

Nulla di tutto ciò nella versione B, dove anzi Galli passa dal descrivere, in maniera del tutto generica, un proprio atteggiamento sbagliato (che è poi quello di chi non sa approfittare dei propri momenti favorevoli), al descrivere, in maniera specifica, la reazione indispettita della fortuna.

Tuttavia la variante più significativa non è questa autocensura antierotica da parte di quello che Freud avrebbe chiamato “Super-io”.

La cosa più singolare sta invece nel fatto che nella versione A il poeta mostra d’aver ancora la speranza d’incontrare di nuovo la fortuna, qui nettamente equiparata a una donna leggera, capricciosa, facilmente stuprabile se non si fa circuire.

Quindi il suo atteggiamento è ancora attivo, deciso, disposto persino alla violenza; nonostante gli errori compiuti, non ha perso la speranza d’un successo personale; anzi, in virtù dell’esperienza acquisita, ora è convinto che non si lascerà scappare l’occasione come le altre volte: saprà trattenerla in un modo o nell’altro, anche a costo di compiere uno sproposito, poiché non vuol più fare la parte dell’ingenuo, dell’idealista, del buonista a oltranza.

Al contrario nella versione B il poeta appare già rassegnato; pensa che gli errori compiuti siano stati fatali, troppo gravi per avere una seconda possibilità; ed è convinto che la fortuna (qui equiparata a una ragazza seria e permalosa) non ripasserà più.

Dunque la passione è stata sostituita dalla passività, ed è trascorso solo un mese! Lo sguardo rivolto verso il futuro s’è spento, come se una grande delusione l’avesse profondamente turbato.

Non è la prima volta che, passando da una versione all’altra, il poeta, pur compiendo un più accurato lavoro stilistico, finisca con l’attenuare la vivacità (e, se vogliamo, anche la modernità) delle sue liriche. Come se lo tormentasse l’ansia di non voler apparire troppo trasgressivo, come se volesse attribuire la causa principale delle sue sconfitte all’incapacità di essere “politicamente corretto”.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte - Cesena - Storia - Poeti - Galli
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Aggiornamento: 02/09/2012