TITOLO

SESSO E AMORE TRA CATULLO E SAFFO

Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.)
Saffo (Ereso, 640 a.C. circa – Leucade, 570 a.C. circa)

SaffoCatullo


Catullo apparteneva ad una famiglia agiata e ben nota: il padre ospitò Quinto Metello Celere e Giulio Cesare in casa propria al tempo del loro proconsolato in Gallia. Trasferitosi a Roma intorno al 61-60 a.C., cominciò a frequentare ambienti politici, intellettuali e mondani, conobbe personaggi influenti e conosciuti dell'epoca, come Quinto Ortensio Ortalo, Gaio Memmio, Cornelio Nepote ed Asinio Pollione, infine ebbe contatti ostili con Cesare e Cicerone.

Con una stretta cerchia d'amici letterati, quali Licinio Calvo ed Elvio Cinna fondò un circolo privato e solidale per stile di vita e tendenze letterarie. Durante il suo soggiorno prolungato a Roma ebbe una relazione travagliata con Clodia, sorella del tribuno Clodio, una delle figlie del nobile Appio Claudio Pulcro, soprannominata nei Carmi con lo pseudonimo di Lesbia, in riferimento alla grande poetessa greca Saffo, dell'isola di Lesbo. Secondo un'indicazione di Apuleio, Clodia rimase vedova nel 59 a.C. di Quinto Metello Celere, dopodiché si mise col giovane Celio Rufo, che poi denunciò in tribunale per una serie di reati, tra cui un tentativo di avvelenamento nei suoi confronti. Rufo verrà difeso da Cicerone, il quale sosterrà che tutte le accuse erano fondate sulla vanità ferita di Clodia, abbandonata dal suo amante Celio. Nell'arringa del grande oratore Clodia viene dipinta come una matrona dell'alta aristocrazia, che vive la vita godereccia di una prostituta. Anche la figlia avuta da Metello si distinse per la vita licenziosa e i molti adulteri.

Clodia, che aveva una decina d'anni più di Catullo, viene da lui descritta graziosa colta intelligente e spregiudicata. La loro pseudo-relazione, in quanto non vi è alcuna certezza storica, sarebbe iniziata quando il marito era ancora vivo, e sarebbe stata alternata da periodi di litigi e di riappacificazioni: l'ultima lettera che Catullo le scrisse fu del 55 o 54 a.C. (in essa viene citata la spedizione di Cesare in Britannia).

Da alcuni suoi carmi emerge che il poeta ebbe anche un'altra relazione, con un giovinetto di nome Giovenzio.

Nel 57-56 a.C. accompagnò Gaio Memmio in Bitinia e in quella circostanza rese omaggio, nella Troade, alla tomba del fratello. Tornato in Italia nel 56, si recò nella villa di Sirmione, dove trascorse gli ultimi due anni della sua vita, consumato fisicamente da un’oscura malattia e psichicamente dalla sfortunata esperienza d’amore con Clodia e dal dolore per la morte del fratello.

Catullo non partecipò mai attivamente alla vita politica, anzi voleva fare della sua poesia un ludus fra amici, una poesia leggera e lontana dagli ideali politici tanto osannati dai letterati del tempo. Tuttavia seguì la formazione del primo triumvirato, i casi violenti della guerra condotta da Cesare in Gallia e Britannia, i tumulti fomentati da Clodio (comandante dei populares e acerrimo nemico di Marco Tullio Cicerone), i patti di Lucca e il secondo consolato di Pompeo. Clodio verrà poi assassinato da Milone, difeso sempre da Cicerone, che detestava anche Clodia, da cui forse era stato sessualmente respinto. Abile amministratrice dei propri beni, dopo la morte di Metello Celere, Clodia viene ricordata un'ultima volta da Cicerone nel 45 a.C., quando è intenzionato a comprare gli "horti Clodiae" sulle rive del Tevere; si rivolge all'amico Attico perché faccia da intermediario.

Nel Carme 52 il disprezzo della vita politica si fa disprezzo per la vita stessa. Non è però da escludere che qualcuno abbia in qualche modo agevolato la sua morte (tant'è che si parla anche di suicidio), in quanto era molto odiato dai potenti dell'epoca (Cesare, Cicerone, Pompeo e Mamurra). L'ironia e il sarcasmo contro Mamurra, un fidato prefetto di Cesare, erano pesantissimi:

57

Una bella coppia di canaglie fottute
quel finocchio di Mamurra e tu, Cesare.
Non è strano: macchiati delle stesse infamie,
a Formia o qui a Roma, se le portano
impresse e niente potrà cancellarle:
due gemelli infarciti di letteratura
sui vizi comuni allo stesso letto,
l'uno più avido dell'altro nel corrompere,
rivali e soci delle ragazzine.
Una bella coppia di canaglie fottute.

115

Cazzomamurra ha circa trenta iugeri di prato
e quaranta di campi: il resto è mare.
E perché non potrebbe superare Creso in ricchezza
chi in un fondo solo possiede tutte queste meraviglie,
prati, campi, boschi immensi, pascoli e acquitrini
dai popoli del Nord sino al mare Oceano?
Tutte cose grandi, ma lui è più grande ancora,
non è un uomo, è un grande cazzo minaccioso.

Catullo è uno dei più noti rappresentanti della scuola dei neoteroi (cioè "poeti nuovi"), i quali si richiamavano direttamente al poeta greco Callimaco, il quale creò un nuovo stile poetico che rappresenta un netto rifiuto della poesia epica di tradizione omerica. Sia Callimaco che Catullo, infatti, non descrivono le gesta degli antichi eroi o degli dei (eccezion fatta, forse, per i Carmina 63 e 64), ma si concentrano su tematiche legate ad episodi semplici e quotidiani. Da questa matrice callimachea accresce anche il gusto per la poesia breve, erudita e stilisticamente perfetta. I suoi versi sono particolarmente elaborati e curati. Inoltre, al contrario della poesia epica, l'opera catulliana intende evocare sentimenti ed emozioni profonde nel lettore.

Catullo apprezzava molto anche la poetessa greca Saffo, vissuta nel VI secolo a.C.: del resto, gli stessi Carmina del poeta romano costituiscono una fonte grazie alla quale è possibile conoscere l'opera della poetessa greca. In particolare, il Carmen catulliano numero 51 è una traduzione della Poesia 31 di Saffo, mentre i Carmina 61 e 62 sono con tutta probabilità ispirati a lavori perduti della poetessa di Lesbo. Questi ultimi due componimenti sono degli epitalami, cioè poesie d'amore dedicate al matrimonio, in cui Saffo eccelleva. Catullo, inoltre, recuperò e diffuse a Roma un particolare tipo di metro detto appunto "strofa saffica", molto usato da Saffo.

Saffo, originaria di Mitilene, città dell'isola di Lesbo nell'Egeo, era di famiglia aristocratica e, per motivi politici, da bambina seguì la famiglia in esilio in Sicilia, probabilmente a Siracusa o ad Akragas, per una decina d'anni, a causa delle lotte politiche tra i vari tiranni che vi erano allora a Lesbo. Ma poi ritornò a Mitilene, dove curò l'educazione di gruppi di giovani fanciulle, incentrata sui valori che la società aristocratica richiedeva a una donna: l'amore, la delicatezza, la grazia, la capacità di sedurre, il canto, l'eleganza raffinata dell'atteggiamento. Saffo sposò un certo Cercila di Andros, da cui ebbe una figlia di nome Cleide. Non si conoscono né la data della sua morte (anche se da un suo componimento si può desumere che abbia raggiunto la tarda età), né le circostanze in cui avvenne. Dato leggendario, ripreso dagli antichi commediografi, è che si sia gettata da un faro sull'isola di Lefkada, vicino alla spiaggia di Porto Katsiki, per l'amore non corrisposto verso il giovane battelliere Faone, che è però un personaggio mitologico.

UN CONFRONTO POETICO

Frammento 31

A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde nella lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue nelle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

Saffo

Carme 51

Simile a un dio mi sembra che sia
e forse più di un dio, vorrei dire,
chi, sedendoti accanto, gli occhi fissi
ti ascolta ridere
dolcemente; ed io mi sento morire
d'invidia: quando ti guardo io, Lesbia,
a me non rimane in cuore nemmeno
un po' di voce,
la lingua si secca e un fuoco sottile
mi scorre nelle ossa, le orecchie
mi ronzano dentro e su questi occhi
scende la notte.

Catullo

Saffo, nel suo Frammento, descrive cose molto diverse da quelle del Carme 51 di Catullo, scritto a imitazione di quello.

  1. Saffo si riferisce a un'adolescente, mentre Catullo parla di una donna (che per giunta ha una decina d'anni più di lui).
  2. Saffo vuole amare l'adolescente come in un rapporto pedofilo (in Grecia, allora, tollerato tra maestro e discepolo), mentre Catullo vorrebbe avere un rapporto alla pari.
  3. Saffo descrive una situazione che può constatare coi propri occhi e, forse, vivere quando vuole, essendo l'adolescente una sua discepola, mentre Catullo sta soltanto sognando, tant'è che prova "invidia" nei confronti di chi è vicino a Clodia.
  4. Saffo descrive un rapporto sessuale, presentato come estasi erotica intellettuale, cioè sta facendo una descrizione fisica, in chiave poetica, di ciò che si prova in un rapporto sessuale, qui sublimato dalla finzione della "distanza" che separa lei dall'amata (un artificio messo per pudore). Catullo invece sa di non poter vivere alcun rapporto con Clodia, per cui la conclusione è di tipo solipsistico-introverso-alienante.
  5. Catullo soffre molto più di Saffo, ma entrambi fanno parte di una cultura aristocratica decadente. C'è solo un aspetto di contenuto che fa preferire Catullo a Saffo, quando dice che chi ama così appassionatamente è superiore agli stessi dèi. Per Saffo chi ama così è "libero" come gli dèi, le cui leggi sono dettate solo dall'amore (e non dall'interesse). Per Catullo invece è "libero" più degli dèi, le cui leggi vincolano moralmente gli uomini. Saffo è dunque più trasgressiva sul piano personale ma più convenzionale su quello religioso; Catullo il contrario.

Ma ora esaminiamo il Carme 8 di Catullo, che ci conferma nell'analisi data:

Povero Catullo, basta con le illusioni:
se muore, credimi, ogni cosa è perduta.
Una fiammata di gioia i tuoi giorni
quando correvi dove lei, l'anima tua voleva,
amata come amata non sarà nessuna:
nascevano allora tutti i giochi d'amore
che tu volevi e lei non si negava.
Una fiammata di gioia quei giorni.
Ora non vuole più: e tu, coraggio, non volere,
non inseguirla, come un miserabile, se fugge,
ma con tutta la tua volontà resisti, non cedere.
Addio, anima mia. Catullo non cede più,
non verrà a cercarti, non ti vorrà per forza:
ma tu soffrirai di non essere desiderata.
Guardati, dunque: cosa può darti la vita?
Chi ti vorrà? a chi sembrerai bella?
chi amerai? da chi sarai amata?
E chi bacerai? a chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, resisti, non cedere.

Come noto i poeti mentono, anche perché scrivono poesie per un pubblico e non diari personali: non possono dire tutto quello che vogliono o che sentono, sia per motivi personali che per motivi politici. Catullo non si sottrae a questa regola.

Probabilmente il suo rapporto con Clodia è stato più virtuale che reale. Poesie del genere si scrivono quando il desiderio è forte e frustrato, cioè impedito da fattori indipendenti dalla propria volontà.

Catullo s'è inventato molte cose, anche perché se davvero avesse vissuto un rapporto sufficientemente stabile con lei, ne avrebbe scoperto i limiti, i difetti. Invece non fa altro che esaltarla, che magnificarla, proprio perché in realtà sta esaltando se stesso nel proprio dolore, nella propria insoddisfazione o incapacità di essere.

Peraltro, se davvero l'avesse amata come un normale innamorato ricambiato, avrebbe capito i motivi per cui lei non voleva più amarlo. E invece non li dice mai nella trentina di carmi che le dedica. La sua non era una passione corrisposta, se non in maniera molto blanda e superficiale. Era più che altro una fissazione maniacale di Catullo, innamorato soprattutto dei propri stati d'animo. Clodia non era che il pretesto per godere del proprio egocentrismo.

Catullo si dispera perché in realtà sia il matrimonio di Clodia con Quinto Metello Celere che la relazione col giovane Celio Rufo avevano spezzato in lui l'illusione di poterla amare e quindi avevano rinsecchito la sua vena poetica, la motivazione a quell'agire che, sopra ogni cosa, si cibava appunto di una malinconia frustrata e decadente.

vedi anche Traditrice dei parenti e abbandonata dall'uomo amato. Arianna: una donna preda delle passioni, alla ricerca della propria identità

Fonti

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019