QUADRO STORICO DEL PERIODO DI PUŠKIN


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Il periodo in cui visse Puškin (1799-1837) fu caratterizzato, in Europa occidentale, dalle conseguenze della rivoluzione francese (quindi l'avventura napoleonica) e dallo sviluppo del capitalismo industriale, mentre in Europa orientale, e soprattutto in Russia, patria di Puškin, continuava a dominare, più o meno contrastato, un regime dispotico e autocratico, che faceva del feudalesimo, col proprio servaggio e il proprio clericalismo, il baluardo della conservazione contro ogni forma di progresso, di riforma e di sviluppo democratico dell'impero.

Il 90% della popolazione russa era dedita ai lavori agricoli, in condizioni molto precarie, tanto che le agitazioni dei contadini, dal 1801 al 1861 (anno dell'abolizione del servaggio), furono più di duemila.

Nello stesso periodo il numero delle imprese capitalistiche era passato, sempre in Russia, da 1.200 a 2.800, con 860.000 operai. Qui la rivoluzione industriale era sostanzialmente iniziata verso la fine degli anni '30 e procedeva lentamente, sia perché era ancora esigua la domanda di beni nel mercato interno, sia perché scarseggiava la manodopera da impiegare nelle fabbriche.

I contadini infatti erano legati alla terra da molti vincoli e avevano esigenze molto limitate. Gli stessi salariati spesso non erano che contadini col permesso di lavorare. Molti limitati erano anche il sistema del credito, dei trasporti, delle comunicazioni.

Nonostante questo, l'impero russo andava progressivamente allargando i propri confini: nel 1809, in seguito alla guerra russo-svedese, fu annessa la Finlandia; tra il 1801 e il 1810 i popoli della Georgia si posero sotto la sovranità russa per sfuggire ai tentativi dei feudatari turchi e persiani di sottomettere la Transcaucasia; negli anni '20, per lo stesso motivo, lo fecero l'Azerbajgian settentrionale, la Bessarabia e l'Armenia orientale; nel 1822 fu la volta del Kazakhstan, liberato dal potere dei khan.

Al dominio delle potenze asiatiche o islamiche interi popoli preferivano quello russo, che però non era meno esoso sul piano fiscale.

In politica interna il governo zarista ostacolava col protezionismo l'importazione di prodotti industriali e cercava invece di favorire l'esportazione del grano e di altri prodotti agricoli.

Puškin nacque sotto il regno, molto breve, di Paolo I (1796-1801), che impegnò l'esercito contro i contadini in rivolta in 32 governatorati e che estese il servaggio anche lungo il mar Nero e nel Caucaso settentrionale. Lo zar, inoltre, proibì totalmente l'introduzione di libri stranieri e vietò l'uso di parole come "cittadino" e "patria", che in Francia indicavano un progresso civile e democratico.

La Russia, d'altra parte, era impegnata, a fianco dell'Austria, dell'Inghilterra e della Turchia, a combattere la Francia, allora sicuramente il paese più avanzato d'Europa sul piano politico e culturale.

Proprio nell'anno in cui nacque Puškin, i marinai russi liberarono Napoli dai francesi, entrarono trionfalmente a Roma e con le vittorie del feldmaresciallo Suvorov riuscirono a liberare dai napoleonici tutta l'Italia settentrionale. Erano addirittura pronti a marciare su Parigi, ma ricevettero l'ordine di fermarsi in Svizzera.

Napoleone scese a trattative coi russi, convincendoli che il vero nemico da combattere erano gli inglesi, che, grazie al dominio sui mari, si stavano affermando in tutto il mondo. E fu così che agli inizi del 1801 lo zar spedì 40 reggimenti di cosacchi del Don verso l'India, con l'intenzione di espellere gli inglesi dalla penisola.

Questa svolta dello zar Paolo I a favore della Francia non piacque a molti nobili russi, i quali, stanchi anche dei suoi metodi autoritari, provvidero a eliminarlo nel marzo 1801.

Fu incoronato imperatore il figlio maggiore, Alessandro (1801-1825), che aveva dato il proprio consenso alla congiura, cui non fu estraneo neppure l'ambasciatore inglese di Pietroburgo (Ch. Withworth), e furono immediatamente riprese le relazioni diplomatiche col Regno Unito, richiamando in patria la spedizione cosacca.

Lo zar da un lato faceva mostra d'essere più tollerante del padre, dall'altro si guardava bene dal mutare la situazione socioeconomica in favore dei contadini. Questa doppiezza ebbe un riflesso negativo nella gestione del potere politico-militare, soprattutto nel corso della guerra contro Napoleone.

Le sconfitte militari costrinsero lo zar alla pace di Tilsit e ad aderire al blocco economico contro l'Inghilterra. Ma già a partire dal 1810 le relazioni tra Russia e Francia peggiorarono drasticamente, a motivo del fatto che Napoleone, padrone di quasi tutta l'Europa occidentale, era in procinto di occupare anche la Russia.

Infatti con 640.000 uomini, provenienti da quasi tutti i paesi europei, nel giugno 1812, senza alcuna dichiarazione di guerra, varcò i confini dell'impero russo, incontrando però un'accanita resistenza. Lo zar rifiutò qualunque proposta di pace, anzi il generale Kutuzov inflisse una dura sconfitta a Napoleone a Borodino.

Tuttavia la controffensiva francese arrivò sino a Mosca, saccheggiandola. Gli agrari erano del tutto indifferenti alla guerra, sicché la situazione parve quasi disperata; soltanto grazie alle manovre intelligenti di Kutuzov, che ottenne vittorie decisive a Tarutino e alla Berezina, nonché all'aiuto dei reparti partigiani cosacchi e all'appoggio popolare, i francesi non solo non riuscirono a conquistare Pietroburgo, ma furono addirittura costretti a una disastrosa ritirata. A questa guerra nazionale Tolstoi dedicherà il celebre romanzo Guerra e pace.

La sconfitta napoleonica del 1812 fu il segnale del risveglio della Prussia, che l'anno successivo insorse contro i francesi, sbaragliandoli a Lipsia. Napoleone fu esiliato nell'isola d'Elba nel 1814 e sul trono francese tornarono i Borboni.

Su iniziativa dello zar fu istituita la "Santa Alleanza" di tutti i sovrani contro i popoli che aspiravano alla libertà e alla democrazia. Tuttavia negli anni 1820-21 scoppiarono nuove insurrezioni: in Spagna, Portogallo, Grecia, nel Piemonte e nel Napoletano. Grazie alla guerra russo-turca, la Grecia, nel 1828-29, ottiene l'indipendenza dall'impero ottomano.

Nel 1825 la prima insurrezione contro lo zarismo è guidata dal partito liberale dei "cadetti" (l'intellighenzia nobiliare progressista), che vuole abolire il servaggio e introdurre la Costituzione.

Alessandro I, impegnato a reprimere i moti rivoluzionari in Europa, affidò il governo del paese al conte Arakceev, che usò il pugno di ferro. La censura fu durissima: persino l'Onegin di Puškin venne considerato un'offesa alla religione.

Le agitazioni dell'esercito e dei contadini si fecero sentire in Ucraina nel 1819 e a Pietroburgo l'anno dopo.

I decabristi presero a dirigere il movimento politico democratico, ma, poiché avevano nel complesso una posizione moderata, nel 1821 la loro associazione ("Unione della Prosperità") si sciolse e al suo posto se ne formarono due di tendenze più radicali: una in Ucraina ("Unione del Sud") e l'altra a Pietroburgo ("Unione del Nord"). La prima voleva la fine del servaggio (con l'assegnazione delle terre ai contadini mediante confisca di metà delle terre degli agrari), la fine della monarchia, delle distinzioni sociali e l'inizio del sistema rappresentativo e voleva anche la Polonia indipendente. La seconda invece restava più moderata, anche se entrambe aspiravano a un'insurrezione rivoluzionaria.

Nel 1825 l'Unione del Sud aderì all'Unione degli Slavi Uniti, un'organizzazione militare progressista panslava. Si pensò di attuare il piano insurrezionale subito dopo la morte di Alessandro I (1825). Senonché il principe S. Trubetskoj si rivelò un pusillanime e all'ultimo momento tradì. Oltre a ciò va detto che i decabristi pensarono più a un colpo di stato militare che non a una vera e propria insurrezione popolare.

Sicché il nuovo zar Nicola I (1825-1855) ebbe buon gioco nel far circondare gli insorti da 10.000 uomini a lui fedeli, ordinando di sparare col cannone. Domata l'insurrezione, la reazione del governo fu ancora una volta durissima.

Il regno trentennale di Nicola I segnò l'apogeo dell'autocrazia. La polizia segreta e la censura detenevano praticamente poteri illimitati. Si centralizzò tutto nelle mani dello zar e del suo governo, che si misero apertamente in lotta contro ogni forma di progresso civile e democratico.

Si voleva ostacolare con ogni mezzo lo sviluppo del capitalismo e della democrazia borghese, anche a costo di esasperare enormemente lo sfruttamento della classe contadina.

Nel 1830-31 vi furono rivolte militari a Sebastopoli e nelle colonie militari del governatorato di Novgorod. Negli anni '20 e '30 in Bielorussia e in Ucraina, nel 1841 a Guria (Georgia) e all'inizio degli anni '40 in Lettonia ed Estonia scoppiarono rivolte contadine di una certa consistenza. Non dimentichiamo che in tutto l'impero zarista i servi della gleba erano almeno 10 milioni di persone, la stragrande maggioranza delle quali lavorava nelle terre private degli agrari e solo una piccola minoranza in quelle statali, ove fruiva di migliori condizioni di vita.

Le popolazioni caucasiche e dell'Asia centrale si opponevano alla politica di colonizzazione zarista. Tuttavia la nobiltà filoturca e il clero musulmano non erano meno dispotici del governo russo, per cui divenne inevitabile, nel 1864, la definitiva conquista zarista del Caucaso.

Oltre a ciò va ricordato che tra il 1826 e il 1855 scoppiarono oltre 170 agitazioni operaie e che all'inizio degli anni '30 l'Università di Mosca divenne il centro di collegamento delle forze giovanili progressiste russe.

Il governo sviluppò la teoria del "nazionalismo ufficiale", secondo cui la formula "ortodossia religiosa - autocrazia politica - nazione" doveva diventare l'emblema della Russia contro l'occidente ateo e borghese. Questa teoria doveva diventare obbligatoria in tutto il sistema scolastico e universitario nazionale.

Tuttavia proprio dall'Università di Mosca uscirono i due capi spirituali più significativi della gioventù rivoluzionaria degli anni '30 e '40: A. Herzen e V. Belinskij, che introdussero in Russia le opere dei socialisti utopisti e i primi saggi dei fondatori del marxismo.

A livello ideologico le tre correnti principali erano appunto quella democratico-rivoluzionaria di Herzen e Belinskij, cui si associarono, successivamente, Petrascevskij, il giovane Dostoevskij e Cernyscevskij, che finirono per alcuni anni in Siberia; quella liberale-occidentalista di K. Kavelin, T. Granovskij, V. Botkin, P. Annenkov ecc.; infine quella slavofila di Aksakov, Kirevskij, Khomjakov, Samarin, che odiava il mondo occidentale-borghese, idealizzava l'obscina e predica il panslavismo sotto l'egida dello zarismo.

Nel 1846 sorse a Kiev la "Società di Cirillo e Metodio", che si batteva per la liberazione nazionale e sociale dell'Ucraina. Negli anni '40 sorse una società segreta in Lituania ("Unione Fraterna"), del tutto antigovernativa.

Nonostante l'incredibile censura operata dal governo, si affermò negli anni '40 e '50 la tendenza, in campo letterario, al realismo critico. I più grandi autori furono il favolista I. Krylov, i poeti romantici V. Žukovskij e K. Batjushkov, ma soprattutto il poeta A. Puškin, il fondatore della nuova letteratura russa e della lingua letteraria moderna.

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