L’impegno di Leonardo Sciascia

L’impegno di Leonardo Sciascia

Dario Lodi

I - II


Costante, nell’opera di Leonardo Sciascia (1921-1989) è la ricerca di un’etica intellettuale e di un comportamento onorevole conseguente. La base della sua espressione è un corpus ricco di razionalità riconoscente verso il sapere umanistico e umanitario. Questo sapere abbraccia l’intero mondo, visto non in subordine all’agire umano. La prevalenza dell’agire umano è invece una caratteristica dell’ambiente in cui vive lo scrittore: è la Sicilia della mafia, del malaffare potente ed anzi onnipotente. Sciascia non esita a denunciare la capacità mafiosa di andare a condizionare politici e governi.

Lo fa soprattutto negli scritti “Il giorno della civetta”, “A ciascuno il suo” e “Todo modo”.

La sua prosa è una sorta di conquista. Sciascia non scrive certo automaticamente, né ha la fortuna del suo maestro Vitaliano Brancati.

Brancati è un prodigio naturale: la sua scrittura è fluida, aerea e nel contempo intensa. E’ una scrittura che scava anche nella psiche umana. Sciascia conquista ogni frase, pesa ogni parola ed è per concetti sanguigni, immediati, concetti nei quali si coglie un’indignazione profonda e delusa.

Fondamentalmente, lo scrittore siciliano sa – e fatica a contenere la relativa amarezza – quanto sia difficile, se non impossibile, rimuovere il sistema mafioso.  

La mafia è una sovrastruttura feudale, incistata, che s’è adattata ai tempi, riuscendo sempre a volgerli a proprio favore con mezzi spicci. La mafia di Sciascia è il paradigma del sistema di potere generale: ecco perché è impossibile batterla. Così i suoi libi, che si svolgono principalmente come storie “gialle”, storie intricate e negative, sono impastati di dolore metafisico per la resa ad un ineffabile materiale e dunque rimovibile, usando le giuste armi.

In effetti, in questi libri non manca una lotta coraggiosa al crimine, ma non c’è mai autentica vittoria, neppure proiettata nel futuro: c’è l’esempio morale di pochi contro l’immoralità di molti. Quest’ultima diventa istituzione immorale, statale, mentre la moralità di pochi assume l’aspetto di anarchia, di idealismo ingenuo.

Sciascia insiste con la morale, non si arrende all’evidenza dei fatti, altrimenti non denuncerebbe (parafrasando) gli imbrogli politici e mafiosi. Esiste, nello scrittore, la speranza di un cambiamento causato anche dalle sue imbarazzanti rivelazioni. Meglio di niente. Ed anzi un tutto verbale, virtuale se vogliamo, che regala un po’ di dignità agli esseri umani. La scrittura di Sciascia è quindi in certo qual modo faticata per via dell’enormità del tema trattato. E’ un tema aggrappato a radici solide. Non si deve pensare alla mafia come ad un fenomeno nato dal nulla: esso è, come volontà di prevaricazione, nella mente di ogni uomo. Chi attua questa volontà è lontano dal progresso intellettuale e civile, non sublima certo la violenza, ma la usa tale e quale come nella preistoria. Chi la subisce ripete la sottomissione primitiva.

Le conquiste razionali sembrano formare una semplice patina sulla decisione violenta, sembrano fornire un abbellimento a qualcosa di veramente brutto che il sapere presume di aver esorcizzato. Sciascia sottintende tutto questo ed il suo rammarico, per la realtà che parla in termini elementari e brutali, è immenso. Lo attenua esteticamente con la ricerca di un certo decoro espressivo che una prosa essenziale, attenta e in qualche misura indulgente, riesce ad assicurare. L’indulgenza di Sciascia non significa accettazione del peggio, ma è un invito a considerare situazioni e persone e a cavare dalle seconde forze decisive per la creazione di situazioni sociali diverse, rispettose verso tutti. Sono vergognosi i rapporti irrazionali. Sono l’eterno attentato alle risorse più vere dell’umanità. Sciascia lo dice a chiare lettere.

Dello stesso autore:

Testi di Leonardo Sciascia


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 10-02-2019