MARGUERITE YOURCENAR, Pellegrina e straniera,
trad. E. Giovanelli, Einaudi, Torino 1990.
Non c'č altra cittą dove si risenta maggiormente
dello iato tra l'interno e l'esterno, tra la vita pubblica e la segreta vita solitaria.
Sulla piazza il sole riscalda le sedie di ferro
davanti alla porta di un caffč; bambini sporchi, donne debordanti di maternitą vociano
nelle strade tristi.
Ma qui in questa purezza di tenebre ben presto rese
trasparenti dall'abitudine, rilucono qua e lą fuochi limpidi come quelli di un'anima in
cui lentamente si formino i cristalli della sventura.
I pilastri ruotano con la terra. Le volte ruotano
con il cielo. Girano in tondo gli Apostoli, come dervisci agli acuti suoni di un valzer
lento. Mani divine sospese a caso, vaghe come quelle che sfiorano i volti nelle sedute
spiritiche, derisorie come le mani disegnate sui muri per indicarci la strada che abbiamo
sempre torto a seguire. Impotenti a ricreare un mondo, queste mani si accontentano di
benedirlo.
Uno dei segreti di Ravenna sta in questo confinare
dell'immobilitą con la velocitą suprema; essa conduce alla vertigine.
Il secondo segreto di Ravenna č quello dell'ascesa
al profondo, l'enigma del Nadir. Letteralmente, i personaggi dei mosaici sono minati:
hanno scavato in se stessi enormi caverne nelle quali raccolgono Dio. Affondati nelle
viscere dell'estasi, partono alla ricerca di un sole di mezzanotte, ai mistici antipodi
del giorno. La loro esperienza contraddice lo slancio gotico che tende le braccia a Dio.
Rinchiusi in un sogno, imprigionati sotto la campana da palombaro delle cupole, sfuggono
alla frenesia del mondo nella serenitą del baratro.