L'EPOPEA DI GILGAMESH
Dalla civiltà sumerica a quella babilonese


Scoperta della saga

1842: Paul-Emile Botta

In questa sezione si parlerà di Paul-Emile Botta, passato alla storia per la scoperta del palazzo di Sargon II, evento che segnò la nascita dell'archeologia orientale, ma anche per essere stato il primo a scavare a Tell Kouyunjik - sito dove era sepolta la biblioteca di Assurbanipal.

Archeologo per diletto

Paul-Emile Botta (fotogr. p. 64, Bot 1994, 1) nel 1840 aveva ricevuto il mandato di console di Francia a Mossul, città situata sul Tigri superiore. Intorno alla città vi era solo il deserto popolato da nomadi e pastori ma ricco di colline artificiali - chiamate tell - presso le quali sostavano carovane, e che venivano utilizzate come cave oppure come cimiteri (p. 43 Mat 1995). Botta intuì che queste erano le tracce di antiche civiltà le cui gesta si erano ormai dimenticate, forse proprio quelle civiltà della cui storia solo la Bibbia parlava. Il console francese cominciò allora a comprare tutto quello che poteva. Ceram racconta che quando Botta chiedeva ai locali di mostrargli da dove provenissero quei cocci riceveva sempre la stessa risposta

"Allah è grande e ne ha sparso un poco dappertutto" (p. 218, Cer 1995).

Il console, vedendo che non riusciva a farsi dire una località di scavo particolarmente ricca, decise d'iniziare gli scavi sulla prima collina che gli era capitata sotto mano, Tell Kouyunjik (o Kujundshik o Quyunjik come vi pare). Il risultato della sua prima indagine fu deludente: non più di alcuni frammenti di tavolette. Questo fu in larga parte dovuto alla mancanza di mezzi e alla sua inesperienza. Se avesse proseguito a scavare si sarebbe infatti imbattuto nella reggia di Assurbanipal. Altri archeologi, come vedremo, avranno il merito di questa scoperta.

Uno strano incontro

Vuole la leggenda che Botta venisse avvicinato da un arabo, il cui nome non si seppe mai, che aveva saputo della mania di antichità del diplomatico francese. Costui vedendo gli sforzi di Botta, a suo giudizio insensati, provò a dissuadere il console dal continuare gli scavi a Kouyunjik e convincerlo spostare i lavori in un'altra località dove avrebbe potuto trovare tutte le meraviglie che cercava.

Il console francese, pur diffidando dell'individuo che diceva di volerlo aiutare perché amava i francesi, decise di metterlo alla prova. Il 20 marzo 1843 spedì con lui alcuni dei suoi operai arabi per una prima perlustrazione in una località di nome Khorsabad, 16 km a nord-est di Mossul.

Dopo una settimana che Botta aveva mandato i suoi uomini in ricognizione egli ricevette un messaggio tutto eccitato che riferiva che appena affondata la vanga a Khorsabad erano venute fuori delle mura. E appena queste erano state ripulite dai detriti, erano apparse iscrizioni e figure. Accorso sul luogo Botta si rese conto subito dell’eccezionalità della scoperta e richiamò presto tutti i suoi operai da Kouyunjik.

La reggia di Sargon emerge dalle sabbie

Il 5 aprile gli scavi di Khorsabad portarono alla luce un intero palazzo ricco di tesori e quindi la prova inconfutabile dell’esistenza di una progredita e antica civiltà. La notizia fece il giro del mondo, infatti finora si era ritenuto che l’Egitto fosse la culla della civiltà perché in nessun altro luogo si poteva risalire così indietro come nella terra delle piramidi.

La Francia si entusiasmò alla notizia della scoperta di una civiltà potente e ricca, forse più antica di quella egiziana, e probabilmente consumata più che dal tempo, dal ferro e dal fuoco. Botta ricevette, così, larghi mezzi per continuare i lavori. Egli scavò per tre anni, dal 1843 al 1846 portando alla luce un nuovo palazzo costruito su vaste terrazze. Gli studiosi vi riconobbero la dimora del re assiro che conquistò Samaria e deportò gli ebrei in esilio, Sargon II. Sotto le sabbie di Khorsabad si celava dunque l'antica Dur-Sharrukin, che in assiro significa appunto «reggia di Sargon».

Per la prima volta ci si trovava di fronte a un personaggio menzionato nell’Antico Testamento. Era il primo riscontro storico di narrazioni bibliche considerate dalla scienza fino a quel momento come una "raccolta di leggende" (2).

Si capì che il palazzo era la residenza estiva, una specie di Versailles, sul limitare della capitale assira, Ninive (che verrà scoperta due anni dopo) e risalente al 709 a.C. Il palazzo era ricco di stanze vivacemente decorate da affreschi e bassorilievi riproducenti scene di vita domestica, di guerra e di caccia. Vi erano inoltre portali riccamente decorati, una torre a terrazze e persino un harem tripartito.

Terminati gli scavi, Botta tornò acclamato in Francia carico di tesori destinati il museo del Louvre. L'impresa di Botta segnò l'inizio ufficiale dell'archeologia mediorientale come riconobbe, pur con modestia, lo stesso protagonista:

«Senza dubbio ho fatto una scoperta, ho aperto una nuova via all'archeologia, ma senza gli indizi fortuiti del caso le mie ricerche e la mia perseveranza sarebbero state inutili». (riportato in Dag 1997, p. 12)

L’interim consolare fu affidato a Rouet, deciso a difendere i diritti francesi sia su Khorsabad che su Kouyunjik. Il luogo dove Botta aveva scavato per la prima volta aveva attirato l'attenzione di altri europei...

1847: Henry Layard

Le recenti scoperte di Botta presso Khorsabad, avevano riacceso l'entusiasmo di un altro diplomatico europeo di stanza in Medio Oriente: Henry Austen Layard. Costui, impegnato presso l’ambasciata inglese di Costantinopoli, aveva compiuto nel 1839 un pericoloso viaggio nella terra tra i due fiumi - all'epoca in rivolta - guidato dalle sole letture bibliche e classiche (3). Convincendosi che sotto il Tell di Nimrod fosse sepolta l’antica Ninive, e affascinato da Botta conosciuto a Mossul nel 1840, tornò a Costantinopoli dove persuase l’ambasciatore inglese Sir Stratford Canning dell’opportunità di finanziare gli scavi.

I tempi erano ormai maturi e l’oscurità in cui era avvolta la Mesopotamia agli occhi del mondo europeo si era dissipata di colpo: nell'anno in cui Botta scavava presso Kouyunjik e Khorsabad, Sir Henry Rawlinson - pioniere della decifrazione del cuneiforme e tutore di George Smith - si trovava a Bagdad intento nella decifrazione dell’iscrizione di Behistun. Nel 1845 Layard torna al tell di Nimrod iniziando così la sua grande avventura.

La scoperta di Calah

I primi risultati furono strepitosi: in pochi mesi egli rinvenne le prime sale di un gigantesco palazzo. Ma era proprio Ninive quella città?  Alcuni anni dopo si accorse dell'errore: quella che lui stava scavando non era Ninive, ma Calah, la città concepita e realizzata da Assurnasirpal II.

A Calah Layard portò alla luce favolosi tesori: ortostati in marmo inscritti, una splendida serie di bassorilievi, mostri in calcare e alabastro. Fra essi immensi leoni e tori alati di grande statura che, oggi sappiamo, rappresentavano dei astrali assiri stanziati ai quattro angoli del mondo: Marduk come toro alato, Nebo come uomo, Nergal come leone alato, e Ninurta come aquila.

Parte dei meravigliosi reperti furono mandati in Europa ad abbellire le sale del British Museum. Tuttavia lo scavo di Layard ebbe dubbia legalità. Nessuna autorizzazione era stata data dal Governo ottomano o, più esattamente non fu mai richiesta dall’ambasciatore Canning, il quale non riteneva opportuno farlo in quel momento, avendo egli richiesto altri permessi e confidando nella capacità diplomatica di Layard.

La lettera del Visir

Un anno dopo, il 5 maggio 1846, poco prima del rientro a Londra di Canning, Layard ottenne non un permesso ufficiale vero e proprio, ma una lettera del Gran Visir di Istanbul indirizzata al pasha di Mossul. Il documento, scritto originariamente in turco fu tradotto da Christian Rassam, viceconsole d’Inghilterra a Mossul e fratello di quel Rassam che sarà protagonista della scoperta della biblioteca di Ninive. Ecco il testo:

Lettera del Gran Visir al Pasha di Mossul. 5 maggio 1846.

Ci sono, come Vostra Eccellenza sa, nelle vicinanze di Mossul grandi quantità di pietre e di resti antichi. C’è un Gentleman inglese che è giunto da queste parti per cercare pietre di questo genere e ha trovato sulla riva del Tigri, in certi luoghi disabitati, pietre antiche sulle quali ci sono disegni e iscrizioni. [...] Nessun ostacolo deve essere posto quando prenderà le pietre che, in base al resoconto che è stato fatto, si trovano in luoghi deserti e non sono utilizzate; o al suo intraprendere scavi in luoghi disabitati dove questo può essere fatto senza inconvenienza per alcuno [...]. La sincera amicizia che fermamente esiste tra i due governi rende desiderabile che tali richieste siano accettate.
(lettera citata in Pet 1992 p. 92 e Dag 1997 p. 28)

Questa lettera del visir lasciava totale libertà al "gentleman" inglese di scavare in qualsiasi luogo disabitato ritenesse opportuno farlo, a patto che questo non provocasse "inconvenienza per alcuno". In pratica autorizzava la sottrazione di reperti dal territorio di origine per spedirli in patria. Questa pratica dei gentlemen occidentali (italiani compresi) rimase attiva per tutto l'800. La prima legge di protezione archeologica del territorio in Medio Oriente arriverà solo nel 1929 (p. 29 Dag 1997).

L’ambasciatore Canning comprese subito l’importanza di questo spregiudicato permesso che non limitava l’attività di Layard a un sito particolare e gli fece notare che ciò poteva

...essere opportuno per assicurare un diritto prioritario su ogni posto che avrebbe potuto dare delle scoperte, ma di comportarsi cautamente, e con il dovuto rispetto non solo per i diritti di altri, ma soprattutto tenendo conto della loro gelosia.

Gli altri erano ovviamente i francesi, gli unici a scavare in quel periodo in Medio Oriente oltre agli Inglesi, i quali avevano cercato di far bloccare gli scavi inglesi non autorizzati a Nimrod, mentre nel contempo cercavano di ottenere per loro i permessi proprio per quel sito.

Era il 1846 e Layard, forte di quel permesso, oltre a continuare gli scavi a Nimrod iniziò sondaggi in altri siti, tra i quali il Tell Kouyunjik. Il suo lavoro fu finanziato dal British Museum ed fu la prima volta che un'istituzione accademica finanziava una missione in Mesopotamia.

Il console francese, venuto intanto a sapere della lettera, si innervosì e insistette a vederla, rivendicando nel contempo i diritti su Tell Kouyunjik. Per tutta risposta Layard gli fece osservare l’enorme vastità del Tell, la cui circonferenza misurava circa un miglio, e gli propose di unire i loro sforzi. Così francese e inglesi scavavano a Kouyunjik ma fu Layard ad ottenere i primi risultati portando alla luce il palazzo di Sennacherib (1847).

Una seconda campagna di scavi fu condotta da Layard fra il 1849 e il 1851 sia a Kouyunjik che a Nimrod, stavolta aiutato da un nuovo braccio destro, Hormuzd Rassam...

1852: Hormutz Rassam

L'accordo di Samsun

Layard rientrò carico di tesori a Londra nel 1851, pronto a essere investito di titoli accademici e incarichi politici. Nello stesso anno avvenne un incontro a Samsun sul Mar Nero di grande importanza per la storia che segue. Quella che stava per diventare (e divenne!) una corsa all'accaparramento archeologico degli occidentali in Mesopotamia subì una pausa di riflessione quando il nuovo console francese di Mossul, Victor Place incontrò l'inglese console generale di Bagdad, Rawlinson.

I due diplomatici convennero che era inutile farsi concorrenza e nuocersi a vicenda. Di ortostati, portali, tori alati, tavolette e altri tesori era pieno l'Iraq a sufficienza per riempire i magazzini sia del Louvre che del British Museum.

Rawlinson aprì al collega francese il cantiere inglese a Kouyunjik e propose, data la vastità del Tell, di operare insieme, ognuno nel proprio sito: a nord della collina i francesi (dove Botta anni prima aveva cominciato a scavare), a sud gli Inglesi. Place, previa approvazione di Parigi, accettò l’accordo.

Veniamo ora all'episodio che per gli studiosi

... rappresenta senza dubbio un punto oscuro nella storia dell'archeologia orientale (Franco D'Agostino, p. 28 Dag 1997)

I termini dell’accordo di Samsun infatti non furono mai rispettati, per demerito non dei due artefici, ma del successore di Layard in Medio Oriente, Rassam, l’ex suo aiutante, che nel 1852 era stato incaricato dal British Museum di riprendere gli scavi in Mesopotamia.

La notizia dell'accordo Place-Rawlinson su Kouyunjik non fu accolta con gradimento da Rassam, come egli stesso scrisse:

«Seppi, con mia grande irritazione, che Monsieur Place, il console francese a Mossul, il quale a quel tempo era impegnato a fare esplorazioni a Khorsabad per il museo Nazionale Francese, aveva chiesto e ottenuto il permesso di scavare in quel posto dal maggiore Rawlinson, prima del mio arrivo a Mossul» (H. Rassam, Excavations and Discoveries in Assyria 1882, p. 38).

Disegni audaci di un archeologo

Forte della sua competenza acquisita sul campo, Rassam si era convinto che l’angolo nord della collina di Kouyunjik celasse altri tesori di Sennacherib ed era sua intenzione metterci le mani ad ogni costo:

«Il mio obiettivo era sempre l’angolo nord di Kouyunjik, che fortunatamente Mr. Place non aveva mai toccato, e che io ero determinato a esplorare prima del mio ritorno in Inghilterra, qualunque fossero le conseguenze» (ibid. 39).

In realtà, André Parrot (scopritore della città di Mari) ricorda Place non fosse affatto assente e che anzi stesse già scavando in quel sito. L'imprecisione e la parzialità del resoconto di Rassam è corroborata dal passo seguente:

«Debbo sottolineare che la collina di Kouyunjik è proprietà privata e che noi eravamo in possesso di un decreto del sultano di Turchia che ci permetteva di scavare dove ci pareva e ci piaceva, una volta che avessimo ottenuto il permesso dal proprietario del terreno. Ciò nonostante vi era una regola di comportamento riconosciuta tra gli esploratori: quando un rappresentante di una nazione stava scavando in un certo Tell, gli altri dovevano astenersi dallo scavare nello stesso luogo. Perciò ero geloso dell’intenzione del rappresentante del governo di Francia di immischiarsi nel nostro campo di operazioni» (ibid. p. 39).

E' stupefacente il candore con cui Rassam ricorda regole di bon-ton ignorando che fu Botta il primi ad affondare la vanga sulla collina più di dieci anni prima. Inoltre fu Rawlinson ad offrire a Place la possibilità di scavare nella parte settentrionale del Tell e non quest’ultimo a chiederlo.

Scavi al chiaro di luna

Rassam sapeva di dover agire alla svelta e con l'aiuto delle tenebre:

«Quando il tempo della partenza si avvicinò, ordinai che le mie tende fossero montate sulla collina di Kouyunjik, mostrando in tal modo che ero pronto per partire per l’Europa, ma la ragione di ciò era di essere in grado di scavare con grande semplicità, di notte, nell’angolo nord della collina senza essere scoperto. dopo aver atteso per alcuni giorni una notte di luna piena, scelsi alcuni vecchi e fedeli operai arabi capaci si mantenere il segreto, con un guardiano fedelissimo, e diedi loro appuntamento in un certo punto sulla collina due ore dopo il tramonto. Quando tutto fu pronto, assegnai loro tre differenti punti in cui scavare. Vi erano già alcune trincee scavate in precedenza, e ordinai agli operai di scavare dentro di esse scendendo in profondità. Dopo aver controllato il lavoro personalmente fino alla mezzanotte, li lasciai al lavoro (dopo aver detto loro di interromperlo all’alba) e andai a dormire» (ibid. p. 39).

E' evidente che Rassam cade in contraddizione accennando alle trincee già scavate perché, nelle sue memorie, poco prima affermava:

«per qualche ragione Monsieur Place non aveva cominciato lo scavo né prima né dopo il mio ritorno a Mossul» (ibid. p. 38).

Ispezionando le trincee il mattino seguente, Rassam accertò la presenza di numerosi resti assiri. I lavori, sospesi durante il giorno per non destare attenzione, ripresero la sera appresso e con un numero doppio di operai:

«Li feci lavorare duro per tutta la seconda notte. Al solito, controllai il lavoro fino a mezzanotte e me ne andai a dormire. Ma dopo meno di due ore, il mio fedele guardiano albanese corse con la notizia della scoperta di alcune sculture rotte. Mi precipitai immediatamente al luogo dello scavo e scendendo in una delle trincee potei vedere alla luce lunare la parte inferiore di due bassorilievi, la cui parte superiore era stata distrutta dai Sassanidi o da un’altra barbara nazione che aveva occupato il Tell dopo la distruzione dell’impero Assiro. Potei accertarlo grazie alla mia esperienza, esaminando le fondamenta e il muro di mattoni che faceva da base ai bassorilievi» (ibid. p. 39).

Il guardiano albanese era in realtà un capo-operaio dei francesi corrotto per tenere informato Rassam in tempo reale degli sviluppi degli scavi di Place. Inoltre, l’esperienza di Rassam è stata spesso messa in dubbio. Parrot per esempio, nel libro Archéologie Mésopotamienne, così lo presenta:

«Né disegnatore né architetto. Così nessuna pianta veramente seria fu mai rilevata, ma numerosi furono i rilievi che, trovati in cattivo stato durante la scoperta, scomparvero totalmente senza che ne sia rimasta la minima traccia raffigurata. Vi era in realtà quella caccia all’oggetto che non sarà mai troppo deplorata. Hormuzd Rassam doveva d’altronde distinguersi lungamente in quello che Hilprecht ha potuto chiamare un "sistema di saccheggio non scientifico", in aggiunta a una totale mancanza di scrupolo che caratterizza molto bene un personaggio che noi ritroveremo ormai sovente e dappertutto» (A. Parrot, Archèologie Mèsopotamienne, Paris 1946 p. 52).

I primi veri scopritori del palazzo di Assurbanipal

Invero Rassam commise numerose scorrettezze a danno dei francesi. Per esempio, approfittando di una momentanea assenza di Place, aveva in precedenza occupato, aiutato dai suoi operai arabi, il sito di Assur piantandovi la bandiera inglese. Ma quanto avvenne a Tell Kouyunjik ebbe dell'incredibile. I veri scopritori del palazzo furono due assistenti di Place: Loftus e Boutcher che avevano sospeso i lavori solo perché la loro squadra aveva compiuto la scoperta il giovedì e il giorno successivo era giorno di festa per i mussulmani.

Nonostante la riservatezza dei francesi, la notizia era giunta alle orecchie di Rassam. Egli pensò di mettere tutti di fronte al fatto compiuto scavando un tunnel dal settore inglese a quello francese e facendo man bassa dei tesori scoperti faticosamente dalla squadra di Place:

«Non soltanto temetti che il console francese lo venisse a sapere e arrivasse per impedirmi di scavare in quello che egli riteneva essere il suo territorio, ma ancor peggio che si potesse pensare da parte delle autorità turche e della gente di Mossul che io fossi alla ricerca di un tesoro, dato che costoro immaginavano da sempre che noi ci stessimo arricchendo con la scoperta di favolosi tesori: perciò la terza notte aumentai il numero degli operai e decisi di restare nelle trincee fino al mattino. Dopo meno di tre ore di scavo un banco cadde e rivelò un bassorilievo quasi perfetto in cui era rappresentato un re assiro...» (H. Rassam, Excavations and Discoveries in Assyria 1882, p. 40)

Il bassorilievo ritraeva la celeberrima caccia al leone di Assurbanipal e pertanto il palazzo non era di Sennacherib ma di Assurbanipal. Ma la stanza del bassorilievo comprendeva un altro tesoro di valore più alto: migliaia di tavolette inscritte in cuneiforme. Rassam era dunque penetrato nella biblioteca di Assurbanipal. La notizia della scoperta di un nuovo palazzo a Kouyunjik si sparse in poche ore nella città di Mossul attirando centinaia di spettatori tra cui ovviamente il console Place, accorso da Khorsabad.

Place protestò duramente contro l'intrusione di Rassam con Rawlinson che, tuttavia, rivendicò il diritto di possesso inglese in base alla lettera del Visir (il proprietario della collina era stato indennizzato dai britannici). Rawlinson indirettamente ammise che l'operazione di Rassam era stata fatta in barba a qualunque codice deontologico offrendo al suo indignato collega la possibilità di scegliere alcuni, e non pochi, ortostati fra quelli lasciati nelle trincee. Una piccola compensazione che Place non rifiutò.

1852 - epilogo

In Francia intanto Place si riprendeva una piccola rivincita, come osserva Rassam in una nota del suo libro:

«La perdita di questo bottino ebbe un cattivo effetto sulla mente di Monsieur Place che nel libro sulle ricerche pubblicato nel 1866-69, col titolo di Nineve et l'Assyre egli ignorò completamente le mie scoperte, ma diede l'impressione che Mr. Loftus, e persino il suo disegnatore, Mr. Boutcher, fossero i fortunati esploratori» (H. Rassam, Asshur and the land of Nimrud, New York 1987, p.27 nota).

Che cosa ne fu delle tavolette "scoperte" da Rassam che già due mesi dopo la scoperta finirono ammonticchiate nei magazzini del British Museum?

Non si sa se, per cattiva organizzazione, o per nascondere la reale portata del furto della Biblioteca di Assurbanipal, queste tavolette furono mischiate a quelle trovate precedentemente da Layard non nel palazzo di Assurbanipal, ma in quello di Sennacherib, cosicché oggi è difficile sapere quali appartenevano ad un edificio e quali all'altro.

Certamente non rende onore alla direzione del British Museum il non volere a tutt'oggi divulgare la documentazione che potrebbe chiarire i punti più oscuri di questa penosa vicenda! (p. 34 Dag 1997).

Non è noto neppure dove Smith trovò, vent'anni dopo il furto di Rassam, il frammento contenente le 17 righe mancanti della tavola del diluvio. Nel palazzo di Sennacherib scoperto da Layard o in quello di Assurbanipal scoperto da Place? è certo che esso fu rinvenuto nel palazzo di Assurbanipal, dove Smith trovò anche due frammenti della VI tavola dell'epopea di Gilgamesh e un sillabario. Ma allora quante biblioteche c'erano a Ninive? Una vera e propria, del palazzo di Assurbanipal, e una specie di Archivio, in quello di suo nonno Sennacherib, di circa 80 anni più antico.

Comunque sia non vi è dubbio che l'Epopea di Gilgamesh parzialmente ritrovata da Smith provenga dalla Biblioteca del re Assurbanipal poiché proprio questo è meticolosamente ricordato nei colofoni in calce a tutte le tavolette.

Il successo degli scavi francesi attirò altri occidentali in Mesopotamia. Nel 1888 una missione americana diretta da John Punnet Peters avviò gli scavi di Nippur (oggi Nuffar) proseguiti dieci anni dopo sotto la direzione di Hermann Hilprecht. Nel 1899 il tedesco Robert Koldewey avviò gli scavi sul sito di Babilonia e più tardi su quello di Uruk (oggi Warka).

Infine poche parole ancora su cui meditare dall'autore di Babel und Bibel:

«Perché questa lotta tra le nazioni per assicurarsi con sempre maggiore vigore gli scavi su queste desolate colline?»
(Friedrich Delitszch, citato in Dag 1997 p. 42)

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  1. Il nome del console vi suggerisce ascendenze italiane? Avete ragione. Paul-Emile, nato a Torino il 6 dicembre 1802, era figlio dello storico e patriota piemontese Carlo Botta, emigrato poi in Francia [Pro 1986, p. 290]. (torna su)

  2. Il rapporto tra fonti bibliche e mesopotamiche è approfondito nella relativa monografia. (torna su)

  3. Nel 1839 Henry Layard è a Mossul e visita le grandi montagne di pietra sulla costa orientale del Tigri, all'epoca ritenute le rovine di Ninive. Qui cavalcando per il deserto incontrò nuove colline, in particolare quella di Calah Shergat, sul Tigri a 50 miglia a sud dalla sua congiunzione col piccolo Zab. Fra queste egli identificò la ziggurat descritta da Senofonte, presso la quale si erano attendati i 10000. Erano le stesse rovine che il generale greco aveva visto 22 secoli prima che erano già allora le rovine di una città antica.

    "I Greci continuano ad avanzare indisturbati per tutto il giorno, fino a raggiungere le sponde del Tigri. Qui incontrano i resti di una grande città abbandonata, abitata anticamente dai Medi: Larissa. Le sue mura hanno una larghezza di venticinque piedi e un'altezza di cento; la cerchia sviluppa due parasanghe: sono costruite di mattoni cotti ed hanno le fondamenta in pietra, alte venti piedi. Alle porte della città si eleva una piramide di pietra [...]"
    Senofonte, Anabasi libro III, IV 7-9 (ed. 1999 Mondadori, p. 155)

    Senofonte aveva scambiato il nome pronunciato da una gente straniera con quello a lui familiare di Larissa. Ma la tradizione accenna all’origine della città, e attribuendone la fondazione allo stesso Nimrod di cui queste rovine portano ancora il nome, la ricollega ai primi stanziamenti del genere umano. Nel capitolo X del libro I di Mosè (ossia la Genesi) si racconta, infatti, che Kush, figlio di Cam, generò Nimrod. Il padre di Cam era Noè, che coi suoi tre figli, le loro mogli e ogni specie di bestiame, cominciò a riprodurre, dopo il Diluvio Universale, la stirpe degli uomini.

    Ma Kush generò Nimrod, che cominciò a essere potente sopra la Terra. Egli fu gran cacciatore nel cospetto del Signore; donde il proverbio: "Come Nimrod, potente cacciatore nel cospetto del Signore". Il principio del suo regno fu Babele, Erech, Accad e Calne nel paese di Senaar. Da quel paese andò in Assur ed edificò Ninive, Rehoboth-Ir e Calah; e, fra Ninive e Calah, Resen, la gran città ". (GEN 2000, p.23 - Genesi X, 8-10)

    Il viaggio di Layard non fu tranquillo. Infatti (p. 245 Cer 1995) il paese si trovava in rivolta contro il dispotico governatore turco di Mossul e gli stranieri potevano farne le spese se si trovavano al momento sbagliato nel posto sbagliato. Per esempio nel 1840 un carico di reperti assiri scoperti da Botta trasportati da zattere lungo il Tigri venne preso di mira dai ribelli e fatto affondare. Solo nel 1845 dopo la caduta del despota di Mossul, Layard potrà avviare gli scavi a Nimrod. (torna su)


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia antica
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Aggiornamento: 01/05/2015