VISITE ILLUSTRI IIi

E continuarono a mancare, fino a quando un visitatore illustre, Napoleone Bonaparte, Primo Console, venne «a spargere fiori sulle ceneri», secondo lo stile delle gazzette dell'epoca, nel marzo del 1801. Un mese dopo, la cappella era costruita, anzi, montata con pezzi antichi di varia data tolti alle collezioni cittadine; e il sarcofago era composto con le pietre e la lapide del primo sepolcro di Abelardo, fortunosamente recuperate. Lo sovrastarono due statue giacenti, in vesti monacali, le mani giunte e un cane, simbolo di fedeltà, ai piedi. 

La statua virile proveniva anch'essa da Saint-Marcel e secondo la tradizione risaliva a Pietro il Venerabile, che avrebbe fatto eternare l'immagine funebre dell'amico. Quella femminile fu aggiunta nell'occasione. La rifinitura del «tempietto neogotico» richiese anni di cure; l'imperatrice dei francesi, quella Giuseppina a cui Napoleone aveva scritto, dalla campagna d'Italia, lettere d'amore tra le più belle della letteratura universale, lo visitò solo nel 1807: di notte e al lume delle fiaccole, per creare atmosfera. Di nuovo, i tempi cambiarono. 

Nel 1814 la restaurazione monarchica sfrattò i due amanti; il feretro fu depositato in un cortile, la cappella smantellata, il Museo chiuso. Ad uno ad uno, i cadaveri illustri furono ritumulati in vari luoghi. Ma Abelardo e Eloisa non tornarono al Paracleto. Ne fu decisa la sepoltura a Parigi, nel cimitero del Père­Lachaise: sempre nell'ombra di Napoleone, che lo aveva istituito nel 1804.

I feretri vi furono portati in processione nel 1817; e rimasero a lungo (dal giugno al novembre) in un deposito. Poi, senza pubblico e senza fasto, furono ricollocati nella stessa cappella dell'ex-Museo, rimontata sul posto. Lì giacciono tuttora, «Abelardo a nord ed Eloisa a sud» rispetto alla posizione nel sarcofago, come precisa il rapporto ufficiale. Il loro ricordo non attira più cortei né folle isteriche, però i visitatori non mancano.

Mausoleo di Abelardo ed Eloisa a Parigi (cimitero Père Lachaise)

I due époux infortunés sono ancora amati, se come figure storiche o personaggi leggendari non ha molta importanza. Intellettuali e rappresentanti della cultura mondiale continuano a onorare l'autore di opere famose: nel 1979, nella ricorrenza del nono centenario della nascita di Abelardo, un intero convegno di studiosi, «itinerante» sui luoghi abelardiani, lo commemorò sul sepolcro, con la cerimonia forse più solenne del nostro secolo. Ma molti turisti di vari paesi, molti lettori in varie lingue dell'Epistolario cercano ancora i due amanti, nel settore n. 7 del Père-Lachaise; e non è raro trovare sul monumento fiori freschi. Non è raro trovare pure qualche «graffito». 

Nel 1948 un restauro fece sparire molte firme, molte ingenue espressioni di coppie in visita sentimentale, lette ancora dalla Charrier negli anni trenta e riportate nel suo saggio. Tutto questo è solo «luogo comune», secondo l'espressione di Flaubert nel suo Dizionario? Certo, non si può fare a meno di domandarsi che cosa contenga ormai quel sarcofago, dopo nove sepolture (otto per Eloisa), cinque cambiamenti di bara (quattro per Eloisa) e altrettante verifiche della presenza di resti, più due perizie: e con forti sospetti di violazioni, sottrazioni e sostituzioni ripetutamente avvenute. 

E' una domanda di obiettivo interesse storico e di forte coinvolgimento umano. La scienza potrebbe accertare con buona approssimazione l'età di ogni povero frammento, di ogni manciata di polvere: ma come accertarne l'appartenenza? Anche aderendo alla documentazione e alla tradizione storica, può darsi che di quei due «cadaveri eccellenti», strumentalizzati, propagandati, celati o esibiti, scomposti e ricomposti nella danza macabra del passato, non rimanga più nulla: se non la presunzione che sia rimasto qualcosa, a giustificare l'omaggio di un sepolcro.

Graziella Ballanti (Storia e Dossier, n. 33/89)