STORIA DEL MEDIOEVO
Feudalesimo e Cristianesimo medievale


MEDIOEVO INGLESE

I - II

JOHN WYCLIFFE

JOHN WYCLIFFE CONTRO IL PAPATO E LA CHIESA CATTOLICA

Nella seconda metà del XIV secolo vari gruppi sociali e forze politiche inglesi chiesero una riforma della Chiesa cattolica.

Gli abitanti delle città guardavano con ostilità alla ricca chiesa feudale, chiedevano la semplificazione del culto, invidiavano i suoi ricchi possedimenti terrieri e miravano a liberarla dalla sottomissione al papa, per far cessare l’ingerenza della chiesa romana negli affari religiosi ed economici dell’Inghilterra.

Interprete di queste idee riformistiche fu John Wycliffe (1320-1384), un professore dell’Università di Oxford.

Wycliffe combatteva le pretese del papa di riscuotere imposte in Inghilterra, e difendeva il diritto del re di secolarizzare le terre della Chiesa. Egli dichiarava che lo Stato non dipende dalla Chiesa, mentre la Chiesa deve sottostare al potere civile nelle questioni temporali; chiedeva una profonda riforma della Chiesa, con l’eliminazione dell’episcopato e criticava i dogmi basilari del cattolicesimo. Respingeva inoltre la dottrina della Chiesa su speciali “doni di Dio”, che il clero metteva a fondamento del suo preteso potere di “rimettere i peccati” e di “salvare” le anime.

Wycliffe negava inoltre le indulgenze, la confessione auricolare e il culto dei “santi”, proclamava la “Sacra scrittura” come unica fonte della religione, e per renderla accessibile a più vasti ceti cooperò alla traduzione della Bibbia dal latino in inglese.

Nel corso dei due secoli successivi, la dottrina di Wycliffe ebbe un fortissimo influsso su tutti i riformatori borghesi della Chiesa. Soprattutto le idee riguardanti la secolarizzazione delle terre appartenenti alla Chiesa, erano sostenute dal governo reale e da alcuni grandi feudatari, in primo luogo da Giovanni di Lancaster, figlio del re.

Il potere regio in Inghilterra non desiderava la dipendenza dal papato, anche perché i papi di Avignone sostenevano la Francia nella guerra dei Cento anni. E così nel 1353 Edoardo III emanò una legge che vietava il trasferimento alla curia papale degli affari esaminati dai tribunali religiosi, il che costituiva una grossa perdita per l’erario papale. Inoltre Edoardo III rifiutò di pagare al papa il tributo di 1.000 marchi d’argento stabilito già ai tempi di Giovanni Senzaterra. Contemporaneamente il re e il parlamento, scontenti del fatto che la Chiesa, sebbene ricca, non pagava le imposte statali, cominciarono a mettere le mani sulle entrate e sulle terre della Chiesa. A loro volta i nobili cortigiani, una parte dei grandi feudatari e gran parte dei cavalieri contavano di ampliare i propri possedimenti con le terre confiscate alla Chiesa.

I LOLLARDI. JOHN BALL

Serpeggiava tra le masse popolari e specie tra i contadini il malcontento verso la Chiesa cattolica, poiché questa aspirava a conservare la servitù della gleba e imponeva ai lavoratori il pagamento della decima e di altre imposte.

Il vasto movimento popolare contro la Chiesa cattolica era sostenuto anche dal basso clero, poiché molti rappresentanti di quest’ultimo vivevano miseramente e comprendevano i bisogni del popolo.

In Inghilterra comparvero predicatori popolari, chiamati lollardi (“preti poveri”). Vestiti di rozze tuniche di lana, essi percorrevano tutto il paese e predicavano contro lo strapotere della Chiesa. Propagandavano l’idea di una riforma popolare, prendevano posizione contro i signori feudali e gli impiegati del re, e smascheravano l’ingiustizia di un ordine sociale nel quale gli uni dovevano consumare tutta la loro vita lavorando per mantenere nella ricchezza gli altri.

Tra di essi vi erano molti seguaci di Wycliffe, ma poiché erano vicini al popolo e ne riflettevano le aspirazioni, essi andarono molto più in là del loro maestro. Infatti, mentre Wycliffe non andava oltre la richiesta di una riforma della Chiesa nell’ambito del regime esistente, i lollardi chiedevano la fine del regime feudale. Sicché Wycliffe, rappresentante di una eresia borghese moderata, si allontanò decisamente da questi suoi “seguaci” che traevano dalla sua dottrina conseguenze pericolose per le classi abbienti.

Tra i predicatori popolari emergeva, per talento e forza di persuasione, John Ball. Folle enormi si radunavano per ascoltarlo. Egli diceva che dio aveva creato gli uomini uguali e chiedeva: “Quando Adamo arava ed Eva filava, dov’erano i nobili?”. Le predicazioni di John Ball e dei lollardi esprimevano gli interessi delle masse contadine e degli strati meno abbienti della popolazione cittadina.

LA RIVOLTA CONTADINA DEL 1381

L’oppressione dei feudatari, la corruzione degli organi statali e le esazioni praticate dalla chiesa cattolica provocavano sempre più frequentemente rivolte contadine. Molti contadini fuggivano nelle foreste, ove organizzavano reparti armati che erano il terrore dei feudatari, dei ricchi mercanti e dei funzionari reali. In una petizione presentata al parlamento nel 1377, i nobili si lamentavano che quasi in ogni tenuta i villani conducevano una lotta organizzata contro i signori.

Le nuove tasse straordinarie pagate dai lavoratori, in relazione alla ripresa della guerra contro la Francia sotto Riccardo II (1377-1399), provocarono dei moti popolari. Nel 1377 il parlamento introdusse una tassa straordinaria pro-capite, che venne riscossa anche nel 1379. Nel 1380 questa tassa venne triplicata, e ciò fu la causa diretta dell’insurrezione della primavera 1381, divampata nell’Inghilterra sud-orientale, che assunse subito un carattere tipicamente antifeudale.

In molte località si formarono reparti contadini, che devastarono le tenute e i monasteri, prelevando il bestiame e i beni mobili e incendiando i documenti che riguardavano le obbligazioni dei lavoratori. In molte contee i contadini erano sostenuti dalle masse dei poveri delle città. Molti feudatari furono costretti a fare alcune concessioni ai contadini, sopprimendo la servitù della gleba e le prestazioni di lavoro gratuito, e diminuendo i tributi.

L’insurrezione era più potente e organizzata nelle contee confinanti con Londra: l’Essex e il Kent. Uno dei partecipanti più in vista di questa rivolta era John Ball, che predicava l’odio inconciliabile contro gli sfruttatori del popolo.

Il capo dell’insurrezione era un artigiano di un villaggio del Kent, il conciatetti Wat Tyler, con il cui nome viene generalmente indicata l’insurrezione contadina del 1381. Era un abile organizzatore e godeva di grande autorità tra il popolo. In due colonne i contadini dell’Essex e del Kent si diressero verso Londra. Nonostante l’ordine del “Mayor”, gli abitanti poveri della città non permisero che si chiudesse la porta al loro arrivo.

Giunti in città i contadini cominciarono a incendiare, con l’aiuto della popolazione meno abbiente, le case dei consiglieri reali e dei ricchi mercanti stranieri, uccidendo i giudici colpevoli di corruzione e aprendo le prigioni. I contadini insorti chiesero che il re Riccardo II iniziasse delle trattative con loro. Il re dovette accettare, e l’incontro ebbe luogo a Mile-End, un sobborgo di Londra. I contadini presentarono le loro richieste, che vennero chiamate “Programma di Mile-End”. Esso conteneva, tra le altre, la richiesta dell’abolizione della servitù della gleba e delle corvée, la sostituzione di tutti i pesi feudali con piccoli pagamenti in denaro, l’introduzione del libero commercio in tutta l’Inghilterra e la concessione dell’amnistia a tutti gli insorti. Questo programma rifletteva, in linea generale, gli interessi della parte più agiata dei contadini, e il re dovette accettare tutte le richieste formulate.

Una parte dei contadini si fidò della parola del re, lasciò Londra e tornò alle proprie case. Ma molti insorti, soprattutto i meno abbienti, chiedevano anche la soppressione delle leggi contro i lavoratori. Una parte considerevole dei contadini, insieme a Wat Tyler e John Ball, restò a Londra, chiedendo un nuovo incontro con il re. Riccardo II dovette acconsentire a questo secondo incontro, che ebbe luogo presso le mura della città, nello Smithfield.

Il “Programma di Smithfield” andava molto più in là di quello di Mile-End, poiché i contadini chiedevano non solo l’abolizione della servitù della gleba, ma anche la confisca delle terre dei vescovi, dei monasteri e dei sacerdoti, e la loro divisione tra i coltivatori, la soppressione di tutti i privilegi dei signori, l’uguaglianza dei ceti e la restituzione delle terre comuni rapinate dai feudatari. Tuttavia i signori feudali e i ricchi borghesi londinesi si erano già rimessi dal primo colpo, e cominciarono a preparare il contrattacco.

Durante le trattative di Smithfield, Wat Tyler fu ucciso a tradimento dal sindaco di Londra. In appoggio del re giunse un contingente armato di cavalieri e di ricchi cittadini. Ai contadini vennero fatte ogni sorta di promesse, ed essi, ingannati e privati del loro capo, lasciarono Londra.

Frattanto il re ordinava ai cavalieri di tutte le contee di radunarsi a Londra, e li gettò all’inseguimento dei contadini, mentre venivano mandati i giudici reali in tutta la zona in cui si era sviluppata la rivolta. I contadini salvatisi dal massacro dei cavalieri, furono fatti impiccare dai giudici. Sulla piazza del mercato a Londra venne elevato un patibolo su cui si tagliavano le teste dei poveri della città che avevano partecipato all’insurrezione. I capi della rivolta, tra cui anche John Ball, vennero torturati crudelmente e messi a morte. Il re ordinò che i contadini dovevano eseguire a favore dei signori feudali tutti gli obblighi vigenti prima della rivolta, e il parlamento approvò le misure del re. I membri della Camera bassa dichiararono che avrebbero preferito morire subito, piuttosto che accettare la liberazione dei “villani”. Tuttavia le esecuzioni dovettero essere sospese per timore di nuove rivolte.

Questa rivolta antifeudale contadina aveva un carattere spontaneo e non unitario. Le comunità contadine, che perseguivano interessi locali limitati, non riuscirono a unirsi e ad agire concordemente e in modo organizzato. La maggior parte degli insorti non prese parte alla marcia su Londra, ma si limitò a lottare contro i signori nelle varie contee. Inoltre esistevano diversi strati tra i contadini, e gli interessi dei più agiati non coincidevano con quelli dei meno abbienti. Anche a Londra, i contadini non sempre agirono all’unanimità. I contadini odiavano i feudatari e i consiglieri reali, che consideravano responsabili delle esazioni gravose e delle rappresaglie, ma avevano fiducia nel re e credevano alle sue false promesse, e in tal modo non riuscirono a sfruttare i primi successi della rivolta. Anche gli strati più poveri della popolazione cittadina non erano organizzati, e quindi non furono in grado di dare un contributo decisivo.

Nonostante le durissime rappresaglie, i moti contadini continuarono in varie parti del paese, e la classe dominante dovette fare alcune concessioni.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Storia medievale
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Aggiornamento: 01/05/2015