L'ESISTENZIALISMO DI SARTRE E HEIDEGGER

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L'ESISTENZIALISMO DI SARTRE E HEIDEGGER

Il fatto che il danese Kierkegaard abbia dato vita, nella prima metà dell'Ottocento, al cosiddetto "esistenzialismo", in opposizione all'idealismo oggettivo di Hegel, non ha avuto molto significato per l'esistenzialismo europeo successivo, in particolare per quello del tedesco Heidegger e del francese Sartre, tra loro coevi. Se non altro per un aspetto: il danese si riteneva profondamente religioso, mentre gli altri due erano fondamentalmente atei.

Di simile vi era un certo primato concesso all'individualità, che nel francese finiva col simpatizzare per le idee di sinistra e nel tedesco (e, prima di lui, nello stesso Kierkegaard) per quelle di destra. Questo a testimonianza che l'essere atei, se subito dopo la morte di Hegel voleva dire porsi decisamente a "sinistra" (in quanto "essere religiosi", all'interno di Stati confessionali, voleva automaticamente dire "essere conservatori"), nella prima metà del Novecento non voleva più dire nulla in riferimento allo schieramento politico.

Semplicemente si dava per scontato che l'esistenzialismo di Kierkegaard, proprio perché troppo connotato religiosamente, non poteva essere imitato, anzi, andava decisamente evitato, anche per i suoi risvolti chiaramente irrazionalistici. Di esso, al massimo, si potevano conservare alcuni elementi di "filosofia esistenziale", previamente depurati da ogni incrostazione teologizzante: di qui i riferimenti ai temi dell'angoscia, della disperazione, della possibilità della libertà, della determinazione in carattere, della scelta esistenziale ecc. Cosa che, d'altra parte, aveva già fatto un altro grande ateo, Nietzsche, con esiti però psichiatrici, che ne impedivano qualunque rapporto mimetico-imitativo, anche se il suo nichilismo susciterà un fascino irresistibile tra le fila naziste o comunque anticomuniste di tutta Europa.

L'esistenzialismo religioso di Kierkegaard verrà rivalutato da correnti neotomistiche, neoscolastiche, spiritualistiche e/o integralistiche, rinvenibili in autori più o meno credenti, intenzionati a criticare la chiesa di stato, generalmente intesa, o addirittura, come nel caso di Cornelio Fabro (il maggior cultore di Kierkegaard in Italia), intenzionati a strumentalizzare il filosofo danese in funzione anti-protestantica e anti-marxistica, proponendo un forzato accostamento tra la filosofia di lui e quella di san Tommaso.

Sartre, in un certo senso, conclude l'ateismo implicito che in Francia, tre secoli prima, aveva inaugurato Cartesio, trasformandolo in un ateismo esplicito, in cui la coscienza del soggetto gioca un ruolo di primo piano, senza voler sconfinare nell'irrazionale.

Heidegger invece chiude un'epoca iniziata da Lutero, la cui protesta anti-ecclesiastica aveva finito col ridurre la fede in dio in un qualcosa di molto soggettivo e poco sindacabile, al punto che, qualche secolo dopo, la si potrà persino dissolvere in altri concetti più coinvolgenti, come p.es. il nazionalismo, l'ethos popolare, l'unità linguistica, lo spazio vitale di una "razza" che si sente superiore alle altre, l'antisemitismo, ecc.

C'è tuttavia una differenza di non poco conto tra Sartre e Heidegger: il primo aveva alle spalle una rivoluzione francese nettamente anticlericale, l'altro aveva solo una riforma protestante che presumeva di risolvere la corruzione della chiesa romana con nuove idee religiose (che l'idealismo si sforzerà, pur con tutti i suoi limiti, di laicizzare): queste erano le uniche due esperienze significative cui ci si poteva rifare dopo la tragedia della prima guerra mondiale, che sicuramente aveva mandato a picco molte certezze etiche, politiche e filosofiche.

In Heidegger l'essere metafisico è un'eco a cui il soggetto esistenziale (dasein) non ha alcuna intenzione di sottrarsi, al punto che nell'ultima sua fase egli rimpiange la sacralità perduta e la contrappone all'imperante tecnocrazia, seppur limitandone la rievocazione all'analisi della poetica di Hölderlin. Ne parla ancora in termini di "salvezza" da un disastro imminente, e invoca, come un moderno sacerdote laico, un "avvento illuminante-proteggente".

Sartre invece fa coincidere, stricto sensu, l'essere col nulla, arrivando a dire che l'unica realtà esistente è quella che appare al soggetto, il quale deve, ogni volta, prendere una decisione in coscienza. Si è liberi proprio in quanto non esiste nulla di assoluto, neppure le proprie convinzioni, anche se, su questo, Sartre non condividerà la posizione di Camus, dando inizio a una polemica epocale.

Infatti, benché entrambi atei e comunisti, Camus, ad un certo punto, pur sostenendo l'esigenza di vedere l'uomo continuamente in "rivolta", mostrò d'essere contrario ai centralismi e agli intruppamenti partitici, che sempre fagocitano le libertà individuali. Egli prendeva come esempio Gandhi, ch'era riuscito a vincere il più grande impero coloniale del mondo con la sola non-violenza.

Sartre apprezzava parecchio il pensiero di Heidegger, ma non era ricambiato. Anche la polemica se l'esistenzialismo fosse o no una forma di umanismo, ebbe una grande risonanza europea. Sartre, in effetti, voleva togliere all'esistenzialismo una qualunque connotazione trascendente, e insisteva nel dire che la libertà umana ha diritto di negare l'assoluto proprio in quanto si autopone negando l'esistente, cioè pretendendo che la realtà venga modificata secondo le necessità umane. Se dio esiste, l'uomo non può essere libero. L'essere è un nulla e l'essenza è sempre preceduta dall'esistenza.

Heidegger, su questo, non lo seguiva, in quanto aveva bisogno di credere che l'azione negativa dell'uomo rientrasse in un fine superiore, che ne impedisse uno svolgimento irrazionale: di qui la sua adesione al nazismo, di cui però presto si pentì, rendendosi conto che un'esperienza collettiva di libertà ateistica e politica, condotta in nome di una drastica rottura nei confronti delle ambiguità del passato, di per sé non offre maggiori garanzie contro l'irrazionalismo.

Sulla scia di Nietzsche, Heidegger mirava a vedere trasformati i vecchi valori cristiano-borghesi in nuovi valori. Sartre invece era convinto che questa stessa esigenza risentisse ancora di un condizionamento religioso: ateismo vuol dire che non possono esistere degli assoluti. L'uomo è condannato ad essere libero anche dalle stesse cose che pone e se, nel fare questo, diventa irrazionale, è perché soffre ancora di misticismo.

La posizione sartriana fu sviluppata, nell'ambito dell'esistenzialismo, da Merleau-Ponty, il quale arrivò giustamente a dire che la distinzione di vero e falso o di bene e male non può avere alcun carattere di assolutezza che non sia quella situazionale che il soggetto, in coscienza, vive con altri soggetti.

Vedi anche Martin Heidegger e l'esistenzialismo laico - Il sacro nulla di Martin Heidegger

Umano e politico tra Camus e Sartre - Jean Paul Sartre


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018