ILLUMINISMO

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ILLUMINISMO

I - II

Quadro storico

Nel periodo in cui l'illuminismo si afferma, l'Europa è teatro di alcuni focolai di guerra, che vedono impegnate le potenze europee in un difficile equilibrio. Nel 1713 e 1714, gli stati che avevano formato la Grande Alleanza dell'Aia (Inghilterra, Olanda, Impero Asburgico, Prussia, poi Portogallo e Savoia), inducono alle paci di Utrecht e Rastadt le potenze francese e spagnola, per le quali Luigi XIV e Filippo V, suo nipote, maturavano progetti di egemonia sull'Europa e di guerra per il predominio europeo.

Gli Stati europei, sull'esempio di Spagnoli e Portoghesi, si spingono tutti nell'avventura coloniale, sognando di costituire paesi subalterni in America, Africa e Asia. A spingerli sulla via del colonialismo è soprattutto la classe borghese, in ascesa (se non già egemone), nel campo economico, in molti stati europei, come in Francia, in Inghilterra, in Olanda. L'aumentato volume dei mercati e dei rifornimenti non può che rafforzare la borghesia, che allarga la sua influenza sul potere politico grazie anche alla sua capacità di forgiarsi una sua filosofia, una sua ideologia, che punta tutta sul progresso tecnologico, scientifico, culturale e sua una razionalizzazione delle strutture sociali, economiche e politiche. Sono gli intellettuali, molti dei quali provengono dalle fila della borghesia, che intervengono polemicamente contro le concezioni assolutistiche del potere regio, contestando che i re non mettessero la nazione al corrente dei loro piani generali, che decidessero guerre e paci sulle teste dei popoli. I mali e le conseguenze disastrose delle guerre sono i popoli a pagarle (vedi la lettera di F. Fénelon a Luigi XIV).

Nel '700 l'intellettuale, letterato o filosofo-scienziato che sia, esce dalla solitudine di uno studio isolato e si fa politico. Di volta in volta, contro o a favore, esprime il suo parere sulle decisioni del re, sente le tensioni della società e vuole che i sudditi si sentano cittadini, partecipino agli affari di tutti, dello Stato. A causa dell'influenza esercitata dagli intellettuali, i sovrani cominciarono a preoccuparsi dell'opinione pubblica. In Francia, per esempio, accanto al processo di esautoramento della nobiltà si era verificato l'incremento della borghesia colta ed era aumentato il prestigio che essa conferiva alla corona. Alleata dell'assolutismo nella lotta contro la nobiltà feudale, la borghesia si è ormai inserita nelle leve del potere, togliendo alla nobiltà appannaggi e privilegi: il Colbert, ministro della monarchia francese, con la politica mercantilistica e col promuovere professioni di pubblica utilità, aveva favorito la formazione e il rafforzamento della borghesia contro i ceti feudali.

In Inghilterra, sotto il travaglio di due rivoluzioni, la monarchia si era data assetto costituzionale (1689 "Dichiarazione dei diritti" e inizio della monarchia costituzionale), secondo quanto aveva teorizzato il filosofo del liberalismo, Locke. Si diffusero inoltre in Inghilterra l'ideologia e la prassi della tolleranza religiosa, le dispute sulla religione naturale o rivelata, sui rapporti tra stato e chiesa; era stata fondata e riconosciuta come Società Reale di Londra un'importante Accademia Scientifica. Accademie simili, simbolo di una crescente riflessione sui progressi scientifici e tecnici, erano nate in tutta Europa, a Berlino, a Vienna, a Pietroburgo, a Firenze con il compito di comunicare tra loro ritrovati e scambi di idee, in antagonismo con il vecchio sapere gestito nelle università. Queste ultime restarono lontane, nel loro tradizionalismo, dai bisogni dei tempi nuovi, che richiedevano una massa di ritrovati scientifici e tecnici, in relazione allo sviluppo economico della società.

Esempio di questo fermento di idee può essere un sommario delle principali invenzioni fatte nel secolo:

1705 Con l'invenzione della pompa per le miniere, inizia una lunga serie di innovazioni tecnologiche ed industriali, che daranno l'avvio alla rivoluzione industriale: 1707, battello a vapore; 1748, fusione dell'acciaio; 1754, esperimenti di B. Franklin sull'elettricità; 1773, inizio della rivoluzione industriale in Inghilterra; 1776, macchina a vapore; 1779, macchina filatrice; 1785, telaio meccanico.

E' importante sottolineare che il Settecento si apre quando già, con la seconda rivoluzione inglese, si era stabilita una monarchia costituzionale, con le conseguenti limitazioni del potere regio contenute in un'apposita "Dichiarazione dei diritti" del 1689. Essa sancì il patto tra i notabili del Regno e il sovrano Guglielmo III d'Orange, per cui questo si impegnava a rispettare le franchigie consuetudinarie e i privilegi goduti dagli uomini "liberi" rappresentati nei due rami del Parlamento. Tale dichiarazione intese proclamare una libertà aristocratica, riservata solo ad alcuni. Essa non ebbe perciò - come quella emanata un secolo dopo, agli inizi della Rivoluzione francese - solenne significato di una Carta universale dei diritti "naturali e imprescrittibili dell'Uomo e del Cittadino". E' da precisare, comunque, che la rivoluzione inglese non fu solo episodio di rilievo nazionale: se i suoi documenti costituzionali e giuridici si rifanno a tutta la tradizione statutaria del paese, le sue motivazioni ideologiche, per contro, vennero delineando le ragioni universali di una filosofia politica ch'era destinata a costituire - soprattutto con J. Locke (1632-1704) - la matrice culturale e unitaria della moderna civiltà liberale. Lo stesso ordinamento costituzionale della Monarchia inglese finì con l'assumere, per tanta parte della cultura illuministica del Settecento, volere assoluto, e cioè di modello esemplare per ogni ordinamento statale che volesse garantire dall'arbitrio del potere esecutivo i diritti di libertà dei cittadini.

Quadro culturale

L'illuminismo come movimento filosofico ha radici profonde in avvenimenti e correnti filosofiche precedenti che ne hanno preparato la nascita:

1) il Rinascimento, che aveva lottato contro il principio di autorità filosofico-scientifico e si era rivolto allo studio della natura, dando origine alla nuova scienza di Galileo;

2) la Riforma, che aveva esteso al campo religioso la lotta contro il principio d'autorità;

3) la Rivoluzione olandese e specialmente quella inglese, in cui motivi politici si erano intrecciati a motivi religiosi, e la lotta contro il principio d'autorità era già passata nel campo politico. L'ultima manifestazione di questa lotta nel campo politico sarà la Rivoluzione francese;

4) Anche il razionalismo cartesiano, specialmente con la sua esigenza delle idee chiare e distinte, aveva preparato il terreno all'illuminismo;

5) ma la condizione principale del suo sorgere fu il passo gigantesco compiuto dalla scienza nel sec. XVIII. Allora appunto

la cultura si trasformò da letteraria in scientifica. Il naturalismo del Rinascimento era sfociato nella nuova scienza di Galileo; questa fu poi condotta a grande altezza da Newton, il quale aveva mostrato che l'universo è un immenso meccanismo regolato nei suoi movimenti dalla forza d'attrazione che ne tiene unite le parti.

Nel Settecento si cercò di applicare il metodo positivo della scienza a tutte le sfere del reale, e di dare una spiegazione meccanica di tutte le specie di fenomeni. Molte scienze, come la chimica, la geologia, l'embriologia, l'istologia, ecc. furono fondate in questo secolo. La scienza divenne quasi popolare, specialmente in Francia. I più grandi letterati e filosofi furono anche scienziati o si occuparono con passione di ricerche scientifiche.

Quali conseguenze doveva produrre nella filosofia il grande movimento scientifico?

a) Alcuni pensatori, limitandosi ad osservare che la scienza in genere nelle sue dimostrazioni, teorie ed ipotesi si fonda su ciò che è percettibile con i sensi e quindi materiale, conclusero nel materialismo e nell'ateismo (de la Mettrie, d'Holbach ed altri);

b) Ma questo non fu l'indirizzo filosofico fondamentale del secolo, in quanto il grande sviluppo della scienza del sec. XVIII diede origine ad un più o meno esplicito, ma diffuso fenomenismo. L'atteggiamento di Galileo e della maggior parte dei filosofi dopo di lui conduceva a rinunciare alla conoscenza delle essenze, per limitarsi a considerare i fenomeni e le leggi che regolano i loro rapporti.

Data questa tendenza spirituale del tempo, quale grande filosofo doveva godere le simpatie dei pensatori?

Non certo Cartesio, il quale, nonostante che avesse cominciato dal dubbio, poi, applicando il suo criterio della verità (chiarezza e distinzione delle idee) a casi differenti dal "cogito, ergo sum", aveva finito col credere quasi tutto, specialmente nei problemi religiosi e politici, nei quali non aveva osato introdurre il libero esame, e, nel suo dogmatismo, aveva, senza un'indagine esauriente delle condizioni e dei limiti della conoscenza, creduto di penetrare con la ragione l'essenza degli esseri materiali e spirituali e di risolvere i più ardui problemi della metafisica.

Tanto più che la cosmologia di Cartesio (fondata sulla teoria dei vertici) si sfasciava di giorno in giorno sotto i colpi della nuova scienza newtoniana.

C'era un filosofo che pareva avesse scritto le sue opere apposta per gli illuministi: John Locke, e questo per una serie di motivi:

1) Siccome aveva, prima di parlare dell'essere e della natura delle cose, esaminato l'intelletto e le altre facoltà del conoscere, si presentava come antidogmatico;

2) inoltre egli, combattendo le idee innate e respingendo ogni tradizione e autorità, si fondava, come gli scienziati, sull'esperienza (la filosofia era da lui chiamata "fisica" o "filosofia naturale").

Però, non tutto il complesso della filosofia cartesiana fu rigettato dagli illuministi, e questo è comprensibile, dato che Locke giunse ai suoi risultati speculativi attraverso lo studio di Cartesio. Perciò, se i primi filosofi dell'illuminismo francese, specialmente Voltaire, combatterono Cartesio, gli altri impararono a comprenderne ed apprezzarne i meriti, e specialmente Destutt de Tracy lo rimise in onore.

In genere la filosofia cartesiana fu conservata ed apprezzata per i seguenti punti:

1) la concezione meccanica del mondo fisico, dal quale Cartesio aveva eliminato le qualità occulte, l'azione di spiriti, ecc. (per lui la res extensa, retta da leggi meccaniche, è del tutto distinta dalla res cogitans);

2) il dubbio metodico, il criterio delle idee chiare e distinte, l'abbandono del principio di autorità e della tradizione;

3) la certezza dei fatti interni (coscienza).

La filosofia dell'illuminismo si potrebbe definire un ritorno, attraverso Locke, alle parti ancora vitali del cartesianesimo, con vedute nuove rispondenti ai progressi della scienza.

ASPETTO SISTEMATICO ED ANALITICO

Caratteri generali

L'illuminismo (ted. Aufklärung) è quel movimento spirituale europeo che è caratterizzato dalla piena fiducia nella capacità della ragione di diradare le nebbie dell'ignoto e del mistero ingombranti e oscuranti lo spirito umano, e di rendere migliori e felici gli uomini appunto illuminandoli ed istruendoli, e che ebbe il suo massimo splendore nel Settecento. Tale movimento si proponeva di:

  1. abbattere il principio di autorità e quindi non accettare nessun principio o valore soltanto in virtù della tradizione, perché già altri lo avevano accettato;
  2. liberare lo spirito umano dall'ignoranza, dalle superstizioni e dai pregiudizi;
  3. educare la mente a chiedere ragioni e prove di ogni cosa;
  4. dare alle istituzioni sociali un'impronta di razionalità, rovesciando quelle contrarie alla ragione e alla natura.

Fiducia nella scienza

L'illuminismo eredita dallo sviluppo scientifico dei secc. XVII e XVIII un'immensa fiducia nel valore e nei poteri delle scienze sia matematiche che fisiche.

Empirismo

Al pari della scienza la filosofia degli illuministi si fonda sull'esperienza. Infatti, se non si vuole accettare senza un esame preventivo principi e valori già riconosciuti da pensatori passati, l'unica sorgente e sicuro fondamento per nuove dottrine può essere l'esperienza illuminata dalla ragione. Quindi ogni idea e ogni principio deriva dall'esperienza; l'anima è concepita come una tabula rasa, non esistendo idee innate né concetti trovati dalla pura ragione.

Il metodo della ricerca è quello induttivo, che dai fenomeni risale alle loro leggi. Mentre i filosofi del sec. XVII miravano alla costruzione di grandi sistemi, e il loro metodo era quello deduttivo, i pensatori del sec. XVIII rinunciano ad ogni forma di deduzione e sistematicità. L'importante è non già costruire sistemi, ma fissare e seguire un metodo veramente scientifico, ossia osservare i fatti e raccogliere verità mediante tale osservazione.

Sensismo

Una delle forme dell'empirismo illuminista è il sensismo, cioè quella dottrina secondo cui ogni conoscenza deriva dalle sensazioni e solo da loro. Partendo dal presupposto che la mente sia una "tabula rasa" la sua attività è eliminata o ridotta ai minimi termini, viene esclusa quindi ogni attività propriamente creatrice dello spirito, specialmente nella conoscenza. Anzi, noi non siamo se non ciò che gli oggetti fanno di noi. L'esponente più rappresentativo del sensismo è Condillac, col suo Trattato delle sensazioni (1754).

Agnosticismo

L'esperienza, essendo limitata ai fatti e non essendo capace di giungere fino all'essenza delle cose, non può risolvere le questioni riguardanti il soprasensibile. Quindi esclusione della metafisica vera e propria. La metafisica è identificata con la dottrina della conoscenza.

Razionalismo (e antistoricismo?)

Razionalismo va qui inteso non nel senso di quella dottrina che ammette nell'uomo una facoltà speciale, chiamata ragione, indipendente dal senso e capace di penetrare fin nell'essenza delle cose; poiché tale facoltà non è ammessa dagli illuministi. Va invece inteso nel senso di tendenza al libero esame mediante la ragione. Il concetto di ragione, ha notato giustamente Cassirer (La filosofia dell'illuminismo) ha avuto nel Settecento un caratteristico cambiamento rispetto alla concezione del sec. XVII. Per i grandi sistemi metafisici di tale secolo, per Descartes e Malebranche, per Spinoza e Leibniz la ragione è la ragione delle "verità eterne", di quelle verità che sono comuni allora spirito umano e a quello divino; sicché ogni atto della ragione ci rende partecipi del divino, ci schiude il regno dell'intellegibile e del soprasensibile. Il sec. XVIII dà alla ragione un significato più modesto. Essa non è più un complesso di idee innate, date prima di ogni esperienza, nelle quali ci si manifesti l'essenza assoluta delle cose. La ragione non è tanto un tale possesso, quanto piuttosto una data forma di acquisto.

E' tuttora aperta la questione se il pensiero illuminista abbia o no peccato di antistoricismo. Tuttavia bisogna notare che la polemica illuminista contro il passato, oscurantistico e superstizioso, non è in genere rifiuto della storia né misconoscimento degli elementi positivi della tradizione. Infatti fioriscono in questo periodo studi in cui è facile vedere l'interesse per la vita e le opere del passato (come testimoniano le edizioni di tanti classici). Il criterio discriminante della bontà o meno del passato sembra essere di tipo pragmatico: l'utilizzabilità dei suoi insegnamenti nel presente.

Naturalismo

Il culto dell'esperienza porta con sé quello della natura. La natura è fonte di ogni esperienza, verità e benessere: ad essa dobbiamo quindi ricorrere, se non vogliamo fidarci dell'ingannevole ed incerta tradizione. Il ritorno alla natura è perciò l'aspirazione del secolo. Questa esaltazione della natura si nota specialmente nella sfera della religione e del diritto. Viene infatti esaltata la religione naturale, da cui si passa poi al deismo e nell'ambito del diritto non ci ferma alla considerazione del diritto storico, positivo, ma si risale al diritto naturale. Questo è il giusnaturalismo.

Da quest'ordine d'idee derivò la dichiarazione dei diritti naturali dell'uomo e del cittadino e della loro inalienabilità, che fu fatta durante la guerra di liberazione degli Stati Uniti d'America e la Rivoluzione francese. Essa ha le sue radici nella filosofia di Locke.

Le concezioni politiche

Abbiamo visto che lo scopo comune degli illuministi è il tentativo di migliorare le condizioni di vita sia attraverso la conoscenza e il dominio della natura, sia mediante una costante critica dei costumi, delle strutture statali e sociali.

Sotto la loro pressione si attua in Europa un processo di riforme, che spinge gli stati, miranti a sanare i propri squilibri interni, a perseguire una politica pacifica di equilibri tra le potenze europee. Le riforme o i tentativi di riforma saranno tuttavia incapaci di eliminare le violente contraddizioni sociali. Del resto tale politica d'equilibrio viene subito compromessa dalla contrapposizione di interessi territoriali e coloniali. La pace allora non durerà che un ventennio. Presto vi saranno di nuovo guerre di successione (polacca nel 1733 e 1763, austriaca nel 1740), guerra dei sette anni (1756-63) tra Austria e Prussia.

La religione

Tendenza generale dell'illuminismo è dunque il tentativo di togliere agli uomini la paura, di spingerli verso l'autogoverno, di renderli padroni di se stessi. In questa prospettiva uno degli ostacoli maggiori verso un tale progresso, uno dei baluardi del tradizionalismo più attaccabili ed attaccati è la religione.

Vengono poste sotto accusa le religioni positive, cioè legate ad una rivelazione storica. E' la religione del passato, del potere, la religione autoritaria che si impone allo spirito come un dogma ed una superstizione, che viene combattuta. Su di essa la ragione deve riflettere i lumi della religione naturale, cioè di un sentimento che attribuisce al mondo una provenienza da un essere supremo che è legislatore e datore di ordine.

Le religioni vanno quindi accettate per quanto di ragionevole ed antidogmatico esse posseggono. In questa prospettiva nessuna deve avere un valore preminente sulle altre e si deve diffondere un positivo atteggiamento di tolleranza religiosa. Se questo era stato facile in Inghilterra, dove la controversa deistica si era liberamente svolta, in Francia, l'assolutismo regio, che pur aveva favorito lettere ed arti, aveva ritardato il progresso scientifico e fino alla metà del secolo nelle università si studiava la filosofia cartesiana. La religione era uno strumento di cui il regime si serviva per porre un freno all'avanzata di nuove idee politiche e morali. Per questo la lotta che gli illuministi sostennero per il rinnovamento del sapere, per la tolleranza religiosa o addirittura per screditare ogni residuo di metafisica o di realtà spirituale, come nel materialismo di Lamettrie e d'Holbach, fu anche una lotta politica. Le opere che diffondevano i principi della "religione naturale", le traduzioni dei deisti inglesi, nuove idee di morale borghese e mondana, furono costrette alla clandestinità. Perseguitate come sovversive, erano destinate pertanto ad acquisire, innestate su una tradizione sociale densa di tensione e di carica rivoluzionaria. Montesquieu, per la critica al regime vigente svolta nelle Lettere persiane (1721) fu costretto all'esilio. La stessa sorte subì Voltaire che aveva, nelle Lettere sugli inglesi (1734), additato nelle istituzioni d'oltre Manica un diverso modello di convivenza civile, basato sulla libertà religiosa e sull'incidenza della cultura letteraria e scientifica sulla vita pubblica.

L'Enciclopedia

L'Enciclopedia è l'espressione massima dello sforzo dei primi ideologi laici moderni di ingaggiare una battaglia d'opinione contro l'ancien régime, monarchia, alto clero, parlamenti. Essa fu pubblicata, tra opposizioni e condanne politiche e religiose (da parte del Consiglio di Stato, dei Gesuiti, dei Giansenisti, della Sorbona e di papa Clemente VIII), con l'assunto di far uscire la nuova cultura dal ristretto cerchio di un'elite di intellettuali e di diffonderla tra ampi strati della popolazione.

Se era questo lo scopo comune dei collaboratori dell'Enciclopedia, diverso e spesso contrapposto era il loro atteggiamento verso le istituzioni e la teorizzazione di soluzioni politiche ad esso alternative. L'Enciclopedia comparve nel 1751, anno in cui fu pubblicato il primo volume. Essa rispecchia il posto assunto, nello sviluppo delle forze produttive, dalla borghesia, che domina l'economia francese nella seconda metà del sec. XVIII.

I contenuti che l'Enciclopedia esprime sono gli ideali borghesi, e il sapere in essa esaltato è quello che la borghesia esprimeva, sapere legato soprattutto al progresso tecnologico e scientifico. In una società imbrigliata da ceppi feudali l'Enciclopedia fu un evento rivoluzionario, soprattutto per l'opera energica ed indomabile di Diderot.

L'Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri, non fu un caso isolato nell'ambito dell'illuminismo, anzi, nelle intenzioni dei primi ideatori ed editori non doveva essere altro che la traduzione e l'aggiornamento della Cyclopedia or Universal Dictionary of Arts and Sciences (1728) di E. Chambers. Così pure costituiva un importante precedente il Dizionario storico e critico di P. Bayle (Parigi 1695-97) che, concepito sui presupposti della critica negativa del dubbio cartesiano, quale strumento di ricerca dell'errore, continuava a suscitare interesse anche nei primi decenni del sec. XVIII, come può attestare la 5a ed. del 1737, ed aveva non poco contribuito a diffondere l'esigenza di raccogliere in una "summa" tutto lo scibile del tempo.

Dal punto di vista prettamente filosofico, si può dire con certezza che in tutta l'opera era chiara la professione di filosofia cartesiana e lockiana, comunque, in essa confluirono tutte le tendenze di pensiero dell'illuminismo. C'è da ricordare, tuttavia, che la collaborazione diretta dei grandi dell'illuminismo fu del tutto marginale. Montesquieu moriva quando ancora non aveva terminato il suo primo articolo sul Gusto, Rousseau, oltre ad alcune voci sulla musica scrisse un solo articolo di un certo rilievo sull'Economia ed anche Voltaire compilò voci di secondaria importanza.

Bibliografia

Angelo Papi


Web Homolaicus

Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018