Essere umano o essenza umana?

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ESSERE UMANO O ESSENZA UMANA?

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Noi dovremmo fare differenza tra "essere umano" ed "essenza umana". P.es. quando diciamo "essere umano" generalmente diamo per scontata la differenza di genere; cosa che però non abbiamo bisogno di fare quando parliamo di "essenza umana", anche se poi diciamo che nelle società maschiliste le donne tendono a rappresentarle meglio.

Che il concetto di "essenza umana" sia un'astrazione è fuor di dubbio, ma non per questo dobbiamo pensare ch'esso sia meno intelligibile del concetto di "essere umano". Infatti, se pensiamo che l'essere umano sia soltanto un uomo o una donna in carne ed ossa, renderemmo il concetto molto povero di contenuto.

Sarebbe meglio dire che un essere è "umano" quando si comporta umanamente, quando prova sentimenti, emozioni, quando lotta per la giustizia, difende la libertà ecc. E' molto meglio dire questo che riferirsi semplicemente a questioni di tipo fisico, per quanto sia indubbiamente limitativo dire che esiste l'umano quando si provano sentimenti o si lotta per un ideale. Se fosse così facile qualificare queste cose come "umane", non riusciremmo più a distinguere un dittatore o un fanatico da una persona democratica.

In realtà non c'è nulla a questo mondo che possa dare una certezza così assoluta da rendere superflua la libertà di scelta. La quale, ovviamente, non può basarsi su un ragionamento logico di tipo matematico, ma sull'esperienza, sulla fiducia, sull'intuizione..., cioè su elementi che non possono mai prescindere dall'uso della coscienza personale. Se esistesse qualcosa di evidente, l'adesione umana sarebbe meccanica e non avrebbe alcun valore per lo sviluppo dell'interiorità.

In altre parole, se ci limitassimo a dire che uno è un essere umano solo perché fisicamente ha le fattezze che lo fanno riconoscere come tale, certamente diremmo una banalità, ma è anche vero che più le cose sono banali e meno sono equivoche. Più ci si avvicina alla tautologia e meno si sbaglia. Wittgenstein docet.

Tuttavia, non è che possiamo o dobbiamo addirittura limitarci a dire cose banali per timore di sbagliarci dicendone di più complesse. Stalin e Hitler erano "esseri umani"? Certamente sì, anche se, per quello che hanno fatto, certamente no. Questo significa che per qualificare di "umanità" una determinata azione, sarebbe meglio riferirsi non all'essere umano, bensì all'essenza umana, che è il vertice di tutte le astrazioni. L'essenza umana è il criterio che rende umanamente accettabile una qualunque azione.

Semmai ci si può chiedere se l'essenza umana possa aspirare ad una forma identitaria dell'essere umano diversa da quella fisica attuale. Cioè, posto che l'essenza umana faccia parte dell'universo, mentre la fisicità dell'essere umano appartiene al nostro pianeta, possiamo davvero comprendere, su questa terra, cosa sia l'essenza umana? Ma forse la domanda giusta sarebbe questa: la comprensione dell'essenza umana può essere del tutto indipendente dalla nostra attuale fisicità? al punto che anche nel caso in cui noi potessimo beneficiare di una nuova forma identitaria, la comprensione dell'essenza umana presenterebbe le stesse difficoltà di quella attuale? proprio perché nessuna forma identitaria potrebbe mai prescindere da ciò che qualifica oggettivamente una qualunque essenza umana, e cioè la libertà di coscienza?

Su questo aspetto si vorrebbe essere molto chiari, ma allo stato attuale della nostra esperienza terrena, è impossibile e, molto probabilmente, non sarà così facile neppure quando avremo l'intero universo come nostra dimensione spazio-temporale. Quando c'è di mezzo la libertà di coscienza, più che cercar chiarezze sarebbe meglio tacere.

Noi, al momento, possiamo soltanto intuire cosa sia un'essenza umana in riferimento ad una data azione. Non si può aver certezza di nulla: è più un sentire che un sillogizzare. La logica del sillogismo, quella almeno usata in occidente, è troppo formale, troppo intellettuale, perché da essa possa svilupparsi la libertà di coscienza.

Noi dobbiamo guardare l'albero dai suoi frutti, ma nella consapevolezza che questi potrebbero aver subito dei trattamenti chimici. Nell'epoca in cui viviamo tutto è soggetto a equivoci e malintesi, tutto può essere trasformato nel suo contrario, proprio perché gli aspetti artificiali hanno preso il sopravvento su quelli naturali.

Se io dico: per poter leggere ci vuole la carta / la carta si fa con gli alberi / dunque bisogna tagliare gli alberi, faccio dal punto di vista logico un sillogismo corretto, la cui conclusione è giusta perché inevitabile, necessaria. Ma da un punto di vista ecologico ho solo detto qualcosa di molto opinabile, che mi potrebbe essere contestato in mille maniere. Sul piano pratico è un sillogismo che non vale nulla.

Abbiamo fatto di tutto per emanciparci dalla natura e siamo diventati schiavi della nostra tecnologia, che, guarda caso, è strettamente collegata a una logica di tipo matematico. Ci sembra di essere onnipotenti, ma senza le nostre macchine ci sentiamo perduti, incapaci di agire, di muoverci, di prendere decisioni. Il nostro "io", in sé, non è più una risorsa, ma un anello, per giunta debole, della catena; non siamo neppure in grado di controllare ciò che abbiamo prodotto.

Individuare l'essenza umana in un'azione, in un atteggiamento è oggi impresa incredibilmente complessa. Non sapendo più chi siamo, come possiamo dire cosa sia "umano" e cosa no? In molti Stati la pena di morte o l'ergastolo vengono considerati più "umani" del delitto che il condannato ha compiuto.

Quando intervistano i parenti delle vittime, ciò che essi chiedono, nel migliore dei casi, è la "giustizia", intesa nel senso d'impedire al condannato di farla franca, di farsi solo pochi anni di carcere ecc. A volte i parenti preferirebbero la pena di morte, ma poi si trattengono, temendo di passare per impulsivi, per gente senza cuore, anche se è fortissimo il desiderio di volere la pena capitale per gli infanticidi (per i reati di stupro si va facendo strada la richiesta della castrazione chimica).

A volte si vedono giornalisti che chiedono ai parenti se sono disposti a perdonare l'assassino, e quelli ovviamente dicono di no, anche perché temono che, dicendo il contrario, il condannato abbia uno sconto di pena, che poi in molti casi avrà per buona condotta.

Che cos'è dunque l'essenza umana? Definirla in maniera univoca è impossibile. L'essenza umana non si sviluppa necessariamente là dove esiste un collettivo, piccolo o grande che sia, benché un individuo isolato abbia meno possibilità di svilupparla di un individuo socializzato. Bisognerebbe trovare una definizione non troppo definita.

L'essenza umana dovrebbe avere una definizione in grado di valere non solo per la terra ma anche per l'intero universo. E' dunque "umano" soltanto ciò che è libero di esserlo, indipendentemente da luoghi e circostanze, benché spazio e tempo aiutino in maniera decisiva a contestualizzare un'azione di bene, a comprenderla nella sua essenza. Parlare kantianamente del "bene per il bene" è la cosa più inutile di questo mondo.

Qualunque impedimento alla libertà di comportarsi umanamente nuoce non solo agli altri ma anche a se stessi. Chi non riesce a rendere liberi gli altri, è schiavo di se stesso, proprio in quanto ha una coscienza atrofizzata, che deve essere pazientemente rieducata all'umanizzazione.

Sotto questo aspetto perdonare un assassino può indubbiamente servire, ma servirà molto di più ch'egli riesca a perdonare se stesso per ciò che ha fatto. La vittima o i parenti di questa, se nutrono sentimenti di odio o di vendetta, diventeranno come l'assassino, e forse anche peggio, poiché spesso i crimini vengono compiuti in condizioni sociali o psicologiche molto sfavorevoli. Non si può perdere la propria "umanità" utilizzando come pretesto il fatto che qualcuno l'ha già persa.

Dunque bisogna trovare dei concetti la cui pregnanza sia sufficiente per dire che rientrano nell'essenza umana. P.es. il concetto di "nudità" è sicuramente uno di questi, poiché possiede un'ambiguità sufficiente per essere accettato tra i valori umani. Esso infatti può riferirsi sia al fisico che allo spirito. Se lo utilizziamo dal punto di vista metafisico (essere nudi come essere semplici, spontanei ecc.), è relativamente facile distinguere quando la nudità fisica è innocente o maliziosa.

Certo, guardando i bambini è molto facile, ma solo perché qui interno ed esterno coincidono. La tautologia è più evidente. Anche negli adulti può esistere la tautologia, ma solo in quelle popolazioni che non hanno mai conosciuto al loro interno lo schiavismo. Il nudismo oggi, da noi, è solo ostentazione, esibizionismo, pornografia, strumentalizzazione del corpo per interessi economici...

Schiavismo infatti vuol dire colpa, vergogna; sentirsi in colpa per non essere liberi, e quindi introiettare tutta una serie di valori religiosi fittizi, che dovrebbero servire per far superare moralmente le colpe, ovvero per continuare a restare praticamente schiavi, lasciando che sia solo dio e la sua chiesa a liberarcene.

Il vero problema subentra quando lo schiavo vuole emanciparsi da questo senso interno di colpa, agendo esteriormente contro chi lo schiavizza, contro chi lo fa sentire in colpa. Quando lo schiavo, dopo essersi ribellato, torna ad essere libero, deve imparare a far uscire da sé ogni senso di colpa e quindi di rivalsa, di vendetta contro il proprio oppressore, come se esorcizzasse se stesso dai mali che gli hanno instillato nel suo animo. Deve imparare a non trattare gli altri come schiavi, ma a ritrovare l'innocenza perduta, quella che hanno i bambini. Fino ad oggi nessuna rivoluzione è riuscita a produrre un essere umano del genere. L'essenza umana non era abbastanza forte.

Noi dobbiamo partire da un'astrazione per poter decifrare molte concretezze della realtà materiale, senza aver la pretesa di poter definire la verità, in quanto - questo è più noto ai filosofi che ai politici - "ogni affermazione è una negazione".

Bisogna trovare quei concetti la cui ambiguità sia un valore e non un difetto, facendo però attenzione a porre in primo piano il loro carattere di universalità, in modo che da essi nessun soggetto venga escluso, neppure il bambino, poiché - se ci pensiamo bene - il bambino rappresenta quel lungo periodo storico dell'umanità che gli storici, non senza supponenza, sono soliti chiamare col nome di "preistoria". Si pensi p.es. al concetto di "verginità": quella psicologica non è forse opposta ai valori borghesi basati sul sospetto, sull'interesse personale, sul raggiro...?

Fonti


Web Homolaicus

Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018