NIETZSCHE ANTI-FILOSOFO NELL’INTERPRETAZIONE DI GIORGIO COLLI
tesi di laurea in storia della filosofia contemporanea
di Marco Svevo


Capitolo quarto

OSSERVAZIONI CRITICHE A COLLI

Analisi di Nietzsche e i suoi interpreti di Sossio Giametta

Apprezzamenti di Giametta per Colli

Giametta interprete di Colli

“In ogni caso , dal momento in cui lei diventa noto e viene  capito, la sua grandezza viene anche avvilita, e il caro popolaccio incomincia a darle del tu come a uno dei suoi. E’ meglio che lei conservi la sua nobile ritiratezza e, diecimila volte più in alto, lasci fare a noialtri un segreto pellegrinaggio verso il santuario, per respirarvi l’aria del cuore. Ci lasci custodire la dottrina esoterica, per conservarla pura e intatta , e non divulgarla (...)” [203]  

In Nietzsche e i suoi interpreti l’autore [204]  circoscrive la filosofia di Nietzsche entro i confini dello scetticismo [205] : "Contro la positività dei sistemi filosofici, predicò la negatività della scepsi come elemento essenziale della grandezza (...) Ma la scepsi (...) serviva non a costruire bensì a distruggere la filosofia(...)

Questo carattere strumentale e negativo del pensiero di Nietzsche è del resto posto in risalto da Nietzsche stesso.",(op. cit., p.57). Stesso tono hanno le affermazioni sul carattere complessivo della filosofia di Nietzsche : “ (...) una filosofia che non è più di una scepsi con dei corollari, e la cui matrice positiva risiede altrove che nei concetti.” ,(op.cit.,p.72). Nietzsche interpretato come pensatore negativo o affermativo, è una questione che a tutt’oggi fa ancora discutere, e anche Giametta, giustamente, tocca questo punto : uno dei temi, o meglio, punto fondamentale, su cui più insiste l'interpretazione di Giametta  è proprio quello della negatività del pensiero di Nietzsche: “La sua inclinazione, vocazione e missione era di abbattere, non di costruire la filosofia sistematica, come dimostrano tutta la sua vita e tutta la sua opera , e come Colli vede chiaramente (...)”. (op.cit.,p. 76); in realtà, e credo sia  emerso abbastanza chiaramente nel secondo capitolo , per Colli  la "verità", su questo tema della negatività, sta (buddhisticamente) nel mezzo;  personalmente sono d’accordo con Giametta fintantoché ci si esprime su Nietzsche in modo "generale", ma non  lo seguo quando si vada a cercare nel "particolare" : perché Giametta ha  dimenticato che secondo Colli, Nietzsche “una costruzione  l’ha lasciata”  , come si evince dal § 105 de  La ragione errabonda: “Giustificazione dell’interpretazione nichilistica di Nietzsche: egli ha distrutto [206]  con maggiore chiarezza - e con più grande dispendio di energie e di parole scritte - di quanto abbia costruito. Ma bisogna badare ,che egli distruggeva solo per  poter costruire, e che una costruzione egli l’ha lasciata.” (pp. 120-121) .La costruttività di Nietzsche si manifesterebbe nella ricerca di  “ (...) un’arte, una scienza, una religione, una moralità più alte.” ,(ibid.). Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto  che in questo passo in cui si riassumono i meriti di Nietzsche in quanto a creatività, positività o "costruttività" (per dirla con Colli)non compaia il nome della filosofia [207] .

Uno dei capitoli più interessanti ( il terzo) è quello in cui Giametta si ripropone di vedere che cosa abbia o non abbia capito Colli nella sua interpretazione di Nietzsche e, in particolare merita attenzione la parte  destinata da Giametta  alle critiche di Colli [208]  ,critiche  relazionate ad argomenti ben precisi ( il misticismo, il problema della razionalità , ecc.).  Per fondare i suoi attacchi l’autore si appoggia a contraddizioni [209]  nelle quali incappa Colli , da La ragione errabonda  a Dopo Nietzsche , oppure citando quei passi in cui, secondo Giametta,  Colli forza troppo l’interpretazione [210] ; faccio soltanto  alcuni esempi : “Le cose, ad ogni modo, si complicano decisamente quando Colli attribuendo a Nietzsche, più secondo la propria natura e inclinazione che secondo verità (...) un    “credo” metafisico (...) mantenutosi sino alla fine decisamente schopenhaueriano , e quindi indiano “ dice che questa cosa va estratta dal suo atteggiamento di pensatore più che essere chiaramente enunciata da lui”.  Cioè qui Colli non applica la legge da lui proclamata, ma passa  al metodo induttivo.”,(Nietzsche e i suoi interpreti, p.69).

Un’altra critica prende di mira l’amore per la grecità, dal momento che se Colli non fosse stato animato da “furore grecizzante” avrebbe dato “non soltanto l’interpretazione di Nietzsche più importante, ma l’interpretazione di Nietzsche tout court .”,(op. cit., p.72).

Allo stesso modo Giametta contesta il modo in cui Colli  tematizza  il problema della ragione in Nietzsche:

“(...) non si può dire veramente, come dice Colli : Nietzsche non fu una irrazionalista, ma fu un fanatico assertore della ragione.”,(op.cit., p.78).  Giametta cerca  di spiegarsi meglio più avanti [211]  , evidenziando una differenza fondamentale che distingue Colli da Nietzsche per quanto riguarda la razionalità : “Per Colli la ragione è importante, essa forma il mondo ed è il tessuto del mondo. (...) Invece Nietzsche non dà, un soldo per la ragione, ma se ne serve - e in tal modo la esalta - al massimo.” ,(op.cit., p.83). Anche se “tra Colli e Nietzsche c’è in realtà un dislivello (...) che rende un confronto puntuale impossibile.” (op.cit.,p.82). 

Per quanto critico di Colli, Giametta è comunque pronto e ben disposto quando si tratta di  riconoscerne il valore:  “Tuttavia è la sua[di Colli] interpretazione che bisogna soprattutto seguire per arrivare al vero [212]  Nietzsche. (...) Dunque Colli accetti di essere interprete fra gli interpreti e, si accontenti di figurare in testa ai migliori (...)”   ,( op. cit., p.70); e ancora : “L’interpretazione di Colli è la più importante tra quelle che sono state date di Nietzsche [213] , e merita attenzione e studio come e più di qualunque altra, perché non presenta il difetto della parzialità che inerisce più o meno a tutte le altre  e anche se non è priva a sua volta, di una fortissima coloritura personale (...) è la meno lontana da Nietzsche (...)” ,(op. cit., p.71).

“Più di ogni altro interprete di Nietzsche Colli ha mostrato la grandezza come il senso profondo della vita e dell’opera di Nietzsche (...) [214] ,(op.cit.,p.109) tanto che “è difficile (...) tracciare un quadro più completo ed esauriente [ per quanto riguarda errori e difetti di Nietzsche ] di quello che ha tracciato lui.”,(op. cit., p.110).

A Giametta potrei obiettare in risposta che  anche questa , a sua volta, è pur sempre un’interpretazione ( e in quanto tale rappresenta un giudizio di parte) e non è detto che sia la migliore ( cioè qualcuno potrebbe sostenere che l’interpretazione di Nietzsche data da Colli sia pessima; va notato , ad esempio , che uno studioso di Nietzsche  importante come Maurizio Ferraris, non fa menzione alcuna dei meriti dell’interpretazione di Colli nel suo libro Nietzsche e la filosofia del ‘900, nella parte in cui passa in rassegna i più importanti tra gli interpreti di Nietzsche di questo secolo).  

A proposito di "interpreti e interpretazioni"  è  giustissimo quanto dice Giametta intorno alla posizione di Colli nei confronti degli “interpreti” che hanno inserito Nietzsche nella storia della filosofia, il che mi offre l’occasione per aprire una parentesi sulla questione “come si interpreta Nietzsche” secondo Colli [215]  (facendo riferimento a quanto già emerso al § 505 de La ragione errabonda ); che questo sia un punto rilevante è dimostrato non solo dalla frequenza dei riferimenti di Colli alla problematicità legata all'interpretazione di Nietzsche(al punto che Giametta parla di “chiodo fisso” ) e da alcune indicazioni contenute nei  già citati “piani”: § 288 , punti 1 e 16; § 491, punto 8 [216] ; § 505 , punti 118 e 150. Su tutti però spiccano due  aforismi di Dopo Nietzsche : Chi merita giustizia e soprattutto  Citazioni proibite   (p.196) . Passo ora alle considerazioni di Giametta sul tema in questione : “Del resto tutto è detto quando si è detto ,come dice Colli, che l’interpretazione di Heidegger è hegeliana. Perché ciò significa che di Nietzsche si giudica solo la filosofia , non la poesia e il moralismo [217] , e la si giudica da un punto di vista della storia della  filosofia, di divenire dell’idea metafisica, al modo di Hegel appunto (...) E questo però è uno sviamento senza rimedio [218] . Perché Nietzsche (...) prima e più che filosofo è , come già detto, poeta e moralista, cioè moralista per la forma, ma poeta tragico per la portata del suo moralismo, e diventa filosofo solo in conseguenza e in difesa della sua visione poetica che ispira in genere il suo moralismo, dunque è un filosofo esclusivamente negativo, un antifilosofo.” (Nietzsche e i suoi interpreti, pp.71-72).   Interessanti anche le osservazioni delle pagine successive : “Chi oserebbe asserire che Nietzsche è un filosofo come Aristotele, Kant, Hegel (come tuttavia lo tratta Heidegger [219]  e non solo Heidegger, ma praticamente, da decenni, anche ogni altro interprete)?” (op. cit., p.76) e  “ (...) per alcuni, come per Heidegger stesso, Nietzsche è un vero filosofo, un filosofo rigoroso e originale”,(op. cit., p.137).

Obietto che l’interpretazione di Heidegger è da rigettare [220]  non tanto in base alle conclusioni di Giametta, (che tende a dar troppo peso al ruolo della poesia e del moralismo) quanto perché a una sola condizione Nietzsche avrebbe potuto rappresentare la fine della Metafisica occidentale : a patto di appartenervi; e per appartenervi Nietzsche avrebbe dovuto per lo meno conoscerne la storia, e proprio questa conoscenza non era un suo possesso, se non in modo limitato . Senza contare che la presunzione (kantiana) di riuscire “noi posteri” a comprendere meglio Nietzsche di quanto egli non avesse compreso se stesso , gioca un ruolo determinante anche  per chi (incluso Heidegger) consideri la filosofia di Nietzsche alla stregua di un arto fantasma che necessita di una “integrazione” [221] .

Tuttavia quello della  “eredità nietzschiana” rimane un nodo irrisolto, anche perché sono proprio certe affermazioni di Nietzsche (“c’è chi viene al mondo postumo”, “solo il posdomani mi si addice”, ecc.) a  farne un problema ancora aperto: nel senso che Nietzsche stesso sembra "affidare" la propria opera al futuro. Che poi la maggior parte degli interpreti abbiano “cercato Nietzsche dove lui non c’era”, come ricorda Giametta giustamente, è una “verità” sulla quale concordo pienamente ; e del resto è Colli stesso a mettere in guardia nei confronti delle grandi interpretazioni di Nietzsche, da Bertram a Bataille, da Löwith a Heidegger [222]  appunto, considerate non utili strumenti per “accedere” a Nietzsche ma, piuttosto, ostacoli da superare. Infine può essere utile riportare anche l’opinione di Fabrizio Desideri, che con la quale metto la parola “fine” al capitolo  aperto su “Heidegger”: “Quelli , però, che hanno tentato altri sentieri di lettura nella filosofia nietzscheana - come Giorgio Colli e Ferruccio Masini in direzione del  rapporto tra logos e mito (...) - costituiscono pur sempre delle eccezioni. Ma anche in questo caso, se si dovesse fare un nome sostanzialmente estraneo al modello heideggeriano resterebbe solo quello di Giorgio Colli , un autore che - tra l’altro - attende ancora di essere studiato come merita. E ciò lo si è detto non certo per formulare improponibili giudizi di valore, quanto piuttosto per sottolineare come sul fronte dell’interpretazione della filosofia di Nietzsche e di una ricognizione filologica della formazione vi sia ancora molto da aspettarsi dalla ricerca italiana.” ( v. “Introduzione” a Opere 1870-1881, Newton Compton, 1993, p.8 ) .  

Un altro dato interessante,ùtornando a Giametta, è costituito dal fatto che quest’ultimo si ponga come continuatore dell’opera di Colli ,proprio come Colli, a sua volta, pensa a se stesso come al continuatore di Nietzsche :

“ (...) bisogna continuare, su tre punti basilari, le sue [di Colli] meditazioni, se si vuole pervenire a una conclusione che illumini la scena [223] (...) Questi punti sono i seguenti:  1) anomalia di Nietzsche come filosofo; 2) sua lotta per una moralità più alta;  3) suo significato come campione della grandezza”,(op. cit., p.72).

Riservo la precedenza  al primo punto, a proposito del quale  Giametta sottolinea  come tra gli autori che hanno riflettuto sull’anomalia di Nietzsche in quanto  pensatore compaiono nomi “importanti” ,  quali Fink [224]  e Löwith  ; del secondo voglio riportare alcune significative considerazioni: “Ma Nietzsche è davvero un grande pensatore oppure è un poeta mancato? (...)  Nietzsche  è (...) uno scrittore filosofico, come Kierkegaard era uno scrittore religioso (...)”  ,(Nietzsche e l’eterno ritorno , p. 6) ; alla domanda sulla filosofia di Nietzsche nel suo complesso, invece, l’autore risponde che si tratta di un “sistema in aforismi” [225] .  

Ad ogni modo Giametta non manca di  riconoscere per l’ennesima volta il grande valore della riflessione su Nietzsche da parte di Colli, il solo che vi abbia “ (...) meditato con  (...) profondità e ricchezza”  e che abbia “toccato più volte la verità [226] (...)” (op.cit.,p.76) . Giametta crede di poter riassumere quello che Colli dice circa la debolezza filosofica di Nietzsche ( e che  io ho cercato di illustrare nel terzo capitolo) come segue : “(...) in campo filosofico, Nietzsche mancava di originalità [227]  e quindi di positività e di autonomia.”

Non è tutto, perché proseguendo nella lettura si assiste a un’innovazione che consiste nel radicalizzare ulteriormente la tesi di Colli : “Ma questi difetti non possono essergli addebitati perché , a rigore, egli non era un filosofo” (op.cit.,p.76).

Ora, può un filosofo essere antifilosofo?!?! [228]  Ovvero dichiarare "guerra alla filosofia" (ammesso e non concesso che ciò valga per Nietzsche) non è forse pur sempre un modo, un'attitudine (paradossale) filosofica? Così come è paradossale dichiarare che non esiste nessuna verità?

Si veda anche la citazione , estratta dalle Pagine sparse  di  Croce , che apre il lavoro di F. Mei, Tramonto della ragione:  “Un giudizio paradossale

Il Nietzsche non era certo insigne per vigore logico e speculativo. Non ha fatto progredire nessuna teoria in nessuno dei campi della filosofia, né in logica, né in etica, né in estetica, e fu più che altro un’anima agitata e , a volte, uno splendido scrittore , sintomo dell’irrequietezza dei tempi e non creatore di nuovi principi direttivi.” ,(F. Mei ,Tramonto della ragione, p.19).

Tornando al libro di Giametta, va detto che le attestazioni della non-filosoficità, o, in questo caso, a-filosoficità si ripetono più avanti in relazione al misticismo, sul quale Nietzsche avrebbe ripiegato “(...) appunto perché non era un filosofo e non aveva una filosofia” (p.78); più problematico è invece seguire Giametta  quando dice che: “egli pur non essendo filosofo, rimane un pensatore” (p. 96); problematico perché , a questo punto,  non si sa cosa sia esattamente un pensatore; diversamente stanno le cose per il filosofo. Per fornire una definizione del filosofo [229]  , che è obbligatoria a questo punto ,  Giametta scrive che può essere considerato tale chi: “(...) esprime una concezione del mondo per mezzo di una concatenazione concettuale articolata sempre positiva (anche quando fosse pessimistica), come l’artista la esprime per mezzo di immagini.”(p.76).

A tal proposito, però, è da rimarcare che per Colli  Nietzsche non ha propriamente una concezione del mondo  (cfr. La ragione errabonda, § 288); inoltre non si deve escludere la possibilità che un filosofo ce l’abbia ,ma non la esprima , perché semplicemente non può o non vuole: detto altrimenti , perché segue una "sistematica del silenzio" [230]  ?!

Giametta, infine,  prosegue col dire che “ (...) un filosofo crea sempre un sistema o una filosofia sistematica. Ma Nietzsche non ha mai creato una filosofia sistematica (ibid.) . Alla questione che avevo rozzamente posto domandando se Nietzsche avesse  a che fare  o no , con la filosofia ( e non solo) si potrebbe anche tentare di rispondere prendendo a prestito le parole di Gottfried Benn [231] :

"Ha creato Nietzsche un sistema morale o a-morale? No. Ha annunciato una filosofia? Niente affatto" (cfr. G. Benn, “Nietzsche cinquant’anni dopo”, sta in Saggi, p.207).

Ma forse la pagina  più importante è quella in cui , in un certo senso, “il cerchio si chiude”: “Il problema della conoscenza [232] , cioè del valore della ragione per la conoscenza della realtà e quindi della conoscenza stessa, è il primo che si pone a chi come Nietzsche, si pone il problema della saggezza del vivere ( la ricerca della saggezza [233]  è il senso più generale della sua impresa ).” ( op.cit.,p.82). Viene in mente un appunto postumo (datato estate-autunno 1884) : “Fin da ragazzo ho meditato sulle condizioni di esistenza del saggio, e non voglio tacere la mia serena convinzione che il saggio diventa ora di nuovo possibile  in Europa - forse soltanto per breve tempo.”

Prima di passare all’interpretazione di Nietzsche era stato indispensabile rispondere alla domanda sul significato attribuito da  Colli al termine filosofia. E avevo cercato di rispondere, rifacendomi ai luoghi de La ragione errabonda  nei quali l’argomento è affrontato direttamente, e che integravano quanto già detto a proposito della filosofia greca (v. capitolo primo); ora riassumendo brevemente credo si possa affermare  , insieme a   Colli , che anche per Nietzsche “ l’essere filosofo si esprime in un comportamento, in una vita da “sapiente”.” (La ragione errabonda,§156, p.199). E se per Colli, come per Goethe, il sentiero della sapienza porta ad Oriente....

Non rimane dunque che ritornare al testo nietzschiano, come del resto aveva consigliato  Colli fin dall’inizio ; e per farne che ?

“Non si tratta di vedere a che serve per noi il pensiero di Nietzsche (...) in realtà il suo pensiero serve a una cosa sola, ad allontanarci da tutti i nostri problemi.”   (Scritti su Nietzsche, p. 201). 

Il resto è stupidità


[203] Strindberg a Nietzsche, 9 dicembre 1888, cit. in A.Verrecchia, op. cit., pp. 136-137.

[204] Per una breve nota biografica su Sossio Giametta, v. Internet, URL: www.emsf.rai.it/interviste/abstract/giam.htm

[205]  Va notato che proprio gli scettici, sono forse l'unica categoria tra i filosofi a godere della stima di Nietzsche, cfr. L'anticristo: “Metto da parte un paio di Scettici, che rappresentano nella storia della filosofia il tipo umano più degno: il resto non conosce i più elementari requisiti della rettitudine intellettuale.” (§ 12); si veda anche Ecce homo: “Gli scettici, l’unico tipo rispettabile nel popolo dal doppio e quintuplo senso, il popolo dei filosofi!...”; sullo scetticismo come tema generale in Nietzsche, v. B. Taureck "La scepsi di Nietzsche", sta in G. Penzo, Nietzsche o la verita’ come problema. Interessanti infine le osservazioni di G. Pasqualotto svolte in Saggi su Nietzsche, pp.32-33.

[206]  “Nessun uomo ha mai avuto più di me il diritto alla distruzione!”, così Nietzsche in un abbozzo di lettera alla Zimmern.

[207] Giametta è più radicale di Colli anche su altri aspetti come si vedrà.

[208]  Per quanto Giametta, a sua volta, sia passibile di critica. Si potrebbe, ad esempio, muovere una critica sia a Colli sia a Giametta , in quanto nessuno dei due ha rilevato l’importanza che ebbe per Nietzsche la musica, musica che costituisce    invece un elemento importantissimo della vita di Nietzsche, e come si apprende dalla biografia dello Janz, che non a caso era anche musicologo di professione; a tal proposito ,si può notare che Wagner è forse l’unica personalità di rilievo vivente con la quale Nietzsche abbia intessuto dei rapporti profondi , e Peter Gast, che Nietzsche chiamava maestro (in italiano) era un musicista (sebbene mediocre in confronto al genio di Wagner. E di fatto , poi, Janz non manca di rimarcare gli errori di valutazione di Nietzsche, nel sopravvalutare, ad es. , il valore di Peter Gast .

[209]  Una delle contraddizioni di Colli più lampanti , più evidenti è quella che deriva dalla condanna della scrittura, scrittura che però viene pur sempre usata: Colli per essere coerente fino in fondo( e non cadere in contraddizione) non avrebbe dovuto scrivere nulla “su” Nietzsche, avendo già fatto abbastanza con la pubblicazione dell’edizione critica: restituire l'opera omnia di Nietzsche nella sua integrità, senza nessuna sorta di apparato interpretativo ,o anche soltanto didascalico, sarebbe stata ,forse, la scelta migliore.

[210]  L’interpretazione di Nietzsche di Giametta ,(per la quale si può vedere anche Nietzsche, il poeta , il moralista, il filosofo,Garzanti,1973) per comodità si può riassumere nella formula “Nietzsche ha fatto una cosa sola : il moralista ma poeticamente.”

[211] Quando è già cominciato un interessante confronto tra Nietzsche e Colli volto a delineare e analizzare, in poche ma brillanti pagine, reciproche congruenze e diversità "filosofiche", v. pp. 82-93.

[212]  L’espressione “il vero Nietzsche” è assai discutibile e problematica secondo il mio punto di vista, che in definitiva combacia quasi perfettamente con quello di Colli: non esiste un vero Nietzsche perché è impossibile arrivare a comprenderlo ; “nulla è conoscibile”, questo lo sapeva anche Nietzsche (“Le cose sono inconoscibili” ,Frammenti Postumi 1882-1884,6[1],in F.W.Nietzsche, Opere ,vol. VII, tomo I, parte I, p.220) e sapeva che in tale inconoscibilità ricadeva anche la sua persona : “Non faccio colpa a nessuno, se non sa per nulla chi io sia; a nessuno è dato di saperlo(...)” , lettera a Overbeck del 31 dicembre 1888 ; tanto che Nietzsche spesso si interrogava così : “ - Ha mai qualcuno capito qualcosa di me - capito me ? -” , cit. in  “Note al testo di “Ecce homo” , cfr. Opere , vol. VI, tomo III, p.603; anche perché Nietzsche era consapevole del fatto che "(...) è difficile capire gli scritti come i miei", v. F.W. Nietzsche, Opere, vol. VII, tomo III, p.127; si confronti ,inoltre, il testo tratto da una lettera scritta a Spitteler da Nietzsche il 10 febbraio 1888 (citata in Janz , Vita di Nietzsche, vol. II, p.532),dove Nietzsche sembra alludere alla possibilità di "capirlo":

“(...)[Al di la’ del bene e del male ]contiene la chiave di me stesso, posto che ve ne sia una. Bisogna leggerlo per primo(...)”.

Molto interessante è quanto scrive Bataille in merito alla possibilità di “conoscere” Nietzsche : “ Non toglierò la maschera a nessuno...Che sappiamo di Nietzsche , in fondo? Obbligati a un senso di disagio, a silenzi... Odiando i cristiani... Per non parlare degli altri!... E poi... siamo così poco!”, (Su Nietzsche , p.55 ); questo passo fa venire in mente quanto scrive Derrida : “ (...) non c’è una verità di Nietzsche o del testo di Nietzsche.”; cfr. J. Derrida , Sproni , p.94.Chiedo scusa per la lunga digressione e per i "faticosi" balzi testuali.

[213] Sull'enorme mole di lavori usciti su Nietzsche non è nemmeno il caso di soffermarsi: alla "bibliografia nietzschiana" c.d. spetta senz'altro l'aggettivo "sterminata".

[214] Giametta tuttavia non manca di ricordare che “più di ogni altro interprete di Nietzsche Colli ha anche criticato Nietzsche.”

[215] Alcune raccomandazioni di Colli sul giusto modo di accostare l’opera di Nietzsche sono affini a quelle di Jaspers: “ A prima vista, la lettura di Nietzsche può sembrare facile ; così almeno ritiene qualcuno. Qualsiasi passo si scelga , anche casualmente, è immediatamente comprensibile. Nietzsche è interessante sotto ogni aspetto ; i suoi giudizi affascinano , la sua scrittura entusiasma (...) . Ma se (...) vogliamo continuare la lettura insorgono della difficoltà; l’entusiasmo per la piacevole lettura si trasforma in irritazione, se non proprio nell’avversione per una molteplicità frammentaria di pensieri apparentemente priva di ogni intrinseco legame ; la lettura si fa insopportabile." ,cfr. Nietzsche. Introduzione al suo filosofare , “Prefazione alla prima edizione” ,p.21.

[216]   “Il suo tempo non è ancora venuto. Vacuità delle interpretazioni.”

[217] Poesia e moralismo stanno a Giametta come passione per la Grecia sta a Colli.

[218] Anche Giametta, tuttavia, commette “uno sviamento senza rimedio” nell’interpretare Nietzsche soltanto come poeta e moralista; quanto sia problematico apporre “un’etichetta” a Nietzsche lo si capisce leggendo le sue opere, dove gli epiteti usati per far riferimento a se stesso sono i più diversi e strampalati ,alle volte: basti pensare alle ultime allucinate identificazioni dei “biglietti della filosofia” ai primi tentativi di dare un nome a se stesso. Giametta dice poeta e moralista, ma Nietzsche ne Il caso Wagner, ad esempio, scriveva rivolto a se stesso: “Se fossi moralista, chissà come la chiamerei! (...) Ma il filosofo non ama i moralisti...Non ama neppure le belle parole...”; tutto ciò suona tanto più paradossale se ci si rifà al ritornello nietzschiano secondo il quale “i poeti mentono troppo” (per quanto riguarda la poesia), e al concetto di “autosuperamento della morale” (per quanto riguarda il moralismo; a meno che, per quanto Nietzsche   proclami se stesso immoralista alla fine rimanga comunque moralista !).

[219]  Secondo l'interpretazione di Heidegger Nietzsche è un “pensatore rigoroso” , inserito nella “traiettoria del domandare della filosofia occidentale”, (Nietzsche,pp.22-23) traiettoria della quale Nietzsche, come noto, “rappresenta la fine” (ibid.,p.27).

[220] Contro Heidegger e le sue “fantasie verbali” si vedano le acute critiche di Löwith : “ (...) anche Heidegger trasfonde il proprio pensiero in quello di Nietzsche, per interpretare se stesso in lui” (Nietzsche e l’eterno ritorno , p.230) e “ Di contro all’esplicita constatazione nietzscheana che il carattere globale della vita e del mondo vivente non è stimabile e valutabile Heidegger interpreta la filosofia di Nietzsche quale “metafisica dei valori” e il valore quale “punto di vista, il cui semplice [per quanto a me non sembri poi così semplice] senso egli stravolge artificiosamente.”  , (op.cit., p.231). “Chiunque legga ciò che Nietzsche dice riguardo al meriggio non può che meravigliarsi di quanto di non-pensato e non-detto Heidegger riesca a tirar fuori .”; op.cit., p.232. Anche un “biografo” come Althaus trova lo spazio per riconoscere i difetti di “due importanti trattazioni nietzscheane”, e cioè quelle di Heidegger e Jaspers, due interpreti per i quali Nietzsche rappresenta “l’ultimo grande filosofo” : “Heidegger tratta soltanto il pensiero di Nietzsche, prescindendo dalla sua vita. Il libro di Jaspers contiene sparse osservazioni sulla sua vita (...) ma l’interesse biografico (...) non è in Jaspers maggiore che in Heidegger.”, (cfr. H.Althaus, Nietzsche. Una tragedia borghese , “Prefazione”, p. X).

[221]  Per dirla con Ferraris leggere il Nietzsche o Saggi e discorsi non ci aiuta a capire il pensiero di Nietzsche, ma quello di Heidegger, cfr. Nietzsche e la filosofia del novecento e “Storia della volontà di potenza”, sta in La volontà di potenza, di Ferraris-Kobau (cura), Bompiani, 1995, pp.656-669; cfr. anche G. Pasqualotto, Saggi su Nietzsche, p.10 e pp.13-14.

[222]  Giuliano Campioni, ad esempio, riconosce l’essere antiheideggeriano da parte di Colli nel passo che segue: “L’atteggiamento di Colli è ostile alle grandi interpretazioni: Heidegger in primo luogo, come ad ogni recupero o “giustificazione” che parta dal nostro presente.”; cfr. M.G.Ciani, Belfagor, III, anno XLII; di Giuliano Campioni si può vedere anche "Intervista a Giorgio Colli", in G.Penzo, Nietzsche o la verità come problema.

[223]  Secondo la mia prospettiva invece non si può giungere a conclusione alcuna, e anche in caso contrario non sarebbe una conclusione “illuminante”; relativismo gnoseologico e Gorgia, dovrebbero insegnare qualcosa.

[224]  Si veda La filosofia di Nietzsche ,pp.9-15.

[225] Interessante è anche l’appendice dove sono trattati brevemente alcuni interpreti di Nietzsche, tra i quali voglio ricordare Ewald, per il quale il sistema di contraddizioni che sorregge la filosofia di Nietzsche la fa anche naufragare (p.203);

 Andler, di cui Löwith riporta i seguenti passi: “Tutta la dottrina di Nietzsche resta per Andler “una grande intuizione mistica, il cui valore non dipende dal contenuto”.”  (op. cit., p.210) e “L’intera dottrina resta così un “ultimo segreto”, che non può trovare espressione concettuale . (op.cit., p. 211).Di Löwith si veda anche Da Hegel a Nietzsche: “Il secolo XIX, dal punto di vista di un’epoca che ad esso si ritiene superiore, sembra potersi comprendere in una sola formula ed esser ormai già “superato”, senonché il Nietzsche stesso si rendeva ancora conto di essere non solo un conquistatore, ma anche un erede; teso verso il futuro, ma insieme debitore verso il passato.” , (tratto dalla prefazione alla prima edizione, p.17).

[226]  Quella verità, lo ripeto, che per me invece non sussiste.

[227]  Quello della “mancanza di originalità” è un punto che non è certo sfuggito ai c.d. detrattori di Nietzsche: “Bisogna dire che la maggior parte degli avversari dell’Archivio Nietzsche erano affetti dalla stessa volgarità intellettuale: quella cioè di credere che la conoscenza da parte di Nietzsche di determinati autori potesse essere adoperata come prova della sua mancanza di originalità”, (cfr. “Note e notizie al testo di “L’anticristo”, in F.W.Nietzsche, Opere, vol. VI, tomo III, p.523; Colli e Montinari, di contro a tali "diffamatori" preferiscono, invece, sottolineare “ (...) la maestria con cui Nietzsche si serve delle formulazioni di portata europea (...) ”, (cfr. “Note e notizie a “Il caso Wagner”, in F.W.Nietzsche, Opere, vol. VI, tomo III, p.480.

[228] Un interrogativo simile a questo (oltre a considerazioni affini a quelle svolte da Giametta), lo si trova anche in, Nietzsche e il nonsense di L.V.Arena.

[229]  Per una definizione del filosofo in quanto distinto dal moralista si vedano invece le pp. 93-94.

[230]  Si veda La ragione errabonda, § 122, Il problema della grandezza, pp.143-148.

[231] Così fa Giametta nel suo libro del resto, anche se subito dopo si affretta a respingerne le conclusioni, obiettando che "sarebbe stato più semplice dire che Nietzsche distrusse (o volle distruggere) la filosofia come sistema razionale", (op.cit, p.130).

[232] Più che di un problema si tratta di una condanna, come ha rilevato bene Roberto Calasso:  “La condanna della conoscenza di sé, di fatto, è solo un corollario della condanna di ogni meta-conoscenza, ormai fissata dalla critica di Nietzsche in un teorema che è insieme una sentenza di morte: nel tentativo di conoscere i propri strumenti il pensiero necessariamente si autodistrugge - e cioè in particolare il pensiero dell’Occidente, l’unico che si sia azzardato tranquillamente per questa via.” ,cfr. “Monologo fatale”, sta in F.W. Nietzsche, Ecce homo, Adelphi, p.160.

[233]  Lode di Epicuro. Dall’epoca di Epicuro la saggezza non ha fatto un passo avanti-e spesso ne ha fatti mille indietro.”, cfr. Frammenti Postumi 1876-1878 23[34].

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Aggiornamento: 26/04/2015