Pascoli - La via ferrata

Giovanni Pascoli - La via ferrata

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De Nittis, Il treno


Pubblicata nel 1886 per le nozze dell'amico Severino Ferrari (che il Pascoli chiamava scherzosamente "Ridiverde" e con cui intrattenne per tanti anni un fitto rapporto epistolare), poi fu stampata su vari periodici, infine nella seconda edizione di Myricae (1892).

Il metro č un madrigale in endecasillabi, formato da due terzine, legate dalla rima centrale, e da una quartina, secondo lo schema ABA, CBC, DEDE.

Tra gli argini su cui mucche tranquilla-

mente pascono, bruna si difila

la via ferrata che lontano brilla;

Nelle bozze di questa poesia non c'erano mucche ma pecore, una sola mucca e persino un asino zoppo. Come si puō notare il poeta ha tolto tutto mettendo la mucca al plurale.
Dev'essere stata una scelta quasi obbligata (idealmente) se č poi arrivato ad accettare, per amor di rima, la frantumazione dell'avverbio, che stilisticamente lascia molto a desiderare.
Perché questa soluzione, visto che quelle abbozzate non erano affatto da scartare: "Fra' terrapieni sopra cui tranquilla / qualche pecora pasce, si difila", oppure "Tra gli argini, su cui pasce tranquilla/ la mucca, bruna si difila"?
Di regola un poeta non arriva mai a sacrificare il senso di ciō che voleva dire in nome di una formale regolamentazione del metro. Anche qui, d'altra parte, l'organizzazione sintattica, metrica, ritmica e fonica del madrigale č venuta emergendo in tempi successivi all'idea di fondo ch'era quella di mettere in antitesi una scena agreste ("tranquilla") con una moderna (che tranquilla non č).
Il poeta ha voluto operare consapevolmente una scelta stilisticamente dolorosa, proprio per non venir meno all'idea di risaltare il contrasto tra passato e presente: contrasto che sarebbe risultato poco convincente se al posto delle mucche vi fossero state delle pecore (bucoliche, arcadiche, impersonali) o soltanto una mucca isolata o un poco significativo asino claudicante.
Un gruppo di mucche al pascolo rappresenta meglio la vita rurale, soprattutto il lato "domestico" di questa vita.
E' proprio grazie a queste mucche che nel contesto della poesia si puō comprendere meglio la trasformazione del pathos della comunitā rurale da tranquillo a dolente, perché urbanizzato.
e nel cielo di perla dritti, uguali,

con loro trama delle aeree fila

digradano in fuggente ordine i pali.

Il "cielo grigio" o "color perla" delle bozze č diventato, semplicemente, con una scelta indovinatissima, "cielo di perla", cioč bianco sporco, smorto e non azzurro o bombato di nuvole bianche. Segno quindi anch'esso di un progresso ambiguo, poco convincente.
In ciō l'ordine dei pali telegrafici (nell'abbozzo la poesia era intitolata "Il telegrafo") non puō essere "lineare" ma "fuggente". Non č solo il fatto che per effetto ottico-prospettico essi sembrano rimpicciolirsi (digradando), ma anche quello ch'essi rappresentano un ordine apparente, eticamente illusorio, socialmente effimero, precario.
L'ordine vero sono le mucche che "pascono" tranquille, tra gli "argini", indicanti anch'essi delle file ma naturali, forse qui visti come tentativo di difendersi da un progresso nocivo o estraneo alla natura.
Qual di gemiti e d’ululi rombando

cresce e dilegua femminil lamento?

I fili di metallo a quando a quando

squillano, immensa arpa sonora, al vento.

Il treno č lo stesso che ha giā visto il Carducci e che vedranno i futuristi, ma quale diversitā! Qui il suo fischio non č certo un grido di vittoria, né il suo cammino un segno del progresso.
Il "femminil lamento" del suo incedere č presente in tutte le stesure manoscritte ed č proprio questo il leit-motiv dell'intera poesia.
I "gemiti e gli ululi" del treno sono messi in forma interrogativa, proprio perché non vi sono certezze nel progresso, ma solo senso problematico. Non sono fischi roboanti, ma lamenti.
Sembra di sentire la sofferenza dell'alienazione borghese, sembra di osservare l'andatura ciclica delle crisi del capitale, con la curva delle sofferenze che sale e scende ("cresce e dilegua").

Il paragone dei fili telegrafici con un'arpa (eolia) che suona al vento si ritrova in alcuni poeti romantici inglesi e francesi; in Italia fu ripreso dal Boito.
Qui perō non dā semplicemente l'idea di una voce lamentosa della natura, ma fa della natura stessa un contraltare del progresso. I  "gemiti e ululi" del treno vengono come raccolti dall'arpa e trasmessi al vento. Il socialismo agrario del Pascoli affida alla stessa natura la resistenza contro il progresso del capitale.
E' molto suggestivo il fatto ch'esista una volontā poetica capace di trasfigurare le cose (i "fili di metallo") assegnando loro una funzione completamente diversa da quella per cui erano nate. Come se la natura stessa, per potersi familiarizzare con tutte le invenzioni umane, avesse preventivamente bisogno di ricondurle a un'umanitā pių vera di quella che le ha partorite.

Sito ufficiale

Biografia - Pascoli e Ulisse - Il gelsomino notturno - Poeta e iniziato - Lettore di Manzoni - La cavalla storna - Pascoli politico - Arano

Fonti


Web Homolaicus


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019