ARTE ANTICA MODERNA CONTEMPORANEA


Il Rinascimento iTALIANO

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RAFFAELLO SANZIO

Raffaello, La Scuola di Atene, 1509-1511, affresco Musei Vaticani (Stanza della Segnatura), Città del Vaticano

Dario Lodi

L’Umanesimo comprende il Rinascimento, non viceversa. Il secondo è sostanzialmente la celebrazione del primo. Non ha molto senso la rinascita italiana ed europea della dignità umana con riferimento al classicismo greco: sono molto diverse le caratteristiche culturali fra i due fenomeni. La rinascita è un termine usato per esaltare la cultura degli antichi greci, della quale siamo debitori, ma la cosa finisce qui. Nel ‘500 non si recupera la mentalità greca, ma per certi versi la si riscopre e questa riscoperta dà vigore alla nuova speculazione umana, in un primo tempo proiettata verso la razionalizzazione dell’indicibile.

L’indicibile nel periodo umanistico, resta tale, ma l’avvicinamento a esso è reso sicuro dalla possibilità d’informarsi, di indagare nei testi che vanno oltre a quelli canonici. Tutto si scatena grazie allo sviluppo dei mercati: in Europa avviene un rapido scambio d’informazioni vocali e scritte. L’invenzione della stampa facilita gli studi. La gente vuole conoscere di più. Accanto alla stampa della Bibbia, si provvede a quella di altri testi, a partire dalla diffusione della filosofia, soprattutto di carattere neoplatonico: si ricordi la realizzazione, nell’officina del maggior stampatore dell’epoca, Aldo Manuzio, de l”Hypnerotomachia Poliphili” (sogno erotico di Polifilo), un testo riccamente illustrato nel quale pulsa l’intera mentalità dell’epoca (esiste una moderna ristampa anastatica).

L’Umanesimo, occorre ribadirlo, non va contro la Chiesa, va contro l’uso improprio dei dettami religiosi. Il tentativo di purificazione ecclesiastica è di lunga data: finalmente si condensa, per le ragioni accennate, nel periodo in questione. Ma i secoli XV e XVI vedono lo sviluppo del potere temporale della Chiesa, per cui il tentativo umanistico non può che agire in modo formale, pur avvalendosi, però, di una soluzione idealistica che avrà molta fortuna nella filosofia e nella pratica futura. Per il momento, gli intellettuali e gli artisti dell’epoca affiancano l’ortodossia religiosa in senso spirituale. Non si dirà mai abbastanza quanto sia contata la spiritualità in quei due secoli: essa passò da una devozione irrazionale a una devozione cosciente, fortemente intrisa di speculazioni sentimentali e intellettuali, unite dallo scopo finale: la consapevolezza piena del valore della religione, una religione non più appartata bensì accettata come logica morale e materiale, quindi molto più efficace di prima.

Non fu questo tentativo di abbraccio da parte dell’Umanesimo a rendere migliore, in senso religioso, il comportamento della Chiesa. Essa preferì procedere verso l’acquisizione di maggior potere possibile, divenendo presto un principato come un altro, con un esercito e un apparato diplomatico, pronto alla guerra, in concorrenza addirittura con l’impero. La disinvoltura papale arrivava a sconfessare un accordo nel solo giro di un anno: nel 1510 con Luigi XII contro Venezia, nel 1511 con Venezia contro Luigi XII (rispettivamente Lega di Cambrai e Lega Santa). La Chiesa, insomma, aveva un potere notevole e cercava di aumentarlo non solo attraverso manovre esterne, ma anche con operazioni interne, operazioni pacifiche, di esaltazione del proprio credo. Esse erano affidate a grandi artisti, affinché l’esaltazione avesse la massima capacità suggestiva.

Siamo nel ‘500 e per circa mezzo secolo avviene il vero fenomeno rinascimentale, stretto fra l’esplosione del potere ecclesiastico con Giulio II, la faticata ma brillante tenuta papale, e il crollo definitivo della centralità romana avvenuto con il Concilio di Trento (1545-1563, esplosione del Protestantesimo). Il Concilio era stato concepito come una riunione del Cattolicesimo al fine di risistemare la dottrina cattolica. Nella sostanza, per rifondare il potere della Chiesa, rifondazione che non fu ovviamente accettata da Lutero, Calvino, Zuinglio e altri.

Il Concilio fu sollecitato dall’imperatore Carlo V, stanco dei comportamenti della Chiesa di Roma (questione delle indulgenze compresa). Roma, uscita dall’esperienza del sacco per opera dei Lanzichenecchi (1527), prezzolati dall’imperatore, fu costretta a un riordinamento su base esclusivamente religiosa. Il problema Lutero non influì più di tanto sulla sollecitazione imperiale: questo almeno agli inizi, poi, grazie all’intraprendenza dei Principi tedeschi, che colsero l’occasione del dissidio religioso, lo stesso provocò preoccupazioni più serie, per quanto contenute dalle armate imperiali.

Le armate imperiali persero l’imbattibilità all’indomani delle coalizioni fra Principi tedeschi, il re di Francia e altri Stati. L’alleanza rischiava di allargarsi ancora, la Francia minacciava di ricorrere al Turco pur di sottrarsi al giogo imperiale. Carlo V, deluso, si ritirò in convento, dando l’impero al fratello Ferdinando e la corona di Spagna al figlio Filippo II. Il sogno imperiale verrà comunque ridimensionato. Nel frattempo, il Concilio Tridentino sarà concluso: la Chiesa, purificata e sorretta dall’esercito reale spagnolo e dagli interessi cattolici nel Continente, seguiterà la sua opera ritenendo possibile il recupero dei Protestanti, considerati semplici eretici da convertire (non sarà così, come si sa). Come potenza secolare, la Chiesa romana avrà a disposizione solo un piccolo territorio, perderà definitivamente influenza primaria nelle grandi manovre politiche europee.

Raffaello (Raffaello Sanzio, 1483-1520) visse la parte più viva dello splendore papale, finendo al servizio di Roma, dove mostrò tutta la spettacolarità del suo stile pittorico. Che avesse talento, lo si scoprì subito. Figlio di un noto pittore, Giovanni de’ Santi, Raffaello fu nella bottega del Perugino, esordì a Città di Castello, sedicenne, disegnando uno stendardo, passò poi, rapidamente, alle pale d’altare e alle tavole sacre: piaceva la sua freschezza, stupiva la sua abilità nel disegno. La committenza pagava bene, ma si era fatta esigente, la concorrenza era forte, bisognava essere eccezionali per lavorare. Raffaello fu da subito eccezionale fra gli artisti eccezionali.

Il suo “Sposalizio della Vergine”, nella Pinacoteca di Brera, si rifà a un quadro del Perugino, ma è sbalorditiva la differenza fra le due esecuzioni. Raffaello muove i personaggi, muove le cose e rende tutto sublime senza pesantezze. L’opera è un insieme di simboli posti in perfetta armonia fra loro. Ne esce un discorso aperto. Siamo lontanissimi dai monologhi sentenziali del tempo. Il cambiamento comporta un nuovo modo di porsi di fronte alle cose, anche di fronte a quelle sacre. L’umanità entra a far parte della scena attraverso la semplicità dei personaggi, trattati quasi come familiari, amici. L’esitazione nel passare a una maggiore scioltezza determina il rigore estetico, rafforzato da una profondità resa geometricamente e da un grande simbolo leggero come l’aria. Spazio, prospettiva, profondità, personaggi sono accomunati da una poesia serena e vibrante.

Raffaello si specializzò in Pale d’altare, in Madonne e in ritratti, anche laici. Lavorò a Firenze, a Siena e quindi a Roma, osannato da due papi, Giulio II e Leone X, sostenuto da Agostino Chigi, forse il maggior banchiere del tempo. A Roma operava anche il Bramante, conterraneo di Raffaello e dunque altro suo alleato con risentimento per Michelangelo. Tutto questo portò il Nostro ad avere una bottega di enorme capacità e prestigio. Essa annoverava, fra gli altri, Giovanni da Udine, Giulio Romano, Perin del Vaga, Marcantonio Raimondi (il grande incisore, Raffaello amava l’incisione). Numerosi i lavori realizzati da Raffaello, pur con aiuti da parte della bottega. Il fervore del nostro artista ebbe aiuti indiretti da Leonardo e Michelangelo, i nuovi personaggi dell’arte figurativa. Raffaello trasse sicuramente ispirazione dai due, ma solo per migliorare la propria espressività. La precisione di Leonardo, la sua modernità interprativa, e la magniloquenza di Michelangelo sono presenti e dilatate nelle sue opere: la dilatazione, specie della magniloquenza, è un raffinato servizio reso ai committenti, sotto certi aspetti è persino una subordinazione al fatto celebrativo più che a quello religioso. Lo si nota, accennato, nella “Madonna del Cardellino”, d’impianto tradizionale, legato ancora a stilemi tardo-gotici, lo rivela la “Madonna della Seggiola” del 1513, alla Galleria Palatina di Firenze e in modo assolutamente spettacolare la “Trasfigurazione” (1518-1520) alla Pinacoteca Vaticana, pur con aiuti da parte di Giulio Romano (figure sopra e sotto). L’impianto scenografico, le figure essenziali della scena e la grandiosa cromaticità sono sicuramente di Raffaello: qui il nostro pittore fa un discorso filosofico aperto, nel quale il neoplatonismo è sicuramente centrale, mentre sono radiali, senza essere periferiche, le considerazioni razionali a supporto di quelle ideali.

Mentre Leonardo pone la scena entro una logica di cui in qualche modo vuole possedere la chiave, dimostrando di poter coltivare una simile ambizione, Raffaello la pone entro un insieme di visioni idealistiche tenute insieme dalla forma. La forma, per quanto figlia del virtuosismo, nel suo caso assume una funzione esplicativa ed espressiva di una teoria che l’abilità tecnica riesce a giustificare e a sostenere. Raffaello è cosciente della sua enorme bravura e la eleva a mezzo per eccellenza di razionalizzazione dello spirito, così com’è concepito dal neoplatonismo. Egli si “salva” dalla banalizzazione tematica per un di più di convinzione nella bontà della teoria idealistica, da lui evidentemente vissuta dall’interno. Il trionfo è nella figurazione, perfetta nell’esecuzione e splendida nella resa visiva, mentre per Leonardo il trionfo era nell’ideazione, esecuzione e resa, erano conseguenze. A questo punto, si può dire che Raffaello è il Rinascimento vero e proprio, il suo culmine, laddove il termine venga assunto come esaltazione, controllata (anche se non tanto), di una conquista razionale e sentimentale assoluta così com’era stato nel mondo classico subito dopo Mirone (il Leonardo del tempo, per quanto riguarda l’espressione artistica), con Fidia e il Partenone: qualcosa di studiato in maniera sublime.

L’esaltazione un po’ fuori controllo è dovuta soprattutto alla committenza papale, grazie all’abbondanza di risorse di Roma: la Chiesa stava iniziando, nel ‘500, una crisi esterna irreversibile, poco vissuta dall’interno per la raccolta di denaro sollecitata e ottenuta dal grandioso cantiere di S. Pietro, alla cui realizzazione fu chiamato anche Raffaello in qualità di architetto. Intanto egli fu il pittore preferito dai papi per l’abbellimento delle Stanze di Raffaello (quattro sale in sequenza dei Musei Vaticani), dove il pittore urbinate è artista esteticamente sommo: straordinaria, nel contempo, la sua sintesi culturale classica.

Esemplare, Raffaello, fu anche nella ritrattistica. Qui si propongono i ritratti di Giulio II (1511-12, National Gallery, Londra) e di Baldassare Castiglione (al Louvre). Il papa è vecchio è stanco, sente su di sé il peso della Chiesa, sembra temere la sua caduta, è quasi rassegnato al peggio, ma mostra orgogliosamente il proprio viso provato, come la prova instancabile di un tentativo di tenuta. Si è quasi tentati di non opporsi: il suo mondo è museale, è la coda del Medioevo. La Chiesa ha dato molto all’umanità, ma molto non le ha dato. La spiritualità è stata una specie di cavallo di Troia per precipitare fra la gente e farla prigioniera di dogmi, mantenerla nell’ignoranza, svilire il messaggio religioso. La fabbrica di S. Pietro è l’ultima illusione. Si copre il vuoto religioso del tempo con la magniloquenza materiale. S. Pietro sarà la chiesa più grande del mondo: i fedeli verranno rassicurati da quadri, sculture, marmi, soffitti vertiginosi e molto altro. Raffaello raffigura Giulio II com’è, non come vorrebbe il fedele. E’ un grande passo avanti nella ritrattistica. Me così come c’è nel nostro pittore una sorta di rammarico per la reale opacità del potere ecclesiastico, ravvisabile in questo strepitoso Giulio II, c’è un autentico senso di trionfo nel ritratto che fa di Baldassare Castiglione, uomo nuovo, uomo che è figlio dell’Umanesimo e che guarda con fiero ottimismo al futuro. Raffaello sembra condividere questo slancio laico. E’ sorpreso da tanta energia, ma è pure affascinato da un processo sotterraneo di libertà intellettuale da parte dell’individuo. Il nostro pittore coglie, in questo ritratto vivissimo, il senso di personalità e di appartenenza che fa di un uomo l’umanità intera cosciente e responsabile di se stessa.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 09/02/2019