LA NEOLINGUA DI ORWELL
riflessioni SPARSE
I - II
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1. La neolingua di Orwell (nell'originale Newspeak, ossia "nuovo parlare") è una lingua artificiale che il potere impone a tutta la società, di cui George Orwell parla nel suo romanzo 1984 (pdf) (qui in originale). Per capire bene di cosa si tratta è sufficiente leggersi questa scheda di Wikipedia. Qui si vogliono fare altre riflessioni. La neolingua è un fenomeno ancora attuale, in quanto serve per uniformare il pensiero. I significati delle parole sono predefiniti e cambiano solo quando lo vuole il potere. Quindi il processo va dall’alto al basso. I gerghi (giovanili, malavitosi, militari ecc.) nascono dal basso e lì si fermano, a meno che il fenomeno non sia molto esteso (come p.es. quello della tossicodipendenza): in tal caso il gergo viene alla ribalta e lo si vede usare nei mass-media e, con più difficoltà, nell’insegnamento scolastico, dove però l’italiano scritto domina ancora incontrastato. Chi compila i dizionari della lingua italiana arriva ad accettare taluni vocaboli o espressioni di questi gerghi, ma senza dar loro molto peso, in quanto sono molto soggetti alle mode. La lingua ufficiale del nostro paese è quella che, grazie ai dizionari della Crusca, alle scuole e ai mass-media, ha quasi completamente distrutto i tanti bellissimi dialetti che avevamo. In questo senso s’è imposta come una neolingua e chi parla il dialetto lo fa come se fosse un gergo ad uso interno. 2. Il pensiero si atrofizza anche se si hanno delle parole per esprimersi. Bisogna vedere quali sono le condizioni dell’espressione, cioè in che senso, in che contesto, con quali finalità usiamo le parole. P.es. le parole che usiamo nei luoghi di lavoro sono sicuramente più standardizzate di quelle che usiamo con partner e amici. Le parole che sentiamo ai telegiornali sono incredibilmente sempre uguali a se stesse. Le parole che sta usando Wikipedia, con la sua mania del “politicamente corretto”, stanno rischiando di diventare vuote, cioè di trovarsi anche nei manuali scolastici, i quali, nelle parole essenziali, son sempre tutti uguali, pur essendoci decine di editori. Non abbiamo nessuno fisicamente che c’impone una neolingua, ma è come se l’avessimo: è la cultura dominante, così piatta, così burocratica, così priva di simbolismo e di poeticità… E noi abbiamo il compito di svecchiarla, di renderla più pregnante, più aderente alla realtà. Ai limiti di renderla più eversiva. 3. Padre e Madre vogliono dire poco e nulla. Sul piano biologico la differenza esiste soltanto perché in principio era il due e non l’uno, nel senso che tutto esiste in quanto vi è una diversità tra uomo e donna. Sul piano culturale, che è nettamente prevalente sul biologico, tutto invece dipende dal maschilismo imperante nelle civiltà dominate dagli antagonismi sociali. Probabilmente prima della nascita delle civiltà urbanizzate non solo non si faceva differenza (se non appunto sul piano biologico, il che è un nulla) tra padre e madre, ma neppure tra famiglia e comunità, nel senso che i figli venivano allevati-educati da un intero collettivo, tutti i giorni, e non a compartimenti stagni come oggi, dove persone e luoghi, criteri e metodi sono sempre diversi e sui quali è molto difficile incidere: nidi-materne-elementari-medie-superiori-università-lavoro-associazionismo e ovviamente i legami di parentela. Perché questo discorso? Perché noi oggi non abbiamo neanche le parole per dire che la paternità può essere anche femminile e la maternità maschile. Siamo abituati a "dividere" e a "dividerci", perché così c’impone la cultura razionalistica, e non a unire, come invece c’imporrebbe una cultura simbolica. 4.
La
burocratizzazione del linguaggio è una caratteristica di tutte
le società basate sulla dominanza degli Stati e relative
istituzioni, che non a caso hanno avuto bisogno d’imporre una
lingua unica e nazionale, che tagliasse tutte le lingue dialettali,
che oggi al massimo possiamo ascoltare nelle commedie di compagnie
dilettantesche, le cui trame sono ambientate negli anni Cinquanta,
cioè proprio nel momento della sconvolgente e repentina
transizione dal mondo patriarcale-contadino a quello consumistico
della famiglia nucleare (che poi è proprio questa drammaticità
di mutamenti negli stili di vita a rendere quelle commedie dialettali
così esilaranti). 5.
Il
Manzoni è il principale artefice della neolingua che tutti noi
siamo costretti a scrivere (anche se per il parlato nazionale si
dovranno attendere i discorsi del duce, la filmografia e soprattutto
la nascita della televisione). Ancora oggi i Promessi Sposi sono, insieme alla
Commedia dantesca, un testo base di tutte le superiori, con
grandissimo tedio dei nostri ragazzi, che avvertono molto lontane dalle loro
quelle problematiche. 6.
La
neolingua o è una lingua massificata che elimina le
particolarità locali (e la si vede benissimo quando parlano
p.es. i carabinieri, i quali, non avendo una grande istruzione, usano
un linguaggio stereotipato, burocratico, simil-giuridico, che, lo si
intuisce facilmente, è assai lontano dal loro originario ed è
stato appreso con molta fatica) e quindi è una lingua che
tende a spersonalizzare, a non far capire la propria provenienza.
Oppure è una lingua d’élite, di una cerchia
ristretta d’intellettuali, quella che in Italia s’è
voluta far passare come lingua nazionale, usandola per discriminare
chi non la possedeva, e ancora oggi in tutte le scuole la prova
scritta d’italiano fa testo su ogni altra prova. 7. Quando scrisse 1984
Orwell aveva in mente lo stalinismo, ma se l’avesse scritto
oggi si sarebbe accorto che il Socing è una caratteristica di
qualunque Stato, anche democratico: basta vedere quanto “Socing”
ci stanno facendo digerire gli americani
con la questione di Assad “piccolo chimico”, loro che di
uranio impoverito, napalm, fosforo e atomiche ne sanno giusto un
tantino di più. 8. Neolingua forse vuol dire anche questo, nei forum del web, generalmente intesi: dare l’impressione che, pur nell’inevitabile presunzione di conoscere la verità, non si sia disposti a rivedere le proprie posizioni o a confrontarsi alla pari. Che ognuno di noi abbia idee o principi è scontato: non deve però esserlo il volerli imporre e tanto meno un qualsivoglia attacco di tipo personale (che peraltro in questi luoghi virtuali subisce sempre inaspettate enfasi). Ciò tuttavia non toglie l’uso d’una dialettica serrata, né il dovere d’andare al di là di certi toni, specie tra adulti. Dico questo perché anche se si usassero frasi molto semplici, non è detto che si eviterebbe il rischio di “fare socing”: Stalin era un maestro nell’usare argomentazioni elementari per contestare i propri avversari e sappiamo poi com’è finita. 9.
Se c’è una cosa che in teoria non si potrebbe
fare è proprio quella d’essere dogmatici nei confronti
della lingua, come invece lo sono tutte le dittature, siano esse
esplicite o mascherate, come in molte democrazie, dove la lingua
ufficiale è quella dei mass-media audiovisivi, molto
standardizzata, di facile comprensione, simile alla pubblicità
(dove le subordinate quasi non esistono, essendo sufficiente soggetto
e predicato). In questo gli americani sono degli autentici campioni:
son riusciti a fare, attraverso cinema e tv, del loro inglese una
lingua facilmente traducibile in qualsiasi altra lingua, proprio
perché basata su frasi fatte, luoghi comuni, espressioni molto
semplici e dirette (basta vedere i loro serial televisivi, che nei
modi espressivi son tutti uguali, pur trattando argomenti molto
diversi). Lingue troppo complicate nel lessico, nella sintassi, nella
grammatica e anche nella grafia, sono destinate, in un sistema
sociale mondiale basato sul profitto, a restare emarginate, cioè
utilizzabili in aree geografiche ristrette, per quanto sovraffollate
siano, a meno che non vengano imposte con la forza ad aree più
estese, diverse da quelle originarie, come facemmo noi col latino o
gli ellenici col greco. 10.
Nel Socing di 1984 non c’era nulla di sicuro sul
piano linguistico, in quanto tutto poteva essere modificato in
qualunque momento, a seconda delle esigenze del potere dominante. 11.
Il
trotzkista Orwell odiava lo stalinismo perché quando andò
a combattere in Spagna a favore dei repubblicani non sopportava la
direzione centralizzata delle operazioni militari che i comunisti
volevano imporre, e si sa poi come andò a finire. 12.
Se
interpretiamo la neolingua solo come l’interpretava Orwell, ci
precludiamo la possibilità di usare questo termine in maniera
estensiva e metaforica, e non faremo, rispetto alla sua analisi,
alcun passo avanti. 13. Perché la neolingua dei politici prescinde dal Trattato di Wittgenstein, che pur si presterebbe benissimo a un uso totalitario? Semplicemente perché per la moderna neolingua il potere non sta nella coerenza ma nell’incoerenza. Cioè le frasi che si dicono, persino le singole parole possono voler dire qualunque cosa: quante volte in questi ultimi 20 anni il potere della destra ci ha detto: “Non ci avete capito”, “Ci avete frainteso”, “Ci fate dire cose che non abbiamo mai detto”? Questa forma di neolingua è molto moderna, che Orwell non poteva certo prevedere, in quanto, ingenuamente, faceva coincidere neolingua con dittatura esplicita. Oggi la dittatura si chiama "democrazia formale" (o parlamentare) e la neolingua che parlano i suoi esponenti viene usata in modo da far credere che le scelte del potere vengono compiute dal popolo. Un po’ come quando Pilato disse, dopo aver fatto fustigare Gesù, in maniera tale che il popolo si convincesse che uno ridotto così non avrebbe potuto compiere alcuna rivoluzione: “Chi volete che vi liberi?”. 14.
Chi prova a leggere
Marxismo e linguistica di Stalin,
difficilmente troverà aspetti non condivisibili. E’ un testo del
1950. Orwell scrisse il suo due anni prima. Stalin, tra le altre
cose, prende a bacchettate i comunisti che non capiscono come la
lingua non possa essere considerata una semplice sovrastruttura
dell’economia. Chi pensa che i russi comunisti siano stati degli
idioti a non capire che stava dicendo delle assurdità, ha, come minimo, dei
pregiudizi di tipo etnico o ideologico. Quando è stata avviata
la destalinizzazione, quel testo non è mai stato
smentito. 15.
Che
il latino abbia svolto la funzione di una neolingua è
pacifico. E’ stato responsabile della distruzione o
emarginazione forzata di una miriade di lingue italiche pre-romane.
L’ha fatto con la Roma imperiale e con la chiesa teocratica. Il
tedesco è riuscito a sopravvivere, senza contaminazioni
latine, solo perché Roma non riuscì mai a oltrepassare
militarmente il Reno. E nel Medioevo mi chiedo cosa sarebbe successo
allo slavo se non avessero fermato le crociate latine dei cavalieri
Teutonici nei Paesi baltici. Per la chiesa romana greco o slavo
voleva dire ortodosso, cioè rivale in fatto di religione latina.
Quando Scoto Eriugena tradusse dal greco al latino le opere
dell’Areopagita, papa Nicola I se avesse potuto l’avrebbe
ammazzato: infatti in Europa occidentale, a quel tempo, era ormai
l’ultimo che conosceva bene il greco. 16.
Quando
si parla di lingua non si può essere illuministi: la vita è
un’altra cosa, la lingua è solo uno strumento
espressivo. Anzi, sarebbe meglio parlare di comunicazione, di cui la
lingua è un mezzo fra tanti. La vita non nasce dal linguaggio,
ma solo da se stessa, anche se il linguaggio può influenzarla.
E’ impossibile condividere la vita altrui, limitandosi all’uso
della lingua. Se la lingua fosse indispensabile per capirsi, il
silenzio renderebbe alienati e i trappisti sarebbero degli
zombie. 17.
Nel
socing di Orwell le parole cambiano di continuo proprio perché
la vita non cambia mai; anzi la vita è così statica che
le parole possono essere ridotte all’osso. 18. Un esempio tipico di neolingua alla occidentale l’ha offerto molte volte Berlusconi, che indubbiamente è stato un vero genio della comunicazione televisiva, soprattutto là dove scandisce ritmicamente concetti molto semplici ed efficaci, dichiarando, con estrema serietà, guardando fisso la telecamera, quasi giurando davanti a dio, d’essere innocente di tutto, attribuendo la responsabilità di una catastrofe imminente alla magistratura politicizzata e alla sinistra che lo odia e lo invidia. Ha voluto toccare, insieme, sensi e pregiudizi, paure ataviche e istinti primordiali. Quando si arriva a questi livelli, non vi è molta differenza tra follia e narcisismo. Ci vuole una buona dose di autismo per fare “socing” e di spregiudicatezza nell’attribuire l’autismo ai nemici politici. La realtà viene completamente deformata da un’ideologia che le si sovrappone. Sono 20 anni che milioni di persone credono in questa caricatura del vero “grande fratello”. Perché caricatura? Perché è patetico pensare di poterlo impersonare individualmente. Il "grande fratello" funziona bene proprio in quanto è un'astrazione, non esiste materialmente, non ha "figura umana". Berlusconi è semplicemente ridicolo quando fa la vittima del sistema e nello stesso tempo agisce come se fosse un figlio di questo stesso sistema. Ecco un’altra cosa che Orwell non aveva capito, perché fondamentalmente ingenuo: lo stalinismo è spirito, non persone. Il “grande fratello” è invisibile e Berlusconi rappresenta il vecchio, qualcosa che va superato da un’illusione più sofisticata, che non coincida esattamente con un leader carismatico, ma con qualcosa d’impalpabile, d’immateriale. Ma come potrà venir fuori dalla nostra civiltà occidentale, così schiacciata sulle determinazioni individualistiche e narcisistiche? Non potrà. Ci vuole altro. Qualcosa p.es. di “cinese”, dove l’individuo è una mera astrazione, un nulla inghiottito dalla natura, dallo Stato, da un’ideologia di partito talmente fluida che riesce ad essere, nello stesso tempo, capitalista e comunista. Che genialità questi cinesi! Ecco il nostro prossimo “grande fratello”! Non ci chiederanno più di credere in un leader, ma in un sistema senza volto, dove sarà più facile identificarsi, proprio perché non avrà lineamenti visibili, chiaramente distinguibili. Ognuno potrà rispecchiarsi nel sistema e ritrovare se stesso, e non s’accorgerà neppure d’essere anche lui senza volto. 19. Del concetto di “neolingua” bisogna dare un’interpretazione simbolica o traslata, perché quella letterale serve soltanto a qualcuno che fa professione di anticomunismo ad oltranza. Non è sbagliata la lettura letterale, ma bisogna darla per scontata (anche perché “1984” è molto datato) e cercare di fare un passo avanti. La supponenza, p.es., è sempre "neolingua", induce a fare crociate, ad allestire tribunali inquisitori, a pretendere patenti di conformità allo status quo. Su questo Orwell m’avrebbe dato ragione, se non altro perché, essendo inglese, evitava di prendere le cose di petto. Questo senza nulla togliere al fatto ch’egli, per me, resta sempre un grande ingenuo. Infatti il campione della neolingua ce l’aveva proprio in casa: si chiamava Churchill, quello che scatenò la guerra fredda subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, che aveva procurato 50 milioni di morti. 20.
L’esperanto
non mi ha mai convinto: è una lingua a tavolino, una forzatura
intellettualistica, in cui s’è cercato di prendere il
meglio o il più facile da varie grammatiche, nella speranza
che chi, come lingua madre, parlava una di quelle grammatiche,
trovasse più facile accostarsi a una nuova lingua che della
sua grammatica avesse almeno qualcosa. Dicono che chi studia
esperanto apprende più facilmente altre lingue, ma vorrei
vederlo coi miei occhi. 21.
Neolingua sopraffina è anche quella offerta dai socialnetwork,
che illudono di poter creare una democrazia alternativa a quella
formale del potere costituito. Parlarsi a distanza dà
l’impressione di una prossimità con cui in apparenza si
pensa di poter fare qualunque cosa (si pensi p.es. alle tante
petizioni che firmiamo), ma che in realtà si riduce a una
bolla di sapone. Questa neolingua telematica è un effetto del
globalismo del capitale, i cui poteri effettivi sono del tutto
spersonalizzati, ma incredibilmente reali, anche se noi non li
vediamo che attraverso occhiali filtrati, quelli appunti dei
socialnetwork, in cui si può discutere di tutto senza sentirsi
veramente coinvolti in prima persona. |
Testi di George Orwell