Approfittare della guerra per cambiare sistema

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


APPROFITTARE DELLA GUERRA PER CAMBIARE SISTEMA

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Ogni guerra, dove pur di vincere o di non perdere, si finisce col compiere qualunque cosa, anche quelle che, nei periodi di pace, non si sarebbero mai fatte, procura devastazioni non solo materiali ma anche morali, e non solo in chi perde ma anche in chi vince.

Infatti, se è possibile che chi vince soffra meno disastri materiali, è però certo che non può sottrarsi in alcun modo ai disastri morali, quelli che p. es. colpiscono i militari in congedo, i reduci, affetti da sindromi nevrotiche e psicotiche, incapaci di reinserirsi normalmente nella società.

Questi reduci spesso vengono anche biasimati dalle popolazioni civili quando diventa ufficiale che la guerra era stata ingiusta o inutile, quando la si è persa vergognosamente, quando la vittoria non ha comportato alcun vantaggio significativo, quando si sono compiute azioni assolutamente ingiustificate, ecc.

Il compito che attende la società civile è quello di ricostruire delle personalità distrutte, che non vogliono sentirsi uniche responsabili di un conflitto deciso dalla politica e, a volte, dalla stessa società civile, di cui pur anche loro erano e continuano a essere parte organica.

Invece le istituzioni tendono a nascondere questi traumi, poiché costituiscono un cattivo esempio, un fattore demoralizzante, una critica indiretta ai poteri forti. La politica non vuole essere messa in discussione nelle scelte belliche che prende, siano esse vincenti o perdenti.

Se queste scelte si sono rivelate, alla fine del conflitto, del tutto sbagliate, si tratterà soltanto di sostituire gli statisti responsabili con altri statisti, ma senza modificare il sistema. Il potere non vuole mai che i risultati di una guerra (che sempre, in un modo o nell'altro, destabilizzano)possano indurre la società civile a chiedere una revisione generale del sistema. E' la società civile che lo deve esigere, e può farlo soltanto se si sostituisce allo Stato, se è capace di dimostrare d'essere in grado di autogovernarsi.

Chi pensa che una società con queste pretese finisca col comportarsi peggio dello Stato, non sta dalla parte dei cittadini ma dei poteri autoritari, illudendosi o facendo credere che le istituzioni rappresentino la volontà della nazione. Nei sistemi antagonistici, caratterizzati dai conflitti di classe, la politica è sempre al servizio dell'economia e l'economia è sempre al servizio di chi detiene il monopolio della proprietà privata. Non esistono istituzioni equidistanti o Stati interclassisti.

Certo, una società civile abituata a essere considerata come una "serva" dallo Stato, abituata soltanto a difendersi da un potere padronale, farà fatica, nel periodo iniziale della propria autonomia, ad autogestirsi in maniera democratica. Ma se non riuscirà a migliorare se stessa, non potrà certo addebitare allo Stato la causa di questa sua incapacità, anche perché i poteri dello Stato, nella fase della transizione, saranno ridotti al minimo, secondo il seguente principio democratico: la forza dei poteri delegati deve essere inversamente proporzionale alla distanza che li separa dalla comunità delegante. Cioè tanto meno forti quanto più lontani.

In ogni caso in un sistema di autonomie locali vi sono condizioni più favorevoli a realizzare un controllo delle attività politiche ed economiche. La democrazia infatti sarà diretta e non delegata, la gestione dei mezzi produttivi sarà collettiva e non privata, la soddisfazione dei bisogni primari dipenderà dalle risorse del territorio e non dai mercati.

In una situazione del genere si potranno recuperare meglio i reduci delle guerre disumane volute da sistemi assurdi.

QUANDO SI E' IN GUERRA

Quando si è in guerra non ci si può opporre a dei militari restando in abiti civili. La "resistenza" di tipo gandhiano o tolstojano è un suicidio: in Russia portò al fallimento della rivoluzione del 1905 e in India non ha certo risolto il problema della proprietà privata terriera né quello delle caste.

Affrontare disarmati un nemico armato è da irresponsabili: non ha neppure delle basi evangeliche, in quanto lo stesso Cristo chiese ai propri seguaci, nell'imminenza dell'insurrezione antiromana, di vendere il mantello per comprare la spada (Lc 22,36).

Uno si può sacrificare individualmente, come p.es. un monaco che si dà fuoco in piazza, ma nessuno può chiedere che lo facciano anche gli altri, nessuno può obbligare all'eroismo.

Gli inglesi non sono andati via dall'India grazie a Gandhi, ma perché un territorio immenso come quello era diventato impossibile da gestire con un colonialismo diretto, ovvero di tipo militare, meno che mai in un'epoca in cui gli inglesi avevano ceduto il loro ruolo di prima potenza mondiale agli Stati Uniti; anche se, quando decisero di andarsene, l'economia indiana era stata completamente sconvolta e gli inglesi sapevano benissimo che, senza di loro, gli indiani sarebbero sprofondati in un baratro ancora più grande, in quanto non era più possibile tornare indietro e neppure restare fermi. Pur emancipatasi politicamente da loro, l'India avrebbe continuato a dipendere da un'economia che non le apparteneva, e così gli altri Stati limitrofi, come p.es. Pakistan, Afghanistan e Birmania.

L'India poté emanciparsi politicamente perché l'Urss aveva sconfitto il nazismo, e la Gran Bretagna, pur avendo vinto la II guerra mondiale, si era molto indebolita. Tuttavia per una vera emancipazione politica sarebbe stata necessaria una preliminare emancipazione economica dall'imperialismo inglese  e questo non è mai accaduto; anche perché una colonia, per sentirsi davvero libera, non dovrebbe soltanto approfittare di favorevoli eventi esterni (come appunto fu la vittoria russa sui nazisti, che favorì la decolonizzazione di gran parte del Terzo mondo), ma dovrebbe anche creare degli eventi al proprio interno, e questo - se si esclude l'operato di Gandhi - non è mai stata capace di farlo.

Che la popolazione debba assolutamente armarsi, in caso di guerra contro un nemico esterno o di guerra civile, lo dice anche il fatto che, a partire dagli anni Trenta, qualunque guerra non ha più fatto differenza tra militari e civili. Guernica docet. Anche dall'altra parte del pianeta il Giappone stava trasformando l'Asia in un mattatoio, sotto il pretesto di liberarla dal colonialismo euro-americano.

La tragica conferma di questa realtà di "guerra totale" non l'abbiamo avuta solo col genocidio nazista nei confronti di ebrei e slavi, ma anche con le atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

Il crescere della pseudo-democrazia borghese, che già a partire dal 1922 ha cominciato a produrre le peggiori dittature della storia, ha trasformato il terrorismo di stato in un fenomeno di massa. Questa pseudo-democrazia ha sconvolto persino i paesi nati da rivoluzioni di tipo socialista, producendo immani tragedie.

Sembra di assistere alla reiterazione su vasta scala di quell'incredibile evento accaduto duemila anni fa, quando, davanti alla possibilità di liberare il più significativo leader che Israele avesse mai avuto contro Roma, il popolo di Gerusalemme, nella sua maggioranza, scelse Barabba, che certamente non credeva, come l'altro, nel valore della democrazia.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018