Il dibattito con la redazione di Smemoranda

Scritta da due redattori del diario Smemoranda, il 25 maggio 2000


Cari amici,

abbiamo letto la vostra curiosa inchiesta sulla "volgarità".
Vorremmo dire la nostra. Innanzitutto pensiamo che il termine "volgarità"
nell'età contemporanea sia impreciso. Volgare deriva da volgo, popolo, il "volgare" è il padre della lingua italiana. Teoricamente potremmo dedurne che, facendo 2 + 2, una cosa "volgare" è una cosa popolare. Allora, per non fare confusione vorremmo sostituire, nel caso della vostra inchiesta, la parola "volgare" con l'espressione "di cattivo gusto".

Entriamo subito nel cuore della questione: il cattivo gusto è una cosa molto soggettiva, dipende da molti fattori: tipo di cultura, area geografica, visione della vita, età, sesso, ecc. Insomma, ognuno di noi ha una sua personale concezione di ciò che è di cattivo gusto e di ciò che non lo è.

Due esempi: quando avevamo la vostra età la parola casino nelle nostre famiglie, che pur non sono particolarmente perbeniste, era messa al bando perché il suo significato era sinonimo di case chiuse, bordelli. D'altra parte i nostri padri, che non avevano mai amato la dittatura fascista, ci vietavano anche di dire "me ne frego" perché l'espressione apparteneva al linguaggio più provocatorio mussoliniano.

Oggi viene da ridere a pensarci. Quante volte avrete detto "casino" e "me ne frego" senza porvi il minimo problema di essere o non essere "volgari"? Vedete come il linguaggio si evolve, perdendo determinati significati e acquistandone altri?

Per quanto riguarda la comicità, tenete presente che tendenzialmente la gente ride, tra l'altro, delle esasperazioni della realtà, della messa a nudo dei propri problemi, della trasgressione. Leggi anche: della trasgressione frutto dell'esasperazione dei propri problemi reali. E non è soltanto un gioco di parole. Non solo: spesso il comico, inteso come genere, per avere immediatezza, deve essere "credibile" cioè arrivare alla gente attraverso il linguaggio della gente. Se un comico sceglie la strada di parlare a un giovane, per esempio, cerca di farlo con il linguaggio che appartiene ai giovani. Non è una regola, ma un'abitudine consolidata.

E allora che cos'è di cattivo gusto? Che un giovane comico dica "cazzo" una volta di troppo quando questa parola ha ormai assunto significato di interlocuzione, piuttosto che "organo sessuale maschile"? Ne siete proprio così sicuri? Se a voi scappa di dirlo o lo dite abitualmente, lo fate per "maschilismo"? O è forse invece un modo, magari anche un po' discutibile, di dare ritmi alla frase, di prendere coraggio, di prendere fiato, di sentirsi un po' più "sicuri", e chi più ne ha più ne metta?

Tornando ai contenuti invece si potrebbe riprendere il discorso sull'esasperazione e sulla provocazione. Citiamo un vostro esempio: la battuta dei nomi cinesi con la scatola dei chiodi è a nostro avviso una buona intuizione comica nata per sottolineare, divertiti, le differenze tra le diverse culture del mondo e la difficoltà di comunicare. Non per vantare una qualsivoglia forma di razzismo nel confronto di un popolo.

Altre battute, più o meno felici, possono evidenziare le diversità sociali, culturali, razziali tra singoli o popoli. Ma presumono che l'interlocutore abbia la capacità, oltre a quella di decidere se fa ridere o meno, anche di coglierne il senso, che non va estrapolato dal contesto. Per esempio se il contesto è Smemoranda, è la storia di 20 anni di Smemoranda stessa, e sono i contenuti della singola edizione di quella Smemoranda che state leggendo, risulta evidente che il senso di una battuta sui "negri" e sui gay non può essere contro i neri e i gay, perché la storia di Smemoranda e di quell'anno specifico di Smemoranda suggerisce valori esattamente opposti al razzismo o all'intolleranza. Un segreto per capire è contestualizzare, non decontestualizzare. Senso democratico è anche saper mettere a fuoco il particolare senza perdere la cognizione dellla situazione generale. Al contrario una visione limitata (e moderata?) della vita è prendere le singole persone o situazioni e giudicarle fuori dalla realtà da cui sono state isolate. A nostro avviso facendo analisi, come ci pare abbiate fatto voi, così specifiche e quasi semantiche delle varie componenti del mondo che viviamo, si rischia di perdere il senso della realtà e la capacità di analizzarla davvero.

Ma questo è un nostro personale parere che, più che a voi, ci sentiamo di proporre ai vostri educatori che vi hanno indirizzato in questo lavoro. Semmai può essere un suggerimento a loro perché facciate anche esercizi in questo senso. Se avessimo dei figli della vostra età ci farebbe piacere avere degli insegnanti che operano in tal guisa.

E comunque, sinceramente e con molta simpatia, non vi pare che tra voi e noi ci stiamo buttando in un discorso un po' troppo grosso e pericolosamente impegnativo?S Inoltre noi di Smemoranda, lo abbiamo sempre sottolineato:  l'agenda-diario è pensata e consigliata per i ragazzi un filo più grandi di voi. Non cambia molto, ma qualcosa sì, e voi stessi lo avete rilevato. Resta comunque il diritto di critica, cosa che avete esercitato, così come noi stiamo esercitando quello di replica.

Infine: ci accorgiamo che è molto limitativo condensare in poche righe un discorso sulla comicità. Speriamo siano riusciti o riescano a farlo con oculatezza i vostri educatori. Anche a noi, che non amiamo teorizzare, a volte è capitato di accettare incontri con studenti delle superiori o universitari su questo tema e di non riuscire a esaurire in un solo incontro l'analisi di un fenomeno apparentemente semplice ma in realtà molto complesso. Chissà, fra 5-10 anni, potremmo riparlarne se ci capiterà di incontrarci.

Comunque un affettuoso saluto e un incoraggiamento a lavorare con sempre maggior curiosità sul mondo.

Gino e Michele