STORIA ROMANA


I RITI DEL CIBO NELL'ANTICA ROMA
Estetica della tavola

  • La mensa possiede altresì una valenza estetica: alcuni hanno l’abitudine di allestire il triclinio in una galleria di quadri, altri in un deposito della frutta: "quod spectaculum datur ab arte, cur non quod natura datum utantur in venustate disposita pomorum" (Varrone, De re rustica, I, 59, 2). Nessuna meraviglia se certi ospiti si servono di ciò che la natura offre in una bella esposizione di frutta, anch’essa vera e propria opera d’arte, per rallegrare gli animi dei convitati. A volte una pioggia di petali di fiori cade dall’alto, mentre dal pavimento esala l’aroma dell’infuso di verbena.

festino

  • L’attenzione nei confronti dei profumi e delle spezie odorose è oltretutto da intendersi come codice comunicativo della familiarità oppure dell’inimicizia. Il sistema alimentare costituisce una pratica culturale, che sottolinea le disparità su piccola o grande scala, e dunque svela le ineguaglianze sociali oppure etniche. Ad esempio l’intolleranza dei Romani, nei confronti dei barbari, si estrinseca persino nell’avversione verso il loro modo di cucinare, per via dello sgradevole odore di burro rancido, largamente impiegato dai Germani. La negazione del "diverso" appare marcata anche in termini olfattivi perché, a seconda dei casi, il pranzo può rappresentare l’espressione oppure l’antitesi del proprio mondo.
  • La tavola è assimilata all’ara sacrificale e alla terra feconda, in quanto offre i cibi e tale prerogativa la rende in grado di riunificare le forze spirituali che rischiano di disperdersi o che si contrastano. Il 22 febbraio si svolgono le Caristia, feste istituite per ristabilire la concordia nell’ambito dei nuclei familiari e proprio per questo riservate solo ai parenti più stretti, durante le quali si celebra il banchetto sacro: "Convivium etiam sollemne maiores instituerunt idque Caristia appellaverunt" (Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri, II, 1, 8) .
  • Peraltro la tavola è posta al centro della sala, in quanto rispecchia la credenza nella centralità della terra rispetto all’intero universo. Si stabilisce in tal modo una fitta rete di parallelismi tra micro e macro cosmo. L’esempio più eclatante è documentato dalla cena di Trimalcione, per la quale il cuoco ha allestito una ricostruzione delle costellazioni celesti, ponendo ogni cibo in analogia con le prerogative dei diversi segni zodiacali: "Rotundum enim repositorium duodecim habebat signa in orbe disposita, super quae proprium convenientemque materiae structor imposuerat cibum" (Petronio, Satyricon, 35, 2).
  • Quadranti magici proteggono le mense più antiche e sulle focacce di farro, adibite al medesimo uso dei piatti, si tracciano le linee corrispondenti alle ripartizioni del cielo: simbolici cardo e decumano di un piccolo possesso spaziale. Eppure, quando la fame urge e non c’è più nulla da consumare anche le mense sono addentate, come racconta Virgilio, a proposito dei Troiani appena sbarcati sulle coste laziali: Consumptis hic forte aliis, ut vertere morsus / exiguam in Cererem penuria adegit edendi / et violare manu malisque audacibus orbem / fatalis crusti patulis nec parcere quadris" (Virgilio, Aeneis, VII, vv.112-115).
  • Col passare dei secoli, i rituali divergono rispetto alla sacralità delle origini e il banchetto diviene occasione per trasformarsi in teatro della crudeltà, come testimonia Elio Lampridio nella biografia di Antonino Eliogabalo. L’imperatore fa sedere i commensali di bassa condizione su cuscini pieni d’aria, che sono improvvisamente sgonfiati, in modo da costringere l’ospite a mangiare sotto il tavolo, oppure ai suoi parassiti imbandisce una cena con cibi fatti di cera, di legno, di avorio o di altri materiali, riproducenti alla perfezione le vivande che egli stesso assapora e, parossismo della beffa, obbliga i malcapitati a lavarsi le mani tra una portata e l’altra: "Parasitis in secunda mensa saepe ceream cenam, saepe ligneam, saepe eburneam, aliquando fictilem, nonnumquam vel marmoream vel lapideam exhibuit, ita ut omnia illis exhiberentur videnda de diversa materia, quae ipse cenabat, cum tantum biberent per singula fercula et manus, quasi comedissent, lavarent" (Elio Lampridio, Antoninus Heliogabalus, 25, 9)
L'alimentazione romana - Come mangiavano i romani - Simbologia del banchetto - Estetica della tavola
Fonti latine - Un regista chiamato cuoco - Come si cucina il cinghiale - Salatura dei cosci
 Fabia Zanasi

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia
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Aggiornamento: 11/09/2014